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Pensieri e parole ai tempi del coronavirus # 11 (di Francesca G. Marone)

marzo 17, 2020

Dal mondo dei libri, pensieri e parole ai tempi del Covid-19

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di Francesca G. Marone

Sulle famiglie: in molti hanno le famiglie smembrate dal virus, chi ha una mamma lì un fratello là, i figli lontani. Ecco io sono una di queste. Ho un figlio a Roma e una figlia a Londra. E non esiste un “là è meglio o qui è meglio”, come purtroppo diceva sempre una mia ex amica per cui il raffreddore degli altri era sempre meno grave del suo. In questi periodi da nervi scoperti, in cui siamo tutti un po’ più esposti e fragili negli affetti, perché lontani, ogni parola detta male in giro, sui social, in un discorso affrettato e concitato, ogni parola sputata senza rispetto fa male a qualcuno. Qualcuno che ha paure, sentimenti, difficoltà, malattie, solitudini da affrontare. Tutto legittimo.
Io non ce l’ho un’ordinanza per le parole dette male, non ce l’ho una legge marziale e l’esercito per le strade, e nemmeno lo auspico. Tuttavia so che esiste una cosa che si chiama buon senso e che questa va esercitata e soprattutto nei periodi di crisi è facile perderla. Dopo, e siamo sicuri che ci sarà un dopo, faremo i conti con tutto questo e chi sarà con noi avrà ben gestito quella cosa chiamata buon senso, chi si sarà scannato come bestie sarà solo, ancora più solo di chi oggi soffre di solitudine non scelta. Non sono così ingenua da credere in un mondo senza scannatoio, ma ogni tanto, se proviamo a gettare nel mucchio parole belle e piene di rispetto e di delicatezza verso vite che potrebbero sentirsene ferite, forse il dopo non sarà così brutto. Ho pensato a persone che in situazioni di gravi privazioni o prigionia – non è una comparazione attenti- hanno continuato a immaginare il dopo, a fare progetti, a pensarsi parte di una comunità che avrebbe continuato a costruire il futuro. Questo è stato la loro salvezza e pure quella di altri che li hanno seguiti. Sembra banale dire “cosa farai quando tutto finirà?” ma è una parte di quel progetto, io direi teniamo a mente un bel progetto ma che possa includere altre persone. Così non perderemo tanto facilmente il senso di essere una comunità.

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L’introduzione di Massimo Maugeri è disponibile qui

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