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Archive for the ‘Recensioni’ Category

LEZIONI di Ian McEwan (Einaudi) – recensione

Lezioni - Ian McEwan - copertina“Lezioni” di Ian McEwan (Einaudi – traduzione di Susanna Basso)

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di Erika Di Giorgio

Ian McEwan è uno dei colossi della letteratura internazionale. Lo scrittore britannico, classe 1948, autore di romanzi celeberrimi quali Bambini nel tempo, Amsterdam, Espiazione, Chesil Beach, Macchine come me (giusto per citarne qualcuno) è tornato di recente in libreria con una nuova opera, Lezioni (Lessons, 2022), pubblicato in Italia da Einaudi (editore italiano di McEwan) con l’ottima traduzione di Susanna Basso.
Lezioni segue la vita di Roland Baines, un uomo comune che si trova a vivere in balia degli eventi storici del Novecento e dei primi anni del Duemila: dalla Libia coloniale alla pandemia da Covid, passando per la crisi dei missili di Cuba, la caduta del Muro di Berlino, il thatcherismo, l’invasione dell’Iraq e la crisi ambientale, Roland cerca di dare un senso alla sua esistenza, tra passioni, traumi, rimpianti e speranze.
Il romanzo si apre con una scena memorabile: nel 1962, Roland, allora quattordicenne, si reca a casa della sua insegnante di pianoforte, la venticinquenne Miriam Cornell, spinto dal timore che il mondo stia per finire a causa della minaccia nucleare. Miriam lo inizia ai piaceri della carne, tra violenza e tenerezza. Questa esperienza segnerà per sempre Roland, che non riuscirà mai a dimenticare Miriam né a trovare un equilibrio affettivo e sessuale. Leggi tutto…

VILLA DEL SEMINARIO di Sacha Naspini (Edizioni E/O) – recensione

Villa del seminario - Sacha Naspini - copertina“Villa del seminario” di Sacha Naspini (Edizioni E/O)

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di Rosy Demarco

È un ritorno a Le Case Villa del seminario di Sacha Naspini edito da e/o, è il riavvolgimento di una pellicola che ci riporta agli albori di una storia già conosciuta tra le pagine di un suo indimenticabile romanzo.
Siamo a Novembre del ‘43 quando nel mezzo di una guerra devastante che ha martoriato il mondo intero, in un piccolo borgo della Maremma toscana, la Storia si incolla come uno sputo su un vetro, al quotidiano scorrere delle vite di paese.
Renè è il protagonista di una vicenda probabilmente simile ad altre, vissute nell’Italia di quei giorni feroci.
Uomo di mezz’età, ciabattino nella sua bottega, è mancante di tre dita della mano, perse in un incidente col tornio e per questo canzonato Settebello dai compaesani allo storico bar le Due Porte.
Comparsa di una vita di cui era spettatore, viveva quasi desideroso di essere dimenticato.
Se non fosse per Anna, vicina della porta accanto. Privata dalla vita degli affetti più cari, snocciolava i suoi giorni come i grani di un rosario consumato dal destino, ferita che sanguina la perdita di Edoardo suo figlio, sparito tra i boschi zeppi di ribelli, poi caduto sotto i colpi di un nemico ormai pronto all’ultima corsa.
È una storia d’amore quella tra Renè e Anna, una storia di solitudini accoste, di spazi che si sfiorano senza disturbare la pelle, parole negli occhi, spalla dove poggiare il proprio dolore. È una storia di quelle capaci di vincere il trascorrere dei giorni, forse proprio per non aver superato la soglia del disvelamento, come sedie affrontate ai due lati di un tavolo. Leggi tutto…

SUI PASSI DI LEI di Emma Di Rao (Ianieri)

“Sui passi di lei” di Emma Di Rao (Ianieri Edizioni)

 

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di Salvo Sequenzia

In una delle sue Lezioni americane – dedicata all’Esattezza – Italo Calvino scrive: «Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita».
Lo scrittore, che alle sue Lezioni consegna una riflessione di vasto respiro, riepilogativa della sua attività di scrittore-pensatore, ma anche ‘epimeteica’, in quanto si volge indietro  a guardare ciò che resta della Modernità in Occidente, prima di compiere il ‘salto’ verso il postmodern, nell’avvertimento della perdita di forma, e, quindi, anche di senso e di identità, del mondo in cui egli vive, si prende carico, consapevolmente, di una tradizione che si coagula tra la fine dell’Ottocento e il Novecento – da Nietzsche a Simmel, da Bergson a Freud –  e che oppone un’idea di letteratura e di scrittura qualificata dall’esattezza, qualità, questa, in cui risiede un valore costitutivo del reale  che la letteratura rappresenta, conserva e tramanda.
Per difendere l’esattezza, Calvino richiama il suo contrario, l’indefinito, e cita un poeta che sul principio del vago e dell’indefinito ha formato la sua scrittura: Giacomo Leopardi. Leggi tutto…

LA SICILIA nella trilogia di Rosario Battiato e Chiara Nott

Animali straordinari di Sicilia. Ediz. illustrata - Rosario Battiato - copertinaTra creature, bestie e animali: un viaggio nel fantastico di Sicilia

Recensione della trilogia di Rosario Battiato e Chiara Nott (ed. il Palindromo)

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di Filippo Triolo

Sfoglio le pagine dei tre volumi, leggo tra incantamento, malìa, incubo e stupore i testi di Rosario Battiato, poi ammiro le illustrazioni surreali che oscillano tra l’onirico e il grottesco realizzate da Chiara Nott con la sua inseparabile bic nera e mi convinco di una cosa: i due giovani autori catanesi, come pochi altri, come solo qualche genio visionario, riescono a creare e riesumare mondi. Scendono nell’oscuro della nostra isola – ma anche di ognuno di noi – e ci portano con loro in un viaggio alla scoperta del fantastico siciliano, fatto di incubi e illusioni, di spirdi e màgare, di piule e taddarite.
Nei tre volumi editi dalla casa editrice palermitana Il Palindromo (è sorprendente il loro intero catalogo) “Creature fantastiche di Sicilia” (2018), “Bestiario contemporaneo di Sicilia” (2020) e “Animali straordinari di Sicilia” (2022), Battiato e Nott provano a mappare l’intero territorio regionale consegnandoci un lavoro ultimo che è di difficile definizione. Se non possiamo parlare di saggistica, tantomeno scientifica, possiamo escludere – ma a questo ci pensano gli stessi autori – che la trilogia possa essere da riferimento per studiosi e ricercatori, ma per appassionati, quello sì. Se il lavoro affonda solide radici su testi che riguardano la tradizione scritti dai vari Pitrè, Ugo Antonio Amico, Vincenzo Linares, solo per citarne alcuni – è pur vero che la trilogia non vuole essere un trattato su antropologia, cultura popolare e folklore. Non c’è alcuna ambizione a finire in tristi bibliografie accademiche, in queste pagine piuttosto si corre il rischio – ed è una goduria correrlo – di imbattersi in bibliografie fittizie, in pseudo bibliografie. Leggi tutto…

MARIA GIUDICE di Maria Rosa Cutrufelli (Perrone) – recensione

Maria Giudice - Maria Rosa Cutrufelli - copertina“Maria Giudice” di Maria Rosa Cutrufelli (Perrone)

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[Ascolta la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “Maria Giudice” di Maria Rosa Cutrufelli (Perrone): Maria Rosa Cutrufelli in conversazione con Massimo Maugeri]

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La Leonessa del socialismo

di Nicoletta Bortolotti

Maria Rosa Cutrufelli, già finalista al Premio Strega, fra le massime scrittrici, letterate e intellettuali italiane, è autrice di opere che lasciano il segno, e dell’ultimo incantevole e fondativo romanzo biografico Maria Giudice, edito da Giulio Perrone Editore nella pregevolissima collana “Mosche d’oro”, diretta da Nadia Terranova, Giulia Caminito e Viola Lo Moro.
In un’alternanza di tersi punti luce e squarci pastosi, di fotogrammi, scatti, fermi immagine tridimensionali, Cutrufelli restituisce alla pagina l’epopea di una figura straordinaria che ha attraversato il Novecento e se n’è lasciata attraversare; più nota forse come “madre di #GoliardaSapienza” (che Cutrufelli ha frequentato), autrice del romanzo postumo e cult L’arte della gioia, che come “Maria Giudice”: dapprima maestra elementare e avida lettrice (fra l’altro, la passione per la lettura e per i classici tramandata in linea materna) poiché, con il liceo femminile, era pressoché l’unico ruolo pubblico concesso alle donne (penso anche a Rita Levi Montalcini…), poi sindacalista italiana di primissimo piano, giornalista, segretaria della federazione torinese del Partito Socialista, nonché prima donna a dirigere la Camera del Lavoro. Leggi tutto…

COME D’ARIA di Ada D’Adamo (Elliot) – recensione

Come d'aria - Ada D'Adamo - copertina“Come d’aria” di Ada D’Adamo (Elliot): romanzo tra i dodici candidati al Premio Strega 2023

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di Consuelo Consoli

Ci sono libri che scardinano tabù e pregiudizi, credenze e miscredenze, che irrompono come folgore e assordano come tuoni, e Come D’aria appartiene a questa categoria.
Sei Daria – esordisce nell’incipit Ada – Sei D’aria – continua sancendo, con l’aggiunta della virgola, la consistenza lieve e impalpabile della sua creatura.
Bisogna leggere per intero il libro per comprendere appieno il significato che Ada attribuisce a queste due semplici affermazioni. Al di là dell’apparente gioco di assonanze – Daria, d’aria – con Sei Daria, Ada certifica al mondo intero l’esistenza della figlia, partorisce una seconda volta, rivendicando per lei il diritto di occupare uno spazio in una società affatto accogliente e inclusiva nei confronti di chi non rispecchia i canoni classici della cosiddetta normalità. Ma l’aria è anche l’elemento del quale ogni essere vivente necessita. È grazie all’aria che nostri alveoli ricevano ossigeno, è grazie all’aria che ogni cellula si nutre, accresce, moltiplica. Senza aria non si vive. Senza Daria, Ada non vive.
Eppure questa donna, nonostante una dichiarazione così appassionata d’amore, afferma di non essere una madre coraggio, rivela con sincerità disarmante che avrebbe ricorso all’aborto terapeutico se, dopo essersi sottoposta a tutte le indagini previste, avesse saputo in tempo la diagnosi di grave malformazione della figlia, l’oloprosencefalia (HPE). Leggi tutto…

PASSEGGIATE CON I CANI di Gianfranco Calligarich (Bompiani)

Passeggiate con i cani - Gianfranco Calligarich - copertina“Passeggiate con i cani” di Gianfranco Calligarich (Bompiani)

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 di Rosalia Messina

Gianfranco Calligarich torna ancora una volta a raccontarci la sua Roma, in un modo diverso da come l’ha (magnificamente) raccontata nel romanzo L’ultima estate in città (l’edizione più recente è del 2016, di Bompiani, la stessa casa editrice che pubblica adesso Passeggiate con i cani). Nel suo romanzo di esordio lo scrittore ci introduce nella città post dolce vita, in cui il protagonista, il giornalista Leo Gazzara, giunge da Milano in cerca di sbocchi professionali e trova anche amori, fughe al mare, compagni di bevute. In questo nuovo, breve romanzo Roma costituisce lo sfondo sul quale si muove il protagonista, un vecchio scrittore solitario che, passeggiando con i suoi cani nei dintorni di casa, rievoca le sue memorie: i cani che gli hanno fatto compagnia in passato, gli amori, gli amici scomparsi, gli alloggi precari della gioventù, le prime esperienze di lavoro, una vecchia bmw (scritto così, in lettere minuscole) color zabaione, la graduale conquista del successo e del benessere.
Lo spunto iniziale da cui prende avvio la narrazione è una discussione fra amici a proposito di cani e gatti, come apprendiamo dall’incipit. Leggi tutto…

STORIELLE PER GRANCHI E PER SCORPIONI di Luigi Lo Cascio (Feltrinelli)

Storielle per granchi e per scorpioni - Luigi Lo Cascio - copertina“Storielle per granchi e per scorpioni” di Luigi Lo Cascio (Feltrinelli)

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di Daniela Sessa

Storielle per granchi e per scorpioni” è una magnifica prova d’attore. L’attore è Luigi Lo Cascio e definire magnifica la sua prova è pleonastico. Senonché qui Lo Cascio non recita ma scrive. Non è la prima volta che Luigi Lo Cascio si misura con la scrittura e anche in “Storielle per granchi e scorpioni” lo fa con la modalità del corpo dell’attore prestato al corpo dello scrittore. Perché Lo Cascio è uno di quei rari attori cui la natura ha tatuato la maschera sulla pelle, negando al trucco l’ausilio metamorfico. Versatile e materica, la sua recitazione tracima nella scrittura, regalando al fortunato lettore trentadue più uno raccontini impermeabili al genere e nello stesso tempo comprensivi di tanta bella letteratura. Ovvero innalzando la citazione a scommessa letteraria. Trentadue storielle, le chiama Lo Cascio per imprimere alle sue prose – che poi chiamarle prose e basta è fargli un torto, visto che alcune hanno il ritmo della poesia e la misura di settenari ed endecasillabi – quel carattere drammatico e ironico di leopardiana memoria. Tanto che se si volesse mandare un “ciack, di gira!” avremmo una scena con Lo Cascio alla scrivania e alle sue spalle due impensabili sodali: Giacomo Leopardi e Tommaso Landolfi. Leggi tutto…

IL PESO DEL CORAGGIO di Michele Navarra (Fazi)

Il peso del coraggio - Michele Navarra - copertina“Il peso del coraggio” di Michele Navarra (Fazi)

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di Rosalia Messina

Torna ancora una volta in libreria un romanzo di Michele Navarra che ha per protagonista l’avvocato Alessandro Gordiani, come sempre alle prese (nomen omen) con i suoi nodi irrisolti: il peso e il tormento delle decisioni difficili che la professione forense comporta; la situazione sentimentale, tra un matrimonio che sembra spegnersi come un fuoco che niente riesce ad alimentare e una passione per la bella e talentuosa collega Patrizia Mori che non decolla per le incertezze e le esitazioni di Gordiani.
Il caso giudiziario che stavolta deve affrontare Alessandro Gordiani è un caso spinoso; anzi, i casi sono due. Nel primo si tratta di difendere la parte civile in un processo in cui l’imputato, Emanuele Fontana, uno stimato medico, è accusato di avere abusato di un ragazzino di dodici anni, Diego Loria, sfruttando le occasioni offerte dal fatto di esserne l’allenatore di calcio. La sentenza che definisce il giudizio, nonostante l’impegno difensivo di Gordiani, è di assoluzione: il quadro probatorio non è risultato convincente. Gordiani, nonostante i tanti anni di esercizio della professione, nonostante sia consapevole della distanza che può intercorrere tra verità sostanziale e verità processuale, non riesce a incassare con disinvoltura non solo e non tanto la sconfitta in aula quanto la discrepanza fra ciò che è giuridicamente giusto (in forza del principio che non consente di condannare se le prove lasciano margini di dubbio) e ciò che è giusto per il sentire comune. Leggi tutto…

PORTAMI CON TE di Eliana Camaioni (Algra) – recensione

Portami con te - Eliana Camaioni - copertina“Portami con te” di Eliana Camaioni (Algra)

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di Domenico Cacopardo

Spumeggiante come un Pro-secco o come una CocaCola strong, avvincente come un’avventura salgariana (priva però degli orrori di scrittura, delle incongruenze e contraddizioni del caro Emilio -Salgari of course -) «Portami con te» di Eliana Camaioni (Algra editore, Viagrande (Catania), euro 16,00, costituisce un ottimo ritorno sulla scena della scrittrice e critica messinese. Una personalità coinvolta nella vita culturale di Messina, la sua città, in netta ripresa, dopo un postbellico medio evo. Intendiamoci, gli anni immediatamente successivi al passaggio del fronte, alla instaurazione della Repubblica e dell’avvio della democrazia italiana, furono vivi e vivaci e rappresentano un esempio di crescita culturale, arrestatasi tuttavia al tempo della grande cappa democristiana.
Non entrerò nel merito della storia oltre il necessario. La trovata dell’autrice è indicativa sotto alcuni diversi e autonomi profili: il B538, un misterioso agglutinato chimico (e un po’ biologico), è l’elemento fondamentale che lega i rapporti umani, contenendo le molecole che presiedono al sorgere e allo svilupparsi dell’amore. Leggi tutto…

FERROVIE DEL MESSICO di Gian Marco Griffi (Laurana Editore) – recensione

Ferrovie del Messico“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi (Laurana Editore) – recensione

[Per gli Incontri con l’Autore di Letteratitudine: Gian Marco Griffi racconta la genesi di “Ferrovie del Messico”]

Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023

Libro vincitore del Premio Libro dell’anno di Fahrenheit e del Premio Mastercard Letteratura

Libro finalista del Premio letterario Mario La Cava 2023

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di Rosy Demarco

Cinque centimetri e mezzo.
Potrebbero essere troppi o pochi, questione di punti di vista.
Ma quando cinque centimetri e mezzo corrisponde allo spessore dei fogli sapientemente scritti e poggiati uno sopra l’altro per raccontare una storia, si tratta di un’altezza significativa, in grado persino di avere un’ombra propria. Perché le ottocentosedici pagine servite a Gian Marco Griffi per comporre Ferrovie del Messico sono davvero un’impresa epica!
Era l’8 febbraio del 1944 quando, mentre i tedeschi trascinavano il corpo morto dell’Italia furibondi come Achille sotto le mura di Troia, al soldato Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana in sede ad Asti, venne commissionata l’insana richiesta di disegnare, in una settimana, la cartina delle ferrovie del Messico.
Ora, non è ben chiaro se la bizzarria risieda più nella richiesta apposta dal superiore al povero soldatino, oltretutto afflitto da un insoffribile mal di denti, o nell’idea bislacca dell’autore.
E mentre il lettore si scervella per rispondere a questa tarlante curiosità, la storia del Magetti si srotola e dipana come sfuggenti rivoli di pioggia sopra lastre di vetro.
Fu questione di una schicchera teutonica, secca e ben assestata alla prima di un’interminabile fila di pedine, che diede origine ad una sequenza di eventi, nati dall’ incontrovertibile equivoco di una ancor possibile svolta risolutiva, per salvare il conflitto ormai perduto dall’imperiale pennuto spiumato. Leggi tutto…

D’AMORE E DI RABBIA di Giusy Sciacca (Neri Pozza) – recensione

D'amore e di rabbia - Giusy Sciacca - copertina“D’amore e di rabbia” di Giusy Sciacca (Neri Pozza)

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di Consuelo Consoli

In un’Italia squassata dalla prima guerra mondiale, la Sicilia conosce uno dei suoi periodi più nefasti.
La disperazione e la fame causati dalla carenza di materie prime e di uomini che sono impegnati a combattere al fronte, costringe le donne ad arrabattarsi come possono per sfamare i figli. A questo si aggiunge il voltafaccia dei latifondisti i quali, allettati dalla possibilità di maggiori guadagni decidono di convertire le terre in pascoli, sottraendo, quindi, lavoro ai braccianti. Una pagina nera, quella del primo conflitto mondiale che, alla Sicilia, tra morti e dispersi, costò la vita a 50.000 uomini, il settanta per cento dei quali erano appena ventenni e che venne definita “strage inutile “da Papa Benedetto XV. È in questo contesto storico che Giusy Sciacca nel suo romanzo “D’amore e di rabbia” dà vita a un personaggio di incredibile carisma: Amelia Di Stefano. Nata in una nobile famiglia catanese, Amelia rivela subito una natura ribelle. La sua è un’indole che non obbedisce alle regole di un titolo che le impone il matrimonio con un blasonato suo pari, in grado di assicurarle rispettabilità e agio, ma si piega unicamente alle leggi dell’amore autentico. Leggi tutto…

LA CITTÀ DELLA VITTORIA di Salman Rushdie (Mondadori)

La città della vittoria - Salman Rushdie - copertina“La città della vittoria” di Salman Rushdie (Mondadori)

