“Sulla infinitezza”: un film di Roy Andersson
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di Antonio Ciravolo
Ho visto un film che è al contempo una lezione di cinema, fotografia, regia teatrale, poesia, trucco, recitazione, satira, umorismo e, nonostante questo, non mi è piaciuto. Ebbene sì: ci sono ricascato. Dopo Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, il regista Roy Andersson torna con questo Sulla infinitezza e mette in scena le sue scene e rende onore al disturbante e all’ammaliante, al tragico e al disumano. Torna lui e punta al mio personalissimo senso della pazienza e lo denuda fino non a irretirlo ma a sospenderlo. La sospensione del giudizio, come in esercizio analitico, per rendere possibili le derivazioni di ciò che è, o comunque dovrebbe essere, rimosso. Non mi è piaciuto. Eppure non ho smesso di ammirarlo. Volti incipriati, frasi sconnesse, toni pallidi. E il bianco e la neve. Come nell’istantanea in un bar, mentre fuori cadono lenti i fiocchi, e un uomo anziano chiede a tutti gli altri in silenzio: “Non è comunque fantastico?” “Cosa?” Chiede un altro incuriosito. “Tutto” dice il primo, “tutto è fantastico. Almeno io lo penso.” E ripete ancora: “Almeno io lo penso”. E ancora una volta: ” Almeno io lo penso”, mentre il tono scivola, il senso scorre, la parola si trasforma e chi guarda rimane inchiodato a quel sollecito alla felicità a cui non si è più abituati. Leggi tutto…