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Posts Tagged ‘Umberto Piersanti’

PREMIO SABA 2021: vince Umberto Piersanti con “Campi di ostinato amore” (La nave di Teseo)

Il poeta Umberto Piersanti vince la 1^ edizione del Premio Umberto Saba con la silloge “Campi di ostinato amore” edita da La nave di Teseo. Qui, la recensione di Letteratitudine di “Campi di ostinato amore”

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Va al poeta e scrittore Umberto Piersanti, presidente del Centro mondiale della poesia «Giacomo Leopardi» di Recanati, nel 2005 candidato al Premio Nobel per la Letteratura, la 1^ edizione del Premio Umberto Saba. Appuntamento online dalle 12 del 21 marzo (Giornata mondiale della poesia) per la premiazione.

Promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia con il Comune di Trieste e Lets Letteratura Trieste, in collaborazione con Fondazione Pordenonelegge il riconoscimento è nato per promuovere la poesia e focalizzare l’attenzione sulla città, Trieste, che ha dato voce a uno dei maggiori poeti del Novecento. “La raccolta Campi di ostinato amore, pubblicata da Piersanti nel 2020 per La nave di Teseo – spiegano le motivazioni – giunge a coronamento di un percorso che si caratterizza per la fedeltà a un’idea di poesia che è coscienza dell’origine comune della vita e della lingua, testimonianza del vissuto dei luoghi nel tempo individuale e nel tempo comune della società e della storia. Nell’appartenenza una terra e a una storia, Umberto Piersanti trova la controparte umana condivisa di quanto umanamente incondivisibile è del dolore e della perdita, della solitudine individuale. Leggi tutto…

CAMPI D’OSTINATO AMORE di Umberto Piersanti (recensione)

Campi d’ostinato amore” di Umberto Piersanti (La nave di Teseo)

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L’ostinato amore per la parola di Umberto Piersanti

di Daniela Sessa

È ingenuità o imprudenza lasciarsi abbagliare dal titolo di un libro? Prima di averlo aperto, prima di averlo letto fino alla fine. Oppure è solo desiderio inesausto di abbaglio? Come il granello di luce rimasto tra le palpebre e l’iride, come l’eco bubbolante del vento che s’insinua tra le cime dei monti o increspa la distesa del mare lontano. Tra “i bei campi d’erba spagna/ancora azzurri per la morbida/ luna che li inonda”: qui può avvenire l’abbaglio. L’abbaglio è poetico, sempre. La sua forma è il verso, anche se si distende lungo tutto il bianco della pagina perché al verso basta sfamarsi di suoni e rovesciare tutti i colori della tavolozza dell’anima. La poesia mette il broncio quando qualcuno prova a raddrizzarla, a spiegarla, a raccontarla. La poesia è folgorazione, rapimento dei sensi. La poesia, anche quando si fa chiamare celebrativa o civile, sgorga sempre dagli anfratti dell’abbaglio. O è corpo o è memoria: Leggi tutto…

ANIME PERSE di Umberto Piersanti (recensione)

ANIME PERSE di Umberto Piersanti (Marcos y Marcos)

La misura breve del racconto per narrare il male

di Anna Vasta

Anime perse, il nuovo libro di Umberto Piersanti (Marcos y Marcos Editore), il poeta cantore di Urbino e delle sue epifanie, ci riporta a un altro titolo, a un altro libro dell’autore, bellissimo, evocativo di luoghi- I luoghi persi-, che si trasformano in un tempo, “ il tempo differente”, della visione e della rêverie. Tempo di poesia; di salvezza e di recupero di tutto ciò che l’uomo perde nel suo allontanarsi  dall’infanzia, beata età dell’innocenza, che nella memoria poetica diventa un luogo, di figure e di vicende, di simboliche appartenenze.

