“La donna degli alberi” di Lorenzo Marone (Feltrinelli)
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di Francesca G. Marone
“Sono uno di quelli che per capire le cose ha assolutamente bisogno di scriverle.” Murakami afferma questo concetto riguardo alle necessità legate alla sua scrittura. Per lui scrivere serve a mettere i pensieri in ordine per capire meglio, e mi sembra di essere molto d’accordo con lui, ma lo scrittore Lorenzo Marone, in questo nuovo lavoro, mi è sembrato più orientato a mettere in ordine le sensazioni oltre le cose. Leggendo La donna degli alberi il lettore è trasportato in una dimensione in cui emergono le sensazioni più intime, quelle che ci legano all’universo, all’unisono con il nostro sentirci parte integrante del Creato ed essere l’elemento vibrante del delicato equilibrio che lo abita. Lorenzo Marone ha abbandonato, o almeno messo da parte, per un momento, la vena ironica e il raccontare leggero tipico delle storie precedenti (sempre attraversate da quel romanticismo carico di un sentimento tipico dello scrittore); in quest’opera singolare sembra attingere a una parte di sé stesso più profonda e delicata, oserei dire al suo femminino. La trama è assai secondaria in questa narrazione, la montagna accoglie come un ventre una donna in fuga dalle disillusioni e da un passato ingombrante, il ritmo della storia è scandito dal mutare delle stagioni e dal susseguirsi dei mesi, l’atmosfera del bosco restituisce una dimensione da sogno. La donna, magnificamente disegnata sulla copertina del libro, fluttua come se fosse immersa in un mondo fiabesco fatto di odori, di sentore di terra, di benevolenza, di reciprocità, di piccoli animali e di forze della natura. Non mancano le durezze e le mancanze.
È un canto femminile, la nuova storia di Lorenzo; un lungo poema con la connotazione della fiaba, tutto scritto e narrato da una voce di donna di cui non conosciamo il nome. E in fondo non ci importa, anzi, andando avanti ci rendiamo conto che i nomi sono un di più, ogni personaggio è definito caratterialmente e visibile ai nostri occhi. Donna in fuga dal non amore, dalla civiltà, e dalle ferite dell’esistenza, tutta raccolta nel proprio sospiro interiore ma immersa totalmente nella Natura. Ogni suo passo è come se fosse sollevato dalla terra, senza la volontà di infierire col calpestìo dei propri piedi e con lei anche noi andiamo leggeri nel suo mondo, avvolti in un silenzio che risuona spirituale in ogni gesto della donna senza nome. Tutto attorno a lei ha una voce: il monte, la casa, gli animali del bosco che le sono amici, i personaggi hanno nomi indefiniti che tuttavia dicono tanto di sé stessi e delle loro relazioni col mondo: la Benefattrice, la Guaritrice, la Rossa e lo Straniero. Sembrano eterni e sospesi in un paese in cui l’unico risveglio possibile è quello dello spirito in comunione totale con la Natura. Questa lettura si rivela un canto straniante che ho portato con me, negli ultimi giorni liberi di passeggiate in montagna, quasi a voler accompagnare la mia esperienza di lettore col silenzio e con gli stessi suoni descritti nella storia di Lorenzo Marone. Credo che l’autore abbia seguito una particolare esigenza interiore, un bisogno di ritrovare sé stesso, e abbia voluto offrire un delicato invito per compenetrarci in quella dimensione autentica, fatta di un sentire poetico, che possa guidare il nostro stare sulla terra. Avevamo davvero il desiderio di scoprire ancora un’altra voce di questo abilissimo narratore.
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La scheda del libro: “La donna degli alberi” di Lorenzo Marone (Feltrinelli)
Una baita in montagna e una donna. Attorno a lei, la furia e la meraviglia della natura. La legge del Monte e il miracolo della vita.
La donna è sola, inquieta, in fuga: non vuole più restare dove non c’è amore. Ha lasciato la città, nella quale tutto è frenetico e in vendita, ed è tornata nella vecchia baita dell’infanzia, sul Monte. Qui vive senza passato, aspetta che la neve seppellisca i ricordi e segue il ritmo della natura. C’è un inverno da attraversare, il freddo da combattere, la solitudine da farsi amica. Ci sono i rumori e le creature del bosco, una volpe curiosa e un gufo reale che bubola sotto il tetto. E c’è l’uomo dal giaccone rosso, che arriva e che va, come il vento. A valle lo chiamano lo Straniero: vuole risistemare il rifugio e piantare abeti sul versante nord della montagna, per aiutarla a resistere e a tornare fertile. Una notte terribile riporta la paura, ma la donna si accorge che ci sono persone che vegliano su di lei: la Guaritrice, muta dalla nascita, che comprende il linguaggio delle piante e fa nascere i bambini; la Rossa, che gestisce la locanda del paese; la Benefattrice, che la nutre di cibo e premure. Donne che sanno dare riparo alle anime rotte, e che come lei cercano di vivere pienamente nel loro angolo di mondo. Mentre la montagna si prepara al disgelo e a rifiorire, anche la donna si rimette in cammino. Arriverà un altro inverno, ma ora il Monte la chiama.
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Lorenzo Marone (Napoli, 1974) ha pubblicato La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015; Premio Stresa 2015, Premio Scrivere per amore 2015, Premio Caffè corretto città di Cave 2016, 16 traduzioni all’estero), che ha ispirato un film, La tenerezza, con regia di Gianni Amelio; La tristezza ha il sonno leggero (Longanesi, 2016; Premio Como 2016), da cui verrà tratto un film omonimo con regia di Marco Mario De Notaris; Magari domani resto (Feltrinelli, 2017; Premio Selezione Bancarella 2017); Un ragazzo normale (Feltrinelli, 2018; Premio Giancarlo Siani 2018); Tutto sarà perfetto (Feltrinelli, 2019) e il saggio Cara Napoli (Feltrinelli, 2018) e Inventario di un cuore in allarme (Einaudi, 2020). Collabora con “la Repubblica” di Napoli con una rubrica fissa dal titolo “Granelli”. Vive a Napoli con la moglie, il figlio e la bassotta Greta.
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