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BERRETTI ERASMUS di Giovanni Agnoloni (intervista)

febbraio 11, 2021

“Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa” di Giovanni Agnoloni (Fusta)

[Giovanni Agnoloni è anche il traduttore del volume “Le nostre verità” di Kamala Harris (La nave di Teseo)]

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di Massimo Maugeri

Come è noto L’Erasmus (acronimo di EuRopean Community Action Scheme for the Mobility of University Students) è un programma di mobilità studentesca dell’Unione europea, creato nel 1987, attraverso il quale uno studente universitario europeo ha la possibilità di effettuare in una università estera un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria università. È interessante evidenziare che il nome del programma deriva da quello dell’umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536), che viaggiò diversi anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture.
Il nuovo libro di Giovanni Agnoloni ci porta nel mondo dell’Erasmus attraverso la narrazione di episodi vissuti durante esperienze di studio, esplorazione e lavoro nel Regno Unito, in Olanda, in Lituania, Irlanda, Polonia e altri luoghi ancora. Si intitola, per l’appunto, “Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europae lo pubblica l’editore Fusta.
Ho avuto modo di discuterne con l’autore…

– Caro Giovanni, partiamo dall’inizio. Ovvero, dalla genesi del libro. Come nasce “Berretti Erasmus”? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione?
imageL’ispirazione di fondo è il bisogno di testimoniare e dunque anche di rendere un tributo ai luoghi, che per me, da sempre, hanno un carattere e un’aura ben precisi, capaci di coinvolgere e di interagire con la sensibilità umana. Viaggiare per me è sempre stata un’esigenza fondamentale (da qui la sofferenza di questo periodo di forzata immobilità dovuta alla situazione epidemica), perché la mia natura è fortemente curiosa dal punto di vista linguistico e culturale, e spostarmi geograficamente mi permette di attingere da tanti “bacini energetici” diversi. In più rispetto a tutto questo, c’è anche l’elemento del confronto tra il qui e il , ovvero l’accostamento dei piccoli (ma spesso, a livello intimo, determinanti) spostamenti della banale passeggiata intorno a casa con i grandi viaggi. Le intuizioni che preparano ai secondi spesso nascono durante i primi, e il loro stesso senso viene metabolizzato e compreso mentre, da casa, li si ripensa. Così nascono anche le idee per romanzi e racconti autobiografici – come in gran parte è questo libro – e non, in cui i luoghi sono comunque protagonisti.

– Il volume apre con questa citazione di tuo padre: «I ricordi viaggiano sui treni vecchi.» (Giorgio Agnoloni, mio padre). Perché hai scelto proprio questa frase come epigrafe del libro?
Perché quando la pronunciò, mentre una sera guardavamo un film in cui compariva un vecchio treno con vagoni di terza classe, rimasi folgorato dalla sua intensità poetica. Credo che la memoria, ovvero la dimensione in cui, come accennavo sopra, rivisitiamo e digeriamo le nostre esperienze, arrivando spesso a comprenderne il vero significato, sia una dimensione fondamentalmente lenta, direi quasi – in contrapposizione a tanta modernità “figa” – analogica, come il buon artigianato letto come risposta alla tecnologia imperante. E così a me piace viaggiare. Sì, nella vita ho preso molti aerei e anche treni ad alta velocità, ma mi piace prima di tutto camminare; e poi sto riscoprendo il piacere del viaggio in macchina, lontano dalla folla e più vicino alla lentezza della natura, in cui posso fermarmi tutte le volte che voglio. Peraltro, va detto che mio padre non amava viaggiare. Credo però che, con quella frase, abbia colto alla perfezione l’essenza dello spirito del vero viaggiatore e, forse senza rendersene conto sul momento, mi abbia lasciato un testimone da portare avanti nella staffetta della vita.

– Nell’ambito della tua prima risposta hai evidenziato che questo volume rientra in gran parte nell’ambito dei tuoi racconti autobiografici, tuttavia nella nota di apertura leggiamo che “Questa storia è interamente frutto di fantasia”…
Mi accorgo adesso di avere in parte risposto sopra, dichiarando la natura autobiografica del romanzo. Comunque la cosa curiosa è questa: nel momento in cui ho messo quella formula standard (per prevenire eventuali contestazioni legali) non ho pensato affatto a questa paradossale contraddizione. Il fatto, però, è che in qualche modo non è una contraddizione. Cioè, se è pur corretto dire che Berretti Erasmus è al novanta per cento un libro autobiografico (sono frutto d’invenzione narrativa i capitoli di raccordo tra i vari viaggi e il finale), la narrazione è comunque una rivisitazione in chiave letteraria del mio “vissuto”, per cui quello che nella mia mente è ricordo sulla pagina diventa fiction, e dunque opera di fantasia.

