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IL GRANDE LIBRO DEL VINTAGE di Sabina Minardi (Il Saggiatore) – intervista

gennaio 10, 2022

“Il grande libro del vintage” di Sabina Minardi (