Intervento del Presidente dell’Associazione Italia Editori Ricardo Franco Levi
Frankfurter Buchmesse 2018, 10 ottobre
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La Fiera di Francoforte è da sempre l’occasione per fare il punto sull’andamento del mercato del libro nel nostro paese. Permettetemi quest’anno di iniziare invece celebrando due avvenimenti europei: è passato un mese dal voto del Parlamento europeo a favore della Direttiva sul Diritto d’autore e solo una settimana dalla decisione dell’Ecofin sull’IVA sugli ebook. Siamo in attesa di un terzo passaggio, che auspichiamo possa arrivare a breve: il ripristino dei fondi per la ricerca e sviluppo dedicati alle industrie creative.
Diritti d’autore, ebook, innovazione del settore sono temi tra loro legati, e proprio la Fiera di Francoforte ne offre una dimostrazione plastica.
Questa è infatti una fiera di diritti il cui panorama è fatto di migliaia di tavolini su cui due o più persone concordano uno scambio di diritti di traduzione, o co-edizione, o una partnership di altro genere. Grazie a questo lavoro, al rientro ci saranno editor, traduttori, redattori, grafici che daranno corpo a un progetto editoriale; stampatori e service digitali che ne faranno un prodotto in forme diverse, esperti di marketing, promotori, distributori e agenti che lo faranno arrivare al pubblico, librai che lo venderanno e soprattutto lettori che lo leggeranno, che potranno conoscere culture diverse, di ognuno dei 112 paesi del mondo presenti in fiera quest’anno. Tutto questo a partire uno scambio di diritti d’autore. Perché l’intera nostra industria si fonda sui diritti d’autore.
Ecco, al di là dei tecnicismi su cui oggi non vale la pena di tornare, in attesa delle discussioni che verranno nella fase finale del processo legislativo, il voto dello scorso 12 settembre è stato una dichiarazione in difesa di un principio astratto che qui a Francoforte trova corpo nel lavoro delle decine di migliaia di persone che frequentano la Fiera e dei milioni che realizzeranno quanto qui si progetta.
Il diritto d’autore è il seme da accudire e il voto del Parlamento è stato un atto di cura di quel seme perché la pianta abbia vita.
So bene di toccare un tema su cui il Governo italiano ha opinioni diverse dalle nostre: ma sono convinto che ciò riguardi alcune specifiche norme, non la sostanza. Non la necessità di continuare a proteggere e valorizzare il diritto d’autore. Ed è su queste basi che spero potremo costruire un percorso comune, che dovrà essere basato sulla capacità innovativa del sistema editoriale italiano. Spero che dal confronto leale sui temi sul tappeto, possa esservi una convergenza di opinioni anche su questo tema.
La decisione Ecofin sull’IVA sugli ebook della scorsa settimana è, in fondo, una vittoria italiana in Europa: è stato il nostro paese a dare la scossa perché si arrivasse a questo risultato e, permettetemi di ricordarlo con un po’ di orgoglio, è stata l’AIE a lanciare la campagna #unlibroèunlibro che ha promosso questo passaggio storico, non solo sul piano economico, ma su quello culturale, giacché sanziona che anche per il fisco ciò che conta è l’opera e non il formato, il contenuto e non il contenitore, il corpus mysticum e non il corpus mechanicum, secondo l’affascinante terminologia degli studiosi del diritto d’autore. Che in fondo, in latino invece che in inglese – il che non sembri una colpa – hanno anticipato di tre secoli il digitale facendo oggetto del diritto non il contenitore ma il contenuto, non il formato ma l’opera, non la forma ma la sostanza. Ed è per questo che non è difficile, a dispetto di erronee rappresentazioni, adeguare le norme sul diritto d’autore alla realtà digitale, giacché il diritto d’autore ha già per oggetto l’intangibile, bit e non atomi, si potrebbe dire. È un terreno su cui è necessaria innovazione normativa e tecnologica e sul quale gli editori italiani sono pronti di fronte alle sfide che li aspettano su posizioni tutt’altro di conservazione. Tra le altre cose, AIE coordina ARDITO, il più innovativo progetto europeo per lo sviluppo di sistemi aperti per facilitare la gestione dei diritti d’autore, come è stato riconosciuto di recente dal vice-presidente della Commissione europea Andrus Ansip.
