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IL CIMITERO DI VENEZIA di Matteo Strukul (Newton Compton) – intervista

Maggio 1, 2022

undefined“Il cimitero di Venezia” di Matteo Strukul (Newton Compton): in libreria dal 2 maggioIntervista all’autore

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di Massimo Maugeri

Con questo libro, Il cimitero di Venezia(Newton Compton), ambientato nella Venezia del Settecento, Matteo Strukul inaugura una nuova serie di avventure con protagonista un personaggio letterario che coincide con un personaggio storico realmente esistito: Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto.
Un romanzo che, come sostiene lo stesso autore (e gli chiederemo maggiori dettagli in proposito), “non è un romanzo storico ma un thriller storico-avventuroso”.

– Caro Matteo, partiamo come sempre dall’inizio… ovvero dalla genesi del romanzo. Come nasce “Il cimitero di Venezia”?
Volevo tornare nella Venezia del Settecento per la quale provo una fascinazione incredibile, tanto più dopo l’opera teatrale Casanova Opera Pop, con le musiche di Red Canzian – tratta dal mio romanzo “Giacomo Casanova, la sonata dei cuori infranti” – e per la quale ho scritto il libretto. Avere al centro della trama un’altra delle figure iconiche della Venezia di quegli anni, Canaletto, era semplicemente magnifico, anche perché ne è per molti aspetti il pittore più rappresentativo di sempre, insieme a Tintoretto. Inoltre, la sua figura è in parte avvolta nel mistero: non si sposò mai, non ebbe figli e dedicò tutta la sua vita alla propria arte. Fu anche un pittore di fama mondiale già in vita. I suoi agenti furono, in particolar modo, Owen McSwiney e Joseph Smith che gli procurarono straordinarie committenze da parte del duca di Bedford, del conte di Carlisle e di moltissimi altri.

– C’è qualcosa in particolare che ti lega alla città della laguna?
Sono Veneto. Amo perdutamente la mia terra. Al Veneto e a Silvia, mia moglie, dedico questo libro. Venezia è una città unica al mondo, un sogno divenuto realtà, la sfida impossibile, vinta dall’uomo, di costruire una meraviglia sull’acqua e non sulla terra. Non esiste nulla del genere. E poi i palazzi, il Canal Grande, la laguna, le chiese, i campielli, i riflessi della luce sull’acqua, Piazza San Marco, il Ponte di Rialto: come si fa a non essere legati a una città come questa?

– Cosa puoi dirci sul periodo storico in cui è ambientato il romanzo? Siamo in pieno Settecento…
È il periodo della decadenza, del declino, eppure al tempo stesso, in quegli anni a Venezia si radunano alcuni dei più grandi e incredibili personaggi del Settecento: Canaletto, Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Antonio Vivaldi, Carlo Goldoni, Giacomo Casanova, Benedetto Marcello, Francesco Guardi, Pietro Longhi, solo per citare i più noti, tutti campioni assoluti dell’arte nella quale si misurano.

– Siamo, peraltro, nel pieno di un’epidemia di vaiolo. Viene da pensare a una sorta di attinenza con questi nostri tempi pandemici. È così?
In verità il vaiolo in quegli anni era molto diffuso. Il romanzo è caratterizzato da atmosfere anche cupe e l’epidemia certamente contribuisce a rendere la storia molto dark. E poi era perfetto per introdurre uno dei personaggi più importanti del racconto: Isaac Liebermann, un medico ebreo che crede nella ricerca scientifica e nella pietà per i miseri.

– Più in generale, cosa puoi dirci sull’attività di studio e ricerca propedeutica alla scrittura di questo romanzo? C’è qualche aspetto o spunto particolarmente interessante che potresti condividere con noi?
Senz’altro gli studi di ottica, condotti per rendere credibili le fasi preparatorie del dipinto che Canaletto riteneva essenziali per raggiungere i propri scopi con le sue tele. Ogni veduta presupponeva un’analisi incrociata delle prospettive e una cura quasi maniacale per il dettaglio. Per ottenere simili effetti, Canaletto si serviva di camere ottiche e cannocchiali speciali che montavano lenti di superba qualità. Fabbricate naturalmente a Murano dai mastri vetrai, i più famosi al mondo.

Matteo Strukul – foto © Andrea Andreetta

– Parlaci in maniera più approfondita del personaggio letterario protagonista di “Il cimitero di Venezia” (che peraltro, come abbiamo già accennato, è un personaggio realmente esistito dal punto di vista storico). Chi è Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto? Potresti tracciare un suo identikit a beneficio dei nostri lettori?
È il pittore del Settecento. Un gigante. Colui che fece conoscere Venezia al mondo, a tutti coloro che non potevano recarvisi e che grazie ai suoi quadri poterono ammirare Piazza San Marco, il Canale Grande, il Ponte di Rialto. Luoghi che non esito a definire iconici. Portò l’Italia nel mondo e dovremmo essergli eternamente grati per questo. Fu un innovatore giacché portò ai massimi livelli espressivi la VEDUTA, quella particolare tecnica pittorica che ritrae uno scorcio una scena, un luogo, una VEDUTA appunto di un punto particolare d’una città. Era un uomo determinato, coraggioso, combattivo, anticonformista. A causa del suo enorme successo in vita venne criticato da alcuni contemporanei che tendevano a voler minimizzare il suo straordinario talento, riducendolo a quello di un semplice riproduttore. La Storia ha invece sancito in modo inequivocabile la sua fama di maestro assoluto dell’arte. Le sue tele racchiudono la magia di Venezia, la luce del sole sull’acqua verde della laguna, la straordinaria umanità del tempo. Più tardi, egli usò quella medesima meraviglia per raccontare Londra. Per conoscere davvero il Settecento è necessario studiare le tele del Canaletto e leggere le commedie di Goldoni. Senza Canaletto non sarebbe esistito Turner, per dire. Consiglio a tutti di recarsi a Ca’ Rezzonico – il museo del Settecento Veneziano – ad ammirare le uniche due tele presenti a Venezia che sono, peraltro, fra le più belle in assoluto. È un’esperienza indimenticabile. Ci vado almeno due volte l’anno. Sogno, un giorno, di realizzare una mostra dedicata a Canaletto con tante sue tele finalmente a Venezia. Se qualcuno vuole darmi una mano, sono qui. È incredibile che i suoi quadri siano a New York, Dresda, San Pietroburgo, Madrid, Londra, Birmingham, Praga, Milano, Berlino e in molte altre città nel mondo e non nella sua.