Anche queste anime perse, anime fragili, ferite, offese dal mondo e da sé stesse- le più insanabili delle ferite-, fatte di carne e di sangue, vive e vere come i loro tragici destini di dolore, rabbia, rancore, ricostruiti in brevi, essenziali, stigmatiche narrazioni, perché il pathos  non si diluisca in una stucchevole retorica dei sentimenti; queste anime sommerse dai gorghi dell’esistenza sono portate in salvo dalla forza di attrazione della scrittura. Da una pietas tutta umana che si  addensa in un narrare di classica originaria purezza, scevro da quegl’infingimenti letterari che potrebbero distrarre e allentare la tensione emotiva.
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L’ESTATE DELL’ALTRO MILLENNIO, di Umberto Piersanti

L' estate dell'altro millennioL’ESTATE DELL’ALTRO MILLENNIO, di Umberto Piersanti
Mursia, 2013 – pagg. 392 – euro 18

Un luogo, un tempo di un altro millennio.

di Anna Vasta

Mai luoghi, spazi e tempi d’esistenza, soggettivi e corali-Urbino e la campagna che la circonda,  isolandola in un’aura rarefatta e attonita, in una luce immateriale e vivida, la stessa che circola e ristagna tra colonnati e arcate nei dipinti di Piero della Francesca; le Cesane, i greppi, le forre, i fossi, gli stradini, le morbide colline che si perdono nell’orizzonte come in uno sfumato leonardesco, e quinci il mar da lungi e quindi il monte- appaiono così persi e imperdibili a un tempo, distanti e prossimi nell’Epos del poeta urbinate, come nel romanzo  “L’estate dell’altro millennio”, pubblicato nel 2001 da Marsilio e ristampato da Mursia dodici anni dopo (2013, pag 379, € 18,00).
L’estate narrata da Umberto Piersanti, ripresa con un’ampiezza di sguardo da cinemascope, evocata  come stagione dell’animo di leopardiane ricordanze, è quella del ’39’, che precedette l’invasione della Polonia e l’inizio della seconda guerra mondiale. Essa segna la fine di un tempo che s’identifica con  un luogo; conclude un ciclo di storie e vicende, le accende dei suoi ultimi fuochi, le ferma nell’irrevocabile fatalità di un evento-la catastrofe bellica- , assumendo  i toni apocalittici di un millennio che muore.
Con l’estate che declina verso un autunno da crepuscolo, declinano il caro immaginar, gli ameni inganni, i fantasmi del giovanile errore. Franano per Marco, Ettore, Laura, Antonio-giovani studenti di città protesi verso arcani mondi, arcana felicità- i dolci sogni, si rimpiccioliscono i pensieri immensi, si appannano le luminose speranze, si oscurano le strisce azzurre  di quel lontano mar , si smorzano i generosi. slanci. Mutati  in cenere gli ardori e le fiammate della novella etate.
Per Franco, ragazzo contadino, cresciuto ed educato alle fatiche e al sudore dei campi, dotato di  un sano senso di  realtà, che gli fa guardare le cose con occhi disincantati e puri, l’estate del 39 rappresenta l’inizio di un amore- quello per Maria, fanciulla contadina dal volto pallido, la  chioma fulva e fuggente, e le  fattezze delicate di una ninfa boschiva, o della soave Afrodite botticelliana- scevro da romanticherie e vaghezze poetiche, ma saldo e forte, radicato nell’animo come le querce nella terra scura della Pineta. Ai primi botti di guerra va in frantumi il  mondo arcadico, bucolico, ma fragile come un presepe di cartapesta, di Marco; l’intellettuale-poeta, con la testa tra le nuvole e i versi di Pascoli, il cuore alle canzoni ingenue e sentimentali d’anteguerra, il corpo rapito dai capelli biondi e dalle  forme perfette della contessina Laura Albani, una Micòl della razza dei carnefici. Sperso  nelle sue fantasticherie, ma non al punto di non avvertire  i venti d’inquietudine che attraversano l’intatto cielo di Raffaello, arrecando precoci brume e  premature ombre. Resisterà alla furia distruttrice della guerra l’universo contadino delle Cesane,  delle opere e i giorni di Franco-anche lui soldato in Montenegro col  tenente Marco, al quale salverò la vita-delle dure, inesorabili leggi della natura che mescola vita e morte anche nel giallo fulgore di un foglia di luglio. Ettore Venanzi, l’ardimentoso compagno di studi e di scorribande, infiammato di adolescenti furori, di un senso romantico e libresco di patria e onore, contaminati dal baldanzoso, cinico  superomismo dei tempi, partito volontario alla chiamata del Duce, morirà  tra le sabbie africane, milite incompianto, piangendo come l’omonimo eroe omerico la giovinezza e il vigore. Portandosi nell’Ade il rimpianto per i  balli, gli amori, le chiacchierate al Caffè Grande, il desiderio pungente di Laura tenera e sensuale tra i pampini e gli acini dorati, le viti, l’erba e i gusci verdi delle noci, nel querceto, in una non lontana luminosa giornata di novembre, appena un anno prima. I canti goliardici <<vent’anni son gemme dischiuse>>, e una paura matta della morte <<a noi la morte non ci fa paura>> con un  irreparabile senso di sconfitta, di perdita, più atroce della stessa morte. Leggi tutto…

