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ISTAT 2014: LA PRODUZIONE E LA LETTURA DI LIBRI IN ITALIA

gennaio 16, 2015

Logo istat.itISTAT 2014: LA PRODUZIONE E LA LETTURA DI LIBRI IN ITALIA

Preoccupanti i nuovi dati sulla lettura in Italia diramati dall’Istat. Continua a registrarsi un calo generalizzato. Il Sud continua a essere “fanalino di coda”.

I DATI IN SINTESI

Nel 2014, oltre 23 milioni 750 mila persone di 6 anni e più dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista, per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2013, la quota di lettori di libri è scesa dal 43% al 41,4%.

La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 48% delle femmine e solo il 34,5% dei maschi hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno.

La quota di lettori è superiore al 50% della popolazione solo tra gli 11 ed i 19 anni mentre la fascia di età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni (53,5%).

La propensione alla lettura è fortemente condizionata dall’ambiente familiare: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri.

Nel Mezzogiorno la lettura continua ad essere molto meno diffusa rispetto al resto del Paese: meno di una persona su tre nel Sud e nelle Isole ha letto almeno un libro (la quota di lettori è rispettivamente il 29,4% e il 31,1% della popolazione).

Si legge di più nei comuni centro dell’area metropolitana: la quota di lettori è al 50,8%, ma scende al 37,2% in quelli con meno di 2.000 abitanti.

Quasi una famiglia su dieci (9,8%) non ha alcun libro in casa; il 63,5% ne ha al massimo 100.

I “lettori forti”, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 14,3% dei lettori, una categoria sostanzialmente stabile nel tempo.

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LA RELAZIONE SULLA “LETTURA IN ITALIA”

Negli ultimi anni si legge di meno
Nel 2014 i lettori di libri sono diminuiti rispetto all’anno precedente, confermando la tendenza
negativa avviata nel 2010.
Dopo il lento ma progressivo aumento della quota di lettori registrato a partire dal 2000, che ha
raggiunto il picco massimo nel 2010 (46,8% di lettori fra la popolazione di sei anni e più) negli
ultimi anni si è manifestata un’inversione di tendenza: la quota di persone che dichiarano di aver
letto almeno un libro per motivi non scolastici o professionali nell’arco dei 12 mesi precedenti l’intervista è scesa al 41,4% (dal 46% del 2012 e 43% del 2013).
La flessione ha interessato in modo particolare i più giovani. La quota di lettori è, infatti, diminuita dal 49,3% del 2013 al 44,6% del 2014 per i ragazzi tra i 6 ed i 10 anni, dal 57,2% al 53,5% per quelli tra gli 11 ed i 14 anni e dal 49,8% al 45,6% per giovani tra i 20 ed i 24 anni.
Si confermano anche le differenze rispetto al livello d‘istruzione. La lettura di libri continua ad
essere praticata soprattutto dalle persone con un titolo di studio più elevato: leggono circa tre
laureati su quattro (il 74,9%; il 77,1% nel 2013), ma la proporzione si riduce a uno su due fra chi
ha conseguito al più un diploma superiore (51,1%; il 53% nel 2013).

Restano invariate, nel complesso, le differenze di genere riguardo alla propensione alla lettura: le
lettrici sono il 48% (erano il 49,3% nel 2013), contro il 34,5% dei lettori maschi (36,4% nel 2013).
In assoluto, il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 ed i 24
anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro). Anche per le donne, comunque, la quota di lettrici
scende al di sotto del 50% dopo i 55 anni, mentre per i maschi, è sempre inferiore a tale valore in
tutte le età. Le differenze di genere non sono significative solo per i bambini tra i 6 ed i 10 anni e
gli anziani con 75 anni e più.

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Disuguaglianze sociali, economiche e territoriali anche tra i lettori
Se, nel complesso, il livello di istruzione influisce in misura rilevante sui livelli di lettura (la quota di lettori oscilla tra un valore massimo del 74,9% fra i laureati ed un minimo del 24,6% per chi
possiede al più la licenza elementare), osservando più nel dettaglio il fenomeno attraverso un
confronto generazionale si rileva che anche tra le persone con un titolo di studio superiore la
propensione alla lettura è andata diminuendo nel corso del tempo. I laureati con più di 45 anni
leggono, infatti, in proporzione di più rispetto alle persone più giovani con equivalente livello
d’istruzione.
Con riferimento alla condizione professionale, si rilevano livelli di lettura superiori alla media tra
dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (60,9%), direttivi, quadri e impiegati (63,9%) e studenti (58,2%). I livelli di lettura più bassi si registrano, invece, tra i ritirati dal lavoro (32,8%), le casalinghe (30,8%), gli operai (28,2%) e le persone in altra condizione (22%).
A livello territoriale, la lettura risulta più diffusa al Nord, dove dichiara di aver letto almeno un libro il 48,5% delle persone residenti. Nel Sud e nelle Isole, la quota di lettori scende, rispettivamente, al 29,4% e al 31,1%.
La lettura risulta molto più diffusa nei comuni centro dell’area metropolitana, dove oltre la metà
degli abitanti (il 50,8%) si dichiara lettori, mentre nei comuni con meno di 2.000 abitanti la quota
scende al 37,2% (anche se in leggero aumento rispetto al 36% del 2013).