In questi giorni in Fiera si sta tenendo l’ARTS+ Innovation Summit for the Cultural and Creative Sectors, un’iniziativa della Buchmesse all’interno della rete delle fiere europee del libro Aldus, coordinata dall’AIE (e anche qui avrete notato il nome latino, e l’omaggio al grande Manuzio, editore in Venezia, giacché non è detto che di innovazione si debba parlare solo in inglese né che significhi dimenticare il passato).
Al centro dell’attenzione sono i nuovi programmi di finanziamento della ricerca e innovazione in Europa, e in particolare Horizon Europe, che ha una dotazione di circa 100 miliardi nel settennio 2021-27. Emerge da tutti i settori culturali e creativi, nella parte industriale, nel settore pubblico e nel terzo settore, la richiesta che siano ripristinate le linee d’azione dedicate, che nella proposta della Commissione europea sono state cancellate. In Parlamento, i membri italiani stanno lavorando in questa direzione in modo bi-partisan, il che è un segnale importante, che proprio in queste ore sta dando i suoi primi frutti in Commissione Cultura (mentre parliamo è in corso la votazione sul parere di questa Commissione su Horizon Europe). Sarà importante che su questo anche il Governo italiano si faccia sentire nel Consiglio Europeo, dove gli equilibri sono più difficili da trovare.
Vengo finalmente all’andamento del mercato che ha chiuso il 2017 con un ottimo +4,5% complessivo e che – dai dati dei primi mesi del 2018 – sta ora rifiatando attorno ad una crescita piatta, anche se non perdiamo la fiducia di chiudere anche il 2018 in territorio positivo. Il 2017 chiude un triennio di crescita, sia pure molto più modesta negli anni precedenti che, tuttavia, non possiamo dire che abbia risolto i problemi del settore. Siamo ancora molto lontani, infatti, dai valori che il mercato aveva raggiunto nel 2011, prima della crisi generale che ha investito l’economia italiana, con una marcata riduzione dei consumi, e che non ha risparmiato il nostro settore.
Per questo motivo, la crescita degli ultimi anni ha lasciato invariati i problemi strutturali del settore a partire, innanzitutto e soprattutto, da un tasso di lettura ancora troppo basso. Anche la crescita attuale, in larga parte dovuta alla crescita del commercio elettronico non incide sulla debolezza della rete di librerie del nostro paese, che restano in difficoltà, specie nei piccoli centri e specie al Sud, dove la perdita di una libreria, spesso dell’unica vera libreria in città, impoverisce culturalmente il territorio, producendo danni nel lungo periodo.
Allo stesso modo, resta invariata la debolezza del nostro sistema bibliotecario, anche in questo caso con fortissime differenze tra le diverse aree del paese con zone di eccellenza assoluta e aree dove è urgente produrre un cambiamento.
Tra i dati del Rapporto di quest’anno va sottolineata, per il luogo in cui ci troviamo, la continua crescita delle vendite di diritti di traduzione di libri italiani all’estero. Ancora un +10%. È una tendenza che continua dal 2001, con un tasso di crescita medio del 19%, che ci ha consentito di moltiplicare per 4 volte il numero di titoli italiani su cui sono venduti i diritti. Inge Feltrinelli ne sarebbe lieta. (Concedetemi di ricordare ancora questa grande figura dell’editoria europea, cui abbiamo dedicato l’inaugurazione dello stand Italia quest’anno).
Le nostre richieste politiche restano basate sul sostegno alla domanda. Gli stessi dati del mercato ci confermano che è questa la strada maestra: l’accelerazione della crescita nel 2017 è stata fortemente stimolata dall’App18. È importante che questa misura sia stata confermata per quest’anno e il dialogo con il Ministro è aperto su come stabilizzarla e renderla ancora più efficace. Quel che i dati ci dicono è che cancellarla farebbe immediatamente arretrare nuovamente il settore.
