COME AGLI ORLI DELLA VITA: MAGIE, MASCHERE ED EPIFANIE NELLA SCRITTURA PIRANDELLIANA
Giovedì, 21 novembre 2013 – h. 18:30 – Galleria d’arte contemporanea Roma – piazza San Giuseppe 2, Siracusa
Conversazione curata dal semiologo prof. Salvo Sequenzia
IL TEATRO, ULTIMA DIMORA DEL MITO
di Salvo Sequenzia
Il nesso fra sogni, desideri e realtà, le identità delle persone e la necessità della libertà, la violenza schiacciante dei regimi totalitari, la durezza della società di massa, la crisi perenne del teatro e dei ‘teatranti’, sono alcuni fra i temi cogenti dell’opera di Luigi Pirandello.
Se è vero che nella produzione teatrale pirandelliana realismo analitico e visionarietà si alternano – ma spesso convivono anche – succedendosi con una regolarità quasi ciclica, è altrettanto vero che nell’ultima fase della vicenda creativa dello scrittore agrigentino si coglie un incremento dell’irrazionale.
Questo percorso riassume i momenti salienti di un lavoro di indagine sul rapporto tra l’opera di Pirandello ed il mito nel confronto più ampio con la cultura del primo Novecento.
Rapporto complesso, stratificato, spesso enigmatico e polisemico, non solo per la ‘portata’ del messaggio che lo scrittore agrigentino ha consegnato al mito e ai ‘miti’ all’interno della sua produzione poetica, novellistica, narrativa e teatrale – e perciò non attestabile e non esauribile, in modo esclusivo, soltanto all’ultimo periodo della produzione del Nostro – bensì anche per le implicazioni che la ‘funzione mito’ assume all’interno della riflessione pirandelliana sulla vita, sull’arte, sulla società e sul destino della storia dell’Occidente. Pirandello analizza approfonditamente – e, direi, dolorosamente – le ragioni della morte del mito nella modernità, valutandone con lucidità critica le numerose implicazioni.
E il nodo fondamentale di questa riflessione va a mio parere individuato nel primo decennio del secolo Novecento, negli anni della ideazione del “Fu Mattia Pascal” e della composizione del saggio su “L’umorismo”.
L’interesse per il mito, frequente in molti autori del primo Novecento (dagli espressionisti ai surrealisti, da Kokoshka a Cocteau fino al Brecht dell’Antigone, da D’Annunzio a Thomas Mann fino a Cesare Pavese) consiste, nella stragrande maggioranza dei casi, in una ‘riscrittura’ della tragedia classica o della mitologia ellenica o altro; oppure, in una ‘attualizzazione’ a fini propagandistici diretti o indiretti – Kèrenyi ha definito tale operazione come “tecnicizzazione” – del mito svuotato del suo carattere genuino originario.
Pirandello non appartiene alla categoria dei ‘rifacitori’, bensì a quella dei creatori di miti (nonché a quella dei ‘distruttori’ di miti, come ha ben messo in luce Rössner; e qui valga ancora una volta l’esempio del ‘Serafino Gubbio’, opera demolitrice del mito cinematografico allora in ascesa). Leggi tutto…