CUPO TEMPO GENTILE, di Umberto Piersanti

CUPO TEMPO GENTILE, di Umberto Piersanti
Marcos y Marcos, 2012 – € 18,00 – 222 p.

Tra storia e memoria

di Anna Vasta

Nell’ossimorico, evocativo, poetico titolo del quarto romanzo Cupo tempo gentile ( Marcos y Marcos Editore2012) di Umberto Piersanti, il poeta urbinate, autore di romanzi tra storia, realtà e visione- come è della sua poesia e della sua poetica- si racchiude il senso di un momento storico, il ’68’ in Italia e a Urbino, e la cifra di una narrazione che per essere legata a un luogo- i luoghi persi della poesia di Piersanti- non perde in ampiezza di sguardo e profondità di respiro. Tutt’altro: la carica visionaria di una città in verticale, Urbino dalle torri svettanti verso un cielo profondo come una cupola raffaellesca, delle sue Cesane, l’altopiano che le fa da sfondo, della campagna luminosa e scura dove sconfina lo spazio urbano, in un travaso di storia, d’arte e di natura, conferisce alle sequenze narrative un ritmo atemporale di eventi, di storie, di vissuti esistenziali, soggettivi e corali, quasi epico.
Come epico è  il flusso della poesia dell’autore. L’andamento narrativo del romanzo procede di pari passo con l’avvicendarsi degli stati d’animo, delle riflessioni, degli accadimenti esterni e gli svolgimenti interiori di un processo giovanile di maturazione, una sorta di viaggio sentimentale alla Sterne. Quello del protagonista, Andrea Benci, venticinquenne laureando, che ama la poesia, Leopardi e Montale, persino D’Annunzio; che non riesce a  restare indifferente alla bellezza di un tramonto, di quelli che esplodono da dietro le colline e accendono di rosso e viola le spalle del monte Carpegna, e, malgrado la rivoluzione e l’impegno, si lascia andare a emozioni “decadenti”, intimiste- riprovevoli  per  i compagni della Contestazione- come il metafisico sgomento dinnanzi a quell’immenso cosmo nero che si spalanca simile a un abisso dietro l’Appennino al calare delle prime tenebre. Di qualche anno più vecchio dei ragazzi del Movimento; quanto bastava a guardare da prospettive di distacco e disincanto agli animosi entusiasmi, agli astratti furori, all’acceso idealismo a rischio di derive estremiste e di   forzature ideologiche irreali e inattuali – la rivoluzione culturale di Mao, Cuba e Fidel Castro, la guerriglia permanente del Che- della “meglio gioventù”. Leggi tutto…