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L’ULTIMO ANGOLO DI MONDO FINITO di Giovanni Agnoloni (intervista all’autore)

Maggio 9, 2017

https://giovanniag.files.wordpress.com/2017/02/lultimo-angolo-di-mondo-finito-copertina.jpgL’ULTIMO ANGOLO DI MONDO FINITO di Giovanni Agnoloni (Galaad)

di Massimo Maugeri

Ho seguito sin dall’inizio, e con grande piacere, la saga dei romanzi dedicati alla “Fine di Internet” dell’amico scrittore Giovanni Agnoloni. Eccoci giunti, dunque, al quarto appuntamento della nostra chiacchierata online, dopo quelli dedicati a: “Sentieri di notte”, “Partita di anime“ e “La casa degli anonimi“.

– Caro Giovanni, come accennavo nella premessa “L’ultimo angolo di mondo finito“, edito da Galaad, conclude la serie dei tuoi romanzi dedicati alla “Fine di Internet”. Un lavoro molto impegnativo che ti ha coinvolto nella stesura e nella successiva pubblicazione di ben quattro libri. Sei soddisfatto? I risultati raggiunti sono conformi alle tue aspettative?
Il lavoro è stato estremamente impegnativo, soprattutto per questo ultimo “atto”, nel quale ho dovuto tirare le fila di tutti gli eventi dei primi tre libri, e inoltre ho operato un salto di qualità letterario, cercando di infondere nelle voci dei personaggi (intendendo per queste anche quella del narratore, nelle parti in terza persona) un grado di maturità e profondità consonante con la ricchezza del percorso che avevano seguito fino ad ora. Sono perciò felice del risultato raggiunto, che dispiega l’intera gamma di risonanze e riferimenti che volevo sviluppare. Anche perché, sia pur con gli inevitabili rimandi, sono riuscito a inserire in ogni libro spiegazioni a sufficienza affinché il lettore possa leggere ciascun romanzo senza necessariamente conoscere già tutta la serie.

