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IN COMPAGNIA DELLA TUA ASSENZA di Colette Shammah: incontro con l’autrice

marzo 6, 2018

IN COMPAGNIA DELLA TUA ASSENZA di Colette Shammah (La nave di Teseo)

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In compagnia della tua assenza” sarà presentato a Tempo di libri giovedì 8 marzo alle ore 16 presso il Caffè letterario.

Interverranno: Colette Shammah, Marina Gersony

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Come si riempie il vuoto lasciato da una persona forte, ingombrante, anticonvenzionale? Colette Shammah, scrittrice di diari e affascinata dalle “malattie del pensiero”, lo racconta al pubblico della Fiera coinvolgendolo nella storia di una famiglia tra Aleppo, Parigi e Milano.

 

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Colette Shammah è nata e vive a Milano. Dall’età di quindici anni scrive lettere per se stessa che nessuno ha mai letto. Dopo una laurea in Lettere a indirizzo psicopedagogico, ha lavorato nel campo dell’editoria (Enciclopedia dei bambini di Pinin Carpi). In seguito ha recitato per anni in teatro e in tv. Ha seguito diversi corsi sul Metodo Feuerstein. Negli anni successivi ha conseguito un master in Mediazione familiare sistemica e ha lavorato a lungo come mediatrice. In compagnia della tua assenza è il suo primo romanzo.
Per La nave di Teseo, Colette ha appena pubblicato il romanzo intitolato “In compagnia della tua assenza“.

Abbiamo chiesto all’autrice di raccontarci come è nato questo libro, di fornirci qualche riferimento sul contesto e sull’ambientazione, di spiegarci come ha sviluppato la narrazione…

Mia madre se ne era andata da poco, il vuoto dell’assenza era enorme“, dice Colette Shammah. “Qualcosa di me restava impigliato a quello scoglio. Mi accorsi quasi di colpo che sapevo ben poco di lei, di quella ragazza che era stata, dei paesi lontani nei quali aveva vissuto. Era come se scoprendo qualcosa di lei avrei capito meglio qualcosa di me. Ho desiderato indagare quel vuoto e quel mistero della figura materna. Nel corso della scrittura altre voci si sono alzate, luoghi che non conoscevo sono emersi. È nato il racconto di Sophie, di sua figlia Esther, delle altre sorelle e dei paesi che hanno fatto da sfondo al loro vivere“.

Con riferimento al contesto e ambientazione Colette ci spiega che…

Il contesto è famigliare. Una delle figlie cerca nel passato della madre una spiegazione a molti quesiti rimasti senza risposta. È la voce narrante che ci guida in una Aleppo degli anni 30 che ora non esiste più. Seguiamo la protagonista in Europa, quella di ottant’anni fa, in uno dei periodi più bui della nostra storia. Il contesto sono i legami famigliari. L’ambientazione si muove tra oriente e occidente, tra ebraismo orientale e cultura europea“.

Tutto è arrivato alla penna“, ci dice ancora Colette con riferimento allo sviluppo della narrazione. “Facilmente. Ho costruito un trenino e ogni carrozza aveva la sua specificità senza bisogno di collegarsi alla carrozza che la precedeva.
Poi ho riordinato i periodi e il romanzo ha preso forma.
Una madre muore, una figlia la cerca nel passato, sorge il racconto di quando la madre aveva 16 anni e da lì prende forma una vita intera. Quella di Sophie. Ma nello stesso tempo, quella di Esther e delle altre sorelle.
Un caleidoscopio di punti di vista che finiscono per descrivere quattro madri, una per ogni figlia.
Le figure maschili sono più lievi ma di fondamentale importanza. Il tenero Raimond che non riesce ad opporsi ai desideri materni. All’opposto, Maurice, maschio lungimirante, intelligentissimo, che capta al volo la preziosa rarità di Sophie e va dritto all’essenziale chiedendola in sposa. Silvain il padre di Sophie, intellettuale raffinato, autorità silenziosa e ferma, capace.
È un romanzo in cui parlo di convivenze tra persone, etnie e religioni diverse. Mi imbatto nella speranza e nella fuga. Sì perché Sophie, dopo aver lasciato Aleppo per studiare a Versailles, si trova costretta, appena diciottenne, a fuggire dalla Francia a causa delle leggi razziali del 40. E di nuovo succederà nel 48, quando gli arabi in rivolta per la nascita dello stato di Israele cacciano gli ebrei dalle loro case, dalle loro terre”.