Al di là del contesto territoriale di appartenenza, la lettura si conferma un comportamento
fortemente condizionato dall’ambiente familiare e la propensione alla lettura dei bambini e dei
ragazzi è certamente favorita dalla presenza di genitori che hanno l’abitudine di leggere libri. Tra i
ragazzi di 6-14 anni legge il 66,9% di chi ha madre e padre lettori e solo il 32,7% di coloro che
hanno entrambi i genitori non lettori.

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Resistono i lettori forti
La composizione dei lettori in base al numero di libri letti mostra come quasi la metà (il 45%) di
essi abbia letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; si tratta dei così detti “lettori deboli”. Solo il 14,3%, avendo dichiarato di averne letti almeno 12 nell’ultimo anno, si annovera tra i “lettori forti”.
I “lettori forti”, costituiscono una quota minoritaria ma rappresentano un pubblico sostanzialmente
stabile (erano il 13,9% del totale dei lettori nel 2013). Del resto, il calo della lettura rispetto all’anno precedente sembra da attribuire soprattutto all’ulteriore diminuzione della categoria dei lettori deboli (-6,8% rispetto al 2013), i quali già avevano un rapporto molto fragile ed estemporaneo con i libri, mentre chi aveva una maggiore familiarità con la lettura ha dimostrato una sostanziale
“tenuta” nelle proprie abitudini.
I “lettori forti” sono soprattutto donne (il 15,1% delle lettrici pratica la lettura in modo intensivo) e persone con una età compresa tra i 65 e i 74 anni (il 20,2% delle lettrici e il 21% dei lettori).
A leggere in media almeno un libro al mese sono soprattutto le persone tra i 55 e i 74 anni. La
quota di “lettori forti” tra i giovani di 20-24 anni resta inferiore alla media nazionale (10,6% contro
14,3%), ma risulta in flessione rispetto al 2013 (11,8%).
Sono “lettori deboli” e dichiarano di aver letto da uno a tre libri al massimo in un anno quasi la
metà dei lettori maschi (il 47,9%) e delle persone con età tra 11 e 14 anni (51%), con al più la
licenza media (52%), in cerca di nuova occupazione (52,2%), e residenti nel Sud (57%).

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Una famiglia su dieci non ha libri in casa
Quasi una famiglia su dieci (il 9,8%, pari a circa 2,5 milioni di famiglie) dichiara di non avere alcun
libro in casa. Anche nei casi in cui è presente una libreria domestica, il numero di libri disponibili è molto contenuto: il 28,9% delle famiglie possiede non più di 25 libri e il 63,5% ha una libreria con
al massimo 100 titoli che, calcolando un ingombro medio di 30/40 libri per metro lineare, occupano indicativamente non più di tre ripiani di uno scaffale.
Le famiglie maggiormente sprovviste di libri sono quelle della Basilicata (il 19,1% non possiede
nemmeno un libro), della Sicilia (18,1%) e della Puglia (17,9%).
Le famiglie con le librerie domestiche più ricche di volumi (oltre 100) si trovano soprattutto nel
Nord-est e al Centro del Paese (rispettivamente 32% e 30,1% di quelle residenti). Friuli-Venezia
Giulia (38%), Emilia Romagna (34,2%) e Sardegna (33,6%) sono le regioni con la più alta
percentuale di famiglie con più di 100 libri in casa.
Possedere i libri non vuol dire necessariamente leggerli. Tra le persone che dichiarano di disporre
di oltre 400 libri in casa, circa una su cinque (21,8%) non ne ha letto nemmeno uno e una quota
equivalente (18,3%) ha dichiarato di leggere non più di tre libri all’anno; solo nel 23,4% dei casi si
tratta invece di “lettori forti”.

