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CATERINA DELLA NOTTE di Sabina Minardi (recensione/intervista)

novembre 8, 2017

CATERINA DELLA NOTTE di Sabina Minardi (Piemme)

di Massimo Maugeri

La letteratura, l’ho sostenuto altre volte, ha la capacità di abbattere qualunque tipo di barriera spazio-temporale. È così anche nel caso dell’ottimo romanzo di Sabina Minardi, “Caterina della notte” (Piemme, pagg. 384, € 18,50) in cui l’autrice catanese residente a Roma collega due donne che vivono in epoche e in luoghi diversi.
La prima di queste donne compare sin dall’inizio del romanzo e si presenta con queste parole: “Mi chiamo Catherine e ho quasi quarant’anni. Sui miei documenti c’è scritto Caterina, ma in Italia ci sono solo nata, e a nessuno verrebbe in mente di chiamarmi così. Ho un lavoro che mi piace, un amore ufficiale e qualcuno clandestino, il tempo da inseguire ogni giorno e una camera d’albergo per rinchiuderlo: o almeno, per illudermi di riuscirci. La mia casa è al numero 2 di Redcliffe Square, Kensington, Londra”.
L’altra donna si chiama Giovanna, vive a Siena tra il 1347 e il 1380 (è contemporanea di Santa Caterina) ed ha caratteristiche speculari rispetto a Catherine. «È una donna a cui è negata la minima libertà», dice Sabina Minardi. «Una donna che è costretta a vivere per tutta la vita da reclusa all’interno dello Spedale di Santa Maria della Scala, a condurre l’esistenza con questo mantello scuro che è il simbolo più tangibile di una chiusura e di una negazione alla vita. Una donna che non è affatto vocata a quell’ascetismo e a quella santità alla quale lo Spedale e chi le sta intorno vorrebbe costringerla».
A unire le due donne è un antico manoscritto che viene recapitato sulla scrivania dell’ufficio di Catherine. Pagine d’altri tempi che contengono le parole e i pensieri di Giovanna e che si rifanno alla figura di Santa Caterina da Siena. Ed ecco che il romanzo della Minardi, caratterizzato da una grande e appassionata ricostruzione storica e da una scrittura che passa dalla narrazione moderna al “linguaggio d’epoca”, acquisisce una valenza metaletteraria potente ed efficace. Il suo epicentro, tra Londra e Siena, coincide con una mancanza che ha a che fare con la ricerca dell’amore più grande: l’amore materno. Ma c’è altro. A proposito di amore, per esempio, c’è quello rivoluzionario di Caterina da Siena.
Immagine correlata«Avventurandomi nel corpo delle quasi 400 lettere che lei ci ha lasciato», spiega la Minardi, «ho trovato una figura straordinaria e di grandissima modernità. Caterina da Siena è per tutti noi quel personaggio che convinse Gregorio XI a lasciare Avignone e a riportare la sede del Papa a Roma. Una donna dalla grande missione politica, che bacchettava i potenti del suo tempo, denunciava i casi di corruzione e così via. Però è come se questa figura, in quella missione, avesse quasi un po’ esaurito il suo ruolo storico. Dalla lettura di queste sue lettere, invece, emerge altro: un linguaggio estremamente rivoluzionario che la rende una delle letterate più importanti della sua epoca. Ma rivoluzionario è anche il modo in cui parla dell’amore. L’amore, per Caterina da Siena, è la forza che fa andare avanti il mondo, il fine a cui tende l’uomo, la natura di cui è fatto Dio. Credo che in tutto ciò ci sia una grande modernità».
E poi ancora c’è l’amore per i luoghi, che quando è forte riesce persino a generare storie. Come rivela l’autrice, questo romanzo nasce prima di tutto da una sua grande passione per il complesso di Santa Maria della Scala, sorto a Siena intorno all’anno mille. Un luogo non lontano dalla via Francigena e che svolgeva una funzione di assistenza dei malati, di accoglienza dei “gettatelli” (cioè dei bambini abbandonati), ma anche di rifugio dei pellegrini (poiché lo Spedale apriva le porte alla gente di passaggio diretta a Roma). «Questo luogo ha esercitato in me un grande fascino proprio per il suo essere un luogo di passaggio, un crocevia di storie, di culture, di avventure, di misteri; ma soprattutto», evidenzia Sabina Minardi, «per essere un luogo di grande civiltà perché apriva le sue porte agli stranieri e, anziché considerarli nemici, li trasformava in ospiti, li accoglieva».

(articolo pubblicato sul quotidiano “La Sicilia”)

 

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Caterina della notte” (Piemme) di Sabina Minardi

Catherine ha quarant’anni e un forte senso di vuoto dentro. Forse per colpa di David, l’uomo che ha accanto, ma che da tempo non sente più vicino; o forse è la convivenza con il padre – da sempre per lei madre e padre insieme – che è diventata troppo ingombrante. Per questo, il giorno in cui le viene recapitato un manoscritto sulla scrivania dell’ufficio, Catherine si lascia completamente travolgere dalla lettura. Quella che scorre tra le pagine è una storia antica, ambientata nella Siena dov’è nata ma che non ha mai più visto. Ed è scritta in italiano, la lingua madre di cui serba un ricordo sfocato. Protagonista una santa che porta il suo nome, Caterina.
A narrare è una donna che nel 1380 vive nello Spedale di Santa Maria della Scala, luogo di cura dei malati e di assistenza per i “gettatelli”, rifugio di viandanti e pellegrini lungo la Via Francigena. Un ospedale, sorto intorno all’anno Mille, crocevia di culture diverse ed emblema di convivenza tra laici e religiosi, tra ricchi, poveri, artisti, gente in cammino: uomini e donne che deviano dalla loro strada, in cerca di sé. In quel luogo straripante di vita, la donna è costretta a non vedere mai la luce del giorno, per una colpa segreta che porta fin dalla nascita.
Tra quelle pagine oscure e appassionanti, Catherine trova qualcosa che la spinge verso la sua città natale e verso la madre, morta quando lei era bambina, e della quale nessuno parla mai. Seguendo il racconto di Giovanna, quelle vite così lontane si fanno sempre più vicine. E, scoprendo il segreto che lega Giovanna allo Spedale e a santa Caterina, Catherine riuscirà a svelare i misteri del suo passato e a ritrovare se stessa.

Immagine correlataSabina Minardi è nata a Catania, vive a Roma. Caposervizio del settimanale L’Espresso, scrive di cultura e società e cura la sezione Visioni. Bookmarks è il suo blog sui libri. Sposata, ha due figlie.

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