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Posts Tagged ‘Edizioni Le Farfalle’

IL PADRE, LA MADRE di Franco Marcoaldi e Marilù Eustachio (recensione)

Il padre, la madre” di Franco Marcoaldi e Marilù Eustachio (Edizioni Le Farfalle)

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di Eva Luna Mascolino

«In questa misteriosa corsa / che muove avanti e indietro / senza una direzione precisa / e ordinata, scendendo / e risalendo le rampe buie / del nostro cuore affaticato, / io so che ciascuno viaggia solo». A dichiararlo è la voce recitante del poemetto Il padre, la madre edito da Edizioni Le Farfalle. Ne è consapevole fin dall’inizio del suo monologo, eppure non può fare a meno di interrogarsi mentre si rivolge idealmente alle due figure assenti che dànno il titolo all’opera. Lo fa in versi, senza apparire sulla scena se non con la sua voce, e parlando in versi con una forza evocativa che solo la penna di Franco Marcoaldi avrebbe potuto trovare nel ritmo incalzante del rapporto tra genitori e figli. Leggi tutto…

L’ORA SOSPESA di Vincenzo Consolo (recensione)

“L’ORA SOSPESA e altri scritti per artisti” di Vincenzo Consolo (a cura di M. A. Cuevas – Le Farfalle edizioni)

[Leggi l’omaggio di Letteratitudine dedicato a Vincenzo Consolo]

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di Sebastiano Burgaretta

Quindi per gradi, per lenti processi discendiamo in spazi inusitati (dimenticammo l’ora, il punto del passaggio, la consistenza, la figura d’ogni altro; dimenticammo noi sopra la terra, di là della parete: al confine bevemmo il nostro lete). Ora, in questa luce nuova – privazione d’essa o luce stessa rovesciata, frantumo d’una lastra, rovinìo di superficie. Sfondo infinito, abissitade – in nuovi mondi o antichi, in luoghi ignoti risediamo. O ignote forme, presenze vaghe, febbrili assenze, noi aneliamo verso dimore perse, la fonte ove si bagna il passero, la quaglia, l’antica età sepolta, immemorabile.
E in questa zona incerta, in questa luce labile, nel sommesso luccichìo di quell’oro, è possibile ancora la scansione, l’ordine, il racconto? È possibile dire dei segni, dei colori, dei bui e dei lucori, dei grumi e degli strati, delle apparenze deboli, delle forme che oscillano all’ellisse, si stagliano a distanza, palpitano, svaniscono?
E tuttavia per frasi monche, parole inadeguate, per accenni, allusioni, sfasature e afonie tentiamo di riferire di questo sogno, di questa emozione[1].

Questa lunga citazione è l’incipit dello scritto che dà anche il titolo al libro L’ora sospesa, di Vincenzo Consolo, raccolta di articoli, brevi saggi, presentazioni di mostre curata con una sapiente scelta di testi, peraltro approvata e postillata negli ultimi suoi mesi di vita dallo scrittore di Sant’Agata Militello, dal critico e italianista spagnolo Miguel Ángel Cuevas. Questi ha arricchito il volume con un accurato apparato di note informative e critiche che colgono ed evidenziano il ruolo non secondario dei testi compresi nel volume, edito dalle edizioni Le Farfalle del poeta e raffinato editore Angelo Scandurra. Ho voluto riportarla, perché mi pare evidente che in essa risieda la cifra chiara, ineludibile non solo di questo libro ma anche dell’intero cammino letterario dello scrittore e narratore-poeta che è Consolo. Non si tratta, come potrebbe suggerire la tipologia specifica degli scritti, soltanto del tempo sospeso, dell’attimo necessario a catturare un’emozione, una sensazione da fermare con lo scatto della macchina fotografica o da dilatare col pennello su una tela. In essa è contenuta la metafora della ricerca continua che, fra tappe e soste, parola e afasia, luce e lutto, illusione e disinganno, lo scrittore e narratore ha svolto in ambito letterario con una rara e sofferta identificazione tra pagina e vita. Leggi tutto…

VENTO TRAVERSO di Anna Pavone

VENTO TRAVERSO di Anna Pavone (edizioni Le Farfalle)

“Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia” Erasmo da Rotterdam

“Noi gente pazza ragioniamo con il cuore” Jim Morrison

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di Alessandro Russo

Catania centro, poco fa: stazione della metropolitana.
L’incrocio con un’affascinante giovinetta in attesa del treno mi accompagna delicatamente verso lo stato di grazia che ricercavo. Seduta sulla banchina e intenta a sfogliar un piccolo libro bianco, la ragazza ha riccioli chiari e un non so che di angelico. A dirla tutta non legge e basta, bensì divora avidamente le pagine. «Questo volumetto –attacca ella bottone- vola alto perché ci fa riscoprire il gusto della parola. È stato pubblicato in una collana rossa di narrativa dall’editore-poeta Angelo Scandurra per “Le farfalle edizioni” di Valverde. S’intitola “Vento traverso” e la sua autrice è Anna Pavone, una donna perennemente in viaggio tra Catania e Milano. Pur nondimeno il cuore di ”Vento traverso” cela un segreto: non è stato scritto da Anna Pavone o meglio non solo da lei. Grazie ad un acuto espediente, il racconto mette insieme dialoghi e discorsi d’altre genti ma sta in piedi in prima persona. È un’opera incantata e polifonica e l’hanno buttata giù gli spostati, i disadattati, insomma i matti, propriamente loro. È nata dall’ascolto giornaliero ed è stata elaborata durante anni di osservazione nelle sale d’attesa di ambulatori di salute mentale e nei centri diurni di psichiatria. Tra quei corridoi Anna ha trovato un’umanità eccezionale, ma il suo lavoro non riporta luoghi, nomi o diagnosi. “Vento traverso” non scivola sul pietismo e non inciampa sui luoghi comuni ma indaga in modo lieve il vertiginoso rapporto tra follia e letteratura». Leggi tutto…

VENTO TRAVERSO di Anna Pavone

VENTO TRAVERSO di Anna Pavone (edizioni Le Farfalle)

[La prima presentazione del libro si svolgerà sabato 8 aprile, alle 19, al teatro Machiavelli di Catania]

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di Simona Lo Iacono

In apparenza non sono che frammenti. Parole singhiozzate tra una pausa e l’altra, che  lasciano chi legge con la sensazione di una vertiginosa bellezza frammista a un dolore sottile, nel cuore.
Poi, salgono su, raggiungono una armonia segreta, iniziano a vestirsi di un unico tono, che le rende supplici, perfette, come un solo discorso.
Le parole che la pazzia farfuglia sembrano schegge solitarie, ma è come se fossero pronunciate da una sola bocca, perché in esse la verità sulla condizione umana balza fuori, infierisce come le sette piaghe, o come quei pesi  che l’egiziano devoto metteva sulla bilancia del Dio dei morti.
Sono infatti parole che solo in punto di morte un uomo normale saprebbe dire. E che il folle, o quello che definiamo tale, nella sua lucidità senza maschere e senza preconcetti, pronuncia tutte le mattine.
Come quando dice: “Io non ho peso specifico. Sono disabitato”. O come quando, stancamente, sospira: “Se solo il mondo si fermasse un attimo, potrei raggiungerlo”.
Frasi in cui si agita tutto il mistero dell’universo.
Anna Pavone ha raccolto queste frasi. Una per una, come si colgono i fiori di un prato, le ha unite in un discorso fatto di pause e affondi. Non ha dato importanza al fatto che fossero le parole dei pazzi, al contrario, e proprio per questo, le ha tessute su un lenzuolo vasto, prodigioso, inanellandole ed esponendole al sole.
E così, a vederlo, il lenzuolo di Anna – steso su un filo dritto, tenuto da pinze e lasciato asciugare – si gonfia di vento. Un vento turbinoso e arricciante, che a ogni sboffo fa riemergere qualche parola, le strappa la sua vera voce, gemendo e ululando di stupore.
Certo, il vento che può smuovere un simile lenzuolo,  non sarà mai un vento disciplinato. Piuttosto, un vento traverso, che entra di sbieco, valicando le consuete regole di gravità. Un vento un po’ scomposto, insomma, come scomposte sembrano essere le vite che contiene. E che invece rivela, proprio nelle crepe di quelle vite, proprio nella loro imperfezione, una assordante libertà.
E “Vento traverso”si chiama infatti l’ultimo libro di Anna Pavone, edizioni “Le farfalle”, un testo che raccoglie le frasi pronunziate dai “matti”, da coloro che in apparenza non sono adatti a vivere la realtà. E che, invece, a giudicare dalle loro parole, della realtà hanno compreso a tal punto, da non poter fare altro che allontanarsi da chi, come noi, non l’ha mai veramente capita.
Intervallato dai disegni infilzanti, meravigliosi, di Bruno Caruso, “Vento traverso” dipinge un mondo al contrario, dove la vera saggezza è in bocca agli ultimi, ai dimenticati, agli emarginati.

