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SE MI TORNASSI QUESTA SERA ACCANTO di Carmen Pellegrino (recensione)

giugno 22, 2017

SE MI TORNASSI QUESTA SERA ACCANTO di Carmen Pellegrino (Giunti)

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[ascolta la puntata di “Letteratitudine in Fm” dove Carmen Pellegrino conversa con Massimo Maugeri su “Se mi tornassi questa sera accanto”]

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di Simona Lo Iacono

Un altro giorno senza Lulù, pensa Giosuè Pindari mentre firma l’ultima lettera e l’affida al fiume. Un altro giorno speso a scrutarne l’arrivo, a raccogliere le parole, a prendersi cura di Nora, svagata e divertita.
Ha fatto tutto come dev’essere quando si aspetta qualcuno, Giosuè.
Ha dato alla casa un aspetto più ridente, e accanto alle finestre che le conferivano un’aria stanca – quasi due occhi mesti e in giù – ha disegnato con le tegole uno sguardo fiducioso e senza malinconie.
Ha coltivato la terra con accondiscendenza, ignorando le pale eoliche che l’hanno invasa, saggiandone le zolle tenere o ruvide, preparandole all’arrivo di lei.
Ha fatto indossare a Nora un abito della festa, con amore le ha pettinato i capelli, ha raccolto i suoi mormorii, accontentandosi di sguardi trasognati e felici.
Ma Lulù non è ancora tornata.
Richiamare i figli dalla loro fuga è un’impresa che riesce solo a Dio. Solo Lui è capace di trasformare la paura in verità, la prepotenza in attesa, e padri ingombranti in uomini con le mani vuote.
Ma per Giosuè Pindari è molto più difficile, e così scrive, appallottola la carta e la chiude nella bottiglia. Con un gesto propiziatorio la affida al fiume, perché il fiume, come Dio, sa sempre dove andare.
E infatti va, il fiume. Supera sassi, sporgenze, gomiti. E’ sapiente, ha imparato a prendere la forma delle cose, ad adattarsi alla terra. Forse per questo Giosuè l’ha sempre chiamato “fiumeterra”, e forse per questo Lulù ha sempre visto nell’acqua un’appartenenza.
Anche quando specchiarsi era l’unico atto d’amore corrisposto, e aveva quasi la forma di una madre. Anche quando la madre che avrebbe dovuto abbracciarla – Nora – era spenta e lontana, rapita da un passato che l’aveva strapazzata, e che si era trasformato in un continente straniero, al quale tornare quando la vita reale diventava troppo stretta.
Anche allora, il fiume si era sostituito alle mancanze, l’aveva vista crescere e farsi donna. L’aveva vista dare e ricevere il primo bacio.
Che confusione per Lulù quel ragazzo che la cercava con la foga di una necessità, e che Giosuè reputava lontano dai progetti familiari, dalle promesse strappatele fin dall’età più tenera.
Lulù sospira.
Aveva giurato fedeltà a quel padre sognatore senza sapere quanto le sarebbe costato, eppure lo aveva fatto per proteggere la famiglia bislacca che le era toccata in sorte: un genitore ancorato alla fede socialista, una madre ammalata di nervi o forse di un eccesso di nostalgia, incapace di dirle parole d’amore.
E il fiume.
L’unico immutabile, pur nella fluidità. L’unico ancorato alla terra, pur non essendo che acqua.