– Alcuni dei romanzi della serie, se non sbaglio, sono stati pubblicati (o sono in corso di pubblicazione) anche all’estero. Cosa puoi dirci da questo punto di vista?
Sì, il primo romanzo della serie, Sentieri di notte, è uscito in traduzione spagnola (Senderos de noche, Editorial El Barco Ebrio, 2014) e polacca (Ścieżki nocy, Wydawnictwo Serenissima, 2017), e attualmente è già pronta una versione inglese in attesa di pubblicazione. Inoltre, il secondo racconto di Partita di anime è uscito, per estratti, in olandese sulla rivista della Società Dante Alighieri di Utrecht. In particolare, durante il tour polacco di Ścieżki nocy del novembre 2016, che ha toccato alcune tra le principali sedi universitarie del paese (Varsavia, Łódź, Wrocław, Cracovia) e diverse librerie e caffè letterari, le manifestazioni d’interesse sono state notevolissime, soprattutto da parte di studenti interessati a scrivere le loro tesi di laurea o dottorato sulle tematiche evocate dal libro, e in parte riconducibili alla poetica del movimento connettivista.
Entriamo nella storia di questo romanzo che chiude il ciclo della saga sforzandoci di non svelare troppo della trama. Direi di partire dalla citazione che hai scelto come epigrafe. È un breve brano tratto da “L’uomo eterno” di Chesterton. Lo riporto di seguito: “(…) in quella seconda caverna tutta la grande e gloriosa umanità, che noi chiamiamo antichità, era raccolta e racchiusa, e in quel luogo fu sepolta. Era la fine di quella grandissima cosa che si chiama storia umana: della storia che fu semplicemente umana. Le mitologie e le filosofie furono colà seppellite, insieme con gli dei e gli eroi e i sapienti. Secondo la grande parola romana, essi avevano vissuto. Ma come potevano vivere, così potevano morire; ed erano morti.(G.K. Chesterton, L’uomo eterno, Rubbettino Editore, 2008, pag. 264, trad. Raffaello Ferruzzi). Perché hai scelto di citare questo brano in apertura del libro?
Durante il reading al Festival Letterario "Lyrik" di Odense (Danimarca) nel marzo 2016.Il motivo in fondo è banale, se non altro per l’occasione in cui si è manifestato. Ho “casualmente” trovato questo estratto dell’opera di Chesterton in un post facebookiano proprio mentre lavoravo all’editing del romanzo. Sono rimasto folgorato, e ho deciso che sarebbe stato il mio esergo. Poi ho letto il saggio dello scrittore inglese, e ho avuto conferma a quella che era stata la mia intuizione iniziale sulla profonda consonanza tra questa sua riflessione e le tematiche del libro, che si addentra nelle risonanze profonde del tema della caverna: da le caverne della preistoria, in cui l’uomo si riparava e a volte lasciava le prime tracce della sua creatività e del suo anelito alla bellezza in affreschi che ancor oggi possiamo ammirare, fino alla grotta in cui nacque Gesù Cristo e al sepolcro da cui risorse – senza naturalmente dimenticare, “nel mezzo”, la caverna platonica, quella in cui si annidavano le false credenze e le catene di una prigionia mentale omologante; una sorta di Matrix ante-litteram, insomma. Tutti gli archetipi del mondo antico, anche nelle sue manifestazioni più alte, “muoiono” con la nascita, la vita, la morte e la risurrezione di Cristo, perché il Dio-fattosi-uomo accentra su di sé tutto l’umano, nella sua luce e nei suoi tormenti, aprendolo a una nuova era e diventando misura di questa nuova percezione, “umano-divina”, che l’uomo, in Lui, conquista di sé. Ma quello che mi ha convinto più di tutto, nella citazione chestertoniana – dato che il mio romanzo è sì, ricco di contenuti spirituali, ma non certo “religioso” – è il riferimento al tema della morte, centrale nel mio libro. Qui, infatti, i vivi indagano orientandosi anche in base a messaggi che giungono loro da chi è al di là del confine. E i luoghi più significativi in cui viene “metabolizzata” e propagata questa nuova – ma in realtà ancestrale – forma di comunicazione sono appunto delle caverne, divenute (in un rispettoso “ribaltamento” della prospettiva platonica) luoghi di conoscenza e di preparazione. Dopo tutto, l’uomo che si libera dalle catene, nel mito raccontato dal filosofo greco nel dialogo “La Repubblica”, esce fuori, e così fa, con la sua vita, anche Gesù Cristo, che dalla grotta della mangiatoia fuoriesce per testimoniare Dio-con-noi (e soprattutto Dio-in-noi) nel mondo, e che quella del sepolcro spalanca per aprire la via alla Vita oltre la vita. È, in fondo, il tema della Comunione dei Santi, l’interminabile comunicazione tra vivi e non più vivi, o – che è poi la stessa cosa – “vivi in altra forma”. Ma lo sottolineo: l’impostazione del mio libro non è minimamente confessionale, come dimostra il fatto che è stato molto apprezzato da lettori atei.

