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IL PRIMO SOLE DELL’ESTATE di Daniela Raimondi (Nord)

giugno 3, 2023

Il primo sole dell'estate - Daniela Raimondi - copertina“Il primo sole dell’estate” di Daniela Raimondi (Nord): incontro con l’autrice e un brano estratto dal romanzo

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Daniela Raimondi è nata in provincia di Mantova e ha trascorso la maggior parte della sua vita in Inghilterra. Ora si divide tra Londra e la Sardegna.
Ha pubblicato dieci libri di poesia che hanno ottenuto importanti riconoscimenti nazionali. Suoi racconti sono presenti in antologie e riviste letterarie. Dopo il successo della Casa sull’argine, Il primo sole dell’estate è il suo secondo romanzo: abbiamo chiesto all’autrice di parlarcene…

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«Il Primo Sole dell’Estate nasce da un desiderio dei miei lettori», ha detto Daniela Raimondi a Letteratitudine. «Quando è uscito il mio primo romanzo La casa sull’Argine, molti mi hanno scritto che sarebbe stato bello inoltrarsi maggiormente nelle vite di alcuni personaggi. Lì non c’era stata la possibilità di farlo: si trattava di una storia circolare dove parlavo del destino di una famiglia e di una profezia. Si doveva necessariamente giungere a una conclusione e la profezia doveva compiersi all’interno di un unico libro.
https://bio.editricenord.it/images/2843670214209_0_300_0_0.jpgQuando poi i lettori hanno espresso il desiderio di saperne di più, ho deciso di ascoltarli. In primis ho riportato alla ribalta la voce narrante del primo romanzo, Norma.  Di lei avevo detto pochissimo: che amava dipingere, che sarebbe andata a vivere all’estero, e che avrebbe avuto un’unica figlia in età avanzata.  Norma però rimaneva una figura centrale, perché era attraverso i suoi occhi e i suoi racconti che scoprivamo il piccolo mondo di Stellata prima, e di Viggiù più avanti. Per questo ho voluto ripartire da lei e dall’anno della sua nascita: il 1947. Nel nuovo romanzo ripercorro la sua infanzia e la sua giovinezza, mostrandola da punti di vista diversi e inoltrandomi con maggiore profondità nel suo carattere, nei suoi problemi, nei suoi sogni e nelle sue aspirazioni.  Nel nuovo libro seguiremo le vicende di Norma fino ai giorni nostri, vedremo cosa le succede e cosa le riserva la vita.
Nel Primo Sole dell’Estate, i lettori ritroveranno anche i suoi genitori, i genitori di Donata, e Adele e Maria Luz. Ognuno di loro possedeva un potenziale narrativo che poteva ancora essere esplorato e raccontato. Sono stati i personaggi stessi a guidarmi. Come i “personaggi in cerca di autore” di Pirandello, esistevano già e chiedevano di vivere, e io ho dato loro questa possibilità. L’ho fatto con passione e con curiosità, creando una storia che potesse collegarsi al mio primo libro ma che, allo stesso tempo, possedesse una propria autonomia e si potesse leggere anche come un romanzo a sé.
Rituffarmi nel mondo e nei personaggi della famiglia Casadio mi ha riportato alle mie radici e allo stesso tempo mi ha permesso di inoltrarmi negli ambienti stranieri in cui si è snodata e continua a snodarsi la mia esistenza. È stata un’esperienza magica, e non soltanto per il realismo magico che aleggia a tratti nel romanzo, ma perché il periodo in cui lo scrivevo ha portato gioia nella mia vita. Ho avuto l’occasione di vivere a lungo accanto ai miei figli, a Londra, e c’è stata la felicità di una nascita: un nipotino che si chiama Elia, come uno dei protagonisti del nuovo romanzo.
Il Primo Sole dell’Estate continua il percorso narrativo iniziato con La Casa Sull’Argine. Il lettore ritroverà atmosfere e persone già conosciute in precedenza ma, allo stesso tempo, andrà alla scoperta di personaggi nuovi e di nuove realtà.  Spero che chi lo legge provi lo stesso piacere che ho provato io, scrivendolo».

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Un brano estratto da “Il primo sole dell’estate” di Daniela Raimondi (Nord)

Il primo sole dell'estate - Daniela Raimondi - copertina

1952

fine maggio

Guido pedalava tranquillo e cantava:

Non dimenticar che t’ho voluto tanto bene.
T’ho saputo amar, non dimenticar…
Se ci separò, se ci allontanò l’ala del destino,
non ne ho colpa, no, e ti sentirò sempre a me vicinoooo…

