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PERDERSI di Annie Ernaux (L’orma) – un estratto

novembre 13, 2023

Perdersi. Ediz. integrale - Annie Ernaux - copertina“Perdersi” di Annie Ernaux (L’orma, 2023 – traduzione di Lorenzo Flabbi)

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un brano estratto da “Perdersi” di Annie Ernaux, scrittrice vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022.

In questo potentissimo diario – pubblicato in Francia nel 2001 e che si dipana tra il settembre 1988 e l’aprile 1990 – Ernaux racconta la sua relazione con S., un diplomatico sovietico conosciuto durante un viaggio in URSS. Giorno dopo giorno, in preda al coinvolgimento erotico e sentimentale, Ernaux entra nel vorticoso gorgo dell’ossessione al punto tale da non riuscire a neppure più scrivere, se non di questa storia.

Decidendo di pubblicare senza tagli né censure il diario di una passione, Ernaux assolve nella maniera più alta il proprio mandato letterario: raccontare una verità alla quale è impossibile sottrarsi, salvare l’esistenza attraverso la memoria. Leggendo Perdersi ci si immerge nella materia viva e bruciante alla quale Ernaux attinge per scrivere le proprie opere, ci si trova a fronteggiare una narrazione che non fa sconti, in cui nulla è omesso, ci si trova avvinti dalle spire del desiderio, tra riflessioni taglienti e lucidissime sulla necessità di scrivere, sul rapporto con il corpo – nostro e dell’altro da noi –, sull’attesa, su un assillo cui non si può sfuggire se non per brevi istanti.
La traduzione è di Lorenzo Flabbi.

«Sono consapevole di pubblicare questo diario spinta da una sorta di prescrizione interiore, senza preoccuparmi di ciò che proverà lui, S. A ragione, potrebbe considerarlo un abuso di potere letterario, o addirittura un tradimento. Me lo immagino a reagire sulla difensiva, con una risata o con un moto sprezzante: “La vedevo soltanto per farmela”. Mi piacerebbe, invece, che accettasse, anche senza capirlo, di essere stato per mesi, a sua insaputa, questo principio, meraviglioso e terrificante, di desiderio, di morte e di scrittura.»

 

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Un brano estratto da “Perdersi” di Annie Ernaux (L’orma, 2023 – traduzione di Lorenzo Flabbi)