– Siamo nel 2029. Il romanzo si snoda partendo da due pilastri fondamentali di natura “territoriale”. Il primo riguarda l’Europa, dove Internet non funziona più da quasi quattro anni, la crisi della comunicazione si è estesa alla telefonia e le principali città sono state invase da ologrammi intelligenti (“cloni” immateriali in grado di orientare il comportamento delle persone). Negli Stati Uniti, invece, il sabotaggio della Rete ordito dal movimento degli Anonimi è fallito, e Internet è rinato grazie a un progetto di copertura wireless mediante l’uso di droni. Da cosa discendono le differenze degli esiti della “crisi di Internet” tra il vecchio e il nuovo continente?
L’idea di fondo, presente già in Sentieri di notte e sviluppata poi ne La casa degli anonimi, è che il mondo si sia evoluto – tecnologicamente – a velocità e in modi diversi nelle varie macro-regioni continentali o sub-continentali, poi divenute progressivamente sempre più lontane e incapaci di comunicare, anche a distanze relativamente brevi, sia pur solo con l’uso del telefono. In Europa nel 2025, all’inizio della mia saga, già esistevano due macro-zone (Nord e Sud), poi pretestuosamente fuse dalla Macros (la multinazionale che gestiva tutta la Rete e l’erogazione energetica), per togliere subito dopo la corrente e lasciare l’Europa al buio, onde tentare di conquistare il potere assoluto. Due anni dopo, gli Anonimi, sabotatori informatici, ottengono lo stesso risultato nel Nord America e nel Nord Africa, ma con un’intenzione opposta: impedire che anche lì nascano pericolose concentrazioni di potere. Il fatto, però, è che il sabotaggio da loro ordito non avrebbe impedito al governo americano di creare una nuova Rete, diffusa (sia pur “a pezze”) attraverso maxi-ripetitori moltiplicati da droni che “pattugliano” il cielo degli Stati Uniti. Questa è la situazione oltreoceano, nell’aprile del 2029, quando si svolgono le vicende de L’ultimo angolo di mondo finito. In Europa, invece, internet non è mai ripartito (l’erogazione energetica sì). Tuttavia, vari epigoni della Macros hanno diffuso già da due anni un’altra inquietante forma di controllo delle menti: ologrammi identici ai cittadini europei, che fanno loro da maestri-amici, dandogli tutte le risposte di cui hanno bisogno e finendo così per isolarli dagli altri e renderli essi stessi “ombre” facilmente manovrabili.

– Ne “L’ultimo angolo di mondo finito” ritroviamo personaggi già apparsi nei precedenti romanzi? In che modo questi personaggi sono cambiati a mano a mano che le vicende della trama si sviluppavano? 
Come accennavo all’inizio, si sono certamente evoluti, alcuni – i Viaggiatori protagonisti già de La casa degli anonimi – venendo coinvolti nella causa degli Anonimi, che li hanno inviati alla ricerca di misteriosi segnali elettromagnetici localizzati in Portogallo, in Bosnia e nel Sud Italia, e che temono possano essere le fonti di una nuova Rete europea. Nel corso di questa indagine, vengono a trovarsi alle prese con mille dubbi, che riguardano non solo la legittimità degli autentici propositi dei ribelli, ma le loro vite personali, i loro fantasmi, le ombre di persone profondamente amate e poi perse (un uomo per la ex-editor Emanuela Berti, un padre per il chitarrista Aurelio Arnaldi, e un fratello o, rispettivamente, una sorella, per Afef e Ahmed, orfani di una madre morta in Marocco e ritrovatisi dopo circa vent’anni). Ce n’è però uno, lo scrittore olandese Kasper Van der Maart, che vive una ricerca apparentemente scollegata dalle altre, ma in effetti “collante sottile” di tutte: quella della sua collega belga Kristine Klemens, scomparsa misteriosamente dopo i fatti del 2025 (raccontati in Sentieri di notte) e da lui cercata in tutta Europa già da due anni, e poi negli Stati Uniti, sulla scia di magnetici indizi lasciati da qualcuno nei luoghi da lui toccati, spesso usando strani riferimenti alla storia dei Beatles come fil rouge dell’indagine. Nessuno di loro è più quello che era prima: tutti hanno vissuto una “morte in vita”, per darsi a una nuova identità, più profonda di quanto avessero mai potuto sospettare. E poi ci sono i personaggi che presidiano le varie Sorgenti, i luoghi-meta delle ricerche, che sono impegnati in una meditazione costante, sulla linea di confine tra la vita e l’Oltre. Loro sono già quasi dei “postumani”, o comunque hanno raggiunto un grado di evoluzione spirituale che li pone un passo più avanti rispetto all’immediata evidenza delle cose: sto parlando della già ricordata Kristine Klemens, dell’ex-teologo Desmond O’Rourke, dell’ex-funzionario della Macros Piotr Woźniak e dell’ex-ricercatore universitario (e fidanzato di Emanuela) John Myers. E, infine, ci sono le Guide, due protagonisti-chiave (sia pur in forma nascosta) di tutta la saga: Joseph Hermann, scienziato anti-Sistema, e Leyla Gańczarska, ingegnera informatica, che, da morti, interagiscono, dalle regioni dell’Oltre, con le vicende degli altri protagonisti, ispirandoli ma mai sostituendosi al loro libero arbitrio. Proprio per questo (a parte tutti i riferimenti alle ormai attualissime minacce alla libertà individuale rappresentate dalla Rete e dai suoi “signori”), questi miei romanzi, e soprattutto L’ultimo angolo di mondo finito, sono profondamente realistici. La presenza di alcuni stilemi fantascientifici non deve minimamente indurre in errore. Qui si parla della vita, con i suoi drammi e le sue scelte.