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di Claudio Fabella

C’era molta attesa per il nuovo romanzo di Salman Rushdie intitolato “Victory City”, soprattutto dopo l’attentato del 12 agosto 2022, allorquando un uomo accoltellò lo scrittore nato a Mumbai durante un convegno tenutosi presso il Chautauqua Institution di New York. Romanzo, peraltro, che lo scrittore aveva già scritto prima del terribile evento. In Italia lo pubblica Mondadori con il titolo “La città della vittoria” per la traduzione di Stefano Mogni e Sara Puggioni. Si tratta di una pregiata saga di amore, avventura e mito che testimonia il potere della narrazione.
La storia è ambientata nell’India del XIV secolo. La protagonista è Pampa Kampana, una bambina che assiste alla morte della madre che si dà fuoco insieme alle altre donne del suo regno nel corso di una terribile vicenda e dopo una sanguinosa battaglia tra due regni ormai dimenticati. Pampa riceve la visita della dea che porta il suo stesso nome per adempiere a una sorta di missione che le viene affidata. Incontra i fratelli Hukka e Bukka Sangama, pastori diventati soldati, in fuga dalla sconfitta. Dona loro un sacchetto di semi dai quali, una volta seminati, germoglia la città miracolosa di Bisnaga (letteralmente “città della vittoria”). Qui i fratelli fondano un impero, diventando grandi re nel sud dell’India. Leggi tutto…

IL LUSSO DELLA GIOVINEZZA di Gaetano Savatteri (Sellerio) – recensione

Il lusso della giovinezza : Savatteri, Gaetano: Amazon.it: Libri“Il lusso della giovinezza” di Gaetano Savatteri (Sellerio)

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di Rosalia Messina

La giovinezza, la maturità, la vecchiaia: è un grande classico, quello del confronto (e dello scontro) fra generazioni, da Turgenev a Pirandello a Tomasi di Lampedusa. Il lusso della giovinezza di Gaetano Savatteri ne parla con il tocco leggero e l’ironia che caratterizzano la scrittura dell’autore, il quale lascia che fatti, personalità e relazioni interpersonali emergano con naturalezza dai fitti e illuminanti dialoghi tra i personaggi.
I protagonisti, attorniati da molti personaggi interessanti, sono già noti ai lettori di Gaetano Savatteri: Saverio Lamanna, scrittore e, se l’occasione si presenta, investigatore a tempo perso; l’amico, spalla e confidente Peppe Piccionello. Ciascuno dei due è a modo suo stravagante e ha un’originale visione del mondo.
Nell’intreccio di questo romanzo i ventenni, i quarantenni e perfino i settantenni (questi ultimi rappresentati dal vulcanico padre di Saverio, dalla sua graziosa ancorché non più giovane compagna e da una saggia zia) sono più vicini fra loro di un tempo, tutti usano i cellulari, Google, Wikipedia: la distanza tuttavia resta, nella contrapposizione eterna fra l’aspirazione giovanile a cambiare il mondo costruito dalla generazione precedente e le delusioni di chi non ha cambiato neppure il proprio orizzonte esistenziale; la novità della nostra epoca, forse, che Savatteri coglie bene, riguarda coloro che si avviano alla fine della vita ma non si rassegnano ad attendere inerti l’inevitabile epilogo. Leggi tutto…

V13 di Emmanuel Carrère (Adelphi)

V13. Cronaca giudiziaria - Emmanuel Carrère - copertina“V13. Cronaca giudiziaria” di Emmanuel Carrère (Adelphi)

Postfazione di Grégoire Leménager. Traduzione di Francesco Bergamasco

Emmanuel Carrère presenta V13 in Italia. In coda all’articolo, le notizie sul tour 

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Scandito in tre parti – « Le vittime », « Gli imputati », « La corte » –, V13 raccoglie, rielaborati e accresciuti, gli articoli (apparsi a cadenza settimanale sui principali quotidiani europei) in cui Emmanuel Carrère ha riferito le udienze del processo ai complici e all’unico sopravvissuto fra gli autori degli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015 – attentati che, tra il Bataclan, lo Stade de France e i bistrot presi di mira, hanno causato centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti.

«Io non sono rimasto coinvolto negli attentati, e nessuno dei miei cari lo è stato», ha dichiarato Emmanuel Carrère. «Però mi interessa la giustizia. In un libro ho descritto lo scenario di una Corte d’assise, in un altro l’oscuro lavoro di un tribunale di istanza. Il processo che si apre oggi non sarà, come a volte si dice, la Norimberga del terrorismo: a Norimberga gli imputati erano alti dignitari nazisti, qui sono figure di secondo piano, dato che quelli che hanno ucciso sono morti. Ma sarà qualcosa di altrettanto enorme, qualcosa di inedito, e voglio seguirlo: primo motivo. Un altro è che, pur non essendo un esperto di Islam, e tantomeno un arabista, mi interessano anche le religioni, le loro mutazioni patologiche – e questa domanda: dove comincia il patologico? Dove comincia la follia, quando c’è di mezzo Dio? Che cos’ha nella testa quella gente? Ma il motivo fondamentale non è nemmeno questo. Leggi tutto…

LA RICREAZIONE È FINITA di Dario Ferrari (Sellerio) – recensione

La ricreazione è finita - Dario Ferrari - copertina“La ricreazione è finita” di Dario Ferrari (Sellerio)

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di Domenico Cacopardo

«Il nostro primo bacio sa del tannino del vinaccio di casa Percorar0 che abbiamo ancora sui denti e dell’uovo crudo che ho un po’ dovunque. È il sapore più buono che abbia mai sentito; è il sapore della rivoluzione.»
Dario Ferrari (Viareggio 1982) è l’autore di «La ricreazione è finita» (Sellerio editore Palermo, euro 16,00), uno dei migliori romanzi del nuovo millennio, autorevole candidato, spero, alla vittoria del prossimo Premio Strega a meno che … a meno che l’accademia e l’iperuranio messo insieme da critici e scrittori (con la non disinteressata partecipazione di editors, agenti, direttori editoriali ed editori) insomma tutti i «sopracciò» di questo mondo affetto «amichettismo» e «nemichettismo» patologici, non si mettano di traverso in ragione della sua convincente e implacabile ironia.
La storia è ben costruita. Il protagonista Marcello Gori è un laureato in lettere che, pur privo di chances si presenta al concorso (2 posti) per un dottorato di ricerca, gestito dall’immaginario (sul serio?) dominus dell’italianistica dell’università di Pisa, professor Sacrosanti (anche qui, nella scelta di questo nome c’è il beffardo Ferrari), inventore dell’italianistica comparata, un bell’ossimoro collocabile nel museo dell’assurdo. Leggi tutto…

CIELI IN FIAMME di Mattia Insolia (Mondadori) – recensione

Cieli in fiamme - Mattia Insolia - copertina“Cieli in fiamme” di Mattia Insolia (Mondadori)

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di Rosalia Messina

Non è la solita storia di adolescenti arrabbiati e di famiglie sbagliate, quella che Mattia Insolia, giovane autore siciliano, ci racconta nel suo ultimo romanzo, Cieli in fiamme. È una storia di adolescenti pieni di rabbia e di famiglie che non corrispondono alle immagini pubblicitarie a base di carboidrati e rassicurazione, ma Insolia riesce a tenersi lontano sia dagli stereotipi del malessere sia da quelli della famiglia felice.
Il romanzo inizia lì dove finirà, su una spiaggia; la struttura circolare della narrazione racchiude due vicende indissolubilmente legate, quella di Teresa e Riccardo, adolescenti nell’anno 2000; quella di Niccolò, adolescente nel 2019, e di suo padre, Riccardo. Due sono le ambientazioni, entrambe meridionali e immaginarie: la cittadina di Paloma e il paesino di Camporotondo.
Insolia delinea i personaggi, tutti più o meno fuori di testa, non tanto descrivendoli quanto piuttosto facendoli parlare, sia a voce alta nei dialoghi, sia dentro se stessi, nelle riflessioni che fanno mentre agiscono. Leggi tutto…

DEL NOSTRO MEGLIO di Carmela Scotti (Garzanti) – recensione

Del nostro meglio - Carmela Scotti - copertina“Del nostro meglio” di Carmela Scotti (Garzanti)

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di Daniela Sessa

“La bugia dell’assoluto” è un’immagine di shakesperiana ferocia. Anche nell’ambiguità del senso. E’ l’assoluto nella sua forma ingannevole o è la menzogna a insudiciare l’assoluto? Nel traslato esistenziale il dubbio di Amleto e l’inganno di Claudia assumono una drammatica specularità. Cosa fare quando un’intera esistenza viene sballottata, dilaniata, spezzata dal dubbio? Cosa fare se il dubbio arriva tardi, quando tutto il male di vivere ha rotto gli argini e ha travolto corpi, menti e mani? E cosa se il dubbio arriva dopo la colpa e l’espiazione? Fare del nostro meglio a volte può bastare, a volte no. A volte può infrattarsi dentro un romanzo e lì farsi largo a gomitate, tirare colpi bassi e alla fine provare a espugnare il nemico. E’ una lotta tra la vita e le parole per raccontarla il nuovo romanzo di Carmela Scotti “Del nostro meglio”. Una lotta in cui la scrittura si prende la scena. Perché se tutto è stato scritto, allora vale come lo si scrive. Vale la prosa tersa e tesa, vale la disequazione tra la vita periclitante di Claudia figlia e Caterina madre – in quest’ordine per non tradire il tema del romanzo – e la parola. Una parola mai indulgente perché usa suoni aspri, mai vile quando cerca somiglianze tra i fatti e le emozioni: “come d’istinto si apre una mano per lasciar cadere un oggetto che brucia”, mai distratta perché la polisemia è un rischio “l’assoluzione non è l’antidoto a tutto, e fare i conti con il dolore, imparare a guardarlo in faccia, è l’unico modo per convincerlo ad andarsene con le buone, senza doverlo prendere a calci in culo”. Leggi tutto…

L’AVVENTURA TERRESTRE di Mauro Covacich (La nave di Teseo) – recensione

L'avventura terrestre - Mauro Covacich - copertina“L’avventura terrestre” di Mauro Covacich (La nave di Teseo)

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di Consuelo Consoli

Un acufene, il fastidioso sintomo che altera la percezione dei suoni e che si mantiene persistente, assordando chi ne è affetto, è l’innesco de L’avventura terrestre.
Generalmente riconducibile alla presenza di un tappo di cerume ostruente il canale uditivo, il fastidio, a un consulto con l’otorino, si rivela essere un problema molto più serio, che necessita di opportuni approfondimenti diagnostici per stabilirne l’origine. Per il protagonista dell’ultimo romanzo di Covacich, uno scrittore cinquantenne che conduce una vita dai meccanismi ben oleati, è l’inizio dell’incubo.
Senza saltare nessuna delle tappe in cui inciampa chi avverte il pericolo incombente alitargli sul collo, lo scrittore inizia la sua ricerca su internet, solidarizza mentalmente con sconosciuti – Claudia che ha trentotto anni e ha un medulloblastoma, Filippo con un tumore della guaina dei nervi periferici – , tenta, in sostanza, di fraternizzare con termini sconosciuti come proliferazione neoplastica delle cellule di Schwann, radioterapia stereotassica, mettendo in atto il più ingenuo dei trucchi esorcizzanti: conoscere per padroneggiare. Leggi tutto…

IO SONO L’ORCHESSA di Sebastiano Spicuglia (Baldini + Castoldi)

Io sono l'orchessa - Sebastiano Spicuglia - copertina“Io sono l’orchessa” di Sebastiano Spicuglia (Baldini & Castoldi): recensione e intervista

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di Simona Lo Iacono

Laura ha poco più di trent’anni, è bella e in attesa di qualcosa che la rubi ai ritmi ordinari del suo lavoro, fa la commessa, ma conserva uno spazio sognante e solitario in cui tesse un dialogo assorto.
Quando vede un anziano signore rubare all’interno del supermercato in cui lavora, non parla. Non lo denuncia. Non lo ferma. Decide di amarlo.
Come se il gesto – l’atto del rubare, di appropriarsi di nascosto e per necessità – fosse un richiamo ardente alla sua parte più tenera e inconfessata.
Come se il reato non fosse che il segno di un’umanità traboccante, ferita, a cui dare ristoro.
E’ così che Laura inizia una strana relazione con Rocco, una relazione non solo di corpi, sapori, carezze rubate alla vecchiaia, ma di sfoghi e silenzi, in cui a parlare è sempre lei, con un ininterrotto lago di parole e desideri, e in cui Rocco pare limitarsi ad accoglierla senza troppi perché, perso in stralunamenti e lentezze, sulla soglia di un estremo lembo, la vita ai limiti, già vissuta, già persa.
E’ un darsi e ritrarsi, un volere e rimpiangere, un correre e un frenare. Gli amici che giudicano. I parenti di lui che rifiutano.  Un vespaio di consigli, previsioni, riflessioni che s’ingarbugliano sulla fame di Laura. O sui suoi allontanamenti.
Perché alla fine è sempre lei a guidare l’incandescente gorgo di smisurata tenerezza. Lei, l’orchessa, colei che sa fagocitare, ma anche ripensarci. Lei che stana e che non trattiene. Lei che smania di gelosia e ritrosia. Leggi tutto…

MI LIMITAVO AD AMARE TE di Rosella Postorino (Feltrinelli) – recensione

Mi limitavo ad amare te - Rosella Postorino - copertina“Mi limitavo ad amare te” di Rosella Postorino (Feltrinelli)

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di Grazia Pulvirenti

Mi limitavo ad amare te di Rosella Postorino è un romanzo che azzanna il cuore. E strazia la mente con una scrittura, spietata e struggente, che non esita a raffigurare il dolore in tutte le sue declinazioni, né a stemperare le contraddizioni e le abiezioni dell’essere umano. Quelle della guerra, in primo luogo, poiché il conflitto nella ex-Jugoslavia, da cui muove la narrazione, è il palinsesto di ogni guerra, di quella attuale in Ucraina, come di tutte quelle che da tempi antichissimi hanno macchiato di sangue la crosta terrestre. La descrizione di Sarajevo, tormentata da bombardamenti e spari di cecchini, le case ormai macerie, fra cui rubacchiare qualche avanzo di vita, assurge ad archetipo di ogni luogo bestialmente sconvolto dalla violenza, mentre l’interno dell’orfanatrofio Ljubica Ivezìc è il non-luogo dell’abbandono, dell’amore perduto o negato, o forse rinviato a tempi di là a venire.
Tutto deflagra in questo contesto estremo, eppure così reale, paradossalmente quotidiano, in cui è palese, come «all’origine del creato» sia «la mancanza di amore» (p. 167). E proprio intorno a questo vuoto, a questa assenza, Postorino intreccia la ragnatela delle vicende dei bambini protagonisti, fragile e precaria, come le loro esistenze. Perché l’errore del mondo, la negazione primordiale dell’amore, non può che essere risarcito dalla vita stessa che, pur nelle più infime atrocità, procede e avanza nel perenne rinnovarsi di affetti ed empatiche relazioni. Al di là di ogni difetto originario, di ogni stortura, di ogni privazione. Leggi tutto…

IL GRAN BUGIARDO di Ermanno Cavazzoni (La nave di Teseo) – recensione

Il gran bugiardo - Ermanno Cavazzoni - copertina“Il gran bugiardo” di Ermanno Cavazzoni (La nave di Teseo)

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UN ROMANZO SCRITTO NEL SEGNO MOZARTIANO DELLA FELICITÀ DEL NARRARE

di Salvo Sequenzia

Aveva ragione il grande critico George Steiner quando, in Vere presenze (1998), invitava il lettore a stare in guardia dal linguaggio, depositario di ogni verità e rivelazione, ma anche di ogni menzogna e mistificazione. In Italia, il tema della bugia e della menzogna comincia a farsi strada nella narrativa degli anni Settanta, e sarà ripreso dalla narrativa del secondo Novecento in un modo del tutto nuovo – tra le teorie del Gruppo 63 e le sperimentazioni di Italo Calvino e di Giorgio Manganelli – e con altre finalità rispetto alle esperienze precedenti, nelle quali tale tema si manifestava nei romanzi spesso assumendo le vesti del personaggio bugiardo o del  narratore inattendibile che si prende gioco del lettore secondo una strategia di depistaggio narrativo pianificata a tavolino dall’autore.
Alcuni scrittori, nei decenni precedenti, sedotti dalla sirena della menzogna, hanno guardato alla realtà come illusione e inganno, sgomitolando l’antico filo di una tradizione filosofico-letteraria che, dalla Poetica di Aristotele giunge carsicamente sino al Pirandello del saggio L’umorismo (1908). L’inganno non risiederebbe soltanto nella scrittura, bensì nella stessa natura costitutiva del reale,  incomprensibile e ambigua.
Ad annodare al suo ago l’«occulto stame» di questa tradizione è Ermanno Cavazzoni con il suo recente romanzo  Il gran bugiardo (La Nave di Teseo, collana Oceani, pp. 208, 2023). Leggi tutto…

L’ATOMO INQUIETO di Mimmo Gangemi (Solferino) – recensione

L' atomo inquieto - Mimmo Gangemi - copertina“L’atomo inquieto” di Mimmo Gangemi (Solferino)

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La possibile storia di Ettore Majorana

di Rosy Demarco

Ogni volta che qualcosa è celato alla nostra conoscenza l’immaginazione è libera di deciderne il dipanarsi.
Non sono i fatti conosciuti quelli su cui Mimmo Gangemi impasta la cronaca di una vita, scomparsa sui flutti tirrenici solcati da un piroscafo tra Palermo e Napoli nel marzo del 1938, ma la ricostruzione del mistero che tutt’oggi ammanta la storia di uno dei più grandi fisici del Novecento: Ettore Majorana.
“Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo[…]” scriveva lo scienziato ad un collega dell’università di Napoli, sconfessando l’idea, intimata e condivisa per altro con familiari e amici, di farla finita.
Ma da quel momento di Majorana non se ne saprà più nulla, se non asserzioni e ipotesi mai confermate da nessuno.
E sono proprio tutte le ipotesi formulate in quasi un secolo, la zona d’ombra di questa vicenda che a Mimmo Gangemi interessa per orchestrare la sua opera L’atomo inquieto (Solferino edizioni). Leggi tutto…

LA VITA INTIMA di Niccolò Ammaniti (Einaudi) – recensione

La vita intima - Niccolò Ammaniti - copertina“La vita intima” di Niccolò Ammaniti (Einaudi)

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di Daniela Sessa

La ricrescita nei capelli di Maria Cristina Palma è il logo più azzeccato per un manifesto del nuovo femminismo, pardon “femminile”. Punto unico del manifesto sono le parole rivolte da Teresa Sangermano “Tu, gioia, non emergi per carattere, ma almeno impara a portare la bellezza come una regina” alla figlia Maria Cristina Palma destinata, da una ricerca scientifica dell’Università della Louisiana, a essere catalogata la donna più bella del mondo. La cordata del manifesto è formata da Stefania Subramaniam, parrucchiera indiana di Casal Bertone imbucata alla festa annuale dell’Associazione degli Albergatori dove, nei bagni del Circolo Canottieri Aniene, fa la tintura a Maria Cristina Palma che alla festa accompagna il marito e premier italiano Domenico Mascagni. Il passaggio mediatico del manifesto è affidato alla giornalista Mariella Reitner “un orcio pugliese dotato di vita”.
Come non riconoscere da questi indizi un romanzo di Niccolò Ammaniti? Solo Ammaniti poteva mescolare personaggi e situazioni al limite della credulità. E non ci si è ancora addentrati nella questione del rapporto verità finzione o nell’inquietudine novecentesca e oltre di eroine simil Bovary. Nemmeno si è arrivati alle pagine in cui l’oltranza del reale irrompe e rompe la parete tra malinconia e riso. Quando accadrà, già nelle prime pagine del romanzo, sarà impossibile resistere alla fantasmagoria stilistica del reale di Ammaniti. Leggi tutto…

SIXTY di Caterina La Rosa (Algra)

Sixty - Caterina La Rosa La Rocca - copertina“Sixty” di Caterina La Rosa (Algra)

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di Consuelo Consoli

L’imprevisto, a volte, si nasconde dietro il vetro di una finestra, in un’inquieta notte di ottobre, mentre i pensieri incalzano e il sonno diviene un miraggio. Questo è quanto accade a Victoria Wilson, la protagonista di “Sixty”, che, alle quattro del mattino, tenta di blandire i suoi dubbi sorseggiando una tisana. Che ne è stato, si chiede la donna, della forza rivoluzionaria che sentiva ardere in corpo e che le faceva credere che sarebbe riuscita a cambiare il mondo? È proprio questa la vita che desiderava?
La gonna a pieghe, a motivi floreali, la camicetta amaranto, il cerchietto con gli strass che ha indossato per spegnere le candeline del suo sessantesimo compleanno, la identificano come una persona matura, tranquilla che ha ottenuto quanto si prefiggeva, ma è davvero così?
Giallista per indole e passione, questa volta Caterina La Rosa, ci regala un thriller che pur obbedendo ai canoni della letteratura di genere, si discosta dai suoi precedenti per i risvolti e l’approfondimento psicologico. Leggi tutto…

