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Pierre Michon vince il Premio Tomasi di Lampedusa 2024

giugno 12, 2024

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b4/Pierre_Michon.jpgPremio Tomasi di Lampedusa 2024: vince Pierre Michon per “Vite minuscole” (Adelphi)

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Pierre Michon, scrittore francese di 79 anni, è stato proclamato vincitore della diciannovesima edizione del Premio letterario “Giuseppe Tomasi di Lampedusa”.
L’annuncio è stato dato da Salvatore Silvano Nigro, presidente della commissione del premio, durante un evento tenutosi nel palazzo “Filangeri di Cutò” a Santa Margherita di Belice (Agrigento). La manifestazione è stata organizzata dal comune, dall’istituzione dedicata all’autore de “Il Gattopardo” e dalla Regione Siciliana.
Michon ha ricevuto il riconoscimento per il suo libro d’esordio, “Vite minuscole”, pubblicato da Adelphi nel 1984 e ancora oggi considerato un capolavoro della letteratura contemporanea francese.
La cerimonia ufficiale di consegna del premio avverrà sabato 3 agosto a Santa Margherita.

“Michon è uno dei maggiori scrittori europei”, ha dichiarato Salvatore Silvano Nigro. “Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo e la sua scrittura è tra le più sorprendenti della letteratura europea. È un vero e proprio inventore di scrittura, al livello di Proust. Nei suoi libri, Michon crea mondi fantastici nei quali i lettori spesso si ritrovano, scoprendo di averli già conosciuti senza esserne pienamente consapevoli”.

“Alla sua diciannovesima edizione,” ha affermato il sindaco di Santa Margherita, Gaspare Viola, “il premio ‘Tomasi di Lampedusa’ è ormai non solo l’evento principale della nostra estate, ma anche un luogo privilegiato di riflessione e un’alta concezione di letteratura, di cui abbiamo estremo bisogno”.

In concomitanza con l’annuncio del vincitore, è stato presentato il nuovo Cda della Fondazione e il nuovo direttore scientifico, Giuseppe Lanza Tomasi, figlio di Gioacchino, musicologo e scrittore adottato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scomparso poco più di un anno fa. Nigro ha anche presentato il suo ultimo libro, “Il principe fulvo”, edito da Sellerio con l’introduzione di Francesco Piccolo. Un’altra sezione della manifestazione è stata dedicata alla presentazione di “Lampedusa e La Spagna” di Gioacchino Lanza Tomasi, curato da Alejandro Luque e pubblicato anch’esso da Sellerio con l’introduzione di Salvatore Silvano Nigro. All’evento hanno partecipato anche Salvatore Ferlita, membro della giuria del Premio, e il botanico Giuseppe Barbera.

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La scheda del libro vincitore: “Vite minuscole” di Pierre Michon (Adelphi, 1984 – riedizione del 2023) – traduzione di L. Carra

Vite minuscole esce in Francia nel 1984. È il primo libro di uno scrittore ignoto al milieu letterario, ma è subito chiaro che si tratta di un esordio folgorante. E audace: recuperando una tradizione che risale a Plutarco, a Suetonio, all’agiografia, Michon ci racconta le vite di dieci personaggi non già illustri o esemplari, ma, appunto, minuscoli: e dunque votati all’oblio se non intervenisse a riscattarli una lingua sontuosa, di inusitata e abbagliante bellezza, capace di «trasformare la carne morta in testo e la sconfitta in oro». Vite come quella dell’antenato Alain Dufourneau, l’orfano che vuole «fare il salto nel colore e nella violenza», in Africa, convinto che solo laggiù un contadino diventa un Bianco e, fosse anche «l’ultimo dei figli malnati, deformi e ripudiati della lingua madre», può sentirsi più vicino alla sua sottana di un Nero; o come quella, lacerante, di Eugène e Clara, i nonni paterni, inchiodati nel ruolo di «tramite di un dio assentato» – il padre, il «comandante guercio», che ha preso il largo e da allora scandisce la vita del figlio come la stampella di Long John Silver, nell’Isola del tesoro, «percorre il ponte di una goletta piena di sotterfugi»; o come quella dei fratelli Roland e Rémi Bakroot, i compagni di collegio, torvamente sprofondati nel passato remoto dei libri il primo, nell’invincibile presente il secondo, e uniti da una rabbia ostinata non meno che da un folle amore. Santi o losers, paradigmi o catastrofici avatar del narratore, ciascuno di questi personaggi ha in qualche modo ordito il suo destino, istigato un’irreparabile lontananza, fomentato la convinzione che solo nella più inattingibile letteratura c’è salvezza.

Dalla nota al testo di Claudio Magris:
«Il titolo di questo breve capolavoro è sbagliato, è forse l’unico difetto di questo incredibile narrare nell’ombra. Quelle vite che presto riaffondano nel buio – come ogni vita, del resto – possiedono qualcosa di raro, la grandezza. Grandezza del tempo che inghiotte, delle oscure file di antenati che riemergono per poi riscomparire, alberi alti nel vento e marciti nella terra in cui cadono come altisonanti eroi omerici, grandi estati e gelidi inverni, silenzi intorno alla tavola e bevute all’osteria, in cui il vino diventa presto sudore che si mescola a quello del lavoro nei campi, folate che sopravvivono a coloro che investono. Personaggi indimenticabili nel breve bagliore in cui appaiono nella narrazione come un volto appare per un momento nella luce della lanterna che illumina la stanza contadina. Generazioni si confondono, nel trapassare di volti, sorrisi e solitudini ognuna tuttavia stagliata per sempre, unica e insostituibile. Si cade nel buio come nell’incomprensibile mano di Dio; in ogni istante, dice un passo memorabile, comincia il passato e il futuro tutto distrugge».

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