«Il destino è un uccello?» chiese la bambina.
«Un uccello?»
«Hai detto ’l’ala del destino’.»
Lui rise. «È un modo di dire.»
«Cos’è il destino?»
«È … come ti giochi la vita.»
Lei però ne sapeva quanto prima. «E la vita cos’è?»
«Quello che fai ogni giorno: quando ti alzi, ti vesti e bevi il latte… tutto è vita. Anche adesso che andiamo in bicicletta a casa di tua nonna, è vita.»
I due si lasciarono alle spalle Felonica, il borgo di Quatrelle, e raggiunsero la fila di case addossate all’argine destro del Po che segnava l’inizio di Stellata.
«Quando mi riporti a casa?» chiese la bambina.
«Non appena la mamma torna dalla risaia.»
«Perché non posso stare con te?»
«Perché lavoro, e la nonna di Sermide è malata, non può tenerti. Non sei contenta di stare con nonna Neve?»
«Sì, ma stare con te era un destino più bello.»
Si fermarono davanti alla fila di vecchie abitazioni che costeggiavano l’argine del fiume. Ancor prima di scendere, Guido scorse il padre che, in cima a una lunga scala a pioli, imbiancava il piano superiore della casa. Sua madre teneva ferma la scala, preoccupata perché un incidente di gioventù aveva reso zoppo il marito.
«Radames, vegn zo, che con c’la gamba sifulina at finirè par cupárat!» gridava la Neve.
«Con la gamba che si ritrova, finirà davvero per ammazzarsi!» mormorò Guido.
Aiutò la bambina a scendere dal seggiolino, slegò dal portapacchi la valigia, e scesero le scalette che, dalla cima dell’argine, conducevano alla porta d’ingresso.
«Però! Che cambiamento con una mano di bianco!» esclamò una volta sotto.
«Ah, Guido, eccoti! Neve, tegn sodi c’a vegni zo! Tieni ferma la scala che vengo giù!» avvertì Radames.
«Prima o poi ti romperai l’osso del collo, ma almeno avrò finito di tribolare», brontolò la Neve, però tenne salda la scala mentre il marito iniziava a scendere. «Entra, che ti ho fatto il pollo con i peperoni che ti piace tanto», aggiunse, rivolgendosi al figlio.
«Non posso, mamma. Devo scappare se no faccio tardi allo zuccherificio.» Diede un bacio alla bambina. «Tu fai la brava, che sabato vengo a trovarti.»
«Vai, che tua figlia da noi starà benissimo», lo rassicurò Radames, i piedi già per terra.
Risalito sull’argine, Guido si girò per un ultimo saluto. Fermi davanti alla porta, i suoi genitori gli sembrarono due vecchi, anche se in verità avevano poco più di quarant’anni.
Il padre era alto, con il corpo asciutto e i capelli a spazzola. Aveva un viso delicato, a eccezione del naso, che era lungo e con una piccola gobba. Sua madre Neve, invece, era un donnino tutta nervi ed energia. I capelli non li teneva raccolti in una crocchia come le sue coetanee, ma li portava tagliati sotto le orecchie. Raccontava che, a sedici anni, aveva eliminato le trecce a colpi di forbici perché voleva assomigliare alle attrici americane. Neve non era mai stata bella come le sue sorelle, e non possedeva certo il fascino di Adele, la figlia maggiore dei Casadio. Quella zia, Guido la conosceva solo di fama, perché era andata a sposarsi in Brasile quando lui nemmeno era nato, ma tutti dicevano che, tra le figlie femmine di Beppe Casadio, era lei la più bella. Neve però aveva nei lineamenti qualcosa di esotico che incuriosiva: la pelle era ambrata, i capelli folti e neri come la pece, ma erano soprattutto gli occhi che attiravano l’attenzione della gente: brillavano come perle e quando lei ti guardava, parevano leggerti dentro.
Dalla cima dell’argine, Guido notò che i suoi, come al solito, avevano iniziato a beccarsi.
«Le scarpe sporche di pittura in casa mia non entrano!» gli intimò la Neve.
«Se non ti vado bene, stasera mangio in trattoria», sbottò Radames ma, mentre parlava, già si era tolto le scarpe e stava entrando in cucina con la nipote per mano.
«Neve, perdio! Vieni che la bambina ha fame!» gridò subito dopo, sporgendosi dalla finestra.
«Un po’ ad pasiensa!» gli rispose lei, indispettita, e sparì dietro la porta.
In quella casa non era cambiato niente, pensò Guido. Lui con quei battibecchi c’era cresciuto, ma adesso era un uomo, e capiva che la vera ragione di quell’attrito non erano certo le scarpe sporche di suo padre.
Stanca delle troppe gravidanze, alla nascita del decimo figlio la Neve aveva obbligato Radames a dormire nella stanza dei figli maschi e, da allora, ogni sera si era assicurata di chiudere a chiave la porta della sua camera.
Lui si era vendicato prendendo come amante la Rosa, una vedova che viveva sulla strada per Bondeno. In giro lo sapevano tutti, e al bar non si facevano sfuggire l’opportunità di fargli battute a doppio senso.
«Radames, ma che sapone adoperi, che oggi profumi come una rosa?» gli chiedeva il suo amico Erminio con un sorriso sornione.
«Non v’è rosa senza spine», commentava il postino giocando a briscola, quando si imbatteva nelle carte sbagliate.
I genitori entrambi in casa, Guido diede la prima pedalata e riprese la via del ritorno. Mezz’ora e sarebbe arrivato allo zuccherificio, giusto in tempo per iniziare il suo turno.

[pp. 40-43]

(Riproduzione riservata)

© Nord

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La scheda del libro: “Il primo sole dell’estate” di Daniela Raimondi (Nord, 2023)

È una casa fredda, quella in cui cresce Norma, in cui i genitori non si separano per quieto vivere e gli abbracci si contano sulle dita di una mano. Forse è per questo che, quando Norma è lontana dalla famiglia, tutto le sembra più bello. Come le estati passate dai nonni, a Stellata, un paesino in cui il tempo sembra essersi fermato ed è reso ancora più magico dai racconti di nonna Neve, che parlano di una famiglia di sognatori e di sensitivi e della zingara che ha segnato la loro strada. E poi, sempre a Stellata, c’è Elia, compagno di giochi e di confidenze. Tuttavia, quando l’infanzia cede il posto all’adolescenza, Norma scopre di avere paura dei nuovi sentimenti che la legano a Elia e decide di interrompere la loro amicizia. Passeranno molti anni prima che i due si ritrovino a Londra e il loro rapporto si trasformi in un amore adulto e totalizzante, ma il destino sta scrivendo per lei un’altra pagina, una pagina che è incominciata a Stellata e finirà molto lontano, in Brasile. Perché i sogni hanno sempre un prezzo e la felicità è un dono che si conquista attraverso la fatica.

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