SPIRITI di Francesca D’Aloja (La nave di Teseo) – recensione

Spiriti - Francesca D'Aloja - copertina“Spiriti” di Francesca D’Aloja (La nave di Teseo)

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di Massimo Maugeri

La buona letteratura lascia sempre un segno in chi legge; intanto perché si traduce in un viaggio nel tempo e nello spazio, fuori e dentro di sé, e poi perché consente al lettore di osservare e vivere la vita da prospettive diverse, tante quante sono i personaggi incontrati tra le pagine. Non solo. L’esperienza arricchente che offre la buona letteratura va ben oltre la sfera meramente intellettuale e si allarga su una dimensione di natura evocativa, sentimentale, spirituale. Ne è ulteriore dimostrazione il nuovo ottimo libro di Francesca D’Aloja – edito da La nave di Teseo – che, non a caso si intitola Spiriti.
“C’è stato un tempo in cui ho cominciato a interessarmi alle vite degli altri più che alla mia”, ci rivela l’autrice. “Negli ultimi tre anni ho vissuto circondata da presenze, spiriti illuminati e illuminanti che mi hanno accompagnato, fatto riflettere, ispirato. Insieme a loro ho riso, per alcuni ho pianto, e con ciascuno ho percorso un tratto di strada. Il termine spiriti non tragga in inganno, non c’entrano tavolini traballanti o manifestazioni paranormali. Si tratta piuttosto di evocazioni sentimentali. Le persone qui raccontate, privilegiate o meno, fortunate o sventurate, hanno tutte cercato di dare un senso alla propria esistenza. E tutte hanno rivelato un caparbio desiderio di esistere. Ecco, forse è la loro spinta vitale ad avermi conquistata, quella formidabile fiamma che trasforma la vita in un’avventura e che viene alimentata dal più potente dei combustibili: la passione.”
Immergendomi tra le pagine di questo libro, da lettore, ho rivissuto lo stesso tipo di esperienza a cui ha fatto cenno l’autrice. Anch’io ho trascorso del tempo circondato da queste presenze, da questi spiriti illuminati e illuminanti. Anch’io ho vissuto in loro compagnia, riflettendo su come la vita reale, a volte, sia capace di offrire trame narrative talmente potenti da far impallidire la più creativa delle finzioni letterarie. Leggi tutto…

AVERE TUTTO di Marco Missiroli (Einaudi) – recensione

Avere tutto - Marco Missiroli - copertina“Avere tutto” di Marco Missiroli (Einaudi)

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di Daniela Pellegrino

È giugno e Sandro Pagliarani torna a Rimini, dove lo attende il padre Nando, un uomo testardo, con il torace da nuotatore e un destino interrotto. Inizia così Avere tutto, l’ultimo libro di Marco Missiroli pubblicato da Einaudi. Un romanzo audace, che in poco più di centocinquanta pagine concentra sentimenti dal fisico robusto e le ossa forti ed emozioni fragili, come le paure e i desideri. La storia è quella di una famiglia monca che ha già perso Caterina e in cui padre e figlio lottano insieme per affrontare la partita più grande. Sono pagine di ricordi e di gesti semplici, che disegnano la quotidianità di un tempo con nostalgia e tenerezza, accompagnati inoltre dalla fantasia di una vecchia domanda: “dove vorresti essere con un milione in più e parecchi anni in meno?”.
Il vizio del gioco, la passione indomata per il rischio, la voglia di avere tutto. Le carte tra le mani, i pensieri che corrono in testa, la vita che scappa e non va via da sola. Leggi tutto…

UNA CONVERSAZIONE A PALERMO CON LEONARDO SCIASCIA di Ian Thomson (Rubbettino)

Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia - Ian Thomson - copertina“Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia” di Ian Thomson (Rubbettino)

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Un ritratto del grande scrittore siciliano nell’intervista del reporter inglese Ian Thomson. L’articolo di Giuseppe Giglio nel giorno della nascita di Leonardo Sciascia

di Giuseppe Giglio

È da poco uscito Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia (Rubbettino, 87 p., € 11,00), grazioso libretto di Ian Thomson, un importante giornalista e scrittore inglese (collabora con “The Times Literary Supplement”; e molto ha scritto su: “The Guardian”, “The Indipendent”, “The Spectator”) da sempre attento alle cose italiane. E a certi scrittori, in particolare, come Primo Levi. O come Leonardo Sciascia, da cui Thomson venne accolto in un pomeriggio di dicembre del 1985, nella casa di Palermo. Ne sortì un’intervista, o, più propriamente, una conversazione, tra quel giovane reporter inglese – di appena 24 anni, e con una sorprendente maturità – e Sciascia: che aveva già alle spalle la gran parte dei suoi libri, e che al suo ospite apparve come «un curioso incrocio fra Albert Camus e Humphrey Bogart». E quella conversazione, nel suo stesso articolarsi, si fece ritratto del grande scrittore siciliano: per essere poi pubblicata, nel 1987, sul “London Magazine”. In Italia è invece rimasta inedita fino ad oggi: quando Vito Catalano, nipote di Sciascia, decide di farne il primo numero dei Quaderni di Regalpetra – una collana da lui diretta, una «piccola biblioteca che si propone di presentare libri legati a Leonardo Sciascia», su iniziativa della stessa Fondazione al nonno intitolata -, affidando la traduzione e la cura del testo ad Adele Maria Troisi, anche lei racalmutese, e legata all’autore de Il giorno della civetta e Il contesto da un’antica amicizia di famiglia. Leggi tutto…

SUI PASSI DI LEI di Emma Di Rao (Ianieri) – recensione

“Sui passi di lei” di Emma Di Rao (Ianieri Edizioni)

Il romanzo sarà presentato domani, venerdì 16, alle h. 18:00 a Siracusa. L’incontro si terrà nel Salone Amorelli, sede Inda, corso Matteotti 29. Daniela Sessa e Pucci Piccione converseranno con l’autrice (locandina in fondo alla pagina)

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di Simona Lo Iacono

Ci sono inizi che partono dalla fine. Che hanno bisogno dello strappo. Che necessitano del passaggio, doloroso e misericordioso, nel buio.
Non è solo perché la crescita ha i suoi strani rituali, le sue regole, i suoi necessari snodi. Ma perché la fine ha spesso la forza di rivelare, di gettare coni di luce sul tempo attraversato, di ridare – a quel tempo – una dimensione nuova.
Così accade a Lea Calì.
Era convinta di avere messo tra lei e le sue radici tutta la distanza necessaria, tutto il faticoso ammasso del cuore. Credeva di esserselo lasciato alle spalle, il più insoluto dei misteri. Il suo passato.
Torino era dalla parte opposta della Sicilia, una città tra i monti, in cui il disgelo arrivava solo a primavera inoltrata, quando al sud – nello stesso periodo – la terra era già arsa dalla sete, e il sole lanciava i suoi stigmi, laceri brandelli di fuoco su cui sarebbe divampata la notte.
Lea vi si era rifugiata pensando che niente avrebbe avuto la forza di strapparla a quell’approdo, una roccaforte vergine e innevata a cui lei era giunta per non voltarsi indietro.
E invece ecco che la Sicilia la reclama con la forza di una questione lasciata in sospeso. Con la sua capacità di risucchiare e ricapitolare. E il motivo è dei più feroci.
Sua madre è morta. Leggi tutto…

LE NOTTI DELLA PESTE di Orhan Pamuk (Einaudi) – recensione

Le notti della peste - Orhan Pamuk - copertina“Le notti della peste” di Orhan Pamuk (Einaudi)

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di Erika Di Giorgio

Il nuovo romanzo di Orhan Pamuk “Le notti della peste” (Einaudi) rientra a pieno titolo tra i capolavori della narrativa mondiale che, in un modo o nell’altro, si sono occupati di contagi, epidemie, pandemie: da “La peste” di Camus a “I promessi sposi” di Manzoni, da “Cecità” di Saramago a “L’amore ai tempi del colera” di Márquez.
Magistralmente tradotto da Barbara La Rosa Salim, la nuova opera dello scrittore turco – Premio Nobel per la Letteratura nell’anno 2006 con la seguente motivazione “nel ricercare l’anima malinconica della sua città natale, ha scoperto nuovi simboli per rappresentare scontri e legami fra diverse culture” – giunge a noi in un momento storico perfettamente calzante, dato che la pandemia da Covid-19 esplosa nel 2020 continua a manifestare ancora oggi i suoi effetti.
Eppure lo scrittore turco ha dichiarato che non si tratta di un romanzo ispirato dal Covid. D’altro canto è difficile immaginare che un’opera così sontuosa e cospicua (siamo sulle 720 pagine), che segue il flusso narrativo prorompente e virtuosamente dilagante a cui ci ha abituati Pamuk, sia stato scritto nel giro di pochi mesi. Leggi tutto…

PICCOLO GALATEO ILLUSTRATO PER IL CORRETTO UTILIZZO DEI LIBRI – Officina il Saggiatore

Piccolo galateo per il corretto utilizzo dei libri - Officina Saggiatore - copertina“Piccolo galateo illustrato per il corretto utilizzo dei libri” di Marco Didimo Marino con illustrazioni di Marco Maldonado (Il Saggiatore)

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di Domenico Cacopardo

Lo maneggiamo con rispetto, con dispetto, con esasperazione, con commozione, lo abbandoniamo per poi riprenderlo in mano dopo mesi e anni. Un oggetto indispensabile per la vita di molti donne e uomini del pianeta: si chiama libro.
Ecco, quindi, per il piacere del lettore e del non lettore, del maniaco e del razionale, del feticista e dell’iconoclasta è questo «Piccolo galateo illustrato per il corretto utilizzo dei libri» di Marco Didimo Marino con illustrazioni di Marco Maldonado, editore Officina il Saggiatore, euro 15,00. Perché, con un piccolo galateo, il giovane autore, già in posizione di rilievo ne Il Saggiatore (e di cui sentiremo parlare nei prossimi anni), si presenta al folto pubblico e all’inclita guarnigione dimostrando che sul libro si può ragione, si può delicatamente ironizzare, si può demitizzare, fermo restando che si tratta di un soggetto vivo e vitale (non sempre, a dire il vero) che ha esercitato, esercita e, sperabilmente, eserciterà una impareggiabile influenza sull’essere uman* che gli rivolgerà l’attenzione, gli offrirà amicizia, gli darà ospitalità tra le cose care.
Corrado Augias, prefatore, ci ricorda che i libri «sono oggetti pericolosi ed è impossibile sfuggire alle insidie che disseminano nelle nostre vite …», mentre Marino ci pone subito il primo dei problemi: «Orecchie sì o no?». Al quale risponde che i libri non sono dei parallelepipedi di cellulosa, ma dei veri essere viventi, con un corpo, arti, ossa, organi, cellule, sequenze genomiche. Leggi tutto…

VERITÀ FAI DA TE di Aldo Mantineo (Melino Nerella)

Verità fai da te - Aldo Mantineo - copertina“Verità fai da te” di Aldo Mantineo (Melino Nerella Edizioni)

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L’ETERNA  PARTITA  TRA VERITA’ E MENZOGNA

di Salvo Sequenzia

Nel 1789 a Palermo, nella Reale Stamperia, venne pubblicato il primo volume di un codice in lingua araba, intitolato “Il Consiglio di Sicilia”, tradotto dal monaco maltese Giuseppe Vella. L’opera era, in realtà, una falsificazione documentaria destinata ad avere grande eco in tutta Europa e ad influenzare importanti scelte politiche nel Mediterraneo del tempo. Di quella lontana vicenda Leonardo Sciascia trasse ispirazione per il suo romanzo Il Consiglio d’Egitto, pubblicato nel 1963, e per affermare la tenace convinzione  che la storia oggettiva non esiste e che la storia, come la verità,  è quella scritta e dettata dal potere. L’abate Vella, di fatto, costruì una straordinaria fake news passata alla storia come la «minzogna saracina» mescolando verità e invenzione e raggirando linguisti, filologi e storiografi di mezza Europa. La ‘bufala’ dell’astuto monaco produsse un terremoto politico e portò alla tortura, alla condanna e alla morte alcuni intellettuali liberali del tempo che si erano schierati contro il potere baronale in Sicilia. Leggi tutto…

COL FUMO NEGLI OCCHI di Daniela Ginex (Kalós)

Col fumo negli occhi - Daniela Ginex - copertina“Col fumo negli occhi” di Daniela Ginex (Kalós)

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di Consuelo Consoli

Può un libro conquistare anche se la protagonista è tutt’altro che apprezzabile? La risposta è sì se il romanzo in questione è “Col fumo negli occhi” di Daniela Ginex.
Matilde Regalbuto è un’anziana signora, anzi signorina come lei stesse tiene a precisare, pregiandosi dell’anglosassone single secondo le più moderne tendenze, che vive nel suo fastoso appartamento in compagnia del fratello Michele, ormai completamente eroso dalla malattia che lo ha anche privato delle facoltà mentali, e della domestica Lina. Su quest’ultima, Matilde riversa puntualmente le sue intemperanze intrise da un disprezzo neppure troppo velato. E come potrebbe essere diversamente per la baronessina Regalbuto che vanta la provenienza da una schiatta nobile, si gloria di essere stata una petite prodige, incantatrice di platee deliziate dalla sua voce d’usignolo e che, proprio per il suo irraggiungibile status sociale ha rifiutato di sposarsi disdegnando di unirsi in matrimonio con un uomo che sarebbe stato certamente indegno di starle al fianco? Leggi tutto…

ELOGIO DELL’ABERRAZIONE E ALTRE PICCOLE INFAMIE di Francesco Permunian (Ponte alle Grazie)

Elogio dell'aberrazione. Nuova ediz. - Francesco Permunian - copertina“Elogio dell’aberrazione e altre piccole infamie “di Francesco Permunian (Ponte alle Grazie)

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Le aberrazioni di Permunian tra verità e poesia            

di Salvo Sequenzia

La gualdrappa che Francesco Permunian istoria nel suo Elogio dell’aberrazione e altre piccole infamie (Ponte alle Grazie, 2022, pp. 208) è di tela antica; inanella sconce figure che muovono come una processione purgatoriale verso l’insensato. Intessuta d’oro e olezzante di sterco, assomiglia a certe gualdrappe disegnate da Johann Paul Schor, il pittore dei Farnese che nella Roma barocca intramava le sue «istorie» su arazzi, tappeti e macchine effimere, distillato altissimo di sacro e profano, di  gaudio e solennità austera, di  esuberanza popolare e caos della trasgressione. Elogio dell’aberrazione, «novella fabula milesia», è un raffinato e bizzarro arazzo che racconta la Comédie humaine di  un ‘mondo alla rovescia’ nel quale è avvenuta la «trasmutazione di tutti i valori».
Protagonista delle pagine vorticose e irriverenti  del romanzo è il popolo della piccola borghesia occhiuta  che vive accampata sulle opulente rive del Garda. Tra agi e mediocrità questo brulicante  formicaio coltiva perversioni di ogni sorta. A declamare il catalogo delle amenità con cui si trastulla questa cattolicissima umanità godereccia è Tito Maria Imperiale, protagonista del romanzo, el sior Titin, arbiter libidinum e sovrano lillipuziano  di un regno obscaenus che sembra essere uscito fuori da una tavola di Bosch. Leggi tutto…

FAIRY TALE di Stephen King (Sperling and Kupfer) – recensione

Fairy Tale - Stephen King - copertina“Fairy Tale” di Stephen King (Sperling & Kupfer – traduzione di Luca Briasco)

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di Erika Di Giorgio

Fairy Tale”, il nuovo romanzo di Stephen King, ci riavvicina ancora una volta al taglio classico delle storie del Re che hanno fatto Storia. Soprattutto quelle – e sono diverse – che hanno adolescenti per protagonisti e che attingono alle caratteristiche tipiche della narrazione d’avventura intrisa di venature horror e fantasy.
L’eroe di questa storia è, appunto, un diciassettenne che risponde al nome di Charlie Reade. Classico bravo ragazzo. Uno di quelli che va bene a scuola e che eccelle nelle attività sportive: in particolare nel baseball e nel football. È sua, la voce narrante della storia. Sin da subito, il giovane Charlie, ci offre uno spaccato dolente della sua vita. Sua madre è morta in un incidente automobilistico (travolta da un camion mentre camminava su un ponte… e qui viene alla mente l’incidente che ha devastato anni fa lo stesso Stephen King e al quale è sopravvissuto per miracolo) quando lui aveva appena sette anni. Ma la morte della madre non è la sola tragedia che ha afflitto il piccolo Charlie. All’evento luttuoso si è aggiunto l’atteggiamento del padre, che ha ceduto alla propria fragilità affondando nelle sabbie mobili dell’alcolismo, sebbene in seguito cercherà di sottrarsi dalla schiavitù del bere. Questo, in ogni caso, è il contesto di difficoltà in cui si è trovato a muoversi Charlie e che funge da premessa alla narrazione. Leggi tutto…

RAPSODIA D’AUTUNNO di Alessandra Caneva (Ianieri Edizioni) – recensione

https://i1.wp.com/www.ianieriedizioni.com/wp-content/uploads/2022/07/COPERTINA-Rapsodia-dautunno-SITO.jpg?fit=583%2C959&ssl=1“Rapsodia d’autunno” di Alessandra Caneva (Ianieri Edizioni) – recensione

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di Emma Di Rao

Il romanzo di Alessandra Caneva, “Rapsodia d’autunno” (Ianieri Edizioni), ha un titolo che risuona del magico indefinito di quella stagione che nel proiettarsi verso l’inverno conserva ancora le sfumature dell’estate in una suggestiva mescolanza di suoni, profumi e colori. Una mescolanza simile alla dimensione composita dell’animo umano dove il passato si sovrappone al presente in un connubio inestricabile di volti, luoghi, odori, impressioni. Brandelli di vita e frammenti che permeano di sé la dimensione in cui si vive arricchendola di un significato ulteriore.
Lo si evince già dall’incipit in cui viene descritto “un vecchio armadio dietro la cucina, incassato in un antro oscuro di pochi metri quadrati”, scelto dalla nonna della protagonista, il cui nome è Luigia, non solo come rifugio in caso di terremoto ma anche come scrigno per conservare “foto, scritti, corrispondenza e lettere d’amore…”, destinati ai posteri. Ed insieme ad essi, i diari, preziose testimonianze di esistenze di cui l’io narrante, che è anche l’io personaggio del dispositivo narrativo, tenta di cogliere il significato, seppure si tratti di esili trame da ricostruire con l’ausilio di vecchie foto. Diari le cui interruzioni preannunciano tristemente le interruzioni subite da quelle vite che, pur consumandosi “dietro a passioni, dolori, battaglie, speranze”, non sono mai state prive di una “ragione di senso”. Leggi tutto…

MUSSOLINI HA FATTO TANTO PER LE DONNE di Mirella Serri (Longanesi) – recensione

“Mussolini ha fatto tanto per le donne! – Le radici fasciste del maschilismo italiano” di Mirella Serri (Longanesi) – recensione

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di Nicoletta Bortolotti

Difficile sbrogliare, alla fine di questa scrittura, la matassa emotiva che lascia nel lettore e che trasmette, come già il precedente volume dell’autrice Claretta l’Hitleriana, un senso di orfanitudine. Ci si sente orfani non solo dei personaggi, scolpiti e incisi nella memoria con uno scalpello mirabile, ma anche dei mondi, delle atmosfere, dei luoghi del tempo che Mirella Serri sa magistralmente suscitare e ri-suscitare. E della Storia.
Parrebbe che Serri abbia inventato un genere letterario nuovo, il suo, che è molto più della saggistica e molto più del romanzo.
La finissima analisi psicologica del cocktail letale di dipendenza, passione e crudeltà che Benito Mussolini iniettava nelle sue amanti e che affonda le radici probabilmente nelle sue umili e disagiate origini e nella conseguente rabbiosa brama di riscatto, muta in rigorosa analisi storica quando mostra, passo dopo passo, come quel veleno, dopo un’iniziale e menzognera presa di posizione del futuro duce a favore del voto femminile, solidifica in maschilismo di Stato.
Il fascismo mette in atto un programma politico e legislativo che esclude progressivamente le donne dal mondo del lavoro, dalla scuola e dall’istruzione superiore, dimezza i salari delle braccianti e delle operaie raddoppiando quelli degli uomini, e riduce i più elementari diritti ottenuti in precedenza. Leggi tutto…