Il sostegno alla domanda – che di questo stiamo parlando e non di contributi diretti a favore delle imprese – deve comprendere il rafforzamento del tessuto delle biblioteche italiane, di pubblica lettura e scolastiche, senza dimenticare le difficoltà delle biblioteche universitarie dove la riduzione delle risorse e il parallelo aumento dei prezzi delle riviste scientifiche costringe spesso a tagliare pesantemente gli acquisti di libri.
Gli acquisti delle biblioteche non risolvono certo i problemi di fatturato degli editori, ma la presenza diffusa dei libri sul territorio, biblioteche più gradevoli da frequentare e bibliotecari appassionati sono fattori imprescindibili per lo sviluppo della lettura nel paese.
Noi, come sempre, facciamo la nostra parte. Quest’anno #ioleggoperché, la nostra iniziativa di promozione della lettura attraverso il sostegno delle biblioteche scolastiche italiane, ha raggiunto la maturità. Sveleremo i numeri straordinari della partecipazione di scuole e librerie e le novità che caratterizzeranno questa edizione il prossimo 18 ottobre, ma posso anticipare che vi diremo di un successo annunciato. Crediamo che lo sia perché rispondiamo a un bisogno reale delle scuole in un grande gioco di squadra con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca, il Centro per il libro e la lettura del Ministero dei beni culturali e l’intera filiera del libro, al cui interno mi piace citare – in coerenza a quanto dicevo prima – le associazioni dei librai (Associazione librai italiani e Sindacato italiano librai e cartolibrai) e l’Associazione italiana bibliotecari.
Una formula, quella di #ioleggoperché, che ha tutte le caratteristiche per essere considerata come una “best practice” da replicare su scala europea e che ha richiamato l’attenzione anche di istituzioni straniere: sia l’ufficio di Bruxelles dell’Unesco sia il World Food Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite con sede a Roma, porteranno il loro contributo a un’iniziativa che ha un valore sociale sempre più riconoscibile nel suo obiettivo di far crescere nuovi lettori.
A proposito di Nazioni Unite, mi fa piacere annunciare che l’AIE ha aderito al Publishers Circle, il programma di aiuti allo sviluppo delle editorie educative locali nei paesi in via di sviluppo promosso dall’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO). Per chi è interessato, il programma sarà presentato venerdì mattina qui a Francoforte dalla vice-direttrice di WIPO, Sylvie Forbin.
Il ruolo italiano nel programma è apprezzato soprattutto in ragione della qualità e della pluralità di voci dell’editoria educativa nel nostro paese e per l’esperienza sulle tecnologie per l’accessibilità per i non vedenti – un problema ancor più grave nei paesi in via di sviluppo, specie in Africa – maturata nella Fondazione LIA.
Parlando di LIA, mi piace sottolineare come l’ingresso dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti nella Fondazione, che proprio qui a Francoforte abbiamo annunciato lo scorso anno, dà i suoi frutti, tanto che il catalogo di libri accessibili per i disabili visivi viaggia verso i 22mila titoli per la fine di quest’anno. Ancor più significativo è il fatto che quasi il 60% degli ebook oggi prodotti dagli editori italiani esce nei normali circuiti commerciali in formato accessibile certificato secondo le migliori direttive internazionali dal primo giorno della sua pubblicazione. Risultato che resta unico al mondo.
L’editoria italiana resta caratterizzata dalla capacità innovativa, dall’attenzione ai mercati internazionali, dalla consapevolezza della sua funzione sociale e culturale e dall’amore per il pluralismo. Su quest’ultimo aspetto, nel confronto internazionale che qui è inevitabile, ci tengo a ricordare – e lo faccio con orgoglio – Più libri più liberi, l’unica fiera al mondo dedicata alla piccola e media editoria, che lo scorso anno, con il trasloco nella Nuvola di Fuksas, ha superato le 100mila presenze e che quest’anno intende ancora crescere.
Insomma: non mancano le preoccupazioni (una crescita modesta, infrastrutture della lettura ancora molto deboli) ma vi sono molti punti di forza nell’editoria italiana. Per questo abbiamo il dovere di coltivare l’ottimismo.
(Fonte: Aie)
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