“Mondi à le carte” di Gabriella Vergari (Libeccio)
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di Consuelo Consoli
Se ogni uomo desidera sfuggire alle costrizioni inflitte dalla realtà con la fantasia, Gabriella Vergari ci riesce con il suo “Mondi à le carte”, una raccolta di ventitré racconti di diversa lunghezza, alcuni dei quali brevissimi, pubblicata da Libeccio Edizioni. Ma classificare queste narrazioni come meri esercizi di evasione e svago sarebbe riduttivo, perché in esse è contenuto molto altro.
Con il racconto di ouverture “Un’estate con Frida”, l’autrice stringe quel classico patto con il lettore che permette a quest’ultimo di valicare un confine – quello che separa la vita ordinaria dalla straordinaria – e addentrarsi nell’antro oscuro, ricettacolo dell’ignoto, forse meraviglioso, o forse orrifico, in ogni caso misterioso. E cosa sarebbe vivere senza incognite? Frida, la scalpitante protagonista del racconto in questione, non giunge a oltrepassare questo limite, ma accetta dall’uomo enigmatico che gli appare, una moneta d’oro. È proprio con quel pegno, lo stesso che garantiva ai defunti di essere traghettati da Caronte nell’aldilà, che il lettore, abbandonato il consueto, può immergersi nel desueto: i “mondi” fantastici offerti dall’autrice. Una morte simbolica, dunque, nella quale, seppelliti gli affanni, è possibile librarsi in volo, recuperare l’immaginazione, il sogno, la materia intangibile e intatta dell’interiorità. La fantasia che permea ogni racconto non ne intacca, tuttavia, il messaggio, obbedendo a un rigore realistico dal quale Gabriella Vergari non si discosta mai. Lo confermano racconti come “Il trasalimento dell’icona o “Il gioco delle sinapsi”, nei quali l’autrice mette in scena delle ipotetiche interviste che hanno come fine quello di svelare la vera natura della Basilissa, la puttana santificata, moglie di Giustiniano o di Lesbia; donne il cui leggendario potere seduttivo è stato, ed è ancora, in grado di infiammare cuori – e non solo – maschili. Gabriella, attingendo alla sua sconfinata conoscenza, mostra aspetti inediti di queste donne, le rivisita alla luce di una rivendicazione di genere, le riscatta da quegli abusati e stereotipati modelli che le vogliono unicamente ispiratrici di voglie e pulsioni erotiche. Non pensanti e neppure intelligenti. Icone, appunto. Un sovvertimento, questo, che a prima vista potrebbe apparire irriverente ma che invece scaturisce dal rispetto profondo che l’autrice nutre nei confronti della letteratura e della femminilità. Come annunciato all’inizio, “Mondi à le carte” non si limita semplicemente a rimodulare l’identità di queste figure eterne, ma si propone, riuscendoci in pieno, di stimolare nel lettore quell’attitudine al fantasticare che si perde inesorabilmente con il progredire dell’età. Una sorta di antidoto contro l’opacità del tempo che annebbia la memoria e l’entusiasmo e proietta in dimensioni incolori e uguali. Svincolata da griglie coercitive, la raccolta si avventura in territori fiabeschi, insegnando come la fiducia e l’autodeterminazione -La bacchetta di Selina – siano figlie del coraggio di mettersi in gioco con generosità, o come, al contrario, la superstizione origini dall’attitudine disumana di imputare agli altri ogni male. La versatilità con la quale l’autrice “salta” felicemente da un racconto all’altro, delinea un ventaglio di situazioni disparate, coniugandosi a una scrittura nitida, puntuale, che accorda la sua cifra stilistica alle tematiche del narrato. Così si passa dalla raffinatezza squisita di “Incontri fatali” in cui una femme fatale fa l’annuncio a uno sgomento Zeno dell’imminente fine del mondo, al registro ironico e sottilmente pungente de “La cinquina di zio Reginaldo” o ancora, all’evocazione di atmosfere kafkiane come ne “Il filo interrotto”. A volte la narrazione si fa suggestione pura, “Istantanee di tardo meriggio” alle quali, parafrasando il titolo di uno dei racconti in cento parole, l’autrice imprime sentori intrisi di colore, malinconie soffuse, appese al filo della sospensione. E se volessimo richiamare un’immagine a rappresentazione di questa raccolta non potremmo che pensare a un fiore, una margherita alla quale, staccando i petali uno dopo l’altro, chiediamo “m’ama o non m’ama”.
Chi ha letto “Mondi à le carte” conosce già la risposta, è arrivato senza tentennamenti all’ultimo petalo, adesso spetta agli altri lettori scoprirlo.
“Che diavolo! La realtà è un luogo piacevole da visitare ma nessuno ha voglia di viverci a lungo e certamente la letteratura non ci si è mai eccessivamente fermata” recita l’esergo di J. Barth, scelto dall’autrice per la sua opera. Credeteci, è vero.
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