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VENTO DI LIBERTÀ di Lelio Bonaccorso (Tunuè)

agosto 23, 2022

Vento di libertà - Lelio Bonaccorso - copertina“Vento di libertà” di Lelio Bonaccorso (Tunuè)

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di Eliana Camaioni

È il suo esordio come autore unico: Vento di libertà (Tunuè) rappresenta una svolta nella carriera artistica di Lelio Bonaccorso, l’inizio di un percorso di sceneggiatore oltre che di illustratore. La vicenda narrata è quella di Dina e Clarenza, eroine messinesi che nel 1282 promossero e sostennero la rivolta del Vespro a Messina, resistendo eroicamente assieme alla popolazione ad un assedio di 72 giorni. Non manca poi, fra le pagine, la storia d’amore impossibile fra Dina e Jacques: finzione letteraria che diventa però emblema di quanto sia vero che amor vincit omnia. Lelio Bonaccorso ha scelto ancora una volta una storia che dal particolare si riconnette all’universale, nel rapporto fra oppressori e oppressi, ma con un messaggio di speranza: uniti si vince, anche in disparità numerica e di mezzi, anche di fronte a nemici oggettivamente imponenti. Con una prefazione di Nadia Terranova, che conferma un’idem sentire culturale, e un progetto condiviso di più ampio respiro.

– Lelio autore. Raccontaci la tua giornata di artista
Solitamente disegno fino a sera tardi, notte a volte, e di conseguenza non comincio mai a disegnare prima delle dieci di mattina. Faccio colazione, la mia passeggiata giù al mare, poi torno a casa, controllo email e social, e comincio a disegnare. Pausa per pranzare, poi torno a disegnare fino a sera; nel frattempo, mentre disegno ascolto musica e qualche volta riesco a seguire anche film: ho imparato a fare più cose contemporaneamente, visto che disegno dodici ore al giorno, sennò non avrei più una vita! Lavoro fino alle nove di sera, ma se ho scadenze particolari finisco a notte fonda.

– Ti dai un programma stabilito? Tipo: oggi devo fare dieci tavole…
Assolutamente sì.  Ho un calendario del numero di tavole che devo fare al giorno e al mese, perché i fumetti prevedono un certo numero di tavole e la scadenza è fondamentale: quando comincio un lavoro, so già quante tavole devono essere, e la pianificazione esatta è fondamentale, tutto è pianificato al dettaglio.

– Ti capitano i giorni no, quelli col blocco dello scrittore?
No. E comunque se mai avvenisse non me lo potrei permettere. Certo, ci sono giorni in cui la matita è più fluida e altri in cui scorre con difficoltà, e un elemento determinante è il sonno: se dormo poco ho difficoltà a disegnare, a mettere su carta quello che ho in testa, collegare l’immagine mentale alla mano.

– Il tuo rapporto coi social: immagino tu abbia millemila notifiche al giorno. Riesci a gestirle?
Sì, troppe. Ma la comunicazione in questo lavoro è la parte essenziale. Alcuni artisti hanno dei veri e propri gestori dei loro social, io preferisco curarli personalmente ma con alcune precauzioni: non faccio troppi post, ma soprattutto mai sul ‘fatto del giorno’, perché innesca dei botta e risposta difficili da seguire, e comunque con la gente di certi argomenti preferisco parlare di persona e non sui social. Per me è un discorso di comunicazione culturale, promozione dei miei lavori, di ciò che sto facendo e che farò, e spesso presentare il lavoro di altri autori.

– Ami parlare spesso di questa nostra città. Ma il tuo legame con Messina va oltre, è quasi una missione di vita, tant’è che nelle tue dirette in giro per la città mostri coi tuoi occhi quello che fai sulle tavole, ci dai il tuo sguardo su qualcosa che magari tutti conosciamo ma riesci a farcela apparire come se la vedessimo per la prima volta.
Io penso che nella vita si debba prendere e dare, ci vuole un ricircolo. Questo in cui viviamo è un posto bellissimo, pieno di spunti e possibilità, e penso che noi dobbiamo sfruttare il nostro patrimonio culturale uscendo fuori dallo stereotipo Sicilia-mafia-spiagge, quando in realtà ci sono storie come quella del Vespro che vanno raccontate. Messina è al centro di tutto perché è la mia fonte di ispirazione principale: racconto anche altre cose, ma una buona parte di ciò che faccio lo ambiento qui, come il mio ultimo libro su Caravaggio, realizzato assieme a Nadia Terranova.

