Home > Recensioni > MIMOSE A DICEMBRE, di Maria Rosaria Valentini

MIMOSE A DICEMBRE, di Maria Rosaria Valentini

gennaio 16, 2014

Mimose a dicembreMIMOSE A DICEMBRE, di Maria Rosaria Valentini
Keller 2013, pp. 175, 14,50 euro

recensione di Marco Ostoni

La scrittura di Maria Rosaria Valentini si attacca alla dita, come il cozonac, il dolce tipico dell’Est europeo che Adriana – la protagonista del suo romanzo – porta con sé nel viaggio verso l’Italia per addolcire a piccoli morsi il sapore amaro di un addio e tollerare la paura di affrontare, a 20 anni, un Paese sconosciuto ove cercare quel futuro che la Romania non è in grado di offrirle. Nel leggere queste pagine viene voglia di indugiare, soffermarsi, tornare indietro su singole frasi o espressioni per riassaporarne il gusto, come si fa appunto con lo zucchero che si incolla alle mani mangiando avidamente una pasta o una fetta di torta. Ogni parola è scelta con cura, dosata e manipolata dalle abili mani della 50enne scrittrice e poetessa italo-elvetica fino a formare l’impasto di un periodare rigoglioso quanto elegante. Una prosa che miscela suoni, emozioni, financo odori e colori, per ricreare sinesteticamente sulla carta la realtà dura di una giovane donna in fuga da povertà e disperazione e per la quale un oscuro e umile lavoro da badante è la sola speranza di lasciarsi alle spalle la fredda stamberga in cui la madre malata rantola i suoi ultimi anni buttata su un letto di stracci con il becchettare di quattro smagrite galline a farle da sola, alienante compagnia.
Scrive maledettamente bene Maria Rosaria Valentini (tanto da indurre un editore “esterofilo” come Keller a investire su di lei come autrice di punta del periodo natalizio), ma non è solo la scrittura a fare di Mimose a dicembre un romanzo fra i migliori usciti – a nostro avviso – nel corso del 2013. C’è la storia, ci sono i personaggi, c’è il ritmo, ci sono le emozioni, ci sono i sentimenti. C’è lo spessore della letteratura e c’è anche l’attualità di un fenomeno – quello delle badanti straniere che popolano le nostre case – sinora non adeguatamente affrontato se non da studi sociologici o per qualche fattaccio di cronaca ma che Valentini sa indagare dall’interno, attraverso le relazioni che si instaurano fra la giovanissima e sprovveduta romena e gli anziani che è chiamata ad accudire: Ippolita prima e Cornelio poi, entrambi ex insegnanti “scaricati” come pesi dalle rispettive famiglie una volta persa l’autonomia.
Adriana cucina per loro, lava e stira per loro, si prende cura dei loro corpi stanchi e dolenti, li mette a letto la sera e li aiuta ad alzarsi la mattina. E ne medica delicatamente solitudini e nostalgie, nel rispetto, discreto, di antichi riti quotidiani, accompagnandoli con il silenzio o poche, impacciate parole di conforto. Lo fa anche se le costa fatica e se sente tutta la distanza dell’età e il disgusto del contatto fra la sua giovane pelle e quella rinsecchita e tutta grinze dei due ottantenni. Quasi come a pagare un contrappasso dantesco per aver lasciato sola la madre a morire migliaia di chilometri più a est.
E sta soprattutto qui, nella capacità di tratteggiare con acutezza gli stati psicologici di badante e badati e di seguire passo passo il maturare di tali relazioni la qualità migliore del romanzo. Valentini è discreta, rispettosa, quasi pudica nel maneggiare una materia così delicata. E chiama in causa anche i luoghi e gli oggetti per ricostruire gli stati d’animo di Adriana, Ippolita e Cornelio e degli altri personaggi che animano il libro. Roma diventa “un letto pulito, una cornice per le labbra sgranate di una ragazzina”, mentre la nostalgia è una “mollica morbida capace di virare il grigio” e la cucina un luogo in grado di accogliere la giovane nella sua “guaina di sapori, consistenze, forme, impronte”. Tutto partecipa, panteisticamente, alla vita della giovane, ai suoi pensieri, agli innamoramenti, alle paure, alle delusioni e alle disillusioni. Anche il silenzio, quel silenzio senza imbarazzi che accompagna, “incartandoli” gli sguardi ammirati e stupiti di Adriana e Cornelio davanti allo sbocciare inusuale di una mimosa a dicembre nel giardino di casa.  Una fioritura fuori stagione, proprio come il libro di Valentini: una perla gialla e delicata che fa capolino fra gli sgargianti e urlanti colori delle librerie.

© Letteratitudine

LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo