ANNIE ERNAUX VINCE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 2022
È Annie Ernaux a vincere l’edizione 2022 del Premio Nobel per la Letteratura
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Il Premio Nobel 2022 per la Letteratura va dunque alla scrittrice francese Annie Ernaux. Di seguito, la motivazione
Il Premio Nobel per la Letteratura per il 2022 viene assegnato all’autrice francese Annie Ernaux “per il coraggio e l’acutezza clinica con cui svela le radici, gli straniamenti e i vincoli collettivi della memoria personale”.
Nella sua scrittura, Ernaux in modo coerente e da diverse angolazioni, esamina una vita segnata da forti disparità di genere, lingua e classe. Il suo percorso verso la professione di scrittrice è stato lungo e arduo.
I libri di Annie Ernaux sono pubblicati in Italia da L’Orma editore (con la traduzione di Lorenzo Flabbi).
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Il premio Nobel per la letteratura per il 2021 era stato assegnato al romanziere Abdulrazak Gurnah (nato a Zanzibar nel 1948) “per la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti“.
Nei giorni scorsi erano circolati vari nomi su cui gli scommettitori avevano puntato. Su tutti: Salman Rushdie, vittima di un attentato lo scorso 12 agosto prima di un suo intervento al festival letterario di Chautauqua, a New York. Tra gli altri nomi, oltre alla stessa Annie Ernaux: il francese Michel Houellebecq, l’americano Cormac McCarthy, l’irlandese Edna O’ Brien… nonché Marilynne Robinson, Anne Carson, Haruki Murakami, Milan Kundera, Margaret Atwood, Don DeLillo, Stephen King. Unico tra gli italiani a comparire nelle liste degli scommettitori: Claudio Magris.
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Annie Ernaux è nata il 1º settembre 1940 a Lillebonne, in Normandia, da una famiglia di modeste condizioni sociali. Due anni prima della sua nascita i genitori conosceranno il lutto della prima figlia, morta di difterite all’età di 6 anni. Annie trascorre l’infanzia e la giovinezza a Yvetot, dove i genitori, prima operai e poi piccoli commercianti, gestiscono un bar-drogheria. Dopo gli studi superiori all’Université de Rouen, ottiene l’abilitazione all’insegnamento e inizia la sua carriera di insegnante di lettere moderne in un liceo. L’umile provenienza della sua famiglia e il passaggio sociale all’universo “borghese” consentito ad Annie grazie all’istruzione ricevuta, rappresenteranno un’esperienza che inciderà profondamente sulla sua scrittura e sul suo impegno sociale e politico. Nel 1964 si sposa, ma il matrimonio, da cui nasceranno due figli, sarà destinato a durare pochi anni.
Negli anni Settanta milita nel movimento femminista e scrive articoli a sfondo politico su Le Monde. Nel 1974 pubblica il suo primo romanzo. Il suo quarto romanzo, Il posto, vince il Premio Renaudot nel 1984.
Attraverso le sue opere racconta alcuni degli avvenimenti che hanno segnato la sua vita, come un aborto clandestino in L’evento (L’Événement), una storia d’amore con un amante russo in Passione semplice, la morte di sua madre in Una vita di donna, il suo tumore in L’Usage de la photo.
Nel 2000 si ritira dall’insegnamento e si dedica alla scrittura de Gli anni (Les Années) che verrà pubblicato nel 2008 e riceverà diversi premi. Nel 2011 esce alle stampe L’altra figlia, una lettera indirizzata alla sorella mai conosciuta, morta prima della sua nascita, e L’Atelier noir, che riunisce vari taccuini composti da note e riflessioni sulla scrittura. Nello stesso anno, Gallimard pubblica l’antologia Écrire la vie, che raccoglie la maggior parte dei suoi scritti autobiografici e un quaderno di cento pagine, composto da foto e brani inediti tratti dal suo diario.
Nell’aprile 2016 pubblica un nuovo racconto autobiografico, Memoria di ragazza (Mémoire de fille), in cui, quasi sessant’anni dopo, parla dell’estate 1958, in cui compì 18 anni e sperimentò il suo primo rapporto sessuale. Questa esperienza, avvenuta lontano da casa, mentre faceva l’animatrice in una colonia di vacanza, rimarrà per lei, come scrive nel libro, “il grande ricordo della vergogna, il più dettagliato, il più intrattabile di ogni altro.”
