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Posts Tagged ‘la notte delle pantere’

PIERGIORGIO PULIXI racconta LA NOTTE DELLE PANTERE

PIERGIORGIO PULIXI ci racconta LA NOTTE DELLE PANTERE (edizioni E/O – collezione Sabot/Age). Un estratto del libro è disponibile qui…

di Piergiorgio Pulixi

Pulixi incontra Biagio Mazzeo:

Arrivo in anticipo di venti minuti ma lui è già lì, seduto a un tavolino. Davanti a lui una Bud ghiacciata, i suoi tre cellulari e un incartamento spesso una decina di centimetri.

Sono sorpreso che sia già arrivato. So bene che è un tipo previdente e che ha l’ossessione della sicurezza, ma venti minuti prima… questa è paranoia. Come la mia d’altronde.

Gli basta uno sguardo per riconoscermi. Mi strizza l’occhio. Rispondo con un cenno del capo e mi avvicino. Si alza e mi porge una mano grossa e forte. Gliela stringo fissandolo in quegli occhi celeste slavato. Sembrano quasi finti da quanto sono chiari e freddi. È imponente. Non altissimo, perlomeno non quanto Giorgio Varga e Carmine Torregrossa che vedo rispettivamente ai due lati dell’ingresso a tenere d’occhio la situazione, ma nel complesso dà l’idea di un tipo energico e deciso, che se la caverebbe in qualsiasi situazione.

«Sei in anticipo» dico.

«Anche tu» risponde. La sua stretta è ferrea, ma non mi lascio intimidire e ricambio deciso. So che è uno che bada a queste cazzate da macho.

«Prego, prima le signore» dice indicandomi la sedia.

Scuoto la testa ma mi siedo.

«Cosa prende, signore?» mi chiede un cameriere.

Indico la Bud. «Una di quelle, grazie».

«Due… ti facevo un tipo più da tè, infusi al cocco, o quelle stronzatine da checca».

Mi sta mettendo alla prova: vuole mettere in chiaro che è un duro come se il giubbotto di pelle, il fisico massiccio da peso massimo di boxe e quelle manone dalle nocche segnate non bastassero a gridarlo al mondo.

Lo conosco bene. So come pensa, e so come ci si conquista il suo rispetto.

Mi gratto il collo facendo in modo di colpire la sua bottiglietta con un gomito, mandandola a terra dove esplode in mille pezzi.

«Ops, scusami».

Sposta gli occhi dai cocci ai miei e poi sorride. Sento correre un brivido sottopelle. Ha un sorriso da bambino e folle allo stesso tempo.

«Sta’ più attento, bellezza… Allora? Perché cazzo volevi vedermi?».

«A quanto pare c’è un po’ di gente che è preoccupata per te…».

Inarca platealmente un sopracciglio. «Preoccupata per me?».

«Già. Sanno che non te la stai passando bene, soprattutto dopo la Notte delle pantere, come l’hanno chiamata i giornali…».

Ride scuotendo la testa. «Svegliati, tesoro. Ogni notte per me è una cazzo di notte delle pantere».

Nei suoi occhi colgo uno scintillio divertito. Ma le sue dita stanno accarezzando l’anello di platino all’anulare della sinistra: l’anello di Sergej Ivankov. So che lo fa quando è nervoso o quanto sta pensando intensamente a qualcosa: quel gesto lo aiuta a riflettere e calmarsi.

«Rilassati, non sono qui per giudicarti o cazzate simili» dico.

«Ci mancherebbe altro. E dì un po’, com’è che sai questa storia della notte?» mi fa.

Questa volta sono io a sorridere e a strizzargli l’occhio. «Segreto professionale» dico.

«Buffone…».

Lancio un’occhiata ai suoi due uomini all’ingresso. Mi stanno studiando. Penso che si stiano chiedendo chi cazzo sia. Varga mi fissa come se lo sapesse, ma non può saperlo. Spero di no… Leggi tutto…

LA NOTTE DELLE PANTERE, di Piergiorgio Pulixi (un estratto)

Pubblichiamo le prime pagine del romanzo LA NOTTE DELLE PANTERE, di Piergiorgio Pulixi (edizioni E/O – collezione Sabot/Age). Domani Piergiorgio Pulixi ci “racconterà” il suo libro…

La guerra era iniziata. Questo pensò Irene Piscitelli appena vide i
tre cadaveri nell’hangar. Stracci nelle bocche per impedire loro
di urlare e un colpo alla nuca per ciascuno. Ma il particolare che
attirava l’attenzione era un altro: a tutti erano state amputate le mani.
Dalla quantità di sangue presente sul pavimento capì che gliele avevano
tagliate quand’erano ancora in vita. Un messaggio abbastanza esplicito:
finitela di rubare.
«Ha idea di cosa sia successo?» domandò il primo dirigente Antonel –
lo Verri a quella donna che pareva più una modella che una poliziotta.
Certo che lo sapeva. Perché al di là dell’aspetto ingannevole e della
giovane età, Irene era un alto dirigente di pubblica sicurezza dello SCO,
il Servizio centrale operativo, l’élite della polizia. Era stata mandata ap –
posta da Roma per cercare di fermarla, quella guerra. Ma a quanto pareva era arrivata in ritardo.
«Quante persone sono a conoscenza del rinvenimento?» chiese lei
ignorando la domanda del collega.
«Pochissime. Gli agenti che hanno ricevuto la chiamata, io e ba sta…
ho aspettato a chiamare la Scientifica, come mi aveva chiesto».
«Bene. La questione è molto delicata, dottore. Le devo chiedere di
ordinare ai suoi uomini di dimenticarsi di quest’omicidio e di non farne
parola con nessuno. Soprattutto con i giornalisti. Qui su bentra lo SCO».
«Ma…».
«Si tratta di sicurezza nazionale, dottore. Se questa notizia arriva alla
stampa, siamo tutti nella merda. Io e lei per primi».
L’uomo stava per ribattere quando il cellulare della donna prese a
squillare. Verri ne approfittò per uscire e dire ai suoi di tenere la bocca
chiusa sul caso e prepararsi a levare le tende.
«Hanno arrestato Mazzeo» disse Irene appena l’anziano poliziotto
rientrò nell’hangar.
«Cosa?» chiese, sbigottito.
«Hanno arrestato il suo protetto, Biagio Mazzeo. Le consiglio di
andare a vedere cosa sta succedendo».
Dopo qualche attimo di sorpresa Verri obbedì, lasciandola sola.
Irene non prestò molta attenzione alla scena del crimine. Non ne ave –
va bisogno perché sapeva bene chi erano le vittime e i carnefici. ’Ndran –
ghetisti da ambo le parti. Quelli assassinati, emissari del Sud. Gli as sassini,
killer del Nord. Tutti uomini d’onore affiliati con lo stesso rito, ma con
idee diverse sulla ripartizione degli affari e le gerarchie ma fiose. Aveva
tutte quelle informazioni perché uno degli uomini a terra era un suo informatore.
Era stata lei a convincerlo a presentarsi all’incontro, garantendo
per la sua sicurezza. Ora il mafioso era morto, e lei sentiva tutto il peso di
quell’omicidio stritolarle il cuore.
“Non puoi lasciarti andare ai sensi di colpa adesso” si disse.
Perché ora veniva la parte ancora più difficile: aggiornare i vertici.
Ammettere la sua disfatta. La poliziotta compose un numero sul telefonino.
«Pronto?» rispose una voce maschile. Leggi tutto…