SPECIALE LUCCA COMICS & GAMES 2013 (Parte II)
Il “fantasy domestico” di Tony Sandoval e un (quasi) patto col Diavolo
dal nostro inviato a Lucca, Furio Detti
Tony Sandoval, messicano e attualmente attivo in Francia, viene dalla grafica pubblicitaria e d’agenzia, ha in seguito sviluppato il suo talento narrativo. È edito in Italia da Tunué dal 2011, le sue opere presso questo editore sono: Il Cadavere e il Sofà, Nocturno, Oltre il Muro (con la sceneggiatura di Pierre Paquet) e ora Doomboy (2013), una piccola leggenda doom di morte e amore, tra musica e fantasmi.
Innanzi tutto grazie a Tony per l’intervista qui a Lucca Comics&Games 2013.
– Nelle tue opere parli quasi sempre di infanzia e adolescenza, o prima gioventù. Potremmo quasi descrivere i tuoi personaggi come “bambini in un mondo terribile”, anche se non si capisce se la vera angoscia siano loro o la realtà onirica che li circonda connotata dal magico, dal misterioso. Vuoi parlarcene un po’?
Dunque, in realtà ogni volta che penso a una storia, tendo a descrivere in qualche misura le mie esperienze personali, i miei amici, la mia famiglia, il mio ambiente. Vengo dal Messico terra di credenze surrealistiche, di persone che a volte celebrano i fantasmi, altre volte la realtà; proprio l’altra sera spiegavo a degli amici che il mio lavoro consiste in un fantasy domestico [ride].
– Pensi che siano più i maschi o più le femmine delle tue opere a catalizzare la paura o l’imprevisto?
Penso sempre le mie storie come indirizzate a un pubblico ambosesso. Non so se per esempio riscuoto più successo presso le lettrici, in realtà ritengo di lavorare sulle sensazioni proprie di ogni essere umano e per ogni cultura, senza distinzioni di genere o backgroud. In questo senso anche i miei personaggi sono un riflesso di questa logica. Nelle mie opere esistono anche luoghi specifici che hanno una certa forza, ma è un fatto universale. Penso che tutti noi, e quindi anche i miei personaggi, abbiano un po’ di oscurità dentro di sé.
– Nei tuoi lavori il posto d’onore spetta all’esperienza sonora, musicale. Se volessimo azzardare un parallelo con la letteratura, il tuo modo di valorizzare questo mondo ci ricorda i lavori di Haruki Murakami; che peso ha esattamente la musica nel tuo immaginario?
Beh intanto ascolto musica per la maggior parte delle mie sessioni di lavoro, e scelgo brani a seconda dell’umore del momento, non sono legato a un genere specifico. Però trovo che i musicisti siano dei buoni personaggi, io stesso suonavo in una band, e tutto questo – al contrario del fumettista che è tendenzialmente un mestiere solitario: stai da solo e disegni – ti obbliga a entrare in relazione con le persone, a interagire. Questo aggiunge sostanza alla vita, “dramma” all’esistenza, in senso non necessariamente negativo.
– Il tuo stile è molto specifico. Lo hai sviluppato gradualmente mano a mano o la tua carriera ha visto svolte più drastiche, scelte più intense, cambiamenti forti?
Avevo all’inizio uno stile abbastanza generico, poi però ho venduto la mia anima al Diavolo per cambiarlo radicalmente… [risate]
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