IL VIAGGIO TESTUALE DI VINCENZO GALVAGNO: TRA STRANIAMENTO E VERITA’
[“Ablativi assoluti” di Vincenzo Galvagno sarà presentato a La Feltrinelli Libri e Musica di Catania – via Etnea 285, Catania – martedì 21 gennaio ore 18 – interverranno Orazio Caruso e Nicola Savoca – sarà presente l’autore]
di Maria Attanasio
In una storica antologia della fine degli anni settanta Poeti italiani del Novecento, Pier Vincenzo Mengaldo, analizzando la giovane poesia di quegli anni, sottolineava la specificità di clima poetico e di contesto sociale alla base della poesia metropolitana, fortemente differenziandola da quella che si produceva altrove; una diversità espressiva tra centro e periferia che oggi –in quella sterminata metropoli diffusa che è l’Occidente – viene quasi del tutto a cadere.
A testimoniarlo la raccolta di Vincenzo Galvagno, un giovane poeta che, pur vivendo e operando in un piccolo centro dell’entroterra catanese, in essa restituisce il senso di un disagio giovanile senza frontiere né passaporti: lo spaesamento e la solitudine di una condizione umana bloccata da convenzioni sociali e dalla sostanziale afasia di un parlare omologato che non rivela ma occulta; questo il senso del titolo Ablativi assoluti, di cui esemplare metafora testuale è l’immagine di una rondella di catena leggermente deformata, che non potendo rientrare “nè nel suo loco nè in un altro/ cade” in mezzo a tante altre “ con altre originali menomazioni” . Scarto, marginalità, che non tornerà mai più a essere catena.
Spoglia di orpelli e travestimenti retorici, solo la poesia – che rifiuta il poetico come luogo separato dall’esperienza vissuta, preferendo aggirarsi tra i rituali sociali e i non luoghi di una contemporaneità senza memoria e appartenenza – può forzare la contraffazione di ogni stereotipato dire, creando quella “catena radicale di parole” – per usare una felice espressione di Lacan – “fra l’al di qua del Soggetto e l’al di là dell’Altro”.
Da qui ha inizio il viaggio testuale di Vincenzo Galvagno: un percorso che dalla rappresentazione di una coralità di solitudini procede verso le zone più intime e oscurate del sé; e dalla contemporaneità si volge verso il passato per ritrovare quella comune appartenenza archetipale, che agisce e motiva l’esserci e il suo costituirsi come temporalità.
“Il poeta non è un artista. È un ponte tra gli uomini e gli archetipi comuni dell’inconscio”, è infatti l’epigrafe posta a premessa di Poesia e verità – la prima delle tre sezioni in cui si articola la raccolta – in cui l’intenzionalità di pensiero e la poetica dell’autore sono più esplicitamente rappresentate.
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