VITE MIE di Yari Selvetella (Mondadori) – recensione

Vite mie - Yari Selvetella - copertina“Vite mie” di Yari Selvetella (Mondadori) – recensione

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di Daniela Sessa

La prima sequenza dell’ultima scena di “Vite mie” di Yari Selvetella ha per titolo “La bolla”. Che è più di una metafora. La bolla è lo spazio asfittico e asfissiante in cui si muove Claudio Prizio, il protagonista del romanzo, una sorta di antropomorfizzazione della resilienza. Ha una famiglia allargata dal dolore prima che dal destino, cerca di tenerla unita mentre tutto dentro di lui si sfascia. Sebbene sia terribilmente ozioso citare l’incipit di “Anna Karenina”, per questa storia è quasi d’obbligo o, comunque, arriva ossessivo per quel distinguo tra l’infelicità umana e quella personale. In “Vite mie” sembra che il doppio piano tolstojano possa coincidere quando l’odissea delle vite incontrate da Claudio svela la sua natura spettrale, onirica, speculare. Ecco quel possessivo “mie” che ingloba nella vita di uno (un padre, un marito, un vedovo, un giornalista o scrittore, un uomo) tutte le altre, ugualmente slabbrate, spesso paurose come accade negli incubi. In punta di grammatica, il romanzo di Selvetella – che abbandona la levità di “Le regole degli amanti” perché la materia ironica qui non riesce a maneggiarla (o non vuole?) – si incista dentro il plurale delle vite e può concepirsi solo dentro esse. Dentro la bolla, appunto. Una bolla condominiale perché ogni vita è un episodio con un ballatoio narrativo in cui una incrocia l’altra, anche solo per un saluto. Il condominio non è uno sfizio retorico: Claudio, a un certo punto, comincia a girare case da acquistare ed è in quelle case o nel tragitto per andare a visitarle che le vite gli appaiono insieme a chi ne è parte. Leggi tutto…

LA CARROZZA DELLA SANTA di Cristina Cassar Scalia (Einaudi) – recensione

La carrozza della Santa - Cristina Cassar Scalia - copertina“La carrozza della Santa” di Cristina Cassar Scalia (Einaudi) – recensione

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di Alessandro Russo

“In carrozza, in carrozza…” – ci esorta così la scrittrice a salire a bordo del suo ultimo avvincente romanzo noir dove il passato insegue il presente, lo raggiunge e financo lo sovrasta.
“Cittadini, cittadini, – le risponde tutta Catania in coro- evviva Sant’Agata.
Una volta però terminate le esuberanti celebrazioni della patrona, nella città del liotru ci si dimentica delle candelore e dell’acchianata di Sangiuliano, ché iniziano le indagini. Il morto è uno alto e tutt’altro che magro di settantun anni, il libro è La carrozza della Santadi Cristina Cassar Scalia, Einaudi Stile Libero Ed, €18. In modo tragico si sono appena conclusi i solenni festeggiamenti agatini, Catania è sconvolta dal rinvenimento d’un cadavere sgozzato a Palazzo degli Elefanti. Per essere ancora più precisi all’interno d’una delle due carrozze storiche del Senato in esposizione nell’atrio del Municipio.
La detective incaricata di indagare sull’omicidio è una poliziotta di trentanove anni un pizzico scontrosa e piena di ironia. Viene da Palermo, è una buona forchetta e parla bene il francese. È malinconica e ottimista, inflessibile e ostinata: confida soprattutto sul suo istinto. Leggi tutto…

CINQUECENTO CATENELLE D’ORO di Salvatore Basile (Garzanti) – recensione

Cinquecento catenelle d'oro - Salvatore Basile - copertina“Cinquecento catenelle d’oro” di Salvatore Basile (Garzanti editore)

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di Consuelo Consoli

Cinquecentomila catenelle d’oro
Hanno legato il tuo cuore
Con il mio
L’hanno fatto così stretto il
nodo
Che non lo scioglierà
Né tu, né io
e l’hanno fatto un nodo così
Forte
 che non si scioglierà fino
alla…

Con questa filastrocca, ispirata a una novella del Decamerone di Giovanni Boccaccio, e che ricorre in tutto il romanzo, la baronessa Matilde Carraduro sancisce il legame indissolubile che la unisce alla piccola Maria Pepe.
Come spesso succede nei suoi scritti, Salvatore Basile inizia facendo infrangere alla sua protagonista quel “patto di felicità” al quale l’autore si dichiara fedele, così come viene riportato nella bella intervista del suo primo romanzo “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito.”
Nell’opera appena menzionata è l’abbandono a causare la perdita della gioia – quello di Laura, madre di Michele, e quello subito da Elena da parte di Milù, la gemella che muore disattendendo la promessa di stare per sempre insieme che le due sorelle si erano scambiate fin dalla più tenera età- mentre nel caso di Cinquecento catenelle d’oro, l’abbandono, o forse sarebbe giusto definirlo al plurale, ovvero gli abbandoni, avvengono per una serie di circostanze dettate dalla malafede e dall’avidità del barone Arturo Carraduro, fratello di Matilde. Leggi tutto…

L’INGANNO di Veronica Tomassini (La nave di Teseo) – recensione

L' inganno - Veronica Tomassini - copertina“L’inganno” di Veronica Tomassini (La nave di Teseo) – recensione

In libreria da oggi, 18 ottobre

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UNA SONATA A KREUTZER  DI TERSA E DEVASTANTE OSSESSIONE

di Salvo Sequenzia

Nella Premessa a un colto e interessantissimo libro dedicato alle scritture dell’io, Lo specchio di Dedalo, Andrea Battistini, il grandissimo italianista che fu allievo di Ezio Raimondi a Bologna, definisce la ‘scrittura di sé’ come un’illusoria lotta contro la morte: «Per entrare nella Casa dello Specchio, dove l’attendono prodigiose avventure, Alice immagina che la solida parete di vetro diventi morbida come nebbia, e il diaframma tra i due mondi non abbia più la consistenza compatta, continua del reale ma l’impalpabilità del sogno. Da un desiderio molto simile è preso appunto colui che, guardandosi allo specchio del proprio passato, vorrebbe riattraversare con un’autobiografia la storia della propria esistenza».
L’inganno (La nave di Teseo, 2022), il nuovo romanzo della giornalista e scrittrice Veronica Tomassini, può essere letto (anche) come la storia di un «riattraversamento» della propria esistenza: un riattraversamento in cui scrittura e vita collidono nello specchio del passato frantumando il labile diaframma che separa due dimensioni del consistere, dell’essere nel mondo. Leggi tutto…

L’ARROCCO di Francesca Silvestri (Les Flâneurs Edizioni)

L' arrocco - Francesca Silvestri - copertina“L’arrocco” di Francesca Silvestri (Les Flâneurs Edizioni)

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di Giovanna Albi

Come spesso mi capita, parto dalla copertina.
Una mossa di scacchi, di difesa e attacco contemporaneamente, che dà titolo al bel romanzo / giallo di Francesca Silvestri, e il viso sognante di una donna, Alice, la protagonista, con gli occhi chiusi nell’oscurità mi danno il focus della storia che si concentra proprio sulla figura femminile della giornalista, scampata ad un attentato ad Istanbul. Al di là dell’intrigo internazionale che coincide con la morte, forse in un attentato, dell’ex presidente del Venezuela Hugo Sanchez, intorno a cui si addensano ombre di mistero, penso che il punto nodale del romanzo sia proprio la ricostruzione della protagonista, che ha smarrito la memoria in seguito all’attentato (fatto di cronaca) a dei giornalisti. Attentato in cui ha perso la vita il suo compagno Ahmed. Leggi tutto…

LEONORA CARRINGTON di Elvira Seminara (Perrone)

https://www.giulioperroneditore.com/wp-content/uploads/2022/09/Leonora-Carrington.jpg“Leonora Carrington” di Elvira Seminara (Giulio Perrone Editore, 2022)

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Elvira Seminara e quel diavolo di sabbia di Leonora Carrington

di Daniela Sessa

Ha il sottotitolo “Dea della metamorfosi” il volumetto dedicato a Leonora Carrington scritto da Elvira Seminara per la collana Mosche d’oro di Giulio Perrone diretta da Nadia Terranova, Viola Lo Moro, Giulia Caminito. A questo punto la recensione potrebbe dirsi conclusa. Vi spiego perché.

Creativa a tutto raggio, corpo e mente unificati. Se esiste un’idea di artista sciamana, capace di penetrare l’universo in chiave arcaica, di conversare con gli astri e coi teschi, ridendo e sbeffeggiando, senza dividere realtà e visione, vita e morte, è lei. Evanescente ed esatta, luminescente e oscura”. Qui sta la chiave della riluttanza (per ora tutta mia, ma sfido i lettori a non darmi ragione) a mantenere sul piano di Todorov autore, narratore e personaggio del libro di Elvira Seminara. Riluttanza e pigrizia: come si fa a rincorrere quel refolo demoniaco di Leonora Carrington se, mentre lo stai afferrando, la sua cantatrice si mette in mezzo e per magia diventa lei? Magia qui sta per creatività, per arte, per capacità di immaginazione, per senso evocativo della scrittura, per invasione del sogno nella realtà. Evanescenza ed esattezza, appunto. Se un binomio serve a fare sintesi dello stile di Elvira Seminara, evanescenza ed esattezza è quello giusto. Solo che il virgolettato lo ha scritto appunto lei ma per presentare Leonora Carrington. Leggi tutto…

PATER di Domenico Cacopardo (Ianieri) – recensione

Pater - Domenico Cacopardo - copertina“Pater” di Domenico Cacopardo (Ianieri, 2022)

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di Eliana Camaioni

L’espediente è manzoniano, quello del manoscritto ritrovato; la narrazione è in prima persona, un narratore incarnato ma con l’onniscienza di chi racconta tutto viaggiando avanti e indietro nel tempo, sebbene l’ordine degli eventi sia scandito dal calendario e gli anni si inseguano mescolandosi ai ricordi. “Scrivo negli anni 90” dice il nostro “Ma prima di andare avanti voglio raccontarvi di…”: una narrazione che diventa metanarrazione e svela sé stessa, sdrammatizzandosi e strizzando l’occhio al lettore, rendendolo complice del gioco letterario, fino ad accarezzarne il punto di vista (“Se un lettore casuale mettesse mano a questo manoscritto… se ci fossero delle impreviste lettrici”).
E’ così che Domenico Cacopardo, dopo una lunga e florida carriera da giallista, e un punto di vista sempre dedito alla ricerca della verità, sempre dalla parte della legge tanto nella scrittura quanto nella vita, firma questo gioiellino, Pater, per i tipi di Ianieri, divertendosi a rovesciare il tavolo. Perché Pater  è un noir che è anche un divertissement d’autore, una storia che parte dalla legge e alla legge arriva ma dalla parte opposta, un approdo che nessuno e men che meno il lettore si aspetta perché tutto avviene in modo lento, fluido, progressivo, senza mai strappi o scossoni, dando ogni momento per scontata – quasi come un’ovvietà – l’ineluttabile piega che la brillante carriera del protagonista Cataldo Giammoro, nato a Monturi Marina il 22 settembre 1923, da un padre imprenditore agricolo, finisce per assumere. Leggi tutto…

ARROCCO SICILIANO di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi) – recensione

Arrocco siciliano - Costanza DiQuattro - ebook“Arrocco siciliano” di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi)

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di Emma Di Rao

L’esergo del nuovo romanzo di Costanza Di Quattro, “Arrocco siciliano”, edito da Baldini+Castoldi, è affidato a Jorge Luis Borges, chiamato in causa per fissare i tratti essenziali del gioco, e a Fedor Dostoevskij, che ci mette in guardia sulla presunta casualità di esso; infine, a sorpresa, a Gigi Proietti, chiamato a rammentarci le dolci amarezze del sentimento d’amore. Bastano già queste citazioni in apertura per comprendere che la penna raffinata e schietta della scrittrice racconterà le sfide raccolte dall’uomo per imporsi sul destino che sta in agguato o sul caso che scompiglia le carte o, più semplicemente, su quel labirinto intricato che è il nostro animo.
Il contesto del dispositivo narrativo è, ancora una volta, la terra natale dell’autrice, l’amatissima Sicilia, con i suoi assolati paesaggi immersi nella fissità di un tempo che sembra immobile e con i suoi incantevoli e misteriosi notturni, ma soprattutto con le sue inquietudini e con le sue contraddizioni. Pur radicate in un preciso spazio geografico e temporale, esse rimandano a una più ampia dimensione di carattere universale che vede l’uomo in lotta contro il fato o contro sé stesso, perennemente diviso fra slanci e ripiegamenti, vittorie e rinunce, in un groviglio di contrasti inestricabili. Leggi tutto…

LA FUGA DI ANNA di Mattia Corrente (Sellerio) – recensione

La fuga di Anna - Mattia Corrente - copertina“La fuga di Anna” di Mattia Corrente (Sellerio, 2022)

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di Consuelo Consoli

Ci sono libri che ti chiedi perché non sia stato tu a scriverli, altri che ti rallegri di avere avuto l’opportunità di leggere, e poi ci sono quelli che contemplano entrambi gli aspetti. Il libro di Mattia Corrente appartiene proprio a quest’ultima categoria.
La fuga di Anna” è un viaggio, quello di Ulisse verso Itaca, verso quel nostos costituito dal desiderio lancinante di tornare a casa e ritrovare finalmente le proprie cose ma, soprattutto, se stesso.  È questo il percorso intrapreso da Severino che un mattino si sveglia e scopre la casa disertata dalla presenza più importante della sua vita: la moglie Anna.
A distanza di un anno dalla scomparsa della donna, Severino decide di mettersi sulle sue tracce nella speranza di ritrovarla e riannodare i fili della loro quiete domestica da anziani, e forse, con l’intento segreto di capire chi sia stata colei che gli è stata compagna per quasi tutta l’esistenza e della quale è stato innamorato profondamente. Leggi tutto…

IL MISTERO DI ANNA di Simona Lo Iacono (Neri Pozza) – recensione

“Il mistero di Anna” di Simona Lo Iacono (Neri Pozza, 2022)

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di Daniela Sessa

Non sembra stravagante il sospetto che la piccola Anna Cannavò sia la diretta erede dell’occhialuta Eugenia del racconto “Un paio di occhiali” di Anna Maria Ortese. Lo stesso teatro distorto di infanzie grette e misere da cui evadere. Fosse solo per il miracolo rovesciato di un paio di occhiali. Fosse solo per un’occasione di poesia. Dalla suggestione di Eugenia alla purezza d’incanto di Anna Cannavò c’è quasi un secolo di scrittura (il Novecento), un mare da attraversare (dal continente fino a Siracusa), una diversa acutezza del sentire. Eugenia getterà via quelle lenti buone solo a mostrarle la nausea della realtà perché è figlia di una scrittrice che dell’antitesi reale e irreale ha fatto luogo letterario e sentimentale. Perché è figlia di quella Anna Maria Ortese per la quale vale la faccia indossata dentro un barattolo accanto alla porta di Eleanor Rigby di Paul McCartney “Wearing the face that she keeps in a jar by the door”. Anna Cannavò, invece, nel barattolo, che è poi una valigia, ci mette “le braccia di Anna con lo scialle bucato, i quadri della galleria di Brera, la mia maestra e gli amanti, le punte del Duomo, lo smog, la vita e i suoi battiti, uno, due, tre, mille. E ancora la periferia, muri spaccati, scritte che parlano di rivoluzione e solitudine” e se ne torna al suo mondo con il biglietto vincente del riscatto. Lo scialle bucato di Anna Maria Ortese fa il pari con le cose che non si vedono della piccola Cannavò, quelle da cui nasce la poesia, l’unico luogo in cui l’irreale si fa reale. Leggi tutto…

DEL SANTO UFFIZIO IN SICILIA E DELLE SUE CARCERI di Giovanna Fiume (Viella)

Image from LETTERATITUDINE (di Massimo Maugeri)“Del Santo Uffizio in Sicilia e delle sue carceri” di Giovanna Fiume (Viella)

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di Erminia Gallo

È un luogo comune affermare, a proposito di un saggio, che è appassionante come un romanzo, quindi provo a raccogliere gli elementi per dimostrare che nel caso di questo libro è proprio così. È infatti il filo rosso della narrazione ciò che tiene insieme i tanti tasselli che ne formano l’ossatura, tasselli che toccano le discipline più diverse, dal diritto alla medicina, alla religione, all’antropologia ma che contengono sempre una storia, una vicenda concreta, un personaggio che in prima persona parla a noi con la sua voce. In questo modo il libro, frutto di documentazioni rigorose, non si rivolge soltanto a un pubblico specializzato di addetti ai lavori, ma cattura l’interesse del lettore comune e curioso che si trova coinvolto nello svolgimento di vicende in cui micro e macrostoria si intrecciano e la narrazione procede per gradi fornendo ma mano gli indizi che formeranno alla fine un mosaico compiuto o meglio una grande matrioska. Leggi tutto…

SERVIRSI di Lillian Fishman (Edizioni E/O): recensione

“Servirsi” di Lillian Fishman (Edizioni E/O – traduzione di Silvia Montis)

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di Domenico Cacopardo

Ho deciso di procurarmi Servirsi dopo avere letto su Tuttolibri un’ampia recensione ha suscitato interesse e curiosità: un tema – la scelta queer (essere sessualmente, etnicamente o socialmente eccentrico rispetto alle definizioni di normalità codificate dalla cultura egemone) – di cui ignoravo i termini e la natura, inconsapevole delle modalità di esprimerla in un romanzo.
Considerato da alcuni critici anglosassoni la Bibbia del movimento -appunto- queer, il lavoro d’esordio di Lillian Fishman non ha alcuna tesi da dimostrare. Seguendo le vie narrative che l’autrice va scoprendo pagina dopo pagina, si occupa dell’esistenza della protagonista, Eve, e del suo giro di amicizie e di frequentazioni. Leggi tutto…

IL BAMBINO di Massimo Cecchini (Neri Pozza)

Il Bambino - Massimo Cecchini - copertina“Il bambino” di Massimo Cecchini (Neri Pozza)

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di Giovanna Albi

“Oggi chi potrebbe parlare di minorati, di idioti, di deficienti in un mondo interamente deforme?” La citazione da Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore, posta ad esergo del bel romanzo di Massimo Cecchini, Il bambino, Neri Pozza 2022, apre uno squarcio sul mondo che andremo a lambire durante la densa e vorace lettura dell’opera.
Si può parlare di deformi, di minorati in questa realtà in cui assistiamo ad una deriva dei valori, in cui i figli uccidono i padri e viceversa, in cui gli uomini fanno fuori le donne e viceversa? E come far fronte alla nascita di un bambino malato, anzi malatissimo, affetto da idrocefalìa, come Angelo Bonaventura?
Se molti, in questo mondo squinternato, rinnegano quella tipologia di figlio, consegnandolo alle strutture apposite, la giovane coppia di genitori dimostra una dedizione commovente e si unisce nella tutela del bambino. Sì, perché il dolore è una medaglia rovesciabile: allontana, divide, corrode, uccide, ma altrettanto unisce, rafforza, cementa i rapporti umani. Leggi tutto…

MUNUZZAGGHI E RATTEDDI di Maria Lucia Riccioli

Munuzzagghi e ratteddi. Poesie sparse in vernacolo siciliano. Con testo a fronte. Ediz. bilingue - Maria Lucia Riccioli - copertina“Munuzzagghi e ratteddi. Poesie sparse in vernacolo siciliano” di Maria Lucia Riccioli (Algra)

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Se nasci ’nta la menti e dintra o’ cori / ’a puisia diventa biddizza eterna: / né tempu né morti chiù la guverna.

di Simona Lo Iacono

Cosa sia la poesia è difficile dirlo, perché essa non affonda la sua bellezza solo nelle parole ma nel mistero. E’ un modo di posare lo sguardo sulla vita, di trasfigurarla, di renderla cruda, vera, eterna.
Dunque, la poesia è una strada di accesso al segreto animo delle cose, alla loro capacità (tutta al rovescio) di dire ciò che non viene detto, e di rendere visibile ciò che è in ombra.
Non si tratta di comunicazione, ma di rivelazione.
E’ poeta colui che con le parole sa scavarsi questo andito, questo ingresso doloroso e parco, temibile più della realtà.
Così è per la poesia di Maria Lucia Riccioli che, con la sua ultima silloge in vernacolo – edita da Algra editore – “Munuzzagghi e ratteddi” (ossia cose mescolate, ripescate, scartate), riesce a consegnare al lettore un canto colmo di assonanze, di accessi dimenticati al trascendente, di commoventi colloqui con l’invisibile. Leggi tutto…