– Entriamo nel vivo del tuo ultimo romanzo, Vento di Libertà, che è già in ristampa e sta andando benissimo in tour. Dina e Clarenza hanno coraggio, ma è un coraggio da uomini o da donne? Sembra una domanda astrusa, ma serve a uscire fuori dal cliché secondo cui si associa solitamente il coraggio degli uomini al testosterone. Dina e Clarenza invece – cosa che in modo coerente viene fuori dalle tue tavole – usano il coraggio in un altro modo. È il famoso femminino sacro di cui si parla?
https://www.tunue.com/wp-content/uploads/2021/02/bonaccorso-autore-300x400.jpgQuesto è un discorso di cui si parla molto, il rapporto fra uomini e donne. Non mi piacciono le schematizzazioni, non credo che ci siano parti più importanti di altre e credo che tutte vadano integrate, penso che ci sia un maschile e un femminile nell’uomo e nella donna, e queste parti siano complementari e debbano stare in equilibrio. Stesso discorso a livello sociale: ecco perché ho voluto raccontare una storia di donne, perché non volevo fossero considerate a livello sociale una parte minore vituperata dalla propaganda (spesso relegate in negativo, si pensi alle streghe alle prostitute alle pazze). Per quanto riguarda il femminino sacro, penso che tu ti riferisca a quello che chiamo La Grande Madre, di cui la Sicilia è simbolo: essa è l’emblema dell’affettuosità, dell’accoglienza (si pensi al concetto di maternità), ma al tempo stesso una madre può essere tremendamente spietata per difendere i propri figli. Se c’è qualcosa che ha sicuramente due aspetti, uno più luminoso, di fertilità, e uno più oscuro, di aggressività, è proprio la Grande Madre; aspetti che non devono mai essere considerati separati.

Vento di libertà - Lelio Bonaccorso - 3

– Questo fumetto è il tuo primo lavoro come autore unico, in cui oltre ai disegni anche i testi sono i tuoi. E c’è una frase che mi ha colpito: “La libertà è sopravvalutata: se non hai il potere di mantenerla, ti uccide”. Ce la spieghi?
La libertà è qualcosa che dovremmo capire esattamente cosa sia. Pensiamo a quante rivoluzioni, ribellioni o guerre si sono fatte in suo nome, e spesso è qualcosa che ha giustificato le peggiori atrocità nei secoli. Io penso che la libertà sia qualcosa di individuale, personale (che non significa fare tutto ciò che vuoi anche a discapito degli altri) ma capire perché tu devi fare quella cosa, e questo è ciò che ci tiene liberi.

– Ci sono alcuni camei che mi sono piaciuti: ad esempio a pag.83 c’è un monaco sulla zona falcata, è il san Raineri da cui essa prende il nome, il monaco che viveva lì e faceva da genius loci? E poi ci sono delle chicche, costituite talvolta da richiami e citazioni, altre volte da canti e proverbi popolari: oltre a ricostruire una Messina del Duecento nei suoi monumenti, ci regali anche un aspetto antropologico che è quello delle donne che lavano e al contempo cantano o raccontano storie, trasmettendo l’anima di un popolo. Quanto c’è di ricerca, e quanto di bagaglio tuo personale, in tutto questo?
Alcuni proverbi, citazioni e riferimenti che ho inserito sono omaggi alla storia, come il monaco, o alla storia dell’arte, vedi la riproduzione del celebre quadro di Delacroix in cui ho sostituito la bandiera della Francia con la Trinacria, proprio perché è un concetto universale. Amo mettere queste citazioni e poi lasciare il lettore libero di coglierle o meno.

– Uso dei colori. Hai uno staff di coloristi che lavorano sotto la tua supervisione, perché il colore – parimenti al testo e all’immagine – è narrazione.
Questo libro è frutto di una squadra, perché come dico sempre da soli non si fa nulla, ma ogni grande opera è frutto dell’energia di un gruppo. Giuliana La Malfa, Deborah Braccini, Giuliana Rinoldo e Alessandro Olivieri. Hanno lavorato sul colore, io ho tenuto la supervisione solo per dare omogeneità, e sono ragazzi messinesi con grande professionalità e potenzialità. Ho fortemente voluto che fossero gente del posto perché, in controtendenza rispetto alle circostanze attuali che obbligano tanti a espatriare, ho voluto dare proprio il messaggio che certi lavori si possono fare anche rimanendo nella propria terra. Il colore non è solo un riempitivo ma un modo di trasmettere emozioni. Come nel cinema, devi usare il colore in maniera narrativa.

