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OMAGGIO A LOREDANA LIMONE

dicembre 9, 2018

Ricordiamo la scrittrice Loredana Limone (Napoli, 16 ottobre 1961), morta a ieri – 8 dicembre 2018 – a Milano. Riproponiamo l’Autoracconto d’Autore con cui la scrittrice ci parla del suo “Borgo propizio

Loredana Limone, napoletana, milanese d’adozione, dopo una decina di libri tra fiabe e gastronomia, ha esordito nella narrativa con Borgo Propizio (Guanda 2012, Tea 2013). Premiato con la menzione speciale al Premio Fellini 2012, è stato tradotto in Spagna, Germania e Bulgaria, così come il secondo romanzo della serie: E le stelle non stanno a guardare (Salani 2014, Tea 2015). Nel 2015, sempre edito da Salani, è uscito il terzo romanzo della serie, Un terremoto a Borgo Propizio. Il suo ultimo libro è La felicità vuole essere vissuta. Le storie di Borgo Propizio (Salani, 2018).

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Loredana Limone “racconta” il proprio romanzo Borgo propizio” (Tea)

di Loredana Limone

Chi scrive in genere ha sempre scritto. E così io. Composi la prima cosuccia che avesse un senso, diciamo letterario, a nove anni. Era una poesiola in prima persona dal titolo significativo: La penna. Da allora non ho mai smesso. Ma fu molti anni dopo, con la nascita di mio figlio, grazie alle fiabe scritte per lui le quali, insieme al cibo e ai baci, erano state un grande veicolo d’amore materno, che arrivò il primo libro con una piccola casa editrice.
Da lì sono si sono succedute diverse pubblicazioni, una decina, in una lunghissima gavetta dal crescendo soddisfacente ma qualche volta frustante, finché – ormai matura sotto tutti i punti di vista, dopo 40 anni da quella prima poesiola – ho fatto il salto nella grande editoria e sono stata pubblicata da Guanda.
Adesso a chi mi chiede cosa faccio, rispondo la “scrittrice da grande”.
BORGO PROPIZIO, oggi tra i Tascabili TEA, è un romanzo di intrattenimento, allegro, fresco e umoristico, ma le ragioni che mi spinsero a scriverlo furono qualcosa di ben differente, ben triste, ben pesante.
Sapete come accade con gli elettrodomestici che, rotto il primo, gli altri seguono a ruota? Così anche i dolori e le avversità in genere. Ebbi due lutti gravi e altrettanto gravi furono i problemi di lavoro familiari. Senza tediarvi con i particolari, posso dire che mi pareva di vivere in un incubo, avendo caricato (almeno così mi sembrava) tutto il peso del mondo sulle mie spalle e sul mio cuore percosso. Ogni mattina affrontavo il nuovo giorno dicendo «questa non è la mia vita» e desideravo scapparne via.
Non si scappa da se stessi, l’abbiamo imparato tutti a nostre spese. Però (non lo sapevo) possiamo trovare un rifugio dentro di noi. Io lo trovai: era BORGO PROPIZIO, che mi accolse tra le sue braccia, mi circondò di calore e colore, mi offrì una seconda opportunità. Rivelandosi, in buona sostanza, terapeutico.
Il che evidentemente fu una sensazione, un messaggio, una ricetta, una chiave che passai attraverso la narrazione perché terapeutico è stato definito anche da giornalisti, psicologi e – cosa per me più importante – da numerosi lettori.

Mi hanno domandato dov’è BORGO PROPIZIO. Di sicuro nell’anima: è un luogo dell’anima, un luogo dove si sta bene, dove le amicizie si rinsaldano, dove è possibile aprire un’attività commerciale, dove i matrimoni strappati si ricuciono, gli amanti continuano ad amarsi. È un luogo di favola, dove le cose anche brutte finiscono bene. Infatti questo romanzo è una fiaba per adulti. Di quelle da dedicare a chi non ci crede, a chi non sa più raccontarsele e a chi, invece, ha ancora voglia di ascoltarle. Una fiaba realistica, però: di una realtà che non manca mai di presentare il conto, ma tuttavia poi fa ammenda.

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