IL CASO ALASKA SANDERS di Joël Dicker (La nave di Teseo)

“Il caso Alaska Sanders” di Joël Dicker (La nave di Teseo – traduzione di Milena Zemira Ciccimarra)

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di Domenico Cacopardo

Il sospetto aveva animato la mia mano, quando ho iniziato a leggere «Il caso di Alaska Sanders». Infatti, il penultimo libro di Dicker, L’enigma della camera 622 (2020), non mi era piaciuto. Mi era sembrato che mancasse di ciò che costituisce la specialità dello scrittore svizzero: una permanente tensione narrativa che rende la sua opera monopolista delle ore libere del lettore. Un coinvolgimento totale, che supera le complessità delle trame, non sempre intellegibili.
Con «Il caso Alaska Sanders», torna pienamente in ballo il Dicker de «La verità sul caso Harry Quebert» o de «Il libro dei Baltimore», con la novità di una sua totale presenza – con se stesso e con le sue opere precedenti in specie queste due citate – nel tessuto narrativo. Una vera e propria ibridazione tra invenzione narrativa e realtà narrata. Leggi tutto…

NESSUN DORMA di Eliana Camaioni (Algra)

Nessun dorma - Eliana Camaioni - copertina“Nessun dorma” di Eliana Camaioni (Algra)

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di Domenico Cacopardo

Studiosa delle civiltà antiche e dei loro misteri, Eliana Camaioni, messinese, dopo varie esperienze letterarie, tra le quali va ricordata la sceneggiatura teatrale Caffè macchiato, si presenta al pubblico con un romanzo ampio e complesso, leggibile e rileggibile.
Protagonista Messina – ahimè abbandonata addirittura nel 1947, ma tuttavia amata e sino a un certo punto assiduamente frequentata – la mia città, nel cui passato è insediato il mistero intorno al quale si spendono i protagonisti Alianna e Marco. Essi, con un sapido gioco narrativo, si alternano nel racconto, in presa diretta, della vicenda. Un modo per porgere al lettore non tanto due visioni di quanto sta loro accadendo quanto per mettere in evidenza le loro personalità, sistematicamente confliggenti, ma segnate da un fil rouge che risale alla prima gioventù e che, peraltro, non si è mai veramente rotto.
La vicenda inizia in modo curioso: Alianna, dirigente nel Museo regionale di Messina, viene chiamata da un notaio veneziano che la informa di una inattesa, ricchissima eredità di cui è fortunata destinataria e la convoca immediatamente nella città lagunare per partecipare all’apertura del documento. Leggi tutto…

STORIA DEL FIGLIO di Marie-Hélène Lafon (Fazi editore)

“Storia del figlio” di Marie-Hélène Lafon (Fazi editore, 2022 – Traduzione di Antonella Conti)

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di Daniela Pellegrino

Frammenti di una narrazione che attraversano un arco temporale lungo cento anni. Si legge in un soffio il romanzo della scrittrice francese Marie-Hélène Lafon dal titolo Storia del figlio, pubblicato da Fazi editore per la collana Le strade e tradotto da Antonella Conti. Il libro, vincitore del premio Renaudot, racconta le vicende di André, di sua mamma Hélène, ovvero la zia che l’ha cresciuto, di sua madre Gabrielle, colei che l’ha messo al mondo e con la quale trascorre appena quattro settimane all’anno per i primi diciassette anni della sua vita e di un padre sconosciuto. Ogni capitolo del romanzo è il racconto di un nuovo giorno, un nuovo mese e un nuovo anno, in un singhiozzo di epoche che offrono al lettore dettagli e situazioni per ricostruire la storia del protagonista, saltando da un periodo all’altro. Il 25 aprile del 1908 è la data che apre il romanzo, che inizia con un drammatico incidente domestico, destinato a ritornare anche nei capitoli successivi così come fanno i ricordi brutti, le persone che non ci sono più, le tragedie che ti segnano per sempre. Da lì è un susseguirsi di personaggi presenti e assenti nella vita del protagonista, che scava tra segreti, bugie, relazioni per ricostruire la sua storia e il lettore con lui. Leggi tutto…

IL CASO ALASKA SANDERS di Joël Dicker (La nave di Teseo)

“Il caso Alaska Sanders” di Joël Dicker (La nave di Teseo – traduzione di Milena Zemira Ciccimarra)

Da settimane in vetta alle classifiche dei libri più venduti

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di Erika Di Giorgio

Non c’è nulla da fare. Inseguire in classifica Joël Dicker è una specie di missione impossibile. Stabilmente in vetta, al primo posto (e non solo in Italia), da diverse settimane, lo scrittore ginevrino conferma la sua talentuosa leadership narrativa anche con questo nuovo libro, “Il caso Alaska Sanders” (pubblicato in Italia da La nave di Teseo con la traduzione efficace di Milena Zemira Ciccimarra). Un successo destinato probabilmente a rimanere negli annali della storia recente della nostra editoria al pari di “La verità sul caso Harry Quebert” (a cui “Il caso Alaska Sanders” è collegato, essendone il prequel).
Eppure Joël Dicker, almeno nelle sue dichiarazioni, rimane con i piedi per terra in atteggiamento di umile ringraziamento nei confronti dei suoi lettori (che lo seguono con la stessa passione che in genere si riserva alle rock star). “È difficile mantenere il successo… è tutt’altro che una cosa scontata… magari l’anno prossimo non mi vorrete più e direte: no, Joël, non venire; rimani a casa”. Leggi tutto…

TEMPESTA IN GIUGNO di Irène Némirovsky (Adelphi)

“Tempesta in giugno” di Irène Némirovsky (Adelphi)

[Traduzione di Laura Frausin Guarino, Teresa Lussone. A cura di Teresa Lussone, Olivier Philipponnat]

Il sogno della disfatta torna in libreria. Pubblicata la versione inedita di Suite francese, il capolavoro della scrittrice ebrea morta ad Auschwitz

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di Francesca Coppola   

«La Primavera, con le sue notti luminose, si faceva beffe della prudenza umana. Mentre la Senna pareva concentrare su di sé ogni sparso chiarore, catturarlo e farlo danzare nei suoi flutti. Dall’alto doveva sembrare un fiume di latte». Ma nel solco della stagione del risveglio a farsi strada è anche la guerra. Si insinua rapidamente, a ogni passo, disposta a profanare persino gli equilibri più saldi nel mezzo di una Tempesta in giugno (Adelphi, 2022) che non concede scampo. La nuova edizione di Suite francese, capolavoro di Irène Némirovsky pubblicato nel 2005, è di recente tornata in libreria in una veste filologicamente elaborata, arricchita da quattro capitoli inediti, riproponendo una Parigi oramai perduta nelle pieghe della storia.
Il caotico giugno del 1940 è difatti un esodo di anime – borghesi, intellettuali, cortigiane, madri eroiche – alla disperata ricerca del proprio destino e, in ultima istanza, della salvezza. Non poche sono le differenze tra le vicende di questi personaggi e i protagonisti della prima stesura manoscritta della Suite, quella che le figlie dell’autrice di Kiev trascinarono amorosamente con sé, nello spazio angusto di una valigia, durante la fuga dall’invasione nazista. In questa nuova Tempesta – magistralmente riscoperta da Teresa Lussone (ricercatrice in letteratura francese presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”) presso l’IMEC (Institut Mémoires de l’édition contemporaine), curata insieme a Olivier Philipponnat e Laura Frausin – l’affresco brutale, ma al contempo ironico e dolce della «disfatta» restituisce al lettore l’ultimo dono di Némirovsky e il sogno, coltivato instancabilmente, di un romanzo corale, che doveva comporsi di cinque parti ma che rimase, come è noto, incompiuto. Rileggere queste pagine, la cui genesi è travagliata tanto quanto la vita di chi le scrisse – strappata alla famiglia perché ebrea l’autrice morì di tifo, ad Auschwitz – è un’esperienza a metà strada tra l’epifania e il déja vu. Ma è anche, come osservato da Lussone nella postfazione al testo, un modo per attraversarlo, coglierne gli spazi interstiziali, capire «come e perché Tempesta in giugno è stato riscritto». Leggi tutto…

DIAVOLI DI SABBIA di Elvira Seminara (Einaudi) – recensione

“Diavoli di sabbia” di Elvira Seminara (Einaudi)

[Ascolta la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “Diavoli di sabbia”: Elvira Seminara in conversazione con Massimo Maugeri]

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di Eliana Camaioni

Leggere Elvira Seminara è come entrare in una foresta tropicale, un ecosistema perfetto e misterioso che puoi solo attraversare, ringraziando quella natura selvaggia che affascina e sgomenta, mentre ti accoglie materna nel suo grembo.
E quando ne vieni fuori ti accorgi di quanto irripetibile e incantata sia stata quell’esperienza, e ti domandi se non si sia trattato di un miraggio o di un incantesimo, magari un ennesimo scherzo di uno dei demoni che muovono le storie raccontate nei quattordici capitoli: quattordici capitoli, più un demone in copertina, che fa quindici, Il Diavolo dei Tarocchi. Anche i conti tornano, diabolicamente.
Una presenza demoniaca che fa capolino in modo subliminale per tutta la durata della narrazione, ma il lettore non ci fa caso, intento com’è a sbirciare da dietro le tende la vita dei protagonisti: Devil sarà il nome di un albergo, mentre demoni di vento e sabbia sferzeranno una notte di tempesta, e diabolici saranno i protagonisti, due in particolare, che regaleranno al lettore il più inaspettato dei colpi di scena. Il nome del demonio che si ripete come un’evocazione ed estende la sua mano divertita e mefistofelica su tutta la storia, mescolando le carte del reale, creando verità di secondo grado, entrando come una tempesta (annunciata dagli spifferi freddi in un pub) nell’anima delle persone, mentre la vita vera li sfiora, come la sabbia a Porto Palo. Leggi tutto…

MOSTRUOSA MATERNITÀ di Romana Petri (Giulio Perrone Editore)

Mostruosa maternità - Romana Petri - copertina“Mostruosa maternità” di Romana Petri (Giulio Perrone Editore, 2022)

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di Daniela Pellegrino

È tornata in libreria la scrittrice Romana Petri con una raccolta di racconti pubblicata da Giulio Perrone Editore dal titolo Mostruosa maternità. Un viaggio percorso in dodici racconti che scavano nella fragilità femminile o, meglio, in una maternità che forse non siamo abituati a concepire. Romana Petri, penna fine e schietta, indaga in quasi duecento pagine la faccia più brutale e difficile da comprendere del sentimento che lega una madre ai propri figli. Può essere materna una donna che uccide la creatura che lei stessa ha messo al mondo? Una domanda difficile, che alla fine dei racconti sembra trovare la sua risposta: sì, può esserlo. Una considerazione ovviamente soggettiva, perché questo libro non mancherà di impressionare, di sconvolgere e di far rabbrividire.
Dalla cronaca al Medioevo, dalla frustrazione alla violenza, Mostruosa maternità è una scatola chiusa in cui si sbatte da una parte all’altra alla ricerca di una ragione, di un perché rispetto a simili gesti. Un baule di verità, di episodi, di storie in cui emergono tutta la fragilità umana e la caducità dell’equilibrio che ciascuno di noi cerca di mantenere nella vita, nei rapporti, nell’amore che nutriamo. Leggi tutto…

GIOIA MIA di Tea Ranno (Mondadori) – recensione

Gioia mia - Tea Ranno - copertina“Gioia mia” di Tea Ranno (Mondadori)

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In libreria da domani, martedì 7 giugno, “Gioia mia” (Mondadori): il nuovo romanzo di Tea Ranno

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di Emma Di Rao

Pietre perse, così alla fine l’avevano chiamata, quella terra in pizzo alla collina”.
Nel nuovo romanzo di Tea Ranno, “Gioia mia”, edito da Mondadori, ad avviare la narrazione è, ancora una volta, una prospettiva dall’alto, segno di quella verticalità che si traduce in una visione intessuta di cielo e di mare o, più semplicemente, immagine che la scrittrice attinge dai luoghi  amati del suo vissuto.
Devastata dalla furia della pioggia, del vento e del fuoco, quella terra si era meritata la definizione di pietre perse a causa della sua spettrale e desolata aridità che il lettore può cogliere anche nel ricorrere di suoni sibilanti contenuti nei termini che la descrivono. Ad attenuare una raffigurazione così cupa interviene l’atmosfera, improntata al più tenero affetto, che si instaura fra don Nino Sapienza e la nipote, Luisa Russo, cui egli si rivolge con il lusinghiero e soave “gioia mia”, espressione da cui già nelle prime pagine del romanzo si evince la ricca umanità della protagonista. Leggi tutto…

CITTÀ IN FIAMME di Don Winslow (HarperCollins Italia) – recensione

Città in fiamme“Città in fiamme” di Don Winslow (HarperCollins Italia – traduzione di Alfredo Colitto)

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di Filippo Triolo

C’è una città in fiamme devastata da una guerra, c’è la fuga, la salvezza ad ogni costo, c’è una scia di sangue che fa paura, ci sono gli (anti)eroi, gli sconfitti come in ogni guerra che si rispetti. C’è un figlio in viaggio con un bambino ed un padre anziano al seguito; è l’Enea contemporaneo Danny Ryan, protagonista indiscusso di questo romanzo e (speriamo) dell’intera trilogia. Ma prima di tutto c’è lei, Pam, una donna che sembra “una visione che emerge dai sogni del mare” una donna che “porterà guai. Le donne così belle di solito li portano”. Ecco che la causa degli scontri è donna, come la tradizione epica ci ha insegnato, ecco che Pam, la fidanzata di Paulie Moretti, è la nuova Elena di Troia. Il quartiere di Providence è la nuova città di Troia.
Ed è una Troia che brucia dal caldo e dal dolore di una guerra che si poteva evitare, una città che puzza del nauseante odore del sangue versato, puzza di polvere da sparo, di corpi dilaniati, di esplosivo, puzza di eroina e affari. Puzza di Mafia. Leggi tutto…

IL PRESAGIO DEL PIPISTRELLO ROSSO di Lucia Russo, Maria Pina Crifò Antonello (Algra)

Il presagio del pipistrello rosso - Maria Pina Crifò Antonello,Lucia Russo - copertina“Il presagio del pipistrello rosso” di Lucia Russo, Maria Pina Crifò Antonello (Algra)

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di Consuelo Consoli

Il pensiero è il massimo piacere concesso all’uomo – scriveva Bertolt Brecht e questo libro, frutto della fantasia fervida di due scrittrici, Lucia Russo e Maria Pina Grifò Antonello, sembra essere stato scritto per rammentarlo. La protagonista di questa storia di fantascienza sociologica, infatti, Azueyla, proveniente dalla lontana ed esotica Bat City, arriva a Forgotten City incaricata di compiere una doppia missione: fare una ricognizione e accertarsi che a F.C. esistano ancora forme di vita, e riprodursi. Proprio quest’ultima cosa, il fatto cioè che le sia stato concesso di trasmettere il proprio corredo cromosomico a un altro essere vivente, riempie di orgoglio la giovane ispettrice visto che è riservato a pochi eletti, accuratamente selezionati.
C’è qualcosa con cui però Azueyla, addestrata alla più rigorosa obbedienza, non ha fatto i conti né ha previsto: un guasto alla sua strumentazione tecnologica e l’impatto emozionale e sensoriale che F. C. e le persone che conoscerà avranno su di lei. Leggi tutto…

MORDI E FUGGI. IL ROMANZO DELLE BR di Alessandro Bertante (Baldini + Castoldi)

Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR - Alessandro Bertante - copertina“Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR” di Alessandro Bertante (Baldini + Castoldi)

“Mordi e fuggi” è nella dozzina dei libri finalisti all’edizione 2022 del Premio Strega

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di Alessandra Angelucci

Alberto Boscolo è la voce narrante di “Mordi e fuggi – il romanzo delle BR” dello scrittore Alessandro Bertante, candidato al Premio Strega 2022. Una voce potente, quella del giovane protagonista Alberto: schietta, fresca e impudente, come sa essere solo quella di un ragazzo di vent’anni che, dall’essere “con tutti e tutto”, decide di passare dall’altra parte del fiume ed essere “contro”. E se decidi di essere “contro” negli anni Settanta, il rischio della perdita non è contemplato sin dall’inizio, perché vuoi solo combattere una società asfittica, perbenista e borghese. Vuoi essere rivoluzionario. La perdita, appunto, non esiste, perché non è fra le possibilità pensabili. La svolta militare invece sì, perché la «rivolta deve essere imprudente e maledetta», non certo timorosa.
Ma cosa significa essere rivoluzionari? Un interrogativo che potrebbe appartenere anche a un adolescente dei nostri tempi, smanioso di essere riconosciuto fra molti in una società sorda e deludente, incapace di costruire ponti per i sogni. Leggi tutto…

LEONARDO SCRITTORE di Barbara Fanini (Franco Cesati Editore)

Leonardo scrittore - Barbara Fanini - copertina“Leonardo scrittore” di Barbara Fanini (Franco Cesati Editore)

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di Simone Gambacorta

Di solito compendi quali Leonardo scrittore di Barbara Fanini (non sfugga la collocazione del volume all’interno della collana “Pillole – Letteratura” dell’editore Cesati) sono ammantati da un certo quale grigiore compilativo e da una non meno rattristante raucedine nozionistica. Sono cioè come avvolti da una coltre di composta e spenta diligenza che ne fa dei magazzini di date, luoghi, titoli e nomi disposti secondo il concatenarsi di quadri molto didascalici quando non poveramente e nudamente scolastici, talvolta persino non troppo dissimili, quanto a strutturazione, da certe svelte ed ebeti guide turistiche.