In “Se mi tornassi questa sera accanto” (Giunti editore), Carmen Pellegrino tesse la poeticissima trama di un rapporto d’amore tra padre e figlia. Racconta di famiglie imperfette, crepate da ferite antiche, e che – proprio grazie a quelle ferite – affondano nel mistero dell’esistenza con più malinconia, ma anche con più verità.
Racconta di Giosuè, così povero nella sua infanzia, da non avere che la forza di imbastire un unico, consolatorio sogno: una città ideale, provvista di tutto, meno che del requisito della realtà.
E racconta di Nora. Della sua scrittura segreta, della sua pietà nascosta e fremente, pur nella apparente distanza. Malata di un’inguaribile incapacità di stare nel presente, Nora partecipa ai funerali degli sconosciuti, restituisce loro un atto d’amore o di tenerezza, immagina e racconta le loro storie.
Ma soprattutto, racconta di Lulù, rimasta impigliata nelle vite incompiute dei suoi e, ciò nonostante, ammaliata da quella madre distratta e senza abbracci. Salvata infine da una casa galleggiante e da un uomo vagabondo, regale come un predestinato, Andreone.
E, intorno a loro, gli Appennini Alburni, con le cimase che trascolorano di rosa, l’orsa maggiore che muore e nasce sulle vette, l’acqua lenta del fiume che bagna le rive e con il suo passaggio cambia il destino degli abitanti.
Intorno a questa natura maestosa, fatta per ricordare ai figli dell’uomo la loro sete di felicità, Carmen leva un canto potente, ricorda al nostro cuore la materia di cui è fatto: acqua e carne, come dire fiume e terra.
Poi sembra affidare anche lei questo suo libro a una bottiglia, lo infila ben bene nel vetro e lo lascia andare con il suo messaggio segreto, su cui ha scritto la sua parola preferita : “riconciliazione”. Un messaggio fatto apposta per noi.
Cara Carmen, ora sono io a scriverti una lettera. Solo per dirti che ho ricevuto la bottiglia, ho letto e, come Giosuè, aspetto che il fiume ti inoltri questa mia risposta: grazie.

 

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La scheda del libro

”Se mi tornassi questa sera accanto”, memorabile incipit della poesia ”A mio padre” di Alfonso Gatto, è il romanzo di Carmen Pellegrino sulla distanza, a volte abissale, che può esserci tra gli essere umani, specie se si sono amati.

Giosuè Pindari è un uomo antico, legato alla terra, alla famiglia e a un ideale politico, ma la moglie, dopo anni in cui il male di vivere non le ha concesso che brevi tregue, è ormai preda di un irreversibile declino; il socialismo, in cui ha creduto con una tenacia e una dedizione tipicamente “appenniniche”, è stato trascinato nel fango dalla corruzione; l’amatissima figlia Lulù se ne è andata e non dà più notizie di sé. Contro la degenerazione di corpo e mente si può fare poco, contro la fine di un’utopia si può fare ancor meno, mentre a una figlia che è viva e lontana – provata dalle inevitabili incomprensioni generazionali ma legata da una sensibilità ancestrale e profonda, una vera e propria educazione dell’anima – si può comunque scrivere. Si può tentare di compiere un passo lungo la via di una riconciliazione, che è prima di tutto una riconciliazione con se stessi. Così Giosuè Pindari scrive a Lulù, le scrive lettere che infila in bottiglie e poi le affida alla corrente del fiume. Il fiume è acqua che appartiene alla terra, il fiumeterra contiene entrambi gli elementi; è acqua che tutto conserva: passato, presente e quindi futuro. Arriveranno mai? Non è importante saperlo. In fondo, il fiumeterra con le sue piene improvvise sa come arrivare a destinazione… Sulle sponde di un altro fiume c’è Lulù, che ha conosciuto Andreone, l’uomo ‘leggero’ che aspetta, anche lui esattamente come Giosuè, insieme alla piena il ritorno di una donna che è andata via. È proprio l’incontro con quest’uomo bislacco – l’altro, così necessario al riconoscimento di sé – a rivelarsi benefico. Da quelle sponde del fiume lontano è come se Lulù rispondesse alle lettere paterne seguendo la corrente, e su un registro magico, dentro un’aura d’incantamento.

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Carmen Pellegrino ha scritto saggi di storia e racconti. Da anni raccoglie suggestioni sui luoghi abbandonati.

Il suo romanzo d’esordio, Cade la terra, ha vinto il Premio Rapallo Carige opera prima e il Premio Selezione Campiello.

La puntata di Letteratitudine in Fm dedicata a “Cade la terra” è disponibile qui per l’ascolto…

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