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Minori opportunità culturali ed economiche per i “non lettori”
Osservando più nel dettaglio le caratteristiche della popolazione che non pratica la lettura
(Prospetto 3), si evidenzia che, oltre al livello di istruzione (non ha letto un libro il 72,7% di chi
possiede al più la licenza elementare),la scarsa confidenza con la pagina scritta è associata anche
al contesto urbano di appartenenza l’incidenza di “non lettori” è maggiore nei comuni di minore
ampiezza demografica e raggiunge il 60,8% nei comuni fino a 2.000 abitanti.
Generalmente, la quota di non lettori cresce all’aumentare dell’età; tuttavia è da notare che il
52,4% dei bambini di 6-10 anni e il 44,3% di quelli tra 11 e 14 anni non hanno letto altri libri al di
fuori dei testi scolastici e non hanno praticato alcuna lettura se non per motivi di studio. Rispetto al genere, la distanza maggiore tra i due sessi (ben 27,3 punti percentuali) si registra nella fascia di età tra i 20 ed i 34 anni, dove le “non lettrici” sono più di una su tre (il 37,4%), mentre i “non lettori” sono quasi i due terzi della popolazione maschile (il 64,7%).
I “non lettori” rappresentano oltre la metà della popolazione in ben 14 regioni su 20; il primato negativo nella graduatoria regionale spetta alla Sicilia (71,8%) e alla Puglia (70,8%), che presentano valori superiori al 70% della popolazione.
La scarsa propensione alla lettura è un indice di difficoltà di accesso anche ad altre risorse ed
opportunità culturali. Ai non lettori, infatti, corrispondono livelli di partecipazione culturale
significativamente inferiori alla media: ad esempio, hanno visitato musei o mostre il 48,9% dei
lettori contro il 13,3% dei non lettori, e siti archeologici o monumenti il 38,7% dei primi contro il
10,3% dei secondi, mentre hanno assistito a spettacoli teatrali il 32,3% dei lettori contro il 9,6% dei
non lettori.
In base alle valutazioni espresse, la condizione economica delle famiglie di “non lettori” risulta
relativamente peggiore rispetto a quelle dei lettori: nel 2014 il 44,2% dei “non lettori” considera
“scarse” le risorse a disposizione della propria famiglia, mentre l’8,8% le ritiene “assolutamente
insufficienti”; sul fronte opposto dichiarano di avere a disposizione risorse economiche più che
sufficienti, o comunque adeguate alle esigenze della famiglia, il 61,1% dei lettori (erano il 57,9%
nel 2013), contro il 46,5% dei “non lettori”.

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Educazione alla lettura e nuove strategie di distribuzione per rilanciare il mercato editoriale
Tra i fattori che ostacolano maggiormente la lettura e la capacità di sviluppo del settore editoriale
in Italia, quasi la metà degli editori (49,9% dei rispondenti) indica la mancanza di efficaci politiche
scolastiche di educazione alla lettura. Il secondo elemento di criticità individuato è il livello
culturale della popolazione italiana considerato generalmente modesto dal 39,8%dei rispondenti.
Lo scarso successo della lettura nel nostro Paese e le conseguenti difficoltà dell’editoria sarebbero
dunque da attribuire a fattori soprattutto di matrice culturale, anche se un editore attivo su tre
(33,9%) non manca di segnalare fattori più direttamente riconducibili alle politiche settoriali, quali
lo scarso sostegno alla domanda e l’inadeguatezza delle politiche pubbliche di incentivo
all’acquisto di libri, come quelle che potrebbero derivare da detrazioni fiscali e bonus libri (Figura
5), ed il 22,2% dei piccoli editori ravvisa nei prezzi di copertina troppo alti un possibile ulteriore
fattore di scoraggiamento del pubblico.
Il 22,8% degli editori attivi rispondenti lamenta poi una scarsa attenzione ai libri e alla lettura da
parte dei media. A tale proposito, non appare trascurabile il fatto che il settore editoriale italiano è fortemente polverizzato dal punto di vista dimensionale, essendo composto in larga parte da
operatori di piccole e piccolissime dimensioni, che soffrono in particolar modo la scarsa visibilità e
pubblicità del settore librario.
I piccoli e medi editori, cioè quelli che pubblicano non più di 50 titoli all’anno, rappresentano infatti l’87,6% del numero complessivo di editori attivi. I grandi editori, invece, pur essendo il 12,4% del numero complessivo degli operatori attivi nel settore, pubblicano oltre tre quarti (76,2%) dei libri proposti sul mercato, una capacità di produzione e di offerta quasi 12 volte superiore a quella dei piccoli editori in termini di titoli proposti e 34 volte maggiore in termini di copie stampate (nel confronto con gli editori di medie dimensioni il rapporto è rispettivamente di 4 a 1 per i titoli e 11 a 1 per la tiratura).