– In un modo o nell’altro sono tutti alla ricerca di qualcosa. Cosa puoi dirci, da questo punto di vista, su ciascuno dei personaggi principali?
In parte, credo di aver già risposto nella domanda precedente, ma quello che più mi interessava, in ogni caso, era la linea di confine (o, se vogliamo, l’interfaccia) tra l’orizzonte collettivo – che è il livello di riflessione sociologica del romanzo, il suo aspetto, per così dire, più “oggettivo” – e quello personale, dove si gioca la partita di natura filosofico-spirituale. È difficile dire dove finisca l’uno e inizi l’altro, perché tutti i protagonisti indagano per motivi apparentemente coincidenti con una missione ricevuta da un soggetto concreto (gli Anonimi o, sia pur implicitamente, Kristine Klemens), ma in realtà si accorgono, col tempo, di essere impegnati in una ricerca che ha a che fare con la loro vita (Kasper che cerca Kristine; Emanuela che cerca John, che pensa possa celarsi dietro l’identità del leader degli Anonimi G.A.; Aurelio, che invece sospetta che G.A. sia Giuseppe Arnaldi, suo padre; Afef e Ahmed che s’interrogano l’una sull’altro), e in questa seconda e più sottile investigazione interiore scoprono la verità anche sulla reale natura del viaggio portato avanti da due anni, sull’impalpabile scia di quei fantomatici segnali elettromagnetici.

– Se avessi la possibilità di incontrare nella vita reale uno dei personaggi di “L’ultimo angolo di mondo finito”, chi sceglieresti di incontrare? E perché? E cosa gli diresti?
Domandona, veramente non saprei, anche perché sono un po’, e per motivi diversi, tutti e ognuno di loro. Riflettono diversi lati del mio essere, diverse zone oscure che ho attraversato, e soprattutto diversi modi di approcciarsi alla perdita, che per motivi personali ho dovuto affrontare. L’ultimo angolo di mondo finito è un romanzo che si sostanzia di assenze e di tentativi di elaborarle e comprenderne il senso. Ma forse, per risponderti, sceglierei di incontrare Kasper, e di chiedergli che cosa si prova ad avvicinarsi indefinitamente, e forse a raggiungere, colei che più di tutti è mancata.

– Venendo a uno dei temi forti della saga, ora che siamo giunti alla fine del percorso, cosa puoi dirci sulla questione “dipendenza dalla Rete” (non solo con riferimento ai tuoi romanzi, ma anche guardando alla vita reale)?
Beh, tutta la saga è nata proprio dall’osservazione della “droga” internettiana che, principalmente tramite l’uso massiccio degli smartphone, è stata iniettata nelle menti delle persone. Basta salire su un mezzo pubblico e guardarsi intorno per rendersene conto: ormai chi non ha lo sguardo appuntato su un cellulare multifunzione rappresenta l’eccezione. Io, si badi bene, non sono contro la tecnologia, ma contro la sua trasformazione da (utile) mezzo in fine. Fino a pochissimo tempo fa non volevo uno smartphone per non “cadere in tentazione”, ma poi mi è toccato comprarne uno perché le ricariche dei vecchi cellulari a tastiera costavano troppo. Ora devo dire che, usandolo cum grano salis, può essere uno strumento molto pratico. Però, tanto per dire, ho delle mie “regole”: attivare la connessione-dati solo a tratti, per non cadere nella dipendenza da e-mail o da social network, e alternare rigorosamente l’uso del telefono con la scrittura sul mio taccuino. L’importante è che la lettura non muoia, e con essa la conoscenza di se stessi, senza la quale possiamo diventare marionette nelle mani delle multinazionali della comunicazione, ombre sature di ego e prive di consistenza psicologica e spirituale. Come scrittori e artisti in genere, dobbiamo essere determinati a impedirlo.