Da queste meste e pure vizze galassie purtroppo dominate dall’exemplum ad imitandum del “libretto di istruzioni”, il breve e brillante volume di Barbara Fanini, linguista e collaboratrice dell’Accademia della Crusca, esula totalmente e si colloca felicemente negli opposti distretti dei libri di sicura qualità: e in nulla è gravato dal pallore avvilito e pugnace di quelle impresucce secchionesche appassite in un’assennatezza encomiabile e puntuta e però poverissime d’intelligenza. Leggi tutto…

L’ALBA CHE VERRÀ di Lorenzo Marotta (Algra) – recensione

L' alba che verrà - Lorenzo Marotta - copertina“L’alba che verrà” di Lorenzo Marotta (Algra)

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di Giovanni Vecchio

L’alba che verrà” (Algra Ed., 2022) è l’ultimo romanzo dello scrittore e critico letterario Lorenzo Marotta che ancora una volta ci sorprende per la straordinaria capacità di entrare in pieno nella dimensione del vissuto personale e della condizione generale dell’umanità. Infatti la vita del giornalista e scrittore, che fa da voce narrante, serve da tramite per trattare dei cambiamenti repentini delle società occidentali che richiedono interventi mirati e non rinviabili per garantire la vivibilità del pianeta continuamente insidiata dall’aggressione all’ambiente, dallo spietato sfruttamento delle risorse naturali e dal surriscaldamento climatico che, nonostante le tante denunce e manifestazioni, non si è ancora riusciti a fronteggiare in modo condiviso e determinato. Preoccupanti sono anche le sperimentazioni sul genoma umano, ormai esplorabile e classificabile, che, portate alle forme estreme, potrebbero determinare stravolgimenti della natura dell’uomo. Leggi tutto…

NEL FUROR DELLE TEMPESTE di Luigi La Rosa (Piemme) – recensione

Nel furor delle tempeste. Breve vita di Vincenzo Bellini - Luigi La Rosa - copertina“Nel furor delle tempeste. Breve vita di Vincenzo Bellini” di Luigi La Rosa (Piemme)

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di Lorenzo Marotta

Una partitura di parole e musica, di incontri e amori sconvolgenti, di amicizia e striscianti ostilità, di gloria e bruciante solitudine, di affanni interiori e silenzi, in parallelo allo scolorire della salute in un corpo squassato dalla tosse, dalle febbri, dal tormento interiore. E’ tutto questo ed altro il romanzo di Luigi La Rosa, «Nel furor delle tempeste Breve vita di Vincenzo Bellini», edito da Piemme, 2022. Dopo la pittura, con «L’uomo senza inverno. Storia di un genio dimenticato dell’Impressionismo» dedicato alla figura di Gustave Caillebotte, ora è la musica, con l’animo del suo migliore compositore, Vincenzo Bellini, a fare da motivo ispiratore nel nuovo libro del raffinato scrittore siciliano. Una felice opera giocata tra immaginazione e ricerca bibliografica sul musicista, che ha il pregio di ricreare attraverso una scrittura elegante ed armoniosa, i luoghi, le atmosfere, i personaggi che accompagnarono la vita e l’opera creativa di Bellini. Da Catania che gli diede i natali il 3 novembre 1801, a Napoli dove arrivò diciottenne per seguire gli studi presso il Real Collegio di Musica che la benevolenza del duca di San Martino e il Decurionato catanese avevano voluto, alla città scaligera, Milano, dove il genio musicale del compositore siciliano si dispiegava con i successi e qualche crudo disappunto nelle rappresentazioni delle sue opere alla Scala. Leggi tutto…

ATTI DI UN MANCATO ADDIO di Giorgio Ghiotti (Hacca edizioni) – recensione

Atti di un mancato addio - Giorgio Ghiotti - copertina“Atti di un mancato addio” di Giorgio Ghiotti (Hacca edizioni)

Romanzo proposto da Sandra Petrignani al Premio Strega 2022

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di Filippo Triolo

La morte è un punto fermo, mentre la scomparsa è la mancanza di un punto, di qualsiasi segno di interpunzione alla fine delle parole. Chi scompare ridisegna il tempo, e un circolo di ossessioni avvolge chi sopravvive. Racconta così la scomparsa, Nadia Terranova in quel capolavoro che è “Addio Fantasmi”, romanzo dedicato ai sopravvissuti. Giorgio Ghiotti parte proprio da qui, dalla scomparsa, dall’assenza, dalla difficoltà del commiato, e dedica il suo struggente romanzo ai dispersi, sulla terra ovunque. Scrive i morti ci danno pace, prima o poi. Ci si dà pace. Gli scomparsi invece continuano a lavorarci dentro testardi, imbastarditi, imponendosi alla memoria, rivendicando un’attesa.
Eppure Ghiotti va oltre, parte dalla scomparsa di Giulio, ragazzo dalla grazia di certe bestie tristi, che un giorno cammina sulla Tiburtina senza fare ritorno, per raccontare il commiato da un’età, quella gioventù ormai al tramonto. Cosa rimane adesso di quei giorni raminghi se non qualche ricordo che sfuma? Leggi tutto…

FAME BLU di Viola Di Grado (La nave di Teseo) – recensione

“Fame blu” di Viola Di Grado (La nave di Teseo)

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Il nuovo romanzo di Viola Di Grado. Metafora del corpo, del linguaggio, dell’amore.

di Daniela Sessa

Era appena uscito Attraversando il Bardo e Franco Battiato nell’afa estiva della vecchia Tonnara di Marzamemi parlava al pubblico del nostro né nascere né morire, della molteplicità che fa immensa la dimensione dell’esistenza, della reincarnazione come una freccia di corpi puntata verso il cielo. A Shanghai nel distretto di Hongkou negli anni Trenta fu costruito un mattatoio, dove oggi si possono visitare negozi alla moda e centri culturali. In questo “tortuoso labirinto modernista. Fuori una grazia modernista, dentro una psicosi di astrazioni e di cemento” due ragazze tracciano il confine tra l’eros e la morte. Sul pavimento c’è il corpo vivo di una di loro, una ragazza romana volata in Cina a insegnare italiano mentre l’altra, Xu, la morde: un’ostia, un agnello offerto al confine non troppo netto tra qui e l’altrove. Sarà un attrito della memoria o un’eco di visioni ma la tonnara e il mattatoio, luoghi dove si scannavano innocenti e ora offerte di svago per i vivi, le due ragazze scannano in due l’io come Battiato lo raccontava lì quell’estate: “questo aggregato di processi psichici pauroso, disperato, aggressivo opportunistico manipolante e troppo di rado gioioso”. Due ragazze (che sono una o forse tre o quattro: ci sono anche Kelly e, da qualche parte, Ruben) pronte a dilaniarsi, amarsi, violarsi, rifiutarsi, cercarsi, afferrarsi, affamarsi e divorarsi. Per le strade e i vicoli, dentro le case e i bar, all’ombra dei grattacieli di una Shanghai blu. Nel mattatoio di Shanghai si consuma la rasposa metafora che è il nuovo romanzo di Viola Di Grado “Fame blu”. Metafora del corpo, del linguaggio, dell’amore. Leggi tutto…

OLIVA DENARO di Viola Ardone (Einaudi) – recensione

“Oliva Denaro” di Viola Ardone (Einaudi Stile Libero)

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di Lorenzo Marotta

«La femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia, così dice mia madre». Su questa, che è ad un tempo sentenza e condanna riguardo alla “verginità” da custodire e mantenere, ruota il bellissimo romanzo di Viola Ardone, Einaudi Stile libero 2021. Protagonista una ragazza di quasi sedici anni di nome Oliva Denaro e con lei tutte le altre coetanee, imprigionate dalle regole che vigono in paese e dalle ossessive raccomandazioni delle madri per mantenersi “pulite“ e difendersi dalle maldicenze della gente, loro che erano nate femmine, diverse dai fratelli maschi. Come per Oliva. «Mia madre, tra noi due, preferisce Cosimino perché lui è chiaro di pelle e di capelli, come mio padre, e invece io sono nera, come il corvo. Non è una brocca, lui. Non si rompe. E se si rompe si rimette insieme». Siamo negli anni Sessanta, vige il codice Rocco e il delitto d’onore e per non rimanere ‘svergognate’ le femmine non devono camminare in strada da sole, non devono portare le gonne sopra al ginocchio, non devono parlare a tu per tu con gli uomini. Meglio stare in casa e tenere gli occhi bassi e, una volta sposate, servire il marito, fare figli ed essere pazienti. Queste erano le usanze e su queste vigilavano gli sguardi occhiuti della gente, intenta ad osservare, scrutare, sparlare. Leggi tutto…

LA STAZIONE di Jacopo De Michelis (Giunti) – recensione

“La stazione” di Jacopo De Michelis (Giunti)

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di Gianni Bonina

Volendone celebrare la forza innovativa che è stata di titoli quali Io uccido di Faletti e Il nome della rosa di Eco, una certa critica ha finito per fare de La stazione di Jacopo De Michelis (Giunti, pp. 876, euro 19) un romanzo che comprensivo di tutti i generi non ne mutua alcuno. In realtà li elude tutti e ne inventa uno nuovo o di originale concetto, il fantasy contemporaneo: un ossimoro letterario nel quale il Medioevo degli elfi e dei maghi integra il racconto metropolitano. Nondimeno, se il raggio di esplorazione e di scoperta non andasse oltre un ambito sotterraneo tutto sommato circoscritto, il romanzo potrebbe inscriversi anche nel modello letterario dell’avventura, pur rivisitata nello spazio urbano, lo spirito dell’avanzamento nell’ignoto risospinto da implicazioni anche spirituali essendo ben presente accanto a quello fantastico e surreale di ricerca di mondi nuovi che rimane comunque l’elemento dominante e centrale.
L’inganno è di vedere non il fantasy ma il thriller commisto al noir e profilato nel giallo via via che la violazione del principio di realtà mostra come fumettistico e perciò irreale quanto invece richiede sin dall’inizio la sospensione dell’incredulità perché sottende la favola (con tanto anche di animali) pensata per un lettore adulto che ami l’intrigo entro un contesto civilizzato e proprio di una moderna e grande città come Milano. Ecco allora la vera novità portata da De Michelis nel ristagnante pabulum letterario nazionale, una forza che, paragonabile solo a quella da Camilleri introdotta quanto ai modi espressivi, ha inteso – non nella forma ma nella sostanza – rivestire coraggiosamente il fantasy, caro al pubblico più giovane e adatto a un’ambientazione distopica, del carattere del giallo metropolitano amato dagli appassionati del genere: che De Michelis mette nell’avviso di doversi aspettare non tanto di scoprire chi è l’assassino quanto di trovare “l’anello”, quello cioè che nella tradizione norrena, nella materia di Bretagna e nell’Edda è il meraviglioso, l’inatteso, il graal, appunto il magico.  Che qui c’è tutto. Leggi tutto…

IL CUOCO DELL’IMPERATORE di Raffaele Nigro (La nave di Teseo) – recensione

“Il cuoco dell’imperatore” di Raffaele Nigro (La nave di Teseo)

Romanzo candidato all’edizione 2022 del Premio Strega da Francesca Pansa

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di Vito Caruso

Ho finito di leggere il romanzo “Il cuoco dell’imperatore” (La nave di Teseo), pag. 751, 22 euro, di Raffaele Nigro, classe ’47, nato a Melfi (Potenza), vive a Bari, vincitore nel 1987 del Super Campiello con “I fuochi del Basento”. Una scoperta, Raffaele Nigro. Grande capacità di racconto. Lingua vasta e ammaliante. Promosso.
Parte, anzi scappa (scoprirete il perché) da Melfi (Potenza), nel 1208, il cuoco-guaritore (perché almeno uno tra i parenti deve svolgere tali mansioni) del titolo, al secolo Guaimaro delle Campane, appartenente a una famiglia di fonditori (campane, portoni, arredi sacri). Finirà in Sicilia. Si unirà allo Stupor Mundi Federico II di Svevia e lo seguirà sino alla morte, 13-12-1250, negli innumerevoli spostamenti della corte viaggiante dei miracoli, dalla Germania alla Terra Santa, dalla Sicilia alla pianura padana.
Estenuanti e spossanti i continui trasferimenti, più delle non molte battaglie, dove Federico sembra un pompiere sovente chiamato a spegnere vari focolai di rivolta nell’impero. Col sangue? Lo stretto necessario. Di più con la diplomazia, una delle diverse discipline nelle quali l’illuminato sovrano eccelle, certo coadiuvato dalle migliori teste pensanti del tempo. Leggi tutto…

UN METRO LUNGO DUE METRI di Mauro Orletti (Exòrma) – recensione

https://i0.wp.com/www.exormaedizioni.com/exorma/wp-content/uploads/2022/01/COP_UN_METRO_LR.jpg“Un metro lungo due metri” di Mauro Orletti (Exòrma)

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di Simone Gambacorta

Mauro Orletti possiede un’attitudine particolarissima che gli permette di riversare pressoché tutto in narrazione; se magari gli venisse in mente, potrebbe arrivare a raccontare persino le tabelline, cioè quanto di meno malleabile esista in termini di affabulazione. Eppure una simile sfida potrebbe fargli gola, tanto è spiccata la sua vocazione a misurarsi con quei lati del mondo che, in linea di massima, si reputerebbero appannaggio di approcci non narrativi.

Questo spiega anche come mai la sua sia una scrittura per indole e postura portata ad assumere in sé l’ibridazione e l’extravaganza (cioè a muoversi liberamente per costituirsi come costrutto volto a farsi “discorso” su qualcosa o su qualcuno) e spiega pure come mai leggere Un metro lungo due metri sia molto coinvolgente e porti a porsi numerosi interrogativi.

Il libro si presenta come una biografia di Remo Gaspari, l’uomo politico democristiano numerose volte ministro e abruzzese come lo stesso Orletti (questi è nato a Chieti nel 1977; Gaspari nella vicina Gissi nel 1921, dov’è morto novant’anni dopo). Leggi tutto…

TREMA LA NOTTE di Nadia Terranova (Einaudi) – recensione

https://www.einaudi.it/content/uploads/2022/02/978880624890HIG.JPG“Trema la notte” di Nadia Terranova (Einaudi)

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di Daniela Sessa

Si narra che Colapesce mollò per un attimo, tremendo e fatale, la colonna franta sotto capo Peloro e tutto venne giù. Si narra che Scilla e Cariddi, colte di sorpresa, cominciarono l’una a ululare e l’altra a muoversi vorticosamente e tutto il mare dello Stretto si riversò su Messina e Reggio. Potremmo inventarcelo così, il terremoto che nella notte del 27 dicembre 1908 distrusse Messina e Reggio Calabria. Potremmo farne epica e mito come ogni fatto che segna un confine invalicabile tra storia e archetipo. Possiamo farne leggenda come ogni evento che resta nella memoria e si fa cunto: lo fece qualche anno fa Carlo Muratori nelle pagine e nelle note dense di “Dies irae”. In una delle quattro storie raccolte su quel terremoto si leggono questi versi “Lu mari rivudia misu ‘nfurtura,/ Missina si nacava lientu lientu…/’nzima ca divintau na sipurtura” (Il mare ribolliva mosso a tempesta/ Messina si dondolava lenta lenta…/ fino che diventò una sepoltura); in altri si dice la brutalità, soma di ogni tragedia: un soldataccio taglia le dita a un cadavere di donna per rubare un anello. Potremmo raccontarlo in ogni lingua che conosce la devastazione e il dolore, la memoria e l’oblio, una lingua capace di mescolare in quel cataclisma cronaca e fantasmi. Si può, a patto che a mettere le parole e le ombre sia Nadia Terranova, che dello Stretto è parte, è sirena, è flauto.  Quello che resta dopo aver letto il suo ultimo romanzo “Trema la notte” è sconquasso. Sconquasso della terra e delle cose. Le ferite della terra e delle cose si sommano ad altre ferite della Sicilia, figlia e figliastra della Natura. Quello che resta, arrivati all’ultima pagina del romanzo, è il riverbero di un boato. Leggi tutto…

LA VERITÀ DI IAGO di Ettore Catalano – recensione

“La verità di Iago” di Ettore Catalano (Progedit)

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di Antonio Di Grado

Il giallo non è tra i colori che prediligo. Ma fra i tanti libri (troppi?) che indossano quel colore mi piace talvolta fiutare la qualità, fidarmi di uno: ultimo La verità di Iago, firmato da Ettore Catalano, edito da Progedit.
Ne ha date di gomitate, quel genere letterario, la detective-story, per imporsi all’attenzione di noi critici, fintamente accigliati e selettivi, in realtà solo pigri! Pensate che fino all’altroieri un importante scrittore, per liquidare un suo collega, dichiarava in un articolo che il romanzo giallo è sempre da biasimare perché mira a una facile ricomposizione di traumi e misfatti, sottraendoli alla lotta di classe. Arsenico e vecchi merletti tardo-marxisti.
Invece un grande giallista elvetico, Friedrich Glauser, aveva scritto: «Non sottovalutate il racconto poliziesco: oggi è l’unico mezzo per diffondere idee ragionevoli». No, non è l’unico ma, quando non è un futile giochino da settimana enigmistica, è vero che scava, illumina, smaschera. Leggi tutto…

SOLO SE C’È LA LUNA di Silvana Grasso (Marsilio)

solo-se-ce-la-lunaSOLO SE C’È LA LUNA di Silvana Grasso (Marsilio)

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Ogni pagina di questo meraviglioso romanzo possiede l’incanto e la magia che solo “i sentimenti di carta” sanno evocare

di Emma Di Rao

Silenziosa interlocutrice dell’umana infelicità, immagine vaghissima, colma di seduzione e incanto, l’astro lunare è il luogo letterario più propizio al canto e all’elegia, ma in quanto metafora visiva dell’indefinito è anche il luogo che più favorisce l’ampliarsi della visione e il poetico effetto della dissolvenza. Suggestiva appare inoltre la sua duplicità di luce e buio che sul piano espressivo si realizza come una vera e propria coincidentia oppositorum.
Al pari di tale impalpabile e sfuggente ambiguità della presenza lunare, il romanzo di Silvana Grasso, “Solo se c’è la luna” (edito da Marsilio), si presta di sicuro ad una lettura non univoca in virtù delle molteplici valenze allusive sottese alla narrazione. Se si volesse comunque ricondurre ad un fil rouge la sua complessa tessitura, lo si potrebbe individuare nel vagheggiamento costante di una Bellezza che è soprattutto voce interiore e risarcimento di ogni sofferenza del vivere terreno.
A tale Bellezza aspira intimamente il personaggio di Gelsomina, che, esercitandosi a scrivere sulla corteccia degli alberi il proprio nome, impara ben presto a intagliare e scolpire statuine destinate alle tombe, ma anche “visi d’uomo bellissimi, che in natura non esistevano, e non sembravano affatto di questa terra”. Un dono di natura, prezioso e unico, il suo: saper creare volti ideali di cui innamorarsi e con cui lenire un’esistenza amara, riscattando in qualche modo la propria diversità. Una diversità da intendersi come fuga verso l’altrove e diversione dal giudizio ordinario e convenzionale della società, anche quando assuma i tratti di una follia improvvisa e forse salvifica. Leggi tutto…

TOMÁS NEVINSON di Javier Marías (Einaudi)

“Tomás Nevinson” di Javier Marías (Einaudi – Traduzione di Maria Nicola)

È in libreria da oggi, il nuovo romanzo di Javier Marías

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di Claudio Fabella

Lo scrittore spagnolo Javier Marías (Madrid, 20 settembre 1951) è noto e tradotto in tutto il mondo. Ha vinto molti dei più prestigiosi Premi letterari, tra i quali il premio internazionale di letteratura IMPAC, il Nelly Sachs, il Premio Internazionale Bottari Lattes Grinzane, ha vinto con Domani nella battaglia pensa a me il premio Rómulo Gallegos e il Prix Femina Etranger. Nel 2011 ha ricevuto inoltre il Premio Nonino.
La grande attesa per l’arrivo di questo nuovo romanzo di Marías (in Italia esce per Einaudi, con la traduzione di Maria Nicola, il primo febbraio), intitolato “Tomás Nevinson“, è dunque più che giustificata.  Anche perché gli apprezzamenti autorevoli non mancano. Per El País, per esempio, «Tomás Nevinson è il miglior romanzo tra tutti quelli che Javier Marías ha pubblicato finora». Ma di cosa parla questo libro?