Perdersi. Ediz. integrale - Annie Ernaux - copertina

1988

Settembre

Martedì 27
S…, la bellezza di tutto questo: esattamente gli stessi desideri,
le stesse azioni di un tempo, nel ’58, nel ’63, e con P. E la stes-
sa sonnolenza, fin quasi al torpore. Tre scene spiccano sulle al-
tre. La sera (domenica) nella sua stanza, eravamo seduti vicini,
a contatto, e non abbiamo detto nulla e stavamo acconsenten-
do, desiderando ciò che sarebbe successo di lì a poco, quando
ancora dipendeva da me. Con la mano mi sfiorava le gambe
tese ogni volta che lasciava cadere la cenere della sigaretta nel
posacenere appoggiato per terra. Davanti a tutti. E parlavamo
come se nulla fosse. Poi gli altri se ne vanno (Marie R., Irène,
R.V.P.) ma F. si intromette, mi aspetta per andarcene assieme.
So che se lascio la stanza di S. ora, non avrò la forza di tornare.
Poi tutto si confonde. F. è fuori, o quasi, la porta è aperta, e mi
pare che S. e io ci lanciamo l’uno contro l’altra, che la porta si
richiuda (chi la chiude?), siamo nell’ingresso, la mia schiena
contro il muro spegne e accende la luce. Mi devo spostare da
lì. Lascio cadere l’impermeabile, la borsa, la giacca del tailleur.
Spegne la luce. Ha inizio la notte, che io vivo con intensità
assoluta. (Ed eppure, come sempre, con il desiderio di non
vederlo più.)
Secondo momento, lunedì pomeriggio. Ho finito di fare i
bagagli nella mia stanza, lui bussa alla porta. Nell’ingresso, ci
accarezziamo a vicenda. Mi desidera così tanto che mi inginoc-
chio e lo faccio godere con la bocca, a lungo. Tace, poi sussurra
il mio nome con il suo accento russo, come una litania. La mia
schiena contro il muro, il buio (non vuole luce), la comunione.
Ultima scena, sul treno notturno per Mosca. Ci baciamo in
fondo al vagone, la mia testa accanto a un oggetto (un estin-
tore, avrei capito dopo). E tutto ciò è accaduto a Leningrado.
Nessuna prudenza da parte mia, nessun pudore, e anche, fi-
nalmente, nessun dubbio. Un cerchio si chiude, commetto gli
stessi errori di una volta, e non sono più errori. Nient’altro che
bellezza, passione, desiderio.
Dal mio ritorno in aereo, ieri, cerco di ricostruire, ma tutto
tende a sfuggire, come se qualcosa fosse avvenuto al di fuori
della mia coscienza. Unica certezza, a Zagorsk, sabato: in quel
momento, durante la visita al Tesoro, le pattine ai piedi, mi
prende per la vita qualche secondo e capisco subito che avrei
accettato di dormire con lui. Ma dopo, dov’era il mio deside-
rio? Pranzo con Četverikov, il direttore della vaap [Agenzia
sovietica per i diritti d’autore], e S. è lontano da me. Partenza
per Leningrado, con il treno a cuccetta. In quel momento lo
desidero, ma ancora niente è possibile e non me ne preoccupo:
che accada o meno non mi fa soffrire. Domenica, visita di Le-
ningrado, la casa di Dostoevskij, al mattino. Credo di essermi
sbagliata sulla sua attrazione per me e non ci penso più (davve-
ro?). Pranzo all’hotel Europe, accanto a lui, ma è già successo
tante volte dall’inizio del viaggio. (Un giorno, in Georgia, era
seduto accanto a me, io mi sono asciugata le mani bagnate sui
suoi jeans, spontaneamente.) Visita all’Ermitage, siamo assie-
me di rado. Ritorno da un ponte sulla Neva, siamo insieme,
appoggiati al parapetto. Cena all’hotel Karelia, sono separata
da lui. R.V.P. lo spinge a far ballare Marie, un lento. Io però a
questo punto so che ha il mio stesso desiderio. (Dimenticato
un episodio, prima della cena: lo spettacolo di danza classica,
quando mi siedo al suo fianco e non faccio altro che pensare
al mio desiderio per lui, soprattutto durante la seconda par-
te dello spettacolo, in stile Broadway, I tre moschettieri. Ho
ancora la musica impressa nella testa. Mi dico che se riesco a
ricordarmi il nome della compagna di Céline, una ballerina,
andremo a letto insieme. Mi viene in mente: Lucette Alman-
sor.) Nella sua stanza, dove ci ha invitato a bere vodka, fa vi-
sibilmente in modo di sedersi accanto a me (grandi difficoltà
per aver la meglio su F., che mi corre dietro). E là so, lo sento,
sono sicura. È la sequenza perfetta di momenti, la complicità,
la forza di un desiderio che non aveva bisogno di molte parole,
tutto molto bello. E quella «assenza» di pochi secondi, nel mo-
mento in cui accade la fusione vicino alla porta. Aggrapparsi
l’uno all’altra, baciarsi fino a morirne, lui mi strappa la bocca,
la lingua, mi stringe.
Sette anni dopo il mio primo soggiorno in urss, una rivelazio-
ne sul mio rapporto con l’uomo (con un solo uomo, lui, non con
un altro, come un tempo Claude G., poi Philippe). E l’immen-
sa fatica. Ha trentasei anni, ne dimostra trenta, alto (accanto a
lui, senza tacchi, io sono bassa), magro, gli occhi verdi, i capelli
castano chiaro. L’ultima volta che ho pensato a P. è stato a letto,
dopo aver fatto l’amore, una leggera tristezza. Ora non penso ad
altro che a rivedere S., andare fino in fondo a questa storia. E,
come nel ’63 con Philippe, torna a Parigi il 30 settembre.

(Riproduzione riservata)

© L’orma editore

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Annie Ernaux è nata a Lillebonne nel 1940 ed è una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese. Studiata e pubblicata in tutto il mondo, nei suoi libri ha reinventato i modi e le possibilità dell’autobiografia, trasformando il racconto della propria vita in acuminato strumento di indagine sociale, politica ed esistenziale. Considerata un classico contemporaneo, è amata da generazioni di lettrici e lettori. Nel 2022 è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura.

 

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