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MORTE NEL CHIOSTRO di Marcello Simoni (La nave di Teseo): intervista all’autore

aprile 8, 2024

Morte nel chiostro - Marcello Simoni - copertina“Morte nel chiostro” di Marcello Simoni (La nave di Teseo): intervista all’autore

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di Massimo Maugeri

Il nuovo romanzo di Marcello Simoni è il thriller medievale intitolato “Morte nel chiostro” (La nave di Teseo). Una storia avvincente che si sviluppa sui seguenti elementi narrativi: una morte misteriosa, una reliquia, un’indagine condotta in un monastero femminile da una badessa e una novizia.

Ho avuto il piacere di discuterne con l’autore…

– Caro Marcello, partiamo come sempre dall’inizio. Come nasce questo tuo nuovo romanzo, “Morte nel chiostro”? Da quale idea, esigenza, spunto o fonte di ispirazione?

Da molto tempo, lavorando alle trame dei miei romanzi, venivo sfiorato dal desiderio di costruire una trama gialla incentrata sulle figure femminili del Medioevo. In particolare, ero attratto dal mondo monastico delle benedettine, che tanto mi ricordava la grande figura di Ildegarda di Bingen. Una figura alla quale mi sono ispirato per la mia protagonista, madre Engilberta di Villers.

– Raccontaci qualcosa sul luogo e sul periodo in cui è ambientata la storia. Siamo nella Città di Ferrara, nell’ottobre 1187. Quali sono le caratteristiche di questo luogo, con riferimento al periodo storico in cui si svolgono i fatti narrati nel romanzo?

https://www.newtoncompton.com/persona/marcello-simoni/foto_marcello-simoni_500x.pngLa scelta del dove e del quando sono emblematiche. In questo preciso momento, a Ferrara, vengono svolte le esequie di papa Urbano III, morto – dice la leggenda – di crepacuore in seguito alla notizia della caduta di Gerusalemme nelle mani dei saraceni. In realtà c’è da supporre che dietro questo decesso possa nascondersi ben altro. Un intrigo rimasto celato dalle nebbie della Storia. Non a caso, la morte per apparente suicidio di una monaca del “mio” monastero di San Lazzaro – la “scatola chiusa” in sui si ambienta il mio giallo – si rivelerà subito collegata a quella dello sfortunato pontefice.

– Cosa puoi dirci sull’attività di studio e ricerca propedeutiche alla scrittura vera e propria del romanzo?

Ho lavorato innanzitutto per riportare alla luce un aspetto non trascurato, ma a volte dato per scontato, della storia medievale: la vita delle donne, dalle prostitute alle monache, dalle regine alle “semplici” mogli di villani, mercanti e aristocratici. Un mondo che non deve essere considerato satellite della grande storia, ma parte integrante e fondamentale della lunga cavalcata di mille anni che rappresenta l’Evo di Mezzo.

– Come epigrafi del libro hai scelto due citazioni. Una è di Paolo Di Tarso (dalla Prima lettera ai Corinzi), l’altra è di Ildegarda Di Bingen (tratta da Visioni, I). Ti andrebbe di commentarle?

Le epigrafi del romanzo riguardano quasi tutte la percezione dello scorrere del tempo nel Medioevo. Il tempo giornaliero, intendo dire, scandito dal suono delle campane. Mattutino, laudi, ora terza, vespri e compieta, non solo soltanto il nome di “ore”, ma momenti di una liturgia di preghiera e di lavoro che descriveva il suo arco dall’aurora al tramonto, estendendosi nel corso della notte, durante il primo e il secondo sonno. Riguardo invece l’epigrafe tratta dalle Visioni di Ildegarda, è stato doveroso: intendevo iniziare il mio romanzo con un testo scritto da una donna, al fine di contaminare con il suo punto di vista le prime pagine della storia.

– Parlaci delle due consorelle “investigatrici”, protagoniste della storia: Engilbera di Villers (di cui ci hai già accennato qualcosa) e Beatrice de’ Marcheselli. Come le presenteresti ai nostri lettori?

https://64.media.tumblr.com/dcdfd550549b5b9a7eb1605e1552b77c/c67020ff103ae641-75/s500x750/a67549f97dc975374698dd21ea1d72239d1d80da.jpgRappresentano l’una l’opposto dell’altra. Engilberta è matura, dotta, educata fin dalla fanciullezza per essere monaca. Beatrice è giovane, impulsiva, vedova e di stirpe nobile. Benché in molti le abbiano paragonate a una versione femminile di Guglielmo da Baskerville e di Adso di Melk, tra di loro – badessa e novizia – sussiste un rapporto del tutto diverso. Più dinamico, se vogliamo, dal momento che Beatrice non rappresenta una semplice spalla di Engilberta, ma svolge un ruolo determinate nell’indagine del romanzo. Inoltre, non prova sicuramente la venerazione intellettuale di Adso nei confronti del suo maestro, ma nemmeno l’infatuazione cerebrale di Watson per Holmes.

– Cosa puoi anticiparci sulle loro indagini, senza rivelare troppo della trama del romanzo?

Come ho anticipato, terreno dell’indagine è il monastero ferrarese di San Lazzaro. Un cenobio femminile suddiviso in ambienti molto diversi tra loro, dalla chiesa al chiostro, dal dormitorio al giardino delle erbe officinali, per poi passare dalla foresteria all’infermeria. Si tratta di un vero e proprio labirinto in cui Engilberta e Beatrice, temporeggiando di fronte all’intrusione di diverse figure maschili all’interno del loro monastero, dovranno far luce sul mistero della morte della loro consorella. Una morte che ben presto si rivelerà in tutti i suoi risvolti tragici e misteriosi.

– Uno dei temi del romanzo è senza dubbio legato alle reliquie e a ciò che ruota intorno ad esse. Un tema molto affascinante. Cosa puoi dirci, in generale, su questo argomento?

Ho scritto molti romanzi (e anche alcuni saggi) incentrati sul traffico delle reliquie. Si tratta di oggetti molto particolari e di grande interesse, non tanto sul piano religioso-devozionale quanto su quello antropologico. Il fatto che dei semplici resti umani, magnificati da legendae tramandate da una tradizione scritta che rappresenta, di fatto, un genere letterario a sé, abbiano riscosso così tanto interesse durante il Medioevo, ma non solo, suscita da sempre il mio interesse. Intorno al culto delle reliquie sorgono cattedrali, vie di pellegrinaggio e storie di miracoli. Gli uomini sono attratti a tal punto da questi cimeli da ritenerli un ponte di comunicazione con il divino. Esistono addirittura “cacciatori” di reliquie, come il mio Ignazio da Toledo, o come il realmente vissuto Deusdona. Autori di autentici furti sacri, avventure tra sacro e profano, in cui le reliquie vengono descritte come tesori da scovare in luoghi remotissimi e, a volte, da rubare con l’inganno. Ed ecco perché, io credo, per le reliquie si poteva – e forse si può ancora – anche uccidere.

– Anche in questo romanzo troviamo tue illustrazioni (peraltro bellissime). Cosa ha significato per te rappresentare graficamente con il disegno alcuni degli elementi narrativi di questa storia?

I disegni rappresentano la fase finale del rapporto che, capitolo dopo capitolo, ho costruito con i miei personaggi. Un ultimo sguardo prima di lasciarli andare tra le pagine di un romanzo in via di pubblicazione. Un’ultima carezza, se vogliamo, data con la penna a china.

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La scheda del libro: “Morte nel chiostro” di Marcello Simoni (La nave di Teseo)

Ferrara, ottobre 1187. Mentre, davanti alla grande cattedrale, si celebrano le esequie di papa Urbano III, nel piccolo chiostro di San Lazzaro, un monastero femminile isolato tra le selve a margine dei sobborghi cittadini, viene trovata una monaca impiccata. Un suicidio, all’apparenza. Due consorelle della defunta, però, sospettano che dietro quel tragico evento si nasconda un intrigo ordito al di fuori del loro cenobio. La prima è Engilberta di Villers, sapiente badessa originaria dei boschi nordici del ducato di Brabante. La seconda è Beatrice de’ Marcheselli, giovane vedova entrata come novizia a San Lazzaro per trovar requie dal dolore per la scomparsa del marito. Nel corso di un’indagine che si consuma nell’arco di una sola giornata, tra gli inesorabili rintocchi delle campane, il presentarsi di enigmatici visitatori e le difficoltà di una vita comunitaria fatta di inganni, rivalità e menzogne, le due monache scopriranno un inaspettato legame tra il decesso della loro consorella e il furto di una preziosa reliquia, scomparsa dai forzieri del papa il giorno stesso della sua morte. Una reliquia che pare aver lasciato dietro di sé una scia di misteri e di delitti.

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Marcello Simoni è nato a Comacchio nel 1975. Ex archeologo ed ex bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° premio Bancarella e il premio Emilio Salgari 2012. I diritti di traduzione sono stati acquistati in diciotto paesi. Sono seguiti La biblioteca perduta dell’alchimista, Il labirinto ai confini del mondo, Il segreto del mercante di libri e La profezia delle pagine perdute, successivi capitoli della Saga del mercante; L’isola dei monaci senza nome, con il quale ha vinto il premio Lizza d’Oro 2013; La cattedrale dei morti; la trilogia Codice Millenarius Saga (L’abbazia dei cento peccati, L’abbazia dei cento delitti e L’abbazia dei cento inganni); Il marchio dell’inquisitore; la trilogia Secretum Saga (L’eredità dell’abate nero, Il patto dell’abate nero, L’enigma dell’abate nero). Tra i riconoscimenti ricevuti, il premio Stampa Ferrara, il premio Ilcorsaronero e il premio Jean Coste. Il 21 gennaio 2020 è stato invitato in Senato a discutere di lettura come strumento di democrazia. Presso La nave di Teseo ha pubblicato I misteri dell’abbazia di Pomposa e La dama delle lagune.

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