Due uomini, uno nella finzione e uno nella realtà, ebbero la possibilità di uccidere Hitler prima che questi scatenasse la Seconda guerra mondiale. A partire di qui, Javier Marías esplora il rovescio del comandamento «Non uccidere». Quegli uomini avrebbero fatto bene a sparare al Führer: è forse lecito fare lo stesso contro qualcun altro? Come dice il narratore di “Tomás Nevinson”, «uccidere non è un gesto così estremo se si ha piena nozione di chi si sta uccidendo». Si tratta di un tema interessantissimo, affrontato peraltro in un altro celebre romanzo di Stephen King: “La zona morta“. Leggi tutto…

SONO COSE CHE PASSANO di Pietrangelo Buttafuoco (La nave di Teseo) – recensione

“Sono cose che passano” di Pietrangelo Buttafuoco (La nave di Teseo)

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di Lorenzo Marotta

Un romanzo composito, ricco di suggestioni letterarie quello di Pietrangelo Buttafuoco, «Sono cose che passano», La nave di Teseo 2021. Un romanzo innovativo nella struttura e nella lingua, con un personalissimo stile narrativo che mescola, per fondersi in perfetto equilibrio, ironia, sarcasmo, umorismo, riflessione, passando dalla commedia che si fa pantomima, teatralità paesana, alla tragedia quando il male, annidato nel cuore dell’uomo, rode e semina morte. Un romanzo che richiama alla mente commediografi come Edoardo e Peppino De Filippo assieme al «Faust» di Goethe e al tragediografo Eschilo e non solo nella scelta del nome Oreste tra i suoi personaggi. Con una scrittura sontuosa che affascina e diverte, pronta per essere rappresentata in teatro. Una polifonia che porta il lettore, pagina dopo pagina, a viaggiare da Londra, dove la bella e mefistofelica Ottavia, principessa di Bauci, ha compiuto gli studi al King’s College in compagnia dell’aristocratica Lucy Thompson, alle isole Eolie, dove si celebra a Vulcano l’amore di Roberto Rossellini per Ingrid Bergman, a Capo d’Orlando nella cui villa dei fratelli Piccolo di Calanovella si riunisce, tra stranezze, elfi, poesia, il jet set internazionale. Leggi tutto…

NUVOLE SUL GRATTACIELO di Giuseppe Frazzetto (Quodlibet) – recensione

“Nuvole sul grattacielo. Saggio sull’apocalisse estetica” di Giuseppe Frazzetto (Quodlibet)

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NAUFRAGI E DERIVE NELL’IRREVOCABILE

Una nota in margine a Nuvole sul grattacielo di Giuseppe Frazzetto

di Salvo Sequenzia

Uno dei grandi naufragi della Modernità avviene tra il luglio e l’agosto del 1643, quando una nave che fa rotta verso i mari del sud si incaglia nelle trame della barriera corallina, davanti alle isole Salomone.
Così un nostro contemporaneo ‘postumo’, Umberto Eco, nel romanzo L’isola del giorno prima (1994) immagina la fine della Modernità e l’inizio del «tempo sospeso» della post-modernità, che il callido semiologo, nel mondo possibile della finzione narrativa, concepisce come una nave, la Daphne, incagliata davanti a un‘isola da cui la separa una linea immaginaria – il Meridiano Antipodo –  lungo la quale finisce un giorno e ne inizia un altro. Così, «sospeso» nello spazio e nel tempo, smarrito, l’uomo-naufrago sulla nave si scopre senza alcun «punto fijo» nel sestante impazzito del tempo. Insieme alla capacità di comprendere e di decifrare il mondo attraverso i dispositivi, le nozioni e gli strumenti che ha a disposizione, precipita e si inabissa anche l’«enciclopedia» di riferimento, la cui perfetta circolarità si dissolve dinnanzi al caos e alla complessità del mondo.
Il diario di Roberto De la Grive, il naufrago del romanzo di Eco, è assai simile al «mamafesta» di Anna Livia Plurabelle, il misterioso «memoriale» ritrovato dalla gallina Biddy Doran sopra un mucchio di letame nel V capitolo del primo libro di Finnegans Wake (1939) di James Joyce, quella «suprema sintesi verbale del Creato» costruita dall’autore dell’Ulysses attingendo a oltre quaranta lingue. Come il diario del naufrago echiano, che inventa, nella variatio dei punti di vista e dei piani narrativi, infiniti mondi possibili attraverso i quali il reale può essere concepito e descritto, così  il memoriale joyciano «[…] untitled mamafesta […] has gone by many names at disjointed times» [FW, 104.4-5] – «è passato sotto tanti nomi in tempi fuor di sesto» (così traduce Luigi Schenoni) – ed assume una natura aleatoria e indefinibile, al di là di una sua individuazione, ma anche contraria al regolare scorrere del tempo. Leggi tutto…

LE STANZE BUIE di Francesca Diotallevi (Neri Pozza) – recensione

“Le stanze buie” di Francesca Diotallevi (Neri Pozza): recensione

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di Simona Lo Iacono

Torino, marzo 1904. Il banditore batte il prezzo: Lotto n. 27. Un carillon da cui prorompono le note del Flauto magico di Mozart, un gioco per bambini, soave e delicato, che pare creato per esaltare l’innocenza e la purezza.
Vittorio Fubini fa di tutto per aggiudicarselo, e quando lo stringe tra le mani, i ricordi hanno già preso il sopravvento, sembrano azzerare il tempo e lo riportano indietro negli anni.
Ecco, d’improvviso, è il 1864 e il treno sbuffa nel condurlo nelle Langhe. Vittorio si guarda, come se fosse un estraneo. E’ ancora giovane, ed è un impeccabile maggiordomo. Ha lavorato una vita intera per assumere garbo nelle mani, per indossare con precisione la sua divisa e per non commettere alcun errore. Della perfezione ha fatto un abito che lo rassicura e che lo preserva. Una specie di scudo che gli concede la gioia di sentirsi considerato, apprezzato, amato.
Certo, la sua vita a Torino è difficile da lasciare, e nelle langhe ci va solo per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, che gli ha assicurato una crescita dignitosa e gli ha concesso di diventare una persona rispettabile. Però non è ancora turbato da quel cambiamento di destino. In fin dei conti, dovrà solo occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores, un incarico per il quale si sente certamente all’altezza. Leggi tutto…

RAFFAELLO. UN DIO MORTALE di Vittorio Sgarbi (La nave di Teseo) – recensione

“Raffaello. Un Dio mortale” di Vittorio Sgarbi (La nave di Teseo)

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di Gianni Bonina

Così come la rivoluzione scientifica si compie nel Seicento, quando Galilei invita ad alzare la testa al cielo distogliendola dai libri di Aristotele, anche nell’arte – ma un secolo prima – si ha un analogo rivolgimento culturale dopo che Giuliano da Sangallo, incaricato da papa Giulio II, induce a guardare non in alto, ma in basso, anzi sottoterra, e nel gruppo scultoreo dissepolto nel 1506 a Roma identifica Laocoonte grazie alla descrizione che ne fa Plinio il Vecchio in Naturalis historia. La storia dell’arte nasce dunque con una scoperta archeologica che segna il momento in cui il sapere libresco diventa una fonte di informazioni utile a riconoscere un monumento attraverso l’osservazione, una ekphrasis, cessando di essere la forma di conoscenza unica e assoluta circa l’arte greca, il modello imperante di riferimento nell’Umanesimo e nel Rinascimento. Ma occorrerà ancora del tempo prima che sia considerata uno studio comparato, se nello stesso Cinquecento Giorgio Vasari illustrerà la seconda edizione delle sue Vite con immagini non di opere d’arte ma di artisti, reiterando una storia di pittori e scultori epperò non dell’arte, giacché ancora viva è l’idea di creazione artistica intesa come arte non liberale bensì meccanica, mestiere manuale e non professione intellettuale.
Espressione ultima di questa visione multidisciplinare e comparativistica dell’arte è oggi in Italia certamente Vittorio Sgarbi, forse insuperabile nel rintracciare rimandi e richiami tra un’epoca e un’altra, tra scuole e artisti diversi. Il suo ultimo libro, Raffaello. Un Dio mortale (La nave di Teseo, pp. 360, euro 22), più che altro un capitolo della sua lunga “Storia dell’arte” costituita invero nei modi di una vibratile e originale controstoria, risponde proprio allo spirito rivoluzionario sorto in quella stagione, il Rinascimento, che ha ereditato sì dal Gotico internazionale e dall’Umanesimo l’inclinazione delle corti a scambiarsi artisti e fare commistione di generi ma che, pur senza arrivare al superamento della “maniera” vista come specialità della bottega e segreto del maestro, getta tuttavia le basi per la nascita di gusti nazionali come quello fiammingo, italiano, asburgico, borgognone. Leggi tutto…

BILLY SUMMERS di Stephen King (Sperling & Kupfer) – recensione

Billy Summers. Ediz. italiana - Stephen King - copertina“Billy Summers. Ediz. italiana” di Stephen King (Sperling & Kupfer – traduzione di Luca Briasco)

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di Erika Di Giorgio

Concordiamo con buona parte della stampa internazionale nel considerare “Billy Summers” (Sperling & Kupfer, 2021) uno dei migliori lavori di Stephen King pubblicato negli ultimi anni; probabilmente il miglior romanzo dai tempi di quel capolavoro intitolato “22/11/’63” (uscito nel novembre 2011 e incentrato sul classico filone dei viaggi nel tempo, integrato – nella fattispecie – con un intreccio memorabile legato al caso dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy). E ciò sebbene l’iperprolifico King, nell’arco dell’ultimo decennio, non sia certo rimasto con le mani in mano.
Billy Summers (protagonista dell’opera omonima ottimamente tradotta da Luca Briasco) è un veterano della guerra in Iraq, un cecchino infallibile, un maestro nel dileguarsi; ed esercita l’attività di assassino a pagamento, su commissione, attenendosi a una specie di sua regola morale che cerca di non trasgredire mai: le vittime che finiscono nel suo mirino mercenario devono essere persone che, in certo senso, non meritano di trovare spazio in questo mondo. Nel romanzo, ci troviamo di fronte a quello che dovrebbe essere l’ultimo incarico di Billy. Ovviamente accade qualcosa che finisce con il rendere la situazione molto più complicata di quanto dovrebbe essere. Prima di proseguire con questi cenni sulla nuova opera di King è opportuno evidenziare che, a differenza di molti dei suoi altri romanzi, quella di Billy Summers non è una storia horror o dai risvolti smaccatamente paranormali. Di certo ha gli elementi del noir (che caratterizzano altre opere del grande scrittore del Maine); ma se dovessimo ricercare un ulteriore elemento caratterizzante, non potremmo non fare riferimento alla “scrittura”, intesa come espediente narrativo. Molti personaggi dei romanzi di King sono scrittori (o gente che scrive). L’elenco di titoli che rientrano in questa casistica è cospicuo: Shining, Le notti di Salem, Misery, Le creature del buio, La metà oscura, Mucchio d’ossa, La storia di Lisey (di certo ne dimentichiamo qualcuno). Anche in Billy Summers l’omonimo protagonista finisce ingarbugliato tra i meandri della scrittura; sebbene, nel suo caso, non scriva fiction, ma una sorta di autobiografia. Leggi tutto…

LE SICILIANE di Gaetano Savatteri (Laterza) – recensione

“le siciliane” di Gaetano Savatteri (Laterza)

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Femmine di ferro e di fuoco

di Tea Ranno

Delle siciliane ormai si parla, e non solo in accostamento a realtà malavitose che le hanno fatte eroine del bene o del male; ci sono scrittrici, imprenditrici, registe, attrici, mediche, poete, poliziotte, avvocate, scienziate e via discorrendo: belle figure di donna che attirano su di loro fari di benevolenza, ammirazione e rispetto (nel senso più puro del termine). Ma, basta voltarsi indietro, guardare a un passato non troppo remoto, ed ecco che la Sicilia femmina appare come una nera massa indistinta: scialli, manti, grembiuli, ignoranza, analfabetismo, sottomissione a un capofamiglia – capobranco – che esercita indiscussamente la sua potestà. È come se la figlia femmina principale di Sicilia – la Muntagna – avesse sfiatato sopra le sorelle tanta di quella cenere da renderle, appunto, invisibili.
Non è così, noi siciliane lo sappiamo, ci conosciamo, sappiamo che da sempre siamo femmine di ferro e di fuoco, alimentate dalla linfa magmatica di quella sorella madre che è appunto Etna, e se ci sono stati tempi in cui l’esercizio della libertà era ostacolato da lacci, pastoie e remore, non è stato così per tutte, anzi, la leggenda, l’aneddotica, ma anche la storia – cose giuste – brulicano di questa effervescenza femminina che lo stereotipo ha però incoperchiato: nero, quindi, cenere, vita accupata, vita sottomessa, vita non vita… Così è, se vi pare, e arrivederci e baci. Leggi tutto…

LA NOTTE, IL SONNO, LA MORTE E LE STELLE di Joyce Carol Oates (La nave di Teseo): recensione

“La notte, il sonno, la morte e le stelle” di Joyce Carol Oates (La nave di Teseo – traduzione di Carlo Prosperi)

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Autrice superprolifica (si calcola che nella sua carriera ultracinquantennale abbia pubblicato più di cento libri, tra cui volumi di poesie e saggi, opere teatrali e numerosi romanzi bestseller) , con “La notte, il sonno, la morte e le stelle” (La nave di Teseo) Joyce Carol Oates ci consegna il un ritratto di una famiglia e di una nazione in crisi.

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di Livio Menfroni

Sul fatto che Joyce Carol Oates sia una delle voci narrative più ascoltate e lette al mondo, non c’è alcun dubbio. Ne danno testimonianza i numerosi riconoscimenti ricevuti, come: la National Medal of Humanities, il National Book Critics Circle Ivan Sandrof Lifetime Achievement Award, il National Book Award e il PEN/Malamud Award for Excellence in Short Fiction.
Questo nuovo, corposo volume di oltre 800 pagine, “La notte, il sonno, la morte e le stelle” (brillantemente tradotto da Carlo Prosperi e pubblicato da La nave di Teseo), incentrato sul ritratto di una famiglia e di una nazione in crisi, conferma la scrittrice statunitense – nata a Lockport il 16 giugno 1938 – come voce leader della letteratura internazionale contemporanea.
“Whitey” McClaren, ex sindaco di una cittadina nello stato di New York – Hammond  – è un uomo bianco di mezza età. Un giorno, mentre guida su un’autostrada a nord di New York nota, sul ciglio della strada, alcuni agenti di polizia bianchi che stanno malmenando un giovane uomo dalla pelle scura. Whitey si ferma e cerca di porre fine all’aggressione. Il suo intervento, però, determina una reazione violenta da parte degli agenti: viene buttato a terra e colpito con il taser a distanza ravvicinata, subendo un ictus.
Siamo dunque di fronte a un romanzo che punta il dito su una delle ferite aperte degli Stati Uniti: il razzismo e i metodi brutali (talvolta letali) adottati da parte delle forze dell’ordine. Leggi tutto…

I RONDONI di Fernando Aramburu (Guanda) – recensione

“I rondoni” di Fernando Aramburu (Guanda – traduzione di Bruno Arpaia)

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Dopo “Patria“, grande successo internazionale, Fernando Aramburu è tornato in libreria con un nuovo grande romanzo: “I rondoni”

di Claudio Fabella

“Arriva un giorno in cui uno, per quanto limitato sia, inizia a capire certe cose. A me è successo a metà dell’adolescenza, forse un po’ più tardi, perché sono stato un ragazzo dallo sviluppo lento e, secondo Amalia, incompleto.
Alla meraviglia iniziale è seguita la delusione e poi è stato tutto un trascinarsi sul suolo della vita. Ci sono stati periodi in cui mi identificavo con le lumache. Non lo dico per la loro bruttezza e vischiosità, né perché oggi per me è una giornata storta, ma per il modo in cui queste bestie si muovono e per l’esistenza che conducono, dominata dalla lentezza e dalla monotonia.
Non durerò molto. Un anno. Perché un anno? Non ne ho idea. Ma quello è il mio limite ultimo.”
È questo l’incipit del nuovo grande romanzo di Fernando Aramburu, autore spagnolo conosciutissimo a livello internazionale, anche qui da noi in Italia, per l’immenso successo del suo precedente romanzo “Patria”. Anche questo romanzo, come il precedente, beneficia della trasposizione in italiano di un traduttore e scrittore raffinato come Bruno Arpaia. Certo, presentarsi con un nuovo romanzo (imperioso, anche per il numero delle pagine: sono 700) dopo il successo di “Patria” (il libro è diventato serie tv per HBO), non è cosa facile, soprattutto se si pensa alle potenziali aspettative del pubblico dei lettori. Ma parliamo di libri diversi (e comunque Aramburo ha vinto la sfida). Leggi tutto…

KLARA E IL SOLE di Kazuo Ishiguro (Einaudi) – recensione

“Klara e il Sole” di Kazuo Ishiguro (Einaudi)

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di Massimo Maugeri

Nel 2017 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura “perché, nei suoi romanzi di grande forza emotiva, ha svelato l’abisso sottostante il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”. Stiamo parlando di Kazuo Ishiguro, scrittore britannico di origine giapponese, nato a Nagasaki l’8 novembre del 1954. Di questo “abisso sottostante il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”, già sviscerato in altre opere celeberrime come “Quel che resta del giorno” (1989) e “Non lasciarmi” (2005), se ne trova riscontro anche all’interno della sua nuova bellissima opera – “Klara e il Sole” (Einaudi, traduzione di Susanna Basso) – che conferma l’attitudine di questo straordinario autore per le storie visionarie. D’altra parte è proprio la visione narrata attraverso storie letterarie che, più di altro, ci offre la possibilità di comprendere la direzione che gli esseri umani stanno prendendo, tra nuovi scenari e ataviche debolezze. E se – con riferimento a questo libro – il nuovo scenario è rappresentato dall’intelligenza artificiale, la debolezza atavica si radica sulla solitudine ancestrale che l’essere umano, nonostante le illusorie forme di nuove connessioni offerte dal progresso tecnologico, non riesce a scrollarsi di dosso.
Entrando nelle pagine del romanzo, ci ritroviamo all’interno di in una realtà distopica. O forse, più semplicemente, in un futuro molto prossimo con il quale, tra breve, dovremo fare i conti. Un futuro caratterizzato da confusione sociale, dalla smania di perfezionismo e dal ruolo sempre più preminente della tecnologia. Ed è proprio il frutto dell’innovazione tecnologica che diviene voce narrante del romanzo. Tale “frutto” si chiama Klara ed è una AA, ovvero un’Amica Artificiale. Chiamarla robot, sarebbe ingiusto. Riduttivo. È molto di più, la dolce Klara che osserva il mondo da dietro la vetrina di un negozio in attesa che un adolescente possa invaghirsi di lei e convincere i genitori ad acquistarla come una sorta di “dama di compagnia” ipertecnologica alimentata dai raggi solari. Leggi tutto…

CASE di Helena Molinari (Pentàgora)

“Case” di Helena Molinari (Pentàgora)

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La “casa” di Helena. 

di Carlo Di Francescantonio

Nessuna traccia di intonaco. Pietra su pietra e travi di legno, odorose di alpeggi e scurissime di tempo incalcolabile. Poche cose e tanta luce. Ciò che basta, come bastava a chi abitava la malga facendone casa nella bella stagione. Ed è con “poche cose e tanta luce”, la stessa luce già presente nel romanzo d’esordio Emma (Pentàgora, 2019) che non ha smesso di illuminare anche a lettura terminata, che Helena Molinari accoglie il lettore sulla soglia della nuova opera, perché di opera questo scritto si tratta, essendo contemporaneamente dentro e fuori dal tempo. Del nostro presente, Case, restituisce una quiete che la società ha praticamente barattato in cambio di troppo altro e di troppo superfluo, al punto che non si è quasi più capace di raccoglimento nel silenzio. Di un mondo altro, Case, ha la bellezza del dialogo con l’invisibile, con una spiritualità che è nata insieme all’uomo ma alla quale l’uomo sembra non riuscire a rivolgersi più. Questo racconto arriva da un luogo della memoria dove tutti noi siamo già stati, ed è per questo che immersi nella lettura incontriamo il dono di poter aprire di nuovo dialogo con quel passato che è origine della nostra persona. Leggi tutto…

IL CERCATORE DI LUCE di Carmine Abate (Mondadori) – recensione

“Il cercatore di luce” di Carmine Abate (Mondadori)

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di Daila Miceli

Leggere “Il cercatore di luce” di Carmine Abate è come entrare nella splendida sala di un museo e rimanere abbagliati dalla bellezza del “Trittico della Natura” di Giovanni Segantini, guidati dall’Autore alla scoperta di dettagli che pagina per pagina incantano il lettore, mentre la storia si snoda fluida in un’alternarsi di vita, natura, morte.
Nel ritmo sostenuto di una storia mai banale, che lega la vita del protagonista Carlo a quella del Maestro Segantini, ripercorriamo con naturalezza più di un secolo di storia, nell’intreccio mai forzato o scontato della vita di due famiglie, mentre un linguaggio sempre appropriato e con una narrazione sempre scorrevole ci trasporta dal Trentino alla Calabria e alla Svizzera, la Scanuppia, Besenello, San Giovanni in Fiore, Maloja, in un’alternarsi di paesaggi che la sapienza dell’Autore pennella con dovizia di particolari, senza mai eccedere in uno sfoggio troppo dotto, ma sempre adattando l’uso sapiente della parola ai buoni sentimenti e alle riflessioni profonde di cui l’intero libro è intriso.
E in ogni descrizione di paesaggio, in ogni scena di vita vissuta riusciamo ad apprezzare addirittura il “profumo” dei luoghi, sia quello della Sila, dove il “vento odora di mare”, sia quello del legno della baita in Trentino, sia quello del colore utilizzato dal Maestro mentre dipinge all’aperto in alta quota. Leggi tutto…

MASTRO GEPPETTO di Fabio Stassi (Sellerio) – recensione

“Mastro Geppetto” di Fabio Stassi (Sellerio)

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Geppetto, un clown smarrito nel bosco della poesia

di Daniela Sessa

…no, quello che lo assaliva era un invernarsi improvviso di tutte le cose”. Evviva la poesia, anche quando si insinua dentro il racconto, quando conquista la scena sgomitando di ritmo, musicalità, clausole metriche mozzafiato e un vocabolario raro e ricercato, anzi prosciolto da una lingua annoiata. Evviva, la poesia, inarrivabile codice per tutte le creature sghembe della letteratura e della vita. Evviva la poesia quando ruba (lo fa di proposito?) una favola e la riscrive, mandando a gambe all’aria tutto il narrato. Tutto tranne la “notturnità”, come piacque a Giorgio Manganelli, lettore del Pinocchio di Collodi. Avviene tutto di notte, ma è una notte soprattutto della mente e della parola la favola collodiana rovesciata da Fabio Stassi nel suo “Mastro Geppetto”. C’è una luce grigia e umida che odora di muffa e resina e che illividisce le miserie di case ed esseri umani, buoni e cattivi, dentro le pagine del romanzo di Stassi. È la luce della paura, di un padre che teme di non ritrovare il figlio smarrito. È la luce della malinconia, per tutta la vita perduta da un uomo, orbo di donne e affetti, tanto da costruirsene uno di affetto. Un affetto di legno, “corteccia dura da catasta… buona neppure per il fuoco” cui dà intagli da burattino. Nasce Pinocchio e Stassi è attento a leggere nella favola echi biblici fino ad arrivare a una scombiccherata Pietà michelangiolesca in mezzo al bosco. Ma è ancora più attento a raccontare del mito cristiano, il personaggio più marginale, quel Giuseppe cui tocca portare la croce di una scelta non sua. Stassi sottrae uno alla Trinità e scrive l’epica del padre con la minuscola, del falegname Giuseppetto, Geppetto che se lo partorisce da solo il figlio, lo rincorre senza capire che è un sogno, un desiderio, un fantasma della mente, del cuore e della parola. La parola mai pronunciata da Pinocchio, ridotto nel racconto di Stassi a pretesto e ombra, e la parola prima scemata e poi muta di Geppetto, metafora commovente dell’impossibilità dello scampo. Leggi tutto…