– Anche tu hai scelto di rimanere qui, di non andare mai via.
Esattamente. Mi rendo conto che tanti altri lavori richiedono la presenza in posti diversi, ma rimanendo qui ho voluto dimostrare che è possibile lavorare, nel mio settore, senza lasciare la propria terra.

– Una nota interessante: a un certo punto incontriamo un dottor Bonaccorso sotto un carro, e in un asterisco spieghi che non si tratta di un’autocitazione né di invenzione letteraria…
Sì, l’asterisco l’ho messo apposta, è un personaggio vero che mi è saltato agli occhi leggendo le cronache del Vespro, e l’ho preso come un Segno che mi diceva di fare questo libro. Magari era un mio antenato, chissà.

– È il secondo libro che vede la partecipazione di Nadia Terranova: in Caravaggio e la ragazza lei era autrice dei testi, qui della prefazione.
Questa collaborazione, oltre che nutrita da un vincolo di amicizia, nasce dalla consapevolezza di dover trovare quell’unità di cui parlo sempre: siamo in tanti artisti messinesi che stiamo raccontando Messina in forme diverse (cito fra tutti Christian Bisceglia, e il suo recente Cruel Peter) che stiamo raccontando Messina di fronte a un pubblico internazionale, inaugurando una narrazione nuova. Operiamo in compi diversi ma andiamo in un’unica direzione, facendo un lavoro comune e non soltanto per noi stessi. Raccontare altri luoghi più noti e stereotipati sarebbe stato più facile, perché non è facile raccontare Messina a un pubblico internazionale. Tutto sta nel trovare elementi locali che raccontino l’universale, come il Vespro, che è una storia non localistica e la storia di Dina e Clarenza riguarda tutte le donne, ovunque esse si trovino. E sempre più spesso mi accade che lettori non messinesi (penso a una mia presentazione di Milano) mi dicano che dopo aver letto questa storia comincino a vedere la Sicilia con occhi diversi.

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La scheda del libro:“Vento di libertà” di Lelio Bonaccorso (Tunuè)

Vento di libertà - Lelio Bonaccorso - copertinaNel 1266 la Sicilia, fino ad allora governata dalla dinastia svevo-normanna, passa sotto il dispotico giogo degli Angioini. Mentre i dominatori si permettono ogni libertà, il popolo si dibatte fra tributi insostenibili, fame e ingiustizia. In questo scenario si intrecciano le vite di Dina e Jacques: lei siciliana, lui francese, due mondi lontani, diversi, ma uniti da un sentimento profondo. Nel 1282 il malcontento popolare esplode nella rivoluzione del Vespro: al grido di Antudo si risvegliano le coscienze dei siciliani che con fierezza ovunque si ribellano agli oppressori. Spinte da un profondo amore per la libertà, due donne – la stessa Dina e la sua amica Clarenza – sfideranno la morte, lottando in nome di colei che infonde coraggio nei propri figli: la grande Sicilia, madre di vita e preziosa custode dei popoli.

Finzione e realtà storica si intrecciano perfettamente in un graphic novel che ci restituisce l’importanza di tematiche centrali, ieri come oggi: il pregiudizio verso lo straniero, il diverso, l’amore come motore per il raggiungimento della salvezza. Una storia al femminile che celebra il coraggio e la determinazione di due donne.

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Lelio Bonaccorso è fumettista, illustratore e insegnante presso le Scuole del Fumetto di Palermo e Messina. Il suo primo graphic novel è Peppino Impastato, un giullare contro la mafia, sceneggiato da Marco Rizzo. La collaborazione si rinnova con Gli ultimi giorni di Marco Pantani, Primo, Que Viva el Che Guevara, su una versione a puntate di Gli Arancini di Montalbano per La Gazzetta dello Sport e su Jan Karski l’uomo che scoprì l’Olocausto.
Nel 2014 pubblica “419 Africa Mafia”, sceneggiato da Loulou Dédola.

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