– Cosa puoi dirci del rapporto del protagonista del libro con la sua città, Firenze?
È un rapporto complesso, di amore-odio. Pur amandola per la sua arte e la formazione culturale che gli ha trasmesso, oltre che per la famiglia e gli amici che gli ha regalato, la detesta per le sue logiche lobbistiche, eredi della sua tradizione corporativa di origine medievale, e per la tendenza a non favorire l’amicizia al di là delle cerchie consolidate. A Firenze la gente – almeno, quando si poteva – è sempre uscita per lo più con la compagnia fissa dei soliti amici e con poca curiosità rispetto al mondo che c’era “al di fuori”. Io, figlio delle esperienze in salsa “Erasmus”, a partire dalle vacanze-studio a Dublino e dal vero Erasmus a Leicester, in Inghilterra, ho sempre sentito il bisogno dell’esatto opposto di questo stile stanziale, ragion per cui ho frequentato spesso studenti e studentesse stranieri in città e ho avuto frequentazioni sentimentali principalmente internazionali, compreso il grande amore per Agnieszka, poi morta in un incidente, cui nel libro viene dedicato un intero capitolo.

– Cosa ha significato per lui, avere la possibilità di girare per il Nord dell’Europa attraverso il progetto Erasmus?
Ha significato un autentico trampolino verso una visione della vita imperniata sull’apertura al mondo e all’altro, nel senso di persona, di paese e di lingua. Sono diventato (scusa, passo alla prima persona, ché parlare di me in terza non mi riesce) uno scrittore-viaggiatore e un traduttore letterario precisamente grazie a questo. E, soprattutto, non ho mai perso quello spirito di scoperta e di ricerca, che è lo stesso con cui porto avanti il mio lavoro di autore e lo studio di nuove lingue – come il polacco e lo svedese. Amo moltissimo il Nord Europa per il suo alto grado di civiltà e perché, in fondo, pur essendo un “Erasmus dentro”, sono anche uno spirito meditativo e amante dei momenti di solitudine. Trovo, per molti versi, la cultura del Sud dell’Europa troppo casinista e massificante, mentre in paesi come l’Irlanda, l’Inghilterra, la Svezia e la Polonia ho potuto apprezzare gradazioni diverse della libertà di stare con gli altri o di ritirarsi in silenzio, nella bellezza della natura e nel candore intimo di luoghi di culto e di cultura.

– In questo tuo girovagare per l’Europa, quali sono i luoghi e gli aneddoti che, più di ogni altro, ti sono rimasti impressi nella vita e nella memoria (con riferimento a quanto racconti nel libro)?
Uno su tutti è il periodo vissuto a Cracovia con la donna amata e poi persa. Per me scrivere quel capitolo è stato straziante ma necessario, e rileggerlo, paradossalmente, pacificante come una benedizione o un viatico di vita nuova. Adesso sono pronto a nuovi viaggi e soprattutto a un nuovo grande amore. Per il resto, torno spesso a sognare (a occhi chiusi e pure aperti) i luoghi del mio Erasmus inglese, che è stato un’esperienza divertentissima e al tempo stesso di grande impegno sul piano dello studio. Ripenso a certe scene esilaranti nella Students’ House della University of Leicester durante la serata-discoteca del mercoledì, con gente ubriaca che pomiciava in fogge ineleganti ma comicissime e soggetti strambi che ti avvicinavano per tentare (senza successo) un approccio o semplicemente biascicarti qualche battuta storpiata da litri di birra precedentemente ingollati. E poi rivedo il mini-grattacielo al centro del campus e il suo buffo ascensore-montacarichi, senza porta, dove si doveva salire e scendere al volo, e che credo sia penetrato nel mio subconscio più di tante immagini della remota infanzia. Allo stesso modo, spesso sogno una mia lunga passeggiata notturna a Dublino, di rientro a casa una notte in cui non trovavo taxi liberi, con le luci del fiume Liffey che sbiadivano nel velluto nero-sporco del cielo, mentre dai pub uscivano folate di musica irlandese. Non ho mai, però, particolari nostalgie, ma la gioia profonda di aver vissuto una, anzi più stagioni intense. Adesso, in questo tempo di rinascita e di preparazione al dopo-“pandemia”, questo stato d’animo reattivo è per me assolutamente fondamentale. Devo, anzi dobbiamo, ripartire.

– A causa della Brexit, la Gran Bretagna non parteciperà più all’Erasmus. Qual è il tuo pensiero in proposito?
La Brexit è stata un grande errore, l’ho sempre pensato. E non perché mi piaccia l’attuale Europa delle banche e della finanza. Tutt’altro: l’Europa va profondamente riformata, anche perché è precisamente questa Europa dirigista e imperniata su parametri strettamente economici a determinare gli eccessi sovranistici, laddove un giusto rispetto della sovranità degli stati entro una cornice europea condivisa e non soffocante sarebbe più che auspicabile. Ma la lacerazione inglese, voluta con un referendum peraltro consultivo, ampiamente condizionato da informazioni scorrette diffuse prima del voto, ha solo portato a un pesante rinculo sul piano economico e monetario per il Regno Unito, oltre che al rischio (per fortuna, a quanto pare adesso sventato) di mettere a repentaglio la pace nell’Irlanda del Nord. Quanto alla fine del programma Erasmus per gli studenti britannici, è un peccato mortale. Privare i loro ragazzi di questa esperienza, che peraltro potrebbe essere ripristinata mediante accordi tra le singole università del Regno Unito e quelle europee, è stato un effetto assolutamente deprecabile. Mi appello alle autorità che hanno il potere di promuovere una ricucitura almeno in tal senso, affinché si adoperino perché diventi possibile.

