“VITE CHE SONO LA TUA. Il bello dei romanzi in 27 storie” di Paolo Di Paolo (Laterza)
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di Eliana Camaioni
“A Eliana, per tutte le vite che scriverà”.
Così Paolo di Paolo, con una penna-pennarello blu notte, mi ha dedicato il suo “Vite che sono la tua” (Laterza).
L’ho incontrato a Messina, non ci vedevamo da un po’; e siamo rimasti a chiacchierare a microfoni spenti, dopo la presentazione del suo libro. Perché Paolo è una di quelle persone che quando ci fai amicizia è davvero un amico: ti chiede come stai, si ricorda di quello che gli avevi detto l’ultima volta che vi eravate incontrati anche se sono passati sei mesi, e quindi com’è andata col romanzo nuovo, con quel colloquio, con quel progetto.
E davvero ogni volta mi sento onorata, di questa sua attenzione: per chi come lui incontra centinaia di persone al giorno, questo livello di empatia e di ascolto credo sia un dono fuori dal comune. Anche se – è inconfessabile – in fondo al cuore mi piace pensare che no, lui mica si ricorda così di tutti; come i figli maggiori che sono gelosi dei fratelli minori, mi piace pensare che lui mi consideri davvero sua amica, che abbia per me uno strapuntino d’onore, anche piccolo, in mezzo a tutti.
Vogliamo tutti sentirci speciali, per le persone che stimiamo e a cui vogliamo bene. E nel mio cuore, Paolo è uno di questi.
Così torno a casa, e armata di divano e pantofole, comincio a leggere. E sono ancora alla prefazione, alla pagina VIII in numeri romani, che i miei pensieri trovano conferma: “Questo, è stato leggere. Questo è. Fare entrare nella propria vita molte più persone di quelle che davvero riusciamo a incontrare per strada”.
Eccolo lì, non mi sbagliavo, penso. Eccolo, il suo segreto: percepire la vita come un incrocio di storie e gli altri come compagni di cammino; le nostre vite non sono altro che storie non scritte, siamo fatti delle stesse storie di cui sono fatti i libri, e quindi non esiste cesura fra la vita e la letteratura, c’è solo uno storytelling ininterrotto, in cui si mescolano trame di romanzi e trame di vite che non sono la tua, ma che diventano la tua, se in quelle vite vuoi entrare.
E allora tutto mi è chiaro, e volo sulle pagine del libro spinta dall’amore di farmi attraversare anch’io, dalle vite che hanno attraversato Paolo e che lui ha scelto di condividere col lettore: 27 storie, 27 classici che per la prima volta vedo con occhi nuovi.
Io in loro, loro in me. Loro in Paolo bambino, Tom Sawyer in lui e lui in Tom Sawyer, e così via, passando per Dickens (‘uno scrittore diventato un aggettivo’), il giovane Holden (‘ruvido e sensibilissimo come la gran parte di chi ha sedici anni, sì ma con qualcosa in più’).
Sentire in Holden la persona, e non il personaggio, sentirsi addosso, nei suoi, i propri sedici anni: una prospettiva così nuova che mi porta a divorare avidamente anche le pagine dedicate al Diario di Anna Frank, uno dei classici che ho sempre odiato. Perché ‘Vero: non è un romanzo. E’ il diario di un’adolescente.’. E pensare io che l’ho sempre mandato giù – mi si perdoni l’accostamento – come olio di ricino in salsa nazista, un romanzo di quelli che vanno presi come medicine perché è giusto e perché si deve.
E ripenso alle parole di Paolo a proposito del sistema scolastico e del modo – ancora perfettibile – di proporre i classici ai ragazzi; ripenso alla mia ex vita da insegnante, da poco abbandonata, e a tutte le volte che sono caduta pure io nella trappola dell’olio di ricino (‘questo classico e quest’altro, da leggere d’estate’): proponevo contenuti, anziché intrecciare vite.
Perdendomi così le maiuscole dei TI AMO di Elsa Morante, le paure di Agota Kristof, la scelta delle parole di Lev Tolstoj.
Perdendomi la magia che solo un romanzo regala: per dirla con Paolo, il lasciare sempre aperto il campo delle possibilitภivi compresa quella di ‘cancellare i lunedì. Immaginare, sempre. Sentir battere il cuore e inventarsi il sesso. Cercare un posto sicuro, e non invecchiare mai’.
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La scheda del libro
«Tom era come me. Io ero Tom. E per la prima volta mi sembrava di esistere anche fuori di me, da qualche altra parte. Mi pareva che Twain sapesse qualcosa degli interminabili pomeriggi di vacanza, delle battaglie per gioco fra cugini, di certi assalti, di certi azzardi. Il bello era questo: ritrovare in una storia altrui la mia.»
A volte, da un romanzo, riporti anche solo una frase. Un’intuizione. Una cosa che ignoravi. A volte, anche solo una visione o un gesto. Altre volte, una storia che somiglia alla tua. Da Tom Sawyer al giovane Holden, da Jane Eyre a Raskòl’nikov e ai personaggi di Roth, la magia dei grandi libri, guide strane, insolite, spiazzanti. Leggendo possiamo vivere il non ancora vissuto e il mai vivibile, dichiararci a qualcuno con un coraggio mai avuto, percepire un dolore che somiglia al nostro o solo sapere che esiste. Perché la letteratura ci racconta. La sorpresa del crescere, le sfide, la scoperta del desiderio, l’amore, le ambizioni, le illusioni – magari perdute; la voglia di andare lontano o di tornare a casa; la paura di invecchiare e tutte le paure, ma anche tutte le speranze.
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