– Hai in mente nuovi progetti letterari con cui cimentarti?
Sono impegnato nella stesura di due romanzi rispettivamente ambientati tra Firenze e New York e nel Nord Europa, e che non hanno a che fare con la serie della fine di internet, ma in parte ne raccolgono le atmosfere e alcuni temi, concentrandosi – in chiave realistica – sulla conoscenza di se stessi attraverso il rapporto “a specchio” con gli altri, sul tema dell’emarginazione mentale e psicologica di chi non è “omologato” e su quello della memoria ferita da traumi legati non solo alla dimensione personale, ma a quella collettiva.

 

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https://giovanniag.files.wordpress.com/2017/02/lultimo-angolo-di-mondo-finito-copertina.jpgLa scheda del libro

2029. Internet è crollato da quasi quattro anni in Europa, e la crisi della comunicazione si è ormai estesa alla telefonia, mentre le principali città sono state gradualmente invase da ologrammi intelligenti, “cloni” immateriali in grado di orientare il comportamento delle persone. Negli Stati Uniti il sabotaggio della Rete ordito dal movimento degli Anonimi è fallito, e internet è rinato grazie a un progetto di copertura wireless mediante l’uso di droni. Sospese tra questi due grandi poli di eventi, si svolgono le vicende di Kasper Van der Maart, spintosi fino a New York sulle tracce della scrittrice Kristine Klemens, scomparsa nel nulla, e di quattro affiliati degli Anonimi impegnati nella ricerca delle fonti di misteriosi segnali elettromagnetici, possibili sorgenti di una nuova Rete europea: Emanuela, che esplora la Bosnia, Aurelio, che attraversa il Portogallo, e i fratelli Ahmed e Amina, spersi nel Sud Italia. Queste indagini incrociate porteranno alla luce sorprendenti verità nascoste, legate al contesto politico e tecnologico generale ma anche al passato dei protagonisti, per i quali si schiuderà un orizzonte di percezioni capace di connetterli tutti, creando un ponte di comunicazione con chi è già “al di là del confine”. Dopo Sentieri di notte (già pubblicato anche in Spagna e in Polonia), Partita di anime e La casa degli anonimi, L’ultimo angolo di mondo finito conclude la serie della fine di internet e rivela, nel suo epilogo, l’identità e lo scopo della mente che fin dall’inizio ha tessuto le fila degli avvenimenti.

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Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976) è scrittore, traduttore e blogger. È autore dei romanzi Sentieri di notte (Galaad Edizioni, 2012; pubblicato anche in spagnolo come Senderos de noche, El Barco Ebrio 2014, e in polacco come Ścieżki nocy, Serenissima 2016), Partita di anime (Galaad, 2014) e La casa degli anonimi (Galaad, 2014) e L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad, 2017), che fanno parte della serie distopico-letteraria “della fine di internet”.
Ha inoltre pubblicato tre saggi imperniati sulle opere di J.R.R. Tolkien, ed è curatore di una raccolta internazionale di articoli sul tema.
Ospite di residenze letterarie, festival e conferenze in Europa e Stati Uniti, ha tradotto libri di Jorge Mario Bergoglio, Amir Valle, Peter Straub, Noble Smith e Christiane Taubira, e saggi su J.R.R. Tolkien e Roberto Bolaño.
Lavora con le lingue italiana, inglese, spagnola, francese e portoghese, e parla anche polacco. Conosce lo svedese a un livello elementare e studia chitarra classica.
Collabora con i blog La Poesia e lo Spirito, Lankenauta e Postpopuli.
Il suo sito è http://giovanniag.wordpress.com.

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