Nel complesso, nell’indicare gli interventi ritenuti più efficaci per potenziare il settore editoriale, il 31% dei rispondenti indica l’esigenza di innovare le modalità di distribuzione dei prodotti editoriali, il 30% sostiene che occorrerebbe sviluppare anche le forme di cooperazione tra i diversi operatori economici del settore (attraverso la costituzione di consorzi, centri servizi e iniziative di
partenariato) e quasi il 27% ritiene che gli incentivi pubblici per l’acquisto di libri ed e-book (bonus per l’acquisto, deducibilità delle spese, ecc.) potrebbero rappresentare un importante sostegno al mercato e dare impulso al settore editoriale. Solo il 17,5% degli editori individua come fattore
strategico una politica di riduzione dei prezzi attraverso sconti e promozioni.
In merito alle modalità di distribuzione, ritenute un aspetto nevralgico della filiera editoriale sul
quale si gioca la capacità di intercettare la platea dei lettori effettivi e potenziali, la maggioranza
degli editori considera strategico il ruolo delle librerie indipendenti (41,3% dei rispondenti) e dei
canali di distribuzione online (31,5%), mentre appare ridimensionato (9,5%) il ruolo della grande
distribuzione organizzata (supermercati, multistore, ecc.) .
A tale proposito, i dati raccolti confermano come in questi anni il mercato del libro si stia
profondamente trasformando e come le nuove tecnologie tendano a produrre cambiamenti sia nei
processi produttivi che nelle le modalità di commercializzazione. Rispetto all’anno precedente,
infatti, risulta cresciuto sensibilmente il ricorso degli editori ai canali di commercializzazione online (utilizzato dal 72,4% degli editori nel 2012 e dal 78,7% nel 2013), con un incremento
particolarmente accentuato per i piccoli editori (dal 63,3% del 2012 al 71,1% del 2013), che d’altra
parte tendono a trovare meno spazio nelle librerie di catena (utilizzate dal 46,4% dei piccoli editori,
a fronte del 72,7% e 84,9% rispettivamente dei medi e grandi editori).
Nel complesso, alle librerie indipendenti fanno riferimento il 79,7% degli editori, mentre i punti
vendita non specializzati, come le edicole, le cartolerie e le rivendite presenti all’interno di centri
commerciali, supermercati, stazioni, uffici postali, autogrill o i altri esercizi pubblici, sono
appannaggio soprattutto dei grandi editori (55,1%) e se ne avvalgono rispettivamente solo il 38% e
il 49% dei piccoli e dei medi editori.
Alla diversa dimensione d’impresa corrisponde ovviamente una differente presenza e capacità di
esposizione sul mercato: così, mentre la quota degli editori in grado di avvalersi di tutti i canali di
commercializzazione è quasi la metà (49,3%) tra i grandi marchi editoriali, questa scende
rispettivamente al 35,3% e al 17,9% tra i medi ed i piccoli editori, che tendono ad attuare strategie
di distribuzione dei prodotti editoriali necessariamente più mirate.
Nonostante le differenti opportunità di distribuzione e di commercializzazione, per il 25,5% degli
editori rispondenti sono rimaste invendute non meno della metà delle copie stampate nel corso del
2013. La quota di libri resi dalle librerie o giacenti in magazzino è maggiore per i piccoli (30,6%) e
medi editori (22,1%), ma anche il 9,3% dei grandi editori ha dichiarato una giacenza ed un reso
superiori alla metà delle copie stampate.

