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SERGIO PENT racconta I MUSCOLI DI MACISTE (Bompiani)
SERGIO PENT racconta il suo romanzo I MUSCOLI DI MACISTE (Bompiani). Un estratto del libro è disponibile qui.
di Sergio Pent
Ognuno è artefice del proprio destino, ma più spesso è il destino a definire il corso della nostra vita, ad assemblarlo nella maniera opposta a quella che avevamo custodito nel forziere delle più remote speranze.
Il destino è un sogno triste, per il narratore dei “Muscoli di Maciste”, una carezza rimasta sospesa in un addio tragico e assurdo. La donna amata che non c’è più, l’incapacità di tornare a casa – in quella casa – adesso che vi regnano solo il silenzio e i ricordi. E allora il viaggio senza meta diventa metafora di un ritorno sempre disatteso, alla ricerca di un’occasione, anche casuale, per ripartire. L’occasione è una piccola, tozza massa di muscoli un po’ inflacciditi, l’occasione si chiama Vito e arriva da lontano – da un remoto, assurdamente mai nominato – paese del sud, da cui il bizzarro personaggio è partito alla vana ricerca della sua ennesima occasione di riscatto.
Vito è un pugile ultraquarantenne, o almeno continua a credere di essere un pugile, anche se le sue mitiche vittorie risalgono ai tempi delle illusioni lontane nel tempo quanto le sue stralunate fantasie.
“I muscoli di Maciste” è una passeggiata di tre soffocanti giorni in un ferragosto torinese in cui – in qualche modo – si decidono i destini dei due amici per caso. L’uomo disperato deve trovare la forza per tornare a vivere, il pugile senza contratto vuole ancora rincorrere l’estrema illusione, l’ultima, o solo quella necessaria per non morire. In mezzo ci sono storie e invenzioni, balle colossali e aneddoti grotteschi, flash di nostalgia e silenzi metropolitani, mentre la vita continua nonostante le assenze e gli addii, e nelle bizzarre epopee memoriali di Vito trovano spazio gli entusiasmi necessari a vivere, a credere fino in fondo a qualcosa di concreto. Leggi tutto…
LA CASA DELLE CASTAGNE – intervista a Sergio Pent
LA CASA DELLE CASTAGNE – intervista a Sergio Pent
Siamo in Val di Susa. L’anno è il 1999. Una guardia forestale nel parco dell’Orsiera, riceve un telegramma dal quale apprende che il “tedesco” è morto. La storia nasce da qui, compie un balzo indietro di circa dieci anni, al 1990, e poi giunge a toccare il secondo dopoguerra. Sulla scia della precarietà dei sentimenti, “La casa delle castagne” di Sergio Pent (Barbera editore) tratteggia gli esiti delle piccole storie condizionate dalla grande Storia.
Ne discuto con l’autore.
– Caro Sergio, mi incuriosisce sempre la “genesi” di un libro. Dunque per prima cosa ti chiederei di raccontare come è nato “La casa delle castagne“. Da quale idea, suggestione, esigenza o fonte di ispirazione?
Il romanzo in realtà non è l’ultimo che ho scritto, è infatti anteriore a “Piove anche a Roma” uscito lo scorso anno. E’ una storia semplice e legata al mio territorio e alle suggestioni create da una storia d’amore che in qualche modo si ritrova nel tempo, in una geografia della Val di Susa più sincera, quella di montagna, con gli spazi aperti, la luce di certe stagioni di passaggio, il senso di perdita di qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato, per colpa del destino ma anche della Storia, delle scelte individuali, della volontà di rimanere fedeli a se stessi anche cambiando il corso delle cose.
– Il 1999 è un anno dalla forte valenza simbolica (basti pensare alla serie Tv “Spazio 1999”). Una sorta di porta temporale: il passaggio che segna l’alternanza tra il vecchio e il nuovo millennio. Tu perché hai scelto proprio quest’anno come punto di riferimento iniziale del tuo nuovo romanzo? (La storia poi ci riporta indietro nel tempo: al 1990 e alla fine della seconda guerra mondiale)
Il 1999 in cui si sviluppa la storia del romanzo è una vera e propria scelta, in quanto la valenza simbolica che ho voluto attribuire a quell’anno è stata proprio quella di un passaggio epocale, l’attesa simbolica di un nuovo millennio e allo stesso tempo l’ultima occasione per chiudere i conti con le guerre, le violenze e le cause perse del Novecento. L’azione del romanzo si svolge soprattutto nel 1990, nell’estate in cui “il tedesco” e la nipote Britta arrivano nel paesino della valle in cui vive il protagonista, ma anche nel periodo relativo alla fine della seconda guerra, quando i destini dell’ufficiale tedesco e quello della famiglia del protagonista si incrociarono in un momento di dolore ma anche di speranza. Il 1999 è comunque una scelta volontaria, convinta, che offre in sé la valenza tutta simbolica di un romanzo semplice, sincero e legato alla mia terra.
– Una guardia forestale nel parco dell’Orsiera, un anziano ex-ufficiale tedesco… e poi la citata Britta (nipote del “tedesco”). Destini che – in un modo o nell’altro – si intrecciano. Chi sono i personaggi di questo tuo romanzo? Cosa li accomuna? E cosa, viceversa, li “distingue”? Leggi tutto…
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