Nel 2017 riceve il premio Marguerite Yourcenar alla carriera. Nel 2018 il premio Hemingway per la letteratura. Nel 2022 vince il Premio letterario internazionale Mondello – Sezione autore straniero.
Il 6 ottobre 2022 le viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura.

Ill. Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach
Temi e stile
Le sue prime tre opere, Gli armadi vuoti (1974), Ce qu’ils disent ou rien (1977) e La Femme gelée (1981) (la seconda non ancora tradotta in italiano) costituiscono una trilogia di romanzi autobiografici, narrati sotto forma di un monologo interiore retrospettivo. I temi esplorati sono l’aborto ne Gli armadi vuoti, la solitudine e la disillusione provocata dalle esperienze amorose in Ce qu’ils disent ou rien, e la monotonia del matrimonio vissuto nello stereotipo della perfetta casalinga degli anni sessanta ne La Femme gelée. La narrazione di queste tre opere non è lineare, bensì costantemente interrotta da voci che provengono dal passato e che rappresentano i pensieri e i sentimenti della narratrice durante le varie fasi del suo processo di maturazione.
Tuttavia, l’opera di Ernaux non può essere classificata né come autobiografia né come romanzo; la stessa autrice negli anni Ottanta, dopo la pubblicazione di La Femme gelée, chiede personalmente alla casa editrice Gallimard di rimuovere dalla copertina dei suoi libri qualsiasi riferimento a un particolare genere letterario. Da Il posto (1983) in poi, la sua scrittura integra una varietà di generi differenti: la prosa narrativa, la diaristica, l’etnografia, la sociologia, e, ovviamente l'(auto)biografia. L’allontanamento dalle categorie tradizionali della letteratura è l’elemento che maggiormente connota in senso innovativo la sua opera.
Nel suo quarto libro, Il posto (1983), Ernaux narra la vita del padre, dalla giovinezza alla morte, ripercorrendo le tappe della sua vita lavorativa, da contadino e operaio, a gestore, con la moglie, di un piccolo bar-drogheria nell’entroterra francese. Alla storia dei genitori, descritti nella fissità delle loro abitudini e dei ruoli sociali, la scrittrice affianca il racconto di come gli studi e la successiva professione di insegnante in un liceo, le abbiano consentito di affermarsi socialmente, a scapito però di un progressivo allontanamento dalla sua famiglia – estranea al suo nuovo tenore di vita e ai suoi orizzonti culturali – e dalla sua classe sociale d’origine. L’assimilazione dei valori della classe borghese e il conseguente disprezzo delle sue origini operaie, la porteranno a maturare un senso di colpa per il tradimento compiuto con l’acquisizione del nuovo status sociale. Questo senso di colpa sta, secondo l’autrice, alla base della sua scrittura, interpretabile come una sorta di “risarcimento” nei confronti delle persone oggetto del suo tradimento.
In Una donna (1988) il tema principale è costituito dalla perdita della madre; lo stile della narrazione diventa più oggettivo e controllato e, allo stesso tempo, più convenzionale, ad indicare l’avvenuto trapasso dalla ragazza ribelle del ceto operaio, alla donna matura appartenente alla classe borghese. Con Passione semplice, pubblicato nel 1991 e criticato da diverse lettrici per lo stile privo di emozioni, la scrittrice affermerà di avere “rotto dei tabù attraverso una forma di scrittura molto concisa, asciutta e per nulla emotiva. Non mi piace lo sfogo, né la scrittura inutile.”
Secondo Ernaux la scrittura è un atto politico attraverso cui si il lettore può essere sensibilizzato, ad esempio, sulla questione del “privilegio di nascita”, e sull’esperienza di genere in una società patriarcale. Sono temi esplorati in “Gli armadi vuoti”, dove manifestando la sua vergogna e il disprezzo per la famiglia e l’ambiente operaio di origine, mette in luce attraverso questa forma di “nevrosi di classe”[16] le conseguenze psicologiche della promozione e della regressione sociale (il passaggio dalla classe dei “dominati” a quella dei “dominanti”). Il tema sessuale, legato all’appartenenza al genere femminile, rappresenta uno degli altri nodi affrontati nelle sue opere. L’obiettivo dei suoi testi diventa quello di trattare i temi trascurati dalla letteratura convenzionale, raccontando le storie autentiche delle minoranze, quelle che lei chiama petits gens.
