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LA COMBATTENTE di Stefania Nardini: incontro con l’autrice

giugno 21, 2021

“La combattente” di Stefania Nardini (Edizioni E/O): incontro con l’autrice e un brano estratto dal romanzo

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Stefania Nardini, giornalista e scrittrice è romana e vive tra Marsiglia e Roma. È autrice di Roma nascosta (Newton Compton, 1984); del romanzo Matrioska, storia di una cameriera clandestina che insegnava letteratura (Pironti, 2001), pubblicato anche in Ucraina nel 2007; del noir Gli scheletri di via Duomo (Pironti, 2008), ambientato a Napoli negli anni settanta. Per E/O ha pubblicato nel 2013 Alcazar, ultimo spettacolo (collana Sabot Age), nel 2015 la nuova edizione di Jean Claude Izzo. Storia di un marsigliese edita nel 2010 da PerdisaPop e riproposta in Francia dalle Editions des Federers nel 2020. Ha navigato per tre anni da Cipro a Tangeri in barca a vela con la spedizione culturale Progetto Mediterranea www.progettomediterranea.com.

Il nuovo romanzo di Stefania Nardini, appena pubblicato dalle Edizioni E/O, si intitola “La combattente“. Abbiamo chiesto all’autrice di parlarcene…

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«Essere sole non significa essere libere», ha detto Stefania Nardini a Letteratitudine. «È nel momento della perdita, dell’assenza, che la libertà sembra non avere senso.
Mi sono ritrovata sola. Dopo 30 anni di vita vissuti con il compagno della mia vita. La morte non fa sconti, neanche a chi resta.
Image from LETTERATITUDINE (di Massimo Maugeri)E fu in quella disperazione che nacque l’idea di un romanzo. Come esigenza di mettere in parole sensazioni, emozioni, fragilità ma anche la forza che la vita trasmette. Non un romanzo sul dolore di una “vedova”. Un romanzo sul bilancio di una vicenda personale che non può scindersi dalla grande storia. Perché la storia, dice De Gregori, siamo noi. E non si può evitare la contestualizzazione dei fatti.
Ma la mia idea era anche un romanzo sulla vita, su quanto non riusciamo ad apprezzarla, su dolori che finiscono per inghiottirci pagando con l’infelicità.
La mia protagonista, Angelita, mi somiglia. E molto di ciò che racconta è frutto della mia personale esperienza di vita, dalla militanza al giornalismo, dall’essere madre alla scelta della scrittura. Lui, Fabrizio, somiglia molto al mio compagno. Non tanto nella sua storia, ma certamente in un dolore che lo ha accompagnato al di là del suo spessore umano, culturale e della sua ironia. Dolore forse mai risolto e che certamente ha avuto un qualche ruolo sulla sua malattia.
Cose che ci siamo detti quando ormai era troppo tardi.
Di lui non potevo tralasciare serate a tuffarci in analisi politiche sempre fuori dal coro. Tra i tanti argomenti anche quello degli “anni di piombo”, periodo di cui si parla quando si avverte il tintinnio delle manette, e poco, molto poco, politicamente. Un periodo scomodo, che in Italia è rimasto uno dei tanti cadaveri nell’armadio.
Vivendo in Francia, a Marsiglia, ho avuto l’occasione di guardare quella storia con altri occhi, di estrapolare i miei ricordi per focalizzare la passione di una generazione. A Parigi ho avuto modo di conoscere degli esuli, e di approfondire aspetti rimasti volutamente ignoti. Non sono una fiancheggiatrice della violenza, ma quel dolore non può continuare a rendere impossibile una storicizzazione.
Ci ho provato con questa storia, ripercorrendo quegli anni per quel che erano, tentando con lucidità una ricostruzione anche emozionale. Ma sempre con onestà intellettuale e interrogativi.
La scena della prima parte del romanzo, la Grande Casa, era la casa dove da sola ho vissuto nel tentativo di ricostruire sulle macerie, tra un ritorno a Marsiglia, e un rientro nel luogo dove c’era con la disperazione, la fine di un pezzo importante della mia vita. Ecco, dovevo uscire da quell’anno zero, dovevo elaborare in parole, avevo la necessità di questo racconto.
Non è stato facile. Ci sono voluti anni. Poi, come accade con la scrittura, finalmente mi lasciai andare, mi lasciai travolgere dai sentimenti che sgorgavano dall’anima rendendoli narrazione.
“La combattente” chiude un ciclo importante della storia. La solitudine può trasformarsi in libertà. Quando decidiamo di guardare la vita con altri occhi, quando decidiamo che si può rinascere, pur pagando dei prezzi. Ma questo sta nel gioco. E si chiama esperienza».

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Un brano estratto da “La combattente” di Stefania Nardini (Edizioni E/O)

Image from LETTERATITUDINE (di Massimo Maugeri)

Angelita è rimasta da sola nella grande casa di famiglia. Fabrizio, suo compagno di vita da trent’anni, se ne è andato via divorato da un cancro. Ora sulla sua carta di identità è scritto “stato libero”. Si definisce così, con queste due discutibili parole, la vedovanza. Scrittrice, ex giornalista, in età matura Angelita è travolta da un’opprimente solitudine. L’impatto con la realtà è violento, privo di certezze. Il mondo, questo nuovo mondo, in cui arranca, non le appartiene. Disperata, si aggrappa a brandelli di lucidità che diventano incubi. La sua storia con Fabrizio si trasforma nella crudeltà di un ricordo che si va sfumando come un ritratto in seppia. Ma in quel presente accade qualcosa, una scoperta oltre la quale cova un mistero. Angelita cerca la verità. E indaga ripercorrendo a ritroso gli anni Settanta, un viaggio in cui dovrà riesumare fatti, personaggi e atmosfere di un’epoca con i quali neanche la grande Storia ha fatto ancora i conti. Molotov, sogni, ideali, fughe per sfuggire al vecchio mondo. È lì che si annida l’antico dolore di Fabrizio. Un dolore blindato e inconfessabile che lo ha accompagnato fino alla morte. Tra le macerie dei fallimenti Angelita troverà la verità. Quella verità che le darà la forza di essere sé stessa. E di rinascere.

(Riproduzione riservata)

© Edizioni E/O

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