– In chiusura: a quale tipo di lettore è indirizzato fondamentalmente “Berretti Erasmus”?
Sarò banale, ma mi viene da dire “a tutti”. Certamente a chi l’Erasmus l’ha fatto e ama ricordarlo – magari, come spero, per recuperare lo slancio di allora, che la vita potrebbe aver un po’ smorzato. E a chi sta pensando di farlo, per rendersi conto della bellezza che lo aspetta. E poi a chi ama i viaggi e l’anelito di scoperta e di esplorazione che li anima, perché questo è un libro che parla non solo delle esperienze di uno studente all’estero, ma soprattutto delle peregrinazioni, come dice il sottotitolo, di un uomo che, provenendo da quell’imprinting di base, ha continuato a girare per l’Europa (e non solo) con quello spirito, e così è stato in Olanda, in Lituania, in Polonia, in Irlanda, in Svezia e oltre. Infine, credo che questo romanzo-mémoire sia stato scritto cercando di coniugare il piacere di una lettura scorrevole con la profondità dei momenti più intensi, vissuti e rivisitati nella mente e nell’anima. Perciò penso che possa piacere a tutti gli amanti della narrativa coinvolgente e a coloro che sentono il bisogno di ritrovare il filo della propria vita, chiedendosi, à la Chatwin, dove sono arrivati e soprattutto dove desiderano andare. Per poi farlo.

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La scheda del libro: “Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa” di Giovanni Agnoloni (Fusta)

Uno studente di Legge degli anni Duemila partecipa a un progetto Erasmus in Inghilterra. Da lì, durante quell’esperienza, capisce che il suo destino sarà legato all’altrove. E lo capisce come si capiscono le cose naturali, quelle che capitano, in apparenza senza ragione. Dunque si dedica a una professione – principalmente quella di traduttore, cui unisce sempre più l’attività di scrittore – che continuerà a chiedergli di spostarsi.
I ciclici ritorni nell’amata-odiata Firenze saranno per lui fonte di ossigeno e patimento, perché là, in special modo nel Nord dell’Europa e lungo le sue propaggini orientali, inizierà a nascondersi il senso di una vita. Leggiamo così pagine su episodi realmente vissuti durante esperienze di studio, esplorazione e lavoro nel Regno Unito, in Olanda, in Lituania, Irlanda, Polonia e altri luoghi ancora… quelli del cuore. Sì, perché Giovanni conoscerà anche l’amore, e lo vivrà tutto: sino a che questa ragazza, quella che sarebbe dovuta diventare sua moglie, a nozze già fissate, non morirà in un incidente d’auto.
Stop. Ecco che quel destino che l’uomo credeva di aver in qualche modo piegato, be’, ripresenta il conto. Allora tutto – tutto il vissuto e tutto ciò che resta da vivere – assume un significato altro, nuovo. E chiede di essere raccontato, narrato, messo nero su bianco.

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Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976), è uno scrittore, traduttore letterario e blogger. Autore del romanzo di viaggio Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa (Fusta, 2020) e del romanzo psicologico Viale dei silenzi (Arkadia, 2019), ha anche preso parte al romanzo collettivo Il postino di Mozzi, a cura di Fernando Guglielmo Castanar (Arkadia, 2019). È inoltre autore di una quadrilogia di romanzi distopici sul tema del crollo di internet e della società del controllo (Sentieri di notte, Partita di anime, La casa degli anonimi e L’ultimo angolo di mondo finito, editi da Galaad tra il 2012 e il 2017), in parte pubblicata anche in spagnolo e in polacco e in prossima uscita in volume unico sempre per Galaad. Ha scritto, curato e tradotto vari libri sulle opere di J.R.R. Tolkien, e tradotto o co-tradotto saggi su William Shakespeare e Roberto Bolaño, oltre a libri di Jorge Mario Bergoglio, Kamala Harris, Arsène Wenger, Amir Valle e Peter Straub. Ha partecipato a numerose residenze letterarie e reading in Europa e negli Stati Uniti, e traduce da inglese, spagnolo, francese e portoghese, oltre a parlare il polacco e lo svedese. I suoi contributi critici sono disponibili sui blog “La Poesia e lo Spirito”, “Lankenauta”, “Poesia, di Luigia Sorrentino” e “Postpopuli”. Il suo sito è www.giovanniagnoloni.com.

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