* * *

Aumenta l’offerta, si punta sulle novità
Nel 2013, i circa 1.600 editori attivi censiti hanno pubblicato 61.966 titoli ed hanno stampato oltre
181 milioni di copie: circa tre per ogni cittadino italiano. In media, sono state stampate poco meno
di 3 mila copie per ciascun titolo pubblicato.
Se si confronta l’andamento della produzione libraria negli ultimi due anni e – per garantire la
comparabilità – si assume come base di riferimento esclusivamente la produzione degli editori che
hanno fornito i dati sulla propria attività in entrambi gli anni, il 2013 segna, rispetto al 2012, una
ripresa della produzione editoriale in termini quantitativi, con un aumento del 6,3% delle opere
pubblicate e del 2,5% delle tirature. Solo i medi editori hanno ridimensionato la loro
offerta in termini di titoli (-2,9%) e soprattutto di tiratura (-19,2%).
Va considerato che 315 editori, pari al 15,2% dei rispondenti, pur non avendo cessato l’attività
editoriale, hanno dichiarato di non aver pubblicato alcun libro nel corso del 2013.
Oltre la metà degli editori attivi (58,4%) pubblica meno di 10 titoli all’anno. I medi editori
rappresentano il 29,2% del totale e pubblicano non più di 50 titoli, mentre i grandi marchi editoriali
sono il 12,4% degli editori.
Se si misura la capacità di produzione e di offerta degli operatori del settore in termini di tiratura si rileva che oltre la metà dei piccoli e dei medi editori stampa non più di 500 copie all’anno. In particolare, circa un editore su dieci, tra quelli di piccole e medie dimensioni, stampa più di 2 mila copie in un anno, mentre il rapporto sale a oltre uno su tre tra i grandi editori.
A fronte di una capacità di produzione quantitativamente circoscritta, i piccoli e medi editori hanno
sviluppato un’elevata capacità di specializzazione tematica delle proposte editoriali, svolgendo
spesso un importante ruolo di innovazione, di esplorazione e di soddisfazione della domanda,
rivolgendosi a target di lettori estremamente specifici. Oltre la metà dei piccoli editori (55,4%) ha
una linea di produzione editoriale tendenzialmente monotematica.
Tale propensione risulta inversamente proporzionale alle dimensioni dell’editore, il valore
dell’indice scende al 24,4% per i medi editori, raggiungendo il 30,2% per i grandi. Inoltre, se si
osserva la composizione percentuale degli editori “specializzati” per dimensione, si evidenzia che
tre su quattro (74,9%) sono piccoli editori.
Le opere originali pubblicate in “prima edizione” costituiscono quasi due terzi (63,2%) del numero
complessivo delle proposte editoriali del 2013. Le “ristampe” non raggiungono un terzo del totale
(31,1%) e i titoli ripubblicati in “edizioni successive” sono una quota residuale pari al 5,7%.
Rispetto al 2012, le pubblicazioni in prima edizione sono aumentate del 7,2% in termini di titoli e
addirittura del 25,3% in termini di tiratura. Di segno contrario l’offerta di riedizioni, le quali sono
diminuite quasi del 16% in termini di titoli e del 53,1% in termini di copie stampate. Le opere in
ristampa hanno subito, invece, un incremento nel numero di titoli resi disponibili (+9,7%), ma una
riduzione nel numero di copie stampate (-7,9%).
Cresce il mercato internazionale dei diritti d’autore Sono oltre 11.000, pari al 18,8% del totale, le opere librarie pubblicate nel 2013 i cui diritti di edizione sono stati acquistati all’estero (nel 2012 erano poco più di 8.500, pari al 15,2%). Tali titoli sono stati stampati in quasi 53 milioni e mezzo di copie, pari a circa il 30% della produzione del 2013, e di essi, 26 hanno superato le 100.000 copie. La materia prevalente dei titoli acquistati all’estero è la narrativa moderna.
Ancora ridotta è invece la quota di opere i cui diritti di edizione sono stati venduti all’estero: si tratta del 2,2% della produzione libraria italiana, cui corrispondono 8,2 milioni di copie stampate.
Nel 2013, la quota più consistente di titoli (26,9%) e di copie (41,2%) è rappresentata dalla categoria di prezzo fino a 10 euro, con una tiratura media di 4.495 esemplari per opera. Oltre la metà della produzione libraria è costituita da opere con un prezzo di copertina non superiore ai 15 euro; questi rappresentano quasi il 53% dei titoli e il 61,3% delle tirature e la loro quota è leggermente aumentata rispetto all’anno precedente (erano il 50,8% dei titoli e il 60,0% delle copie stampate nel 2012).
Anche a seguito della crisi, nel settore editoriale si è registrata una lieve riduzione dei prezzi. In media, i libri comparsi sugli scaffali delle librerie nel 2013 hanno un prezzo di copertina pari a 19,59 euro, contro i 20,29 euro del 2012. I prezzi praticati dai piccoli editori restano sempre mediamente più alti, ma nel 2013 sono diminuiti rispetto al 2012 (da 25,05 a 22,60 euro), mentre le opere pubblicate dai grandi editori presentano un prezzo medio pressoché stabile, pari in media a 19,37 euro.

[Continua…]

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L’intera relazione corredata da grafici e tabelle è disponibile qui (file in pdf)

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