Influenza della sociologia
La commistione fra letteratura e sociologia costituisce l’originalità di Ernaux. La sua narrazione fonde esperienza storica ed esperienza individuale. Il vissuto personale viene descritto come prodotto sociale, e l’ “io individualizzato” lascia il posto a una dimensione “transpersonale”, collettiva; il pronome “elle” si alterna a “on” o “nous”, l’autobiografia alla storia. Più volte la scrittrice ha affermato di essere un’etnologa di se stessa («ethnologue de soi-même»), e di voler rifuggire dalla scrittura di una mera autobiografia, da lei intesa come ricostruzione retrospettiva illusoria di sé. Gli episodi della sua vita vengono narrati senza abbellimenti o interpretazioni, tralasciando le emozioni e frapponendo una distanza oggettiva; l’attenzione viene concentrata su ricordi materiali come le foto, su cui costruisce ad esempio l’opera Gli anni. Annie Ernaux rivendica una scrittura neutrale “senza giudizio, senza metafore, senza paragoni romantici”, ed evoca uno stile “lento, che non esalta né svaluta i fatti raccontati,” ma cerca di “rimanere in linea con i fatti storici documentati”.
L’interesse per la sociologia e l’influenza di questa disciplina nelle opere della scrittrice francese sono stati messi in relazione alla lettura da lei svolta tra il 1965 e il 1974 dei libri di Pierre Bourdieu. In Ernaux si nota chiaramente l’eco di alcuni dei temi teorizzati dal sociologo francese, quali quello di habitus, di genetica sociale, di riproduzione dei rapporti di classe, l’importanza dell’apprendimento nella vita dell’individuo, ecc. In particolare, concetti presenti ne La Distinzione, sono riscontrabili in Il posto e Una donna.
Il motivo ricorrente de Il posto è quello del tradimento che prova l’io narrante per aver abbandonato la classe dominata (operaia) per unirsi alla classe dominante. I racconti delle vite dei genitori dell’autrice, dai quali sente di allontanarsi sempre di più, sono concentrati soprattutto sulle condizioni di povertà materiale e culturale vissute da loro e dai loro stessi progenitori, e rientrano nel tipico stereotipo degli umili paesani di fine XIX secolo. Il nonno, analfabeta, conosce solo il giogo dello sfruttamento e dell’alcolismo. La moglie, in grado di leggere e scrivere, pur rappresentando un personaggio più positivo, che incarna i valori popolari dell’epoca, non può fuggire dalla sua condizione sociale e dalla responsabilità di dover badare alla famiglia e alla crescita dei figli.
La ricostruzione dettagliata della vita dei nonni ha in questo libro lo scopo di mostrare l’inevitabilità della riproduzione, nei figli, delle condizioni di vita e dei valori culturali trasmessi dai genitori. Il determinismo con cui Ernaux ne tratteggia l’esistenza, rende ancor più drammatiche le loro vicende. Il modo di mangiare del padre e la mania della madre di fare economia su tutto, diventano esempi del prolungamento logico della vita dei genitori in quella dei figli, una sorta di impronta genetica che condiziona tutta la loro vita
(Fonte: Wikipedia)
(In aggiornamento)
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I libri di Annie Ernaux sono pubblicati in Italia da L’Orma editore (con la traduzione di Lorenzo Flabbi). Proponiamo qui di seguito le copertine e le schede ordinate per data di pubblicazione (dalla più recente)
«Raccontare la vita»: è questo il nome della collana per la quale nel 2012 l’editore francese Seuil chiede un libro ad Annie Ernaux. Senza esitazioni, l’autrice sceglie di portare alla luce uno spazio ignorato dalla letteratura, eppure formidabile specchio della realtà sociale: l’ipermercato.
Ne nasce dunque un diario, in cui Ernaux registra per un anno le proprie regolari visite al «suo» Auchan annotando le contraddizioni e le ritualità ma anche le insospettate tenerezze di quel tempio del consumo.
