“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi (Laurana Editore) – recensione
[Per gli Incontri con l’Autore di Letteratitudine: Gian Marco Griffi racconta la genesi di “Ferrovie del Messico”]
Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023
Libro vincitore del Premio Libro dell’anno di Fahrenheit e del Premio Mastercard Letteratura
Libro finalista del Premio letterario Mario La Cava 2023
* * *
di Rosy Demarco
Cinque centimetri e mezzo.
Potrebbero essere troppi o pochi, questione di punti di vista.
Ma quando cinque centimetri e mezzo corrisponde allo spessore dei fogli sapientemente scritti e poggiati uno sopra l’altro per raccontare una storia, si tratta di un’altezza significativa, in grado persino di avere un’ombra propria. Perché le ottocentosedici pagine servite a Gian Marco Griffi per comporre Ferrovie del Messico sono davvero un’impresa epica!
Era l’8 febbraio del 1944 quando, mentre i tedeschi trascinavano il corpo morto dell’Italia furibondi come Achille sotto le mura di Troia, al soldato Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana in sede ad Asti, venne commissionata l’insana richiesta di disegnare, in una settimana, la cartina delle ferrovie del Messico.
Ora, non è ben chiaro se la bizzarria risieda più nella richiesta apposta dal superiore al povero soldatino, oltretutto afflitto da un insoffribile mal di denti, o nell’idea bislacca dell’autore.
E mentre il lettore si scervella per rispondere a questa tarlante curiosità, la storia del Magetti si srotola e dipana come sfuggenti rivoli di pioggia sopra lastre di vetro.
Fu questione di una schicchera teutonica, secca e ben assestata alla prima di un’interminabile fila di pedine, che diede origine ad una sequenza di eventi, nati dall’ incontrovertibile equivoco di una ancor possibile svolta risolutiva, per salvare il conflitto ormai perduto dall’imperiale pennuto spiumato.
E il povero Magetti, ultimo inconsapevole tassello di tale catena, si ritrovò, a causa di un colpo di pettine, a dover tracciare le strade ferrate di una terra polverosa, esistita fino a quell’istante solo nella sua immaginazione.
Ferrovie del Messico viaggia al tempo della repubblica di Salò quando ormai le crepe della disastrosa alleanza con la Germania cominciano a cedere sotto l’accerchiamento degli alleati; il Sud dello stivale è ormai libero e gli eserciti liberatori risalgono come salmoni verso il Nord del paese. I monti Piemontesi sono imbottiti di rivoluzionari che vogliono scrollarsi di dosso l’oppressione nazi-fascista.
È in quel momento che il protagonista, spettatore delle tante uccisioni indiscriminate di amici d’infanzia, semplici cittadini, donne poco più che bambine, si rende conto che la sua fede, peraltro forse mai esistita, in una dottrina che aveva suscitato euforici entusiasmi e mendaci speranze, si è sgretolata sull’onda di violenze dettate dalla prepotente convinzione di un diritto universale alla supremazia.
È il viaggio il vero protagonista della storia.
E Cesco Magetti sta per compiere il suo, binario di partenza la biblioteca di Asti, dove sembra esistere tra gli scaffali polverosi, un improbabile tomo intitolato Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México, titolo che per tutto il libro ritornerà come un refrain, fino a che il lettore lo inciderà indelebilmente nella propria memoria.
Nel sotterraneo della biblioteca, immersa tra pile di libri, una visionaria fanciulla, declama poesie. Cesco se ne innamora all’istante, seguendola senza remora alcuna alla ricerca del fantomatico testo già dato in prestito, che sembra scivolare da una mano all’altra. Inizia così una disperata rincorsa che accompagna il lettore in una galleria d’incontri con situazioni e personaggi spesso al limite del possibile, tracciando in questo viaggio l’unica mappa che sembra avere davvero rilevanza, quella del Senso della Vita.
Dopo infinite vicende accadute in una sola settimana, che in realtà sembra dilatarsi quanto un’intera esistenza, la storia volgerà ad una inaspettata svolta, scaturita da un gesto irriflesso nato dall’occasione che non dimentica all’uomo la possibilità di essere ladro, e come in un improvviso passaggio di stato, il dolore annidato in bocca per tutto il racconto, compie una transizione diventando male esistenziale, come in una sorta di psicosomatica inversa.
Quello che si apre pagina dopo pagina intorno a Ferrovie del Messico è un vero e proprio mondo, fatto di storie dentro le storie, perché i tanti personaggi che abitano quei fogli potrebbero tranquillamente esserne protagonisti a loro volta. Sì, perché il romanzo è un canto corale dove ogni attore, narratore compreso, ha la possibilità di raccontare la stessa storia da un’angolazione differente, dandone molteplici prospettive che permettono di rovesciare spazi d’ombra, angoli nascosti, perché non sempre ciò che più conta è esattamente al centro della scena.
È senz’altro magistrale il modo in cui Griffi tratteggia il lungo elenco anagrafico degli abitanti di carta, attribuendo ad ognuno di essi una precisa individualità, soprattutto nell’assegnazione di una voce della quale è quasi possibile distinguere intensità, altezza e timbro, delineando di ciascuno un’identità singolare.