– C’è un dipinto, il Rio dei Mendicanti. E c’è l’assassinio di una donna. Cosa li accomuna? E cosa puoi dirci a riguardo?
Questo dipinto incredibile può essere ammirato a Ca’ Rezzonico, a Venezia. Canaletto ha ritratto, inconsapevolmente, qualcosa che pone in imbarazzo qualcuno. E viene mandato a chiamare prima dall’Inquisitore di Stato e poi dal Doge in persona. In una notte buia e tempestosa si ritrova coinvolto in un tenebroso affare. Ed è chiamato a investigare, suo malgrado. Questo è l’inizio della nostra storia.

– Cosa accade al Canaletto nella storia? Cosa puoi anticiparci, senza rivelarci troppo?
Impara con molta fatica a pedinare qualcuno. Sfrutta il proprio enorme talento nel disegno per fissare su carta dettagli macabri utili alla sua indagine. Stringe amicizie con persone che potrebbero aiutarlo. In una Venezia devastata dal vaiolo, qualcuno sta uccidendo barbaramente delle donne innocenti. Sarà però l’amore a salvarlo, un sentimento puro e profondo per colei che sa dominare i segreti dell’arte del vetro.

– Nella nota di chiusura al testo hai sentito l’esigenza di precisare che questo tuo nuovo libro “non è un romanzo storico ma un thriller storico-avventuroso”. Perché questa precisazione? Cosa intendi dire, con esattezza?
Perché a differenza di altri miei romanzi, certamente storici, questo è maggiormente legato a una dimensione avventurosa seppur calato in una cornice storica rigorosa. Penso a riferimenti obbligati come “Il conte di Montecristo” di Dumas o a “La figlia del capitano” di Alecsandr Sergeevic Puskin.

– In chiusura, un’altra domanda sulla città. Cosa ha in comune la Venezia di oggi con quella in cui è ambientato questo tuo romanzo?
La città è ancora lì proprio come nel Settecento. Per certi aspetti immutabile. Andare a Venezia significa anzitutto fare un viaggio nel Tempo e nella Storia. E poi Venezia è l’Arte, basti pensare all’opera che in questi giorni sta facendo furore, mi riferisco alle tele di Anselm Kiefer a Palazzo Ducale. E alla Biennale d’Arte, naturalmente, inaugurata pochi giorni fa. Venezia è un faro, una stella nella notte. Non è cambiata. È rimasta la città più incredibile al mondo. Unica.

– Grazie per le tue generose risposte, caro Matteo. E tanta strada a te e al tuo Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto…

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La scheda del libro: “Il cimitero di Venezia” di Matteo Strukul (Newton Compton)

La prima indagine di Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto.

Venezia, 1725.
Mentre un’epidemia di vaiolo miete vittime tra la popolazione, una delle donne più illustri della città viene trovata con il petto squarciato nelle acque nere e gelide del Rio dei Mendicanti. In un clima di crescente tensione, Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto, viene convocato dagli Inquisitori di Stato, insospettiti da una sua recente opera, che ritrae proprio quel luo­go malfamato: c’è forse un legame tra il pittore e l’omicidio? Mentre, sconvolto, sta lasciando il Palazzo Ducale, Canaletto viene fermato e portato al cospetto del doge, anche lui interessato a quel quadro, il Rio dei Mendicanti. Nel dipinto c’è qualcosa che, se rivelato, potrebbe mettere in grave imbarazzo un’importante famiglia veneziana: un nobile, ritratto in uno dei luoghi più popolari e plebei di Venezia. Perché mai si trovava in un posto simile? Canaletto riceve dal doge l’ordine di scoprirlo e riferire direttamente a lui. L’indagine – che all’inizio lo spaventa e poi, lentamente, lo cattura – lo porta però a frequentare ambienti apparentemente illustri in cui sembrano consumarsi oscuri riti, e nei quali si aggirano figure ambigue, dal passato avvolto nel mistero. Quali segreti si celano nei palazzi veneziani? Quali verità sarebbe meglio rimanessero sepolte?

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Matteo Strukul – foto © Marco Bergamaschi

Matteo Strukul è nato a Padova nel 1973. È laureato in Giurisprudenza, dottore di ricerca in Diritto europeo e membro della Historical Novel Society. Le sue opere sono in corso di pubblicazione in quaranta Paesi e opzionate per il cinema. Per la Newton Compton ha esordito con la saga sui Medici, che comprende Una dinastia al potere (vincitore del Premio Bancarella 2017), Un uomo al potere, Una regina al potere e Decadenza di una famiglia. Successivamente ha pubblicato Inquisizione Michelangelo, Le sette dinastie, La corona del potere, Dante enigma e Il cimitero di Venezia. Per essere informati sul suo lavoro: matteostrukul.com

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