Anna, ti chiedo quindi, raccontami come nasce questo libro. Leggi tutto…

ORNELLA SGROI racconta LE CONTRADDIZIONI DEL MENTRE

ORNELLA SGROI racconta la sua raccolta di racconti “Le contraddizioni del mentre. Frammenti di vite(edizioni Le Farfalle)

di Ornella Sgroi

ornella-sgroi-filminscenaUna corsa contro il tempo, in una Milano di tram, metropolitane e treni regionali, attraversata in 24 minuti. La precarietà dei trentenni, economica ed affettiva, fotografata in un eterno Attendere prego lungo il percorso obbligato di un grande centro commerciale che vende sogni “a tasso zero”. L’invidia affettuosa di una divinità greca imprigionata nella statua senza testa de La dea di Lampedusa, che riflette sul proprio destino guardando a quello di una giovane donna. Una lettura ironica della dura vita di una giornalista freelance Morta a Venezia. E questo eterno presente in cui la Voce del verbo futuro è stata cancellata persino dalle pagine di vocabolari che nessuno sfoglia più.
Queste sono solo alcune delle dinamiche raccolte ne Le contraddizioni del mentre, che nasce dall’idea di catturare, attraverso storie brevi come fossero piccoli frammenti di vite, il senso del tempo e delle infinite possibilità che esso racchiude. Un senso misterioso e affascinante, indagato a partire da un gioco linguistico che, nella grammatica temporale, contrappone la “contemporaneità durativa” del mentre a quella “momentanea” del quando, per cui nel mentre succedono cose nel mondo o nella vita di una persona e contemporaneamente, nello stesso istante, altre si manifestano, accadono, per durare lungo tutto lo stesso intervallo di tempo.
Contemporaneamente, appunto. E sempre con dentro il seme di una qualche possibile modificabilità, a differenza del quando che invece finisce per essere in qualche modo istantaneo, categorico, immediato. Già finito nel momento stesso in cui si delinea. Senza altre possibilità di evolversi, cambiare, per migliorarsi o anche solo per peggiorare.
All’interno di questa cornice, sedici mentre – accomunati solo dall’incipit affidato a questa parola in continuo divenire e per il resto del tutto indipendenti l’uno dall’altro – fotografano momenti, cogliendo le contraddizioni del nostro presente, a volte evidenti, altre volte nascoste, che si mescolano a situazioni ed emozioni tratteggiate sempre con stile narrativo diverso, per assecondare l’umore, il tono e l’atmosfera di ogni singolo mentre. Leggi tutto…

IL CUORE A DESTRA, di Silvana Grasso

IL CUORE A DESTRA, di Silvana Grasso

Quando il cuore batte a destra

di Anna Vasta

Nello spazio tempo di un racconto – Il cuore a destra di Silvana Grasso, Edizioni Le Farfalle – nella sua misura di incompiuta brevità si svolge senza giungere a compimento, incagliandosi e intuppandosi come ciocche di capelli e scarti di cibo nello scarico del lavandino o della pilozza, il vissuto-destino di Apollonia/Billonia, zitella quarantenne dal nome forestiero, stravagante in un luogo, Spinasanta, di Sarine, Nerine, Marìdde e Catìne, tanto da doverlo storpiare in Billonia perché possa essere legittimato ad esistere come nomen e omen-sorte legata a un nome.

Apollonia- Billonia, spacciatrice di santi e miracoli, che esercita il suo mestiere, il suo talento affabulatorio, il suo straordinario potere di raggiro e di plagio sui cafoni di Spinasanta,- i quali si consegnavano a lei corpo, anima e denaro, per un’effimera guarigione dai piccoli mali quotidiani; del grande male, quello del vivere, nascita, matrimonio, debiti e in ultimo la stessa morte con soffrimento, in quelle anime perse neppure un barlume di coscienza-è fatalmente personaggio di romanzo, di narrazione. Essa stessa autrice di storie, di fandonie, di narrazione. I santini di cui fa incetta, sin da bambina le avevano ispirato una vera passione, una foga incontenibile di collezione, lei così apatica, pigra, “mutangola” e sularina, stizzosa come una mula di quei mortidifame dei suoi clienti che essa disprezzava senza misericordia. Lei che nutriva fastidio e rigetto per la vile attività commerciale delle zie adottive, e nessuna cura del corpo, mascula nel cinico distacco da emozioni e vanità femminili, non come le svenevoli zie, le gemelle Corallo, “rizzicanate”, ma con una carnagione di porcellana. Zitelle convinte e impunite( Nerina e Sarina non s’erano fatte fregare come tutte le picciotte del paese, che si sposavano prima dei vent’anni ), vendevano galosce e zoccoli a contadini, lavandaie, braccianti a giornata in pochi metri quadri di negozio, e scialacquavano in saponette, unguenti e lavanda, vezzose camicie da notte biancolatte, le stesse di quando le trovarono stecchite nel loro letto.
Ognuno con il proprio curriculum di santità e prodigi, questi santini rappresentavano per Billonia materia inesauribile di fantasticherie e di affari. Morte le zie gemelle improvvisamente e simultaneamente di morte subitanea, miracolosa, santa, come si conveniva a due immacolate signorine, Billonia intraprende la sua nuova attività, più redditizia e gratificante: commerciare in santi, di quelli dai nomi strani, che non li trovi neppure nel calendario di Frate Indovino, spesso di sua invenzione, e in frottole con gli scimuniti creduloni di Spinasanta. Leggi tutto…