È una carrellata di figure al limite del rocambolesco, militi, partigiani, prostitute, preti, poeti, dentisti, guaritori, frenatori, cartografi, bollitori di cadaveri e tanti ancora, raccontati con continui cambi di registro che si intersecano e sovrappongono in una giostra di umorismo e intensità, senza mai cadere nei cliché del già sentito.
Vi è un’espansione e una contrazione continua di spazio e tempo, col solo girar di pagina si corre da una parte all’altra del globo, dal passato al futuro, in luoghi e momenti distanti che, al pari di righe d’inchiostro sfuggite al pennino, si allontanano dal punto d’origine per poi tornarci come a riannodare i fili di una tela che capitolo dopo capitolo andrà a svelare il disegno occupante tutta l’estensione dell’arazzo.
Particolare attenzione merita il linguaggio utilizzato dallo scrittore, vocabolista arguto, nell’impiego di una lingua ricercata, distribuendo nel testo centinaia di vocaboli inusitati e desueti che, rispolverati da chissà quale calepino, sembrano a volte sgambetti che obbligano il lettore a fermarsi all’ascolto del significato.
Abile chioccolatore, Griffi infila come pizzini tra le sue stesse pagine, richiami a letteratura, cinema e teatro.
Romanzo di difficile classificazione, con diversi piani narrativi, vista la trasversalità dei tanti contenuti potrebbe essere il manuale del buon golfista, un dizionario di ornitologia o botanica, romanzo storico, epico, enciclopedico. Esperto prestigiatore, Gian Marco Griffi mischia e rimischia le carte, in abili tagli del mazzo, trascinando il lettore in un moto ondivago tra poesia e prosa, reale e assurdo, ironia e dramma perché essere lirici e ironici è l’unica cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta.
Caso editoriale dell’anno 2022 giunto alla decima ristampa, vincitore del Premio città di Leonforte, Premio Augusto Monti, Premio Mastercard, libro dell’anno Fahrenheit, premio Zeno, giustamente candidato al premio Strega 2023, Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, edito da Laurana Editore, è un’opera monumentale assolutamente necessaria.
* * *
La scheda del libro: “Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi (Laurana Editore)
Se cercate dell’avventura, in questo romanzo ne troverete a bizzeffe. Se cercate della letteratura, con questo romanzo ne farete una scorpacciata. I luoghi e i tempi: Asti, Repubblica Sociale Italiana, febbraio 1944; su e giù per le ferrovie del Messico, tra gli anni Venti e gli anni Trenta del secolo scorso. I personaggi (non tutti): Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria, tormentato dal mal di denti, incaricato di compilare una mappa delle ferrovie del Messico (l’ordine viene dall’alto, molto dall’alto); Tilde Giordano, ragazza bellissima e folle, imbevuta di letteratura, della quale Cesco si innamora all’istante e perdutamente; Steno, devotissimo fidanzato di Tilde, partigiano senz’armi; don Tiberio, prete di città confinato a Roccabianca a causa di certe sue insane passioni; Epa, cartografo samoano (delle Samoa tedesche); Adolf il Führer e la sua consorte Eva, alle prese con l’abuso di anglicismi; Angelo detto Angelino detto Angelito detto Lito Zanon, addetto cimiteriale alla bollitura di cadaveri; Mec il muto, suo sodale fin dai tempi in cui insieme costruivano ferrovie in Sudamerica; le due Marie, entrambe di nome Maria; Bardolf Graf, impiegato amministrativo, ignaro motore immobile di tutta la storia; Ettore e Nicolao, informatissimi e misteriosi clienti fissi del night club segreto l’Aquila agonizzante, prossimi ai partigiani; Gustavo Adolfo Baz, autore del volume Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México; Edmondo Bo, frenatore poeta, o poeta frenatore, o frenatore e poeta, in ogni caso alcolista e oppiomane; l’orribile Obersturmbannführer Hugo Kraas, amante dell’arte italiana, discutibile golfista e spietato SS; Giustina Decorcipo, compagna d’orfanotrofio di Ettore e Nicolao, violentata e uccisa e gettata sul bordo della strada a sedici anni; Feliciano, bambino morto. Con Ferrovie del Messico Gian Marco Griffi ci ha dato un grande romanzo corale, spassoso e commovente, giocoso e profondo, realistico e fantastico, avvincente senza tregua, scritto con una lingua quasi parlata, sempre cordiale tanto nel registro comico quanto in quello drammatico, e tuttavia letteratissima. Se i numi tutelari di Griffi sono senz’altro Jorge Luis Borges e Carlo Emilio Gadda (e fanno capolino qua e là Roberto Bolaño, Thomas Pynchon e – com’è logico – i Monty Python), il risultato è del tutto originale.
* * *
Gian Marco Griffi vive a Asti. Ha pubblicato: Più segreti degli angeli sono i suicidi, Bookabook 2017; Inciampi, arkadia 2019.
* * *
© Letteratitudine – www.letteratitudine.it
LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo
Seguici su Facebook – Twitter – Instagram
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...
Correlati