GIUDITTA E IL MONSÙ di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi): recensione

“Giuditta e il monsù” di Costanza DiQuattro (Baldini + Castoldi)

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di Emma Di Rao

Dopo i ‘luoghi dell’anima’ de “La mia casa di Montalbano” e di “Donnafugata” è l’anima stessa ad essere eletta da Costanza DiQuattro come ‘luogo’ ispiratore della sua terza fatica letteraria, “Giuditta e il monsù” (edito da Baldini+Castoldi). Nasce infatti nell’anima quel sentimento amoroso che viene posto dalla scrittrice come fondamento del suo nuovo romanzo, costituendone il tema più organico e significativo. Un sentimento di indubbia valenza universale che trae però origine dalla sfera più intima dell’individuo. Illuminante, al riguardo, quanto si legge in epigrafe: “Si conobbero. E precisamente lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché, pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”. Tratta da “Il barone rampante” di Italo Calvino, la citazione racchiude, a nostro avviso, una possibile chiave di lettura di “Giuditta e il monsù”: l’amore è soprattutto rivelazione autentica del nostro ‘io’ grazie alla conoscenza dell’altro, è perfetta conoscenza di sé acquisita in virtù della relazione con un’anima affine. Ed è infatti profonda l’affinità di anime che, fin dall’infanzia, viene ad instaurarsi tra i due protagonisti, Giuditta, quarta figlia del marchese Romualdo Chiaramonte, e Fortunato, che nel preciso istante in cui la prima nasceva veniva abbandonato dinanzi al portone del palazzo nobiliare. Leggi tutto…

MADRI di Marisa Fasanella (Castelvecchi)

https://i0.wp.com/www.castelvecchieditore.com/wp-content/uploads/2021/10/9788832905021_0_536_0_75.jpg“Madri (Storie di Lena di lune e di maree)” di Marisa Fasanella (Castelvecchi)

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Pubblichiamo la recensione di Nicola Merola e un racconto tratto dalla raccolta

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di Nicola Merola

I racconti di Madri compongono, con quelli di Gineceo (1996) e Rimorsi (2010), l’organico trittico di narrativa breve con il quale una scrittrice originale e apprezzata ha intervallato e coronato insieme una produzione ormai folta e riconoscibile nel panorama contemporaneo. Nel suo nuovo libro Marisa Fasanella conferma l’acquisizione di un tono inconfondibile e una più matura esplicitazione delle opzioni iniziali. Il punto di vista femminile si rivela sempre meno tendenzioso, senza né rinunciare alla propria nettezza, né attenuare una conflittualità oggettiva, ma rivendicando la centralità esemplare oltre ogni identificazione sessuale delle proprie riconosciute prerogative, mortificate da una simbolica reclusione e ora promosse da un autentico talento affabulatorio. Leggi tutto…

IL SANGUE DELLA MONTAGNA di Massimo Maugeri (recensione)

“Il sangue della Montagna” di Massimo Maugeri (La nave di Teseo)

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di Emma Di Rao

Non tutto ciò che vive in superficie ha reciso il suo legame col mondo sotterraneo da cui proviene. E allo stesso modo, non tutto ciò che del nostro io appare visibile ha smesso di comunicare con il sommerso magmatico della nostra coscienza. Di conseguenza, si vive in un precario e difficile equilibrio fra elementi contrastanti: corpo e anima, realtà e sogno, ombra e luce, devastazione e bellezza, razionalità e accettazione di forze oscure. Purché tale accettazione non comporti il rassegnato soggiacere ad esse.
Potremmo qui rinvenire una delle possibili chiavi di lettura del recente romanzo di Massimo Maugeri, “Il sangue della montagna”, edito da La nave di Teseo, come suggerisce già nella prima pagina quanto si legge sulla forza ineluttabile di una minaccia che accende di rosso la terra: “Imparerai che contrastarla serve a poco. Ma non ti inginocchierai di fronte a essa. Non le offrirai ricordi e oggetti come agnelli sacrificali”. Un incipit di suggestivo effetto in cui l’eroica resistenza dinanzi alla furia del vulcano richiama alla memoria l’opporsi della ginestra leopardiana al fuoco divoratore, quella stessa ginestra che sulla Montagna “con i suoi fiori gialli infilava un fendente cromatico al nero della lava”. Anche in questo caso, opporsi significa soltanto resistere, significa inchiodare lo sguardo, senza mai abbassarlo, sulla distruzione operata dal fiume incandescente che “squaglia la terra”. Leggi tutto…

MUTAZIONI. STORIA DI MARICIA, UN MEDICO CHE SI SCOPRE PAZIENTE di Fabio Cavallari (recensione e intervista)

“Mutazioni. Storia di Maricia, un medico che si scopre paziente” di Fabio Cavallari (Lindau)

recensione del libro a cura di Maria Genchi – a seguire, intervista a Maricia Roccaro 

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di Maria Genchi

“Mutazioni” è la storia personale di Maricia Roccaro, nefrologa siciliana che dirige il centro di analisi di Bronte , in provincia di Catania. Una scrittura autobiografica , rielaborata dallo scrittore e giornalista Fabio Cavallari , che racconta come la vita possa cambiare all’improvviso e ritrovarsi confusi, pieni di paure e d’incertezze: l’io narratore narra l’io personaggio autobiografico. Tra narratore e personaggio si è stabilito un dialogo, un’empatia profonda che ha permesso la condivisione dell’esperienza di vita e l’assimilazione del narratore nel personaggio Maricia come se si trattasse della stessa persona che si sdoppia nel raccontare sé stesso. La testimonianza autobiografica si articola in diversi momenti che rappresentano il percorso di Maricia, dalla scoperta della malattia ai dubbi, alla conoscenza e terapia della malattia e per finire al Covid 19. In questi momenti il personaggio si snoda in altri “io”: medico-donna-paziente-madre. L’io proustiano si sdoppia alla ricerca della propria identità e della propria forza interiore per giungere ad essere quello che è Maricia adesso, una donna medico che ha la vocazione di dialogare con le persone malate per condividerne le difficoltà e portarle a superare le proprie angosce, paure e assisterle durante la terapia con l’aiuto dei familiari. In questo momento storico di Covid 19 che stiamo attraversando, Maricia sa vivere le paure, il silenzio, le angosce sfidando la vita stessa per dirci che possiamo riuscirci. Leggi tutto…

LA SCONOSCIUTA DELLA SENNA di Guillaume Musso (recensione)

“La sconosciuta della Senna” di Guillaume Musso (La nave di Teseo – traduzione di Sergio Arecco)

È in libreria dal 7 ottobre, per i tipi de La nave di Teseo, “La sconosciuta della Senna“: il nuovo appassionante romanzo dell’autore più letto in Francia. Una storia ricca di suspense e di mistero

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di Erika Di Giorgio

Diciannove romanzi e non sentirli. Quella di Guillaume Musso è una delle migliori e più prolifiche penne della letteratura noir. Il più letto di tutti in terra francese (nel solo 2020 ha venduto più di 1,5 milioni di copie dei suoi romanzi). Nato ad Antibes nel 1974, docente di Economia, Musso è universalmente considerato «Il maestro francese della suspense» (The New York Times), «il re del noir europeo» (la Repubblica), «Uno dei migliori autori contemporanei di thriller» (The Daily Express). Chi ama il noir e la suspense non può dunque prescindere da questo nuovo romanzo di Musso, intitolato “La sconosciuta della Senna“, appena pubblicato in Italia da La nave di Teseo con la traduzione di Sergio Arecco.
Partiamo intanto dalla considerazione che la storia in questione è stata ispirata da un fatto di cronaca accaduto negli anni Ottanta del XIX secolo, allorquando una giovane donna non identificata, morta in circostanze non chiarite, fu ritrovata senza vita tra le acque della Senna presso il Quai du Louvre. Pare che questa giovane fosse stata così bella che un dipendente dell’obitorio, affascinato da cotanta bellezza, ne avrebbe fatto realizzare un calco in gesso per immortalarne il viso.
Questa maschera in gesso sarebbe poi stata duplicata negli anni fino a diventare una sorta di icona letteraria che ritroviamo nella Parigi bohémienne degli anni 1920-1930.
Guillaume Musso parte dunque da questo fatto, ma poi se ne discosta e offre una storia al cardiopalma capace di tenerci incollati alla lettura pagina dopo pagina. Leggi tutto…

LA CITTÀ NERA di Domenico Trischitta (recensione)

image“La città nera” di Domenico Trischitta (Algra)

[Leggi l’intervista a Domenico Trischitta su “Una raggiante Catania” e “La città nera”]

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di Giovanna Caggegi

È uno scrittore sempre in viaggio Domenico Trischitta tornato in libreria con due volumi per i tipi di Algra Editore: “La città nera” (il romanzo giovanile che completa la trilogia su Catania dopo “Una raggiante Catania” e “Glam City”) e una nuova edizione del romanzo d’esordio “Una raggiante Catania” diventato imprescindibile riferimento per chi volesse conoscere uno degli episodi che hanno cambiato il volto della città etnea: lo sventramento dello storico quartiere di San Berillo e gli effetti legati alla violenta estirpazione di quel tessuto sociale. Il senso del viaggio, si diceva, di uno scrittore flaneur per vocazione (di brancatiana discendenza) capace di trasferire sui suoi personaggi l’inquieta inclinazione picaresca e l’indomita ricerca d’avventura nei paesaggi frastagliati dell’animo umano, tra luci e ombre, trionfi e repentine cadute. Leggi tutto…

SCRIVERE A DESTRA di Antonio Di Grado (recensione)

“Scrivere a destra. Vite narrate e vite perdute nel ventennio nero” di Antonio Di Grado (Perrone)

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Antonio Di Grado e il cuoco di Salò

di Daniela Sessa

…dalla parte sbagliata”: non ha dubbi il cuoco di Salò di fronte all’ultimo conato politico del Duce. Si moriva dalla parte sbagliata, nel campo di battaglia lungo i venti anni più tristi della storia d’Italia fino alla piccola Salò, di cui Pasolini impresse l’oscenità e che De Gregori raccontò attraverso gli occhi di un paria della storia. Occhi minori per guardare le vicende di uomini e dei loro furori ideologici, per riannodare i fili della storia quando il tempo è passato e occorre pacificare. O magari solo accompagnare alle emozioni la comprensione. Il cuoco di Salò è una canzone di De Gregori del 2001, arrangiata da Franco Battiato. E Franco Battiato presta il primo esergo al nuovo libro di Antonio Di Grado Scrivere a destra. Vite narrate e vite perdute nel ventennio nero. Non sono occhi minori quelli di Antonio Di Grado: sono gli occhi di uno studioso e profondo conoscitore e indagatore della letteratura. Ha armi ben più affilate del cuoco ma anche dell’arrotino Calogero, del sellaio Ezechiele e del taverniere Porfirio, il terzetto politico di Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Non vuole fare una rivoluzione ideologica Antonio Di Grado né tantomeno revisionismo. Vuole raccontare le vite perdute in anni di astratti furori, riannodare i fili di una memoria necessariamente distinta e scevra da pregiudizi, riconoscere “i prodigi d’invenzione e di scrittura scaturiti proprio da quegli ingannevoli miraggi”. Leggi tutto…

IL SILENZIO DEI GIORNI di Rosa Maria Di Natale (recensione)

“Il silenzio dei giorni” di Rosa Maria Di Natale (Ianieri edizioni)

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[Segnaliamo: Rosa Maria Di Natale ospite della rubrica “Incontri con gli autori” di Letteratitudine]

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di Emma Di Rao

È dal “cuore della notte” che prende avvio il tempo narrativo de “Il silenzio dei giorni”, il romanzo d’esordio di Rosa Maria Di Natale (edito da Ianieri). E non poteva essere altrimenti dato che la ricerca della verità muove quasi sempre dalle zone più oscure e necessita di un complesso scavo interiore perché si giunga fino ad essa e la si faccia risalire verso la luce. Purché ci rammenti che è comunque illusoria la pretesa di una verità inconfutabile e che apparenza e verità sfumano impercettibilmente l’una nell’altra.
In una Milano che placa nel sonno la propria inarrestabile frenesia di metropoli, all’interno di una “redazione grigia come i corrimani delle stazioni dei treni”, la voce narrante di Giuseppe Giunta – “una volta Peppino”-, correttore di bozze, rievoca dinanzi “al capocronaca più rispettato” della città un tragico episodio avvenuto molti anni prima nella sua Giramonte, un piccolo paese etneo, e destinato a sconvolgere la vita della propria famiglia. Leggi tutto…

L’ACQUA DEL LAGO NON È MAI DOLCE di Giulia Caminito (recensione)

“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito (Bompiani): romanzo vincitore dell’edizione 2021 del Premio Campiello

Di seguito, l’approfondimento critico del saggista e semiologo Salvo Sequenzia

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[Leggi: Come nasce un libro? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: GIULIA CAMINITO racconta L’ACQUA DEL LAGO NON È MAI DOLCE]

[Ascolta: la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani): Giulia Caminito in conversazione con Massimo Maugeri]

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STORIA DI UNA DONNA DIVENTATA CATTIVA

di Salvo Sequenzia

I laghi, al di là della vulgata iconografica che li vuole ameni e idilliaci,  sono luoghi dai quali promana un’aura malvagia, una specie di energia negativa che risucchia luce, vita, calore negli oscuri recessi dell’altrove.
Luogo ‘liminale’ in cui si manifesta il sacer, soglia di ingresso al mondo infero come Pergusa, teatro di guerre cruente come il Trasimeno, dimora di epifanie telluriche come nei racconti del ciclo bretone di  Lancelot du lac o come nelle storie gotiche della scrittrice Chiara Palazzolo, il lago è un mondo che non conosce redenzione, come certe periferie americane devastate dalla povertà e dalla solitudine raccontate da Don  Delillo, da Philiph Roth, da Harmony Corine.
Giulia Caminito ha vissuto la sua giovinezza ai margini di questo mondo irredento, insieme alla sua famiglia della borghesia non benestante e alla sua generazione di sconfitti,  entrambe tagliate fuori  dalle «magnifiche sorti e progressive» della società e della storia.
Nel romanzo L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani, 2021, pp. 304), con il quale si è aggiudicata la 59a  edizione del Premio Campiello, la trentatreenne scrittrice romana ha raccontato questo «mondo offeso» consegnando ai lettori la storia amara e impietosa di una donna che la vita ha reso cattiva. Leggi tutto…

LA FELICITÀ DEGLI ALTRI di Carmen Pellegrino (recensione)

“La felicità degli altri” di Carmen Pellegrino (La nave di Teseo): finalista al Premio Campiello 2021, vincitore del Premio Letterario Internazionale Latisana per il Nord Est – Territorio Coop Alleanza 3.0.

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[ascolta la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “La felicità degli altri” (La nave di Teseo): Carmen Pellegrino in conversazione con Massimo Maugeri]

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di Emma Di Rao

Irriguardosa, sprezzante e finanche crudele appare talora la felicità degli altri nei confronti dell’endemica tristezza di alcuni, ingenerosamente esclusi dal consorzio umano. La loro colpa? Una perplessità che fin dalla stagione dell’infanzia rende sospeso il loro sguardo sul mondo. E’quanto adombrano, in una sorta di critica collaterale, il titolo e la copertina de “La felicità degli altri”, il recente romanzo di Carmen Pellegrino, edito da La nave di Teseo. Se poi si volesse individuare la nota dominante che informa di sé l’opera la si potrebbe cogliere nella malinconia. Una malinconia da opporre all’altrui felicità e da intendere come segno di un inquieto baricentro esistenziale. Una malinconia che non ha comunque il sapore negativo e consunto della nostalgia, ma interviene come motore emotivo dell’intelligenza.
La struttura autodiegetica, in cui la voce narrante coincide con l’io personaggio di Cloe, rappresenta la premessa perché quest’ultima costruisca una rappresentazione del proprio mondo come un luogo abitato prevalentemente dal disamore e dall’oscurità. Oscurità che si addensa fittamente intorno alle figure di “un fuggevole padre”, di una madre assente in modo “ingombrante” e di un fratello morto in tenera età. Desiderosa di risemantizzare il proprio vissuto, la protagonista sceglie di ricorrere a una tecnica appresa dall’archeologia, ovvero quella dell’anastilosi, “eseguita per gradi e con soprassalti improvvisi”, il cui esito potrebbe consentire di “rimettere in posto gli elementi originari ritrovati” o di seppellire nuovamente le rovine. Leggi tutto…

LA MANO di Georges Simenon (recensione)

La mano - Georges Simenon - copertina“La mano” di Georges Simenon (Adelphi – traduzione di Simona Mambrini)

È uscito di recente in Italia, pubblicato  da Adelphi, La mano, uno dei racconti più inquietanti del grande scrittore belga

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LA VERTIGINE E IL LABIRINTO. UNA NOTA SUL SIMENON AMERICANO

di Salvo Sequenzia

Leonardo Sciascia aveva una predilezione per Simenon, scrittore assai diverso da lui per quel vitalismo e quella frenesia che attraversano la sua vita e la sua opera, eppure, molto simile, se non contiguo, per alcune assonanze e per certe sfumature che caratterizzano i mondi letterari che entrambi hanno creato, come è stato dimostrato da alcuni studi recenti  (Di Grado 2014; Traina 2015; Squillacioti 2019).
L’attenzione dell’autore de Il  giorno della civetta  – divoratore dei gialli Mondadori negli anni giovanili –  era rivolta, soprattutto, al Simenon de Le finestre di fronte (1933), de Il borgomastro di Furnes (1939)  e de Il Presidente (1958): i  «brevi capolavori» nei quali la scrittura indaga, come acutamente notava Goffredo Parise (1985), il «clima metafisico del potere» e si fa referto balzachiano di un ambiente e di una società in cui il delitto è l’espressione, il sintomo, di un malessere esistenziale speculare al «disagio della civiltà» del quale il giallo costituisce una «forma» lucida e disincantata di rappresentazione, in linea con la tensione etico-civile che informa l’idea che Sciascia ha dello scrivere e della letteratura. Leggi tutto…

LORO di Roberto Cotroneo (recensione)

Loro - Roberto Cotroneo - copertina“Loro” di Roberto Cotroneo (Neri Pozza)

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di Simona Lo Iacono

All’inizio è come un sogno. Una giovane donna che si presenta ad un colloquio di lavoro e si ritrova in una villa con mura di vetro, dove l’idea di spazio quasi non esiste. Vi arriva nell’estate del 2018, in una Roma che si fa dolcissima e offre lo spettacolo della cupola di san Pietro sullo sfondo. Ha appena abbandonato il corso di studi in medicina e ha alle spalle una esperienza (troppo presto conclusa) da pianista. Dunque conosce bene la bellezza, Margherita B, è abituata a sentirla fluire dalle dita, a farla emergere tra i tasti del pianoforte. Eppure, nulla può prepararla al parco che contorna l’abitazione, alle vetrate che lasciano intravedere la biblioteca, lo studio, un ordine rigoroso e maniacale, la servitù rispettosa, attenta.
È lì per fare da precettrice a due gemelle; la padrona di casa, Alessandra Brandi, la accoglie senza quasi leggere il curriculum preparato con cura, spuntando dal giardino a piedi nudi, come se facesse parte del medesimo miraggio che avvolge la casa. Ed è un sussurro, il nome delle bambine, Lucrezia e Lavinia, nomi che rimandano alla capitale dei cives e che adombrano significati di gloriose matrone. La prima condivide con lei l’amore per il pianoforte, la seconda invece ama l’equitazione. Leggi tutto…