Ringraziamo Colette Shammah e proponiamo, qui di seguito, un assaggio di “In compagnia della tua assenza” (La nave di Teseo)

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Un assaggio del libro (le prime pagine)

Prima parte. Tra terra e cielo

Nel silenzio di mia vita che si spegne
ricordi e ombre entrano dalle finestre aperte

Cade la sera, come ogni altra sera, e un pezzo della mia anima fa vela verso un territorio sconosciuto.
Si stacca come una tela che si stacca, dal nulla al nulla da cui è venuto e verso cui tende.
Il silenzio invade il mondo e la fede vacilla.
E come ogni sera punto i piedi di fronte al nemico che è invisibile, ma c’è.
È la mia battaglia, e niente mi distrae dallo sforzo di vincerla prima di perdermi nel nulla furioso.
Fin qui, il vuoto si è annullato di sera in sera, come ogni sera. E ricominciavo a vivere facendo finta di niente.
Ma questa volta, questa sera, quando cade, mi trova in compagnia della morte.
Sei tu, mamma, quel corpo sotto il lenzuolo? Nulla lo rivela eccetto la forma minuta, minutissima, che sagoma il telo bianco, e il fatto che io lo so che sei tu, e lo sanno anche quei pochi che sono presenti di là, in un’altra stanza della casa, più silenziosa di una tana abbandonata.
Tra terra e cielo non si capisce più quello che era e quello che sarà. Il tempo è immobile, non definisce nulla oltre al fatto che tu non sei più. Per sempre. Mai più.
Un ronzio nella testa mi chiude le orecchie; ora che non c’è da fare, che non c’è da andare, per che cosa si combatte?
Cerco con lo sguardo la coperta verde chiaro sotto cui mi nascondevo ogni volta che ero in camera tua e non volevo vederti soffrire. Mi viene freddo. E tu, piccola mamma, senti freddo anche tu?
Pochi mesi fa, gli ultimi della tua esistenza, l’idea del caldo ti aveva tormentata più del solito, e ancor prima che arrivasse la piena estate era cresciuto il rischio di cadute dovute alla tua debolezza, e ti sentivi troppo instabile e maldestra. Allora ti chiudevi in casa e a fine giornata, sempre accompagnata, scendevi la rampa di scale a una a una, molto avvilita.
Tu, un tempo così sicura e autonoma, non volevi rinunciare alle visite delle tue figlie e, sapendo che non si sarebbero spostate dalla città fino ad agosto, trovavi insopportabile l’idea di rimanere sola nella tua casa di montagna. Per cui affrontavi il caldo con il freddo condizionato che peggiorava le difficoltà giornaliere.
Come invidiavo la tua forza di volontà, la tua precisione nei desideri. Io vivevo di riflesso al mondo seguendo i primi passi che avevo fatto con te.
A quel tempo, non vedevi quasi più e avevi paura di cadere e di non trovare due braccia compassionevoli pronte ad accoglierti. Come non volevi obbedire al destino, così non volevi cascare nelle mani grandi e distratte degli infermieri, e con eloquenza magistrale esprimevi il tuo odio per cliniche e ospedali.
Diventare un numero, un essere morente senza identità, tu che non riconoscevi di avere una terra d’origine e avevi scelto la Persia come luogo di nascita, malgrado sul passaporto ci fosse scritto Siria. Malgrado tu parlassi francese, pensassi in francese. Ora l’unico tuo riparo era la casa, fino alla fine. Dunque vietato qualsiasi passo falso, mai lasciarsi cogliere di sorpresa, prestare molta attenzione, soprattutto per strada. E che non ci fosse mai bisogno di un’ambulanza. “Anche se inciampo e casco per terra non li lascerò fare, nessun estraneo mi obbligherà a salire sul maledetto camioncino,” dicevi.
Eppure in casa, spericolata, rischiavi; provavi anche tu come me a far finta di niente, ti alzavi da sola, cadevi sul letto, ti giravi, toccavi, spostavi, coglievi ogni opportunità per ricordare chi eri. A tutti i costi.
(…)

(Riproduzione riservata)

© La nave di Teseo

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La scheda del libro
Sophie, ebrea bella, colta ed elegante, nasce ad Aleppo negli anni ’20. Studia in Francia e dopo essere sfuggita alle leggi razziali si trasferisce in Italia con l’amato Maurice e la primogenita Aline. Nella Milano del dopoguerra si fa notare per lo stile anticonvenzionale: è una giovane donna sofisticata e benestante che con le figlie parla solo in francese e preferisce andare alla Scala invece che in sinagoga. Elegante e indomabile, Sophie guida (anche il motoscafo), gestisce e amministra la famiglia come fosse lei “il maschio” (il marito è spesso lontano per lavoro e di lei si fida). La sua vita scorre raccontata dalla figlia Esther: sullo sfondo la guerra, l’esilio, i profughi, il boom economico, il bel mondo, gli ebrei e la loro cultura. Fino a che Sophie, che è diventata nonna e ha perso Maurice, comincia a sentirsi isolata. Soffre. La sua camminata eretta e svelta si fa tentennante. Il dolore alla schiena è pungente. Il passo piano piano più debole. Sophie, che ha sempre curato molto il suo aspetto, è sconvolta dal decadimento. E quando la malattia la mangia piano piano, lei decide di offrire tutta se stessa prima di abbandonare il gioco. Con fermezza e dignità. Le stesse con cui ha governato la sua vita e quella delle quattro figlie, che devono trovare un accordo e assecondare la decisione ultima di una madre che si farà rispettare fino in fondo dalla vita e dal tempo.

 

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