Da questa «libera rassegna di osservazioni» condotta tra una corsia e l’altra – con in mano la lista della spesa –, a contatto con le scintillanti montagne di merci della grande distribuzione, prende vita Guarda le luci, amore mio, una riflessione narrativa capace di mostrarci da un’angolazione inedita uno dei teatri segreti del nostro vivere collettivo.
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L’educazione sociale, sentimentale e sessuale di una donna dalla provincia francese degli anni Quaranta alla temperie di liberazione degli anni Settanta.
Le scoperte e i tabù dell’infanzia, gli ardori e i conformismi dell’adolescenza, gli anni trepidi e indipendenti dell’università, ingolfati di amori e di scelte, finché i mille bivi della giovinezza non convergono in un’unica via dalla forza di attrazione quasi irresistibile: il matrimonio, la fondazione di una famiglia. E qui lo squilibrio di ruoli e mansioni tra moglie e marito, tra madre e padre condanna l’autrice alla glaciazione dell’interiorità e del desiderio.
In un continuo contrappunto tra le proprie esperienze e i modelli imposti dall’onnipresente universo maschile – nel sussidiario delle elementari come nei riti collettivi della gioventù e nei luoghi comuni sulla «femminilità» –, Annie Ernaux descrive con precisa passione l’apprendistato alla disparità di una donna, consegnandoci con spietata limpidezza un’impareggiabile radiografia della moderna vita di coppia.
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Ottobre 1963: una studentessa ventitreenne è costretta a percorrere vie clandestine per poter interrompere una gravidanza. In Francia l’aborto è ancora illegale – la parola stessa è considerata impronunciabile, non ha un suo «posto nel linguaggio».
L’evento restituisce i giorni e le tappe di un’«esperienza umana totale»: le spaesate ricerche di soluzioni e la disperata apatia, le ambiguità dei medici e la sistematica fascinazione dei maschi, la vicinanza di qualche compagna di corso e l’incontro con la mammana, sino al senso di fierezza per aver saputo attraversare un’abbacinante compresenza di vita e morte.
Calandosi «in ogni immagine, fino ad avere la sensazione fisica di “raggiungerla”», Ernaux interroga la memoria come strumento di conoscenza del reale. Dalla cronistoria di un avvenimento individualmente e politicamente trasformativo sorge una voce esattissima, irrefutabile, che apre uno spazio letterario di testimonianza per generazioni di donne escluse dalla Storia.
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«Ho sempre avuto voglia di scrivere libri di cui poi mi fosse impossibile parlare, libri che rendessero insostenibile lo sguardo degli altri.»
Romanzo dell’infanzia e dei suoi abissi, La vergogna ricostruisce con spietata lucidità una presa di consapevolezza: quella di una bambina di dodici anni testimone della «scena» spartiacque, rimasta a lungo indicibile, che le fa scoprire di colpo di essere dalla parte sbagliata della società. Inventariando i linguaggi, i riti e le norme che delimitavano il suo pensiero e la sua condotta di allora, Ernaux sprofonda nella memoria intima e collettiva – fatta di usanze, espressioni e modi di dire – e scompone l’habitat del mondo in cui era immersa: la scuola privata, i codici della religione cattolica, il culto della «buona educazione», le leggi non scritte ma inviolabili della gerarchia sociale.
Come nessun altro, Annie Ernaux riesce a mettere a fuoco con bruciante distacco – da esemplare «etnologa di se stessa» – la più indifesa delle età, raccontando quel violento e reiterato sconcerto che è l’ingresso nella vita adulta.
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Pochi giorni dopo la morte della madre, Annie Ernaux traccia su un foglio la frase che diventerà l’incipit di questo libro. Le vicende personali emergono allora dalla memoria incandescente del lutto e si fanno ritratto esemplare di una donna del Novecento. La miseria contadina, il lavoro da operaia, il riscatto come piccola commerciante, lo sprofondare nel buio della malattia, e tutt’attorno la talvolta incomprensibile evoluzione del mondo, degli orizzonti, dei desideri.
Scritte nella lingua «più neutra possibile» eppure sostanziate dalle mille sfumature di un lessico personale, famigliare e sociale, queste pagine implacabili si collocano nella luminosa intersezione tra Storia e affetto, indagano con un secco dolore – che sconvolge più di un pianto a dirotto – le contraddizioni e l’opacità dei sentimenti per restituire in maniera universale l’irripetibile realtà di un percorso di vita.
Premio miglior traduzione 2018 – Classifica di qualità «La Lettura – Corriere della Sera»
Premio Gregor von Rezzori 2019 per la miglior opera straniera tradotta in Italia
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Le Nouvel Observateur
Estate 1958. Per la prima volta lontana dalla famiglia, educatrice in una colonia di vacanze, una diciottenne scopre se stessa: l’amore, il sesso, il giudizio degli altri, la fatica di essere giovani, la sete di libertà.
Tra la luce delle foto di quel tempo e il buio dei ricordi rifiutati, Annie Ernaux rivive l’età di passaggio che la trasformò in donna e in scrittrice, interrogandosi sui pensieri, le aspettative, le ritrosie (senza tralasciare i disturbi alimentari e le angosce della fertilità) della «ragazza del ’58».
In pagine piene di inquietudini e dolori segreti, traboccanti di slanci e di canzoni – l’«esperanto dell’amore» –, è la vergogna del passato a generare la memoria, rivelandosi inaspettato dono, irrinunciabile arma in quella «colluttazione con il reale» che è al cuore dell’impresa letteraria di Ernaux.
Memoria di ragazza, potentissima riflessione sulla scrittura e su un’epoca cruciale dell’esistenza, è il romanzo, proibito e inconfessabile, che l’autrice ha inseguito per tutta la vita.
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Le Monde
In un’assolata domenica d’estate una bambina ascolta per caso una conversazione della madre, e la sua vita cambia per sempre: i genitori hanno avuto un’altra figlia, morta ancora piccola due anni prima che lei nascesse. È una rivelazione che diviene lo spartiacque di un’infanzia, segna il destino di una donna e di una scrittrice, e infiamma l’intensa prosa di questo romanzo breve.«Per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto» Annie Ernaux intraprende una lettera impossibile a quella sorella sconosciuta. Rivivono così i sensi di colpa e i moti d’orgoglio, le curiosità taciute e le inconfessabili gelosie, il peso del confronto e il privilegio di essere amata. Ancora una volta la grande autrice francese intesse una prodigiosa corrispondenza di sensi tra vivi e morti, scolpendo in una scrittura perfetta la storia di una relazione fragile, preziosa e irrimediabile come ogni esistenza umana.
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in uno dei libri cruciali del nostro tempo.»
Corriere della Sera
Come accade che il tempo che abbiamo vissuto diviene la nostra vita? È questo il nodo affrontato da Gli anni, romanzo autobiografico e al contempo cronaca collettiva del nostro mondo dal dopoguerra a oggi, nodo sciolto in un canto indissolubile attraverso la magistrale fusione della voce individuale con il coro della Storia. Annie Ernaux convoca la Liberazione, l’Algeria, la maternità, de Gaulle, il ’68, l’emancipazione femminile, Mitterrand; e ancora l’avanzata della merce, le tentazioni del conformismo, l’avvento di internet, l’undici settembre, la riscoperta del desiderio.
Scandita dalla descrizione di fotografie e pranzi dei giorni di festa, questa «autobiografia impersonale» immerge anche la nostra esistenza nel flusso di un’inedita pratica della memoria che, spronata da una lingua tersa e affilatissima, riesce nel prodigio di «salvare» la storia di generazioni coniugando vita e morte nella luce abbagliante della bellezza del mondo.
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The New York Times
La storia di un uomo – prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna – raccontata con precisione chirurgica, senza compatimenti né miserabilismi, dalla figlia scrittrice.
La storia di una donna che si affranca con dolorosa tenerezza dalle proprie origini e scrive dei suoi genitori alla ricerca di un ormai impossibile linguaggio comune.
Una scrittura tesissima, priva di cedimenti, di una raffinata semplicità capace di rendere ogni singola parola affilata come un coltello.
Il posto è un romanzo autobiografico che riesce, quasi miracolosamente, nell’intento più ambizioso e nobile della letteratura: quello di far assurgere l’esperienza individuale a una dimensione universale, che parla a tutti noi di tutti noi.
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