“La verità delle cose negate” di Ilaria Parlanti (Arsenio Edizioni)
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di Enrico Scandurra
Un romanzo autobiografico. Almeno in parte. Ma sicuramente ispirato a delle esperienze di vita vissute realmente durante i lunghi anni di cure all’Estero. In un ospedale di Parigi precisamente, dove Ilaria Parlanti, 25enne scrittrice di grande caparbietà e tecnica narrativa superba, è stata ricoverata appena nata a causa della Sindrome di Jarcho Levin, una malattia genetica che comporta malformazioni alle ossa della gabbia toracica, alla colonna vertebrale e agli organi interni come cuore e polmoni. Una lunga degenza proprio nel nosocomio francese all’epoca dei suoi primi anni di vita, ha condotto proprio la Parlanti verso la scrittura. Verso un’apertura all’arte della parola scritta che si è sedimentata dentro di lei, fino a diventare qualcosa che è uscita, divenendo finalmente un romanzo. “La verità delle cose negate”, edito da qualche mese dalla Arsenio Edizioni, testo d’esordio di Ilaria, è dunque il frutto di un’esperienza realmente vissuta, come già detto da lei, a contatto con la malattia e con medici specializzati. Un passato doloroso, molto doloroso che la stessa Parlanti ha messo per iscritto dopo tantissimi anni. Si tratta proprio di un diario-romanzo che si rifà a questa storia. Proprio alla vicenda di Ilaria. La protagonista è Isabella, medico italiano emigrato proprio nella Ville Lumiere per sostenere il tirocinio da chirurgo, che ha un legame profondo con la scrittrice: ha la stessa patologia. Isabella si trova proprio ad effettuare delle prove importanti nell’ospedale che l’ha vista crescere, insieme al suo maestro che è stato colui il quale molti anni prima le ha salvato la vita. Proprio il medico specializzando si ritrova a comprare un quaderno e ad annotarvi dentro tutto quello che vi sta attorno, dopo aver appreso una notizia che l’ha sconvolta. È dunque, come già detto, un romanzo scritto sotto forma di diario fluente, come se fosse una lunga lettera indirizzata al lettore, che per immergersi nella storia non trova certamente troppe difficoltà, stabilendo con facilità un ponte tra la narratrice e chi decide di inerpicarsi in questo percorso di “rinascita” della protagonista. Riannodando i fili dei ricordi, Isabella ritorna ad un anno della sua giovinezza, un anno in cui ha incontrato una persona importante e ha vissuto delle esperienze che l’hanno cambiata nel profondo. Adesso si trova ad un bivio: che fare? Accettare questo cambiamento, buttarsi nell’ignoto che questo richiede e diventare davvero la persona che vuole essere o continuare a vivere nella sua confort zone? Interrogativi importanti, che snocciolano le verità nascoste all’interno della storia che viene narrata con profonda sensibilità da una scrittrice che possiede per sua natura i lampi del genio e le fragilità di un’anima che ha sofferto non poco. Con Isabella, la Parlanti, vuole in un certo senso creare una figura complessa, che non sia solo un personaggio dalle mille sfaccettature, a volte anche contraddittorie come lo siamo tutti in alcuni momenti della vita, ma che possa essere recepita e sentita come una persona in carne ed ossa. Isabella ha pensieri, speranza, ha un dolore che si porta incastonato nella pelle, nelle ossa e nel cuore, e da cui solo con l’autoanalisi e l’accettazione di se stessa potrà evadere e finalmente rinascere. E la rinascita è il punto cruciale del romanzo, la seconda possibilità della vita, il perdonare ed il perdonarsi dalle colpe che molte volte non sono nemmeno le nostre, ma ci portiamo dentro come macigni insopportabili. Certo, si parla anche di disabilità (siamo in ambito medico visto che lo sfondo è un ospedale), ma “La verità delle cose negate” è più di un libro su una malattia. È un libro sulla sofferenza, sulle ombre e sulle luci dell’essere umano. Si indaga nell’animo dei protagonisti, ci si pongono domande esistenziali, toccando argomenti come la fede e la religione. L’intento è anche quello di sensibilizzare i lettori al delicato problema dell’accettazione dell’altro che si trova in uno stato di handicap motorio. Con l’amore che è un altro dei temi centrali, non solo quello tra Isabella e Jack, il protagonista maschile, ma anche come autoaffermazione nel mondo. Questo è un romanzo in cui le relazioni tra uomo e donna, tra paziente e medico, tra studente e maestro, sono fondamentali, perché è attraverso l’incontro e lo scontro con l’altro che si sviscera il dialogo interiore. Un romanzo coinvolgente pertanto. Che fa riflettere molto sugli incalzanti quesiti che ci si pongono davanti a noi continuamente. Quale sarà la strada per ottenere la felicità è uno di questi.
(© Enrico Scandurra)
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