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IL MONDO CHE DA QUALCHE PARTE ESISTE di Valeria Sirabella (Mondadori)

giugno 11, 2024

Il mondo che da qualche parte esiste - Valeria Sirabella - copertina“Il mondo che da qualche parte esiste” di Valeria Sirabella (Mondadori): incontro con l’autrice e un brano estratto dal libro

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Valeria Sirabella è nata nel 1982. Si è laureata in Scienze della Comunicazione a La Sapienza di Roma e ha lavorato in un think tank europeo, in agenzie di pubblicità e di comunicazione. Ha pubblicato racconti su riviste letterarie come Carie, Crack, Malgrado le Mosche, Risme. “Il mondo che da qualche parte esiste” è il suo primo romanzo.

Abbiamo chiesto all’autrice di parlarcene…

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«La storia di Ginevra è nata inizialmente come racconto», ha detto Valeria Sirabella a Letteratitudine, «la forma letteraria su cui ero concentrata in quel momento: circa diecimila battute che inquadravano il rapporto tra Ginevra e sua madre, e in cui il percorso della protagonista, in nuce, era già delineato. L’idea era sviscerare un rapporto madre-figlia che rivelasse i vincoli sotterranei – fatti di aspettative, frustrazioni e speranze di riscatto – che spesso rendono sfumato il confine tra amore e manipolazione; mi interessava anche studiare, osservando i movimenti dei personaggi cui stavo dando vita, a cosa potessero portare quei condizionamenti.
Image from LETTERATITUDINE (di Massimo Maugeri)Il contesto della torre, il palazzone all’estrema periferia di Roma in cui Vanda e Ginevra vivono, ha preso forma subito dopo questa intenzione iniziale. Credo che uno degli scopi di un autore quando immagina una storia sia creare, per i personaggi e per l’evoluzione che spetta loro, le più difficili prove possibili, esasperando i confini dei loro percorsi esistenziali, così da poter raccontare, attraverso le loro scelte, qualcosa che si trova in fondo a ciascuno di noi. Così, lo squallore e l’isolamento della torre rappresenta non solo la difficoltà pratica dello stare al mondo, ma anche il vuoto dell’anima in agguato, il nulla oscuro da cui ciascun essere umano deve lottare per uscire, affermando sé stesso, trovando la propria strada, il proprio senso di esistere. È da lì che, prima di tutto, Ginevra e sua madre desiderano allontanarsi.
Rispetto al racconto mi sono accorta subito che nella storia ci fosse spazio per altri personaggi, i quali anzi chiedevano di essere visti, con le loro motivazione e storie personali, affinché il loro contributo al percorso di Ginevra fosse portato alla luce. Sono così emersi Claudio, Camilla, Eleonora.
Mi si è posta allora davanti la possibilità di mostrare due ambienti sociali contrapposti: la torre, da cui viene Ginevra, e gli alti quartieri romani in cui vivono Camilla e la sua famiglia. Questa contrapposizione, oltra a permettermi di mostrare alcuni contrasti della città, mi ha offerto un’opportunità che mi è parsa letterariamente valida, e cioè scoprire come, scavando nelle storie di personaggi apparentemente lontani per il contesto in cui portano avanti le loro esistenze, i bisogni, i dolori, le fragilità, siano gli stessi.»

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Un brano estratto da “Il mondo che da qualche parte esiste” di Valeria Sirabella (Mondadori)

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Ginevra sbatte nel consueto odore di casa sua, quel miscuglio di muffa e detersivo alla lavanda che s’insinua su per le narici e si annida al centro della fronte, proprio tra le sopracciglia. I pensieri si bloccano in quel punto preciso, come incrostati, lasciandola stordita. Infilate le chiavi nel cassetto, apre la finestra e si lascia cadere sul divano. Abbassa la cerniera laterale degli stivali che crollano sul pavimento come animali sventrati, poi si sdraia sui cuscini, immobile, mentre la stanza le si stringe attorno col suo arredamento scarno, pateticamente curato in ogni dettaglio. Le tende arancioni come le presine che pendono dalla credenza, gli oggetti disposti sul ripiano rispettando una distanza precisa: questa simmetria, quest’ordine studiato e meticoloso, la ripugna. Per quanto sua madre non riesca a rendersene conto, ogni cosa, in quella casa, tradisce lo sforzo di attribuirsi una parvenza di umanità e bellezza, nascondendo maldestramente la corsa alla sopravvivenza che è invece la loro vita, che nulla ha di bello, né di umano. Davanti a lei, la finestra incornicia la distesa malconcia di terra e prato che si spande fino all’orizzonte, delimitata da una fila di palazzi dalla geometria essenziale, contenitori di esseri umani stipati come oggetti in cantina. Esistenze senza significato, prodotti organici dell’accoppiamento. Topi. Sopra quel grigiume di terra e case si stende un cielo sfavillante, così luminoso che perfino il paesaggio desolato che sovrasta, riflettendo tanto splendore, sembra a tratti capace di rivelare una certa bellezza. Quel cielo, che si spande ben oltre la torre, ben oltre i confini del suo sguardo, è lo stesso che sovrasta l’edificio della scuola, la casa di Camilla e il quartiere che li avvolge, e si estende oltre ancora, al di là della città, fino al mondo intero. Sembra volerle gridare che esistono cose sconosciute, possibilità che neanche immagina; che niente le è precluso a priori.

(Riproduzione riservata)

© Mondadori

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La scheda del libro: “Il mondo che da qualche parte esiste” di Valeria Sirabella (Mondadori)

Sulla Torre non si è niente, se non parte del vuoto che la circonda. È per questo che Vanda decide di allontanare sua figlia Ginevra dal palazzone in cui vivono, ventidue piani di cemento all’estrema periferia di Roma, e iscriverla al liceo in un quartiere benestante della città, dove potrà mescolarsi ai figli della gente che conta. Per Ginevra infatti – Vanda ne è certa – una speranza di riscatto c’è: a quattordici anni il suo corpo è esploso di una bellezza inaspettata, che la rende diversa dagli altri abitanti della Torre. Sembra fatto apposta per conquistare qualunque cosa lei desideri, parla di una vita migliore, forse addirittura di felicità. Ginevra, più consapevole di Vanda della propria ineludibile diversità rispetto ai nuovi compagni di scuola, si trova così catapultata in un mondo sconosciuto. Stringe amicizia con Camilla, una bambina cresciuta, iper-protetta dal padre Claudio cui la lega un amore morboso, e in perenne guerra fredda con la madre Eleonora. Se Camilla combatte con il proprio senso di inadeguatezza nei confronti di tutti – il ragazzo di cui è invaghita, le sue coetanee, ma soprattutto se stessa – Ginevra vuole essere libera, dalla Torre, da una vita già segnata, ma anche da Vanda e dal suo amore colloso. Per farlo ha bisogno di soldi, e la gente che si ritrova a frequentare, di soldi, ne ha tanti.

Ginevra, Vanda, Camilla, Claudio, Eleonora: nello sforzo disperato di contrastare l’inerzia che li ingabbia, ciascuno cercherà di districarsi tra i fili della propria storia, trovandosi a compiere scelte complicate, le cui conseguenze, spesso, non sono in grado di intravedere. Il mondo che da qualche parte esiste è un debutto vividissimo, che racconta dell’amore di due madri per le loro figlie, di corpi che crescono e altri che invecchiano, di differenze di classi e destini comuni, di scelte rimpiante e sogni di riscatto, ma anche del potere segreto che ha il luogo in cui nasciamo di determinare – o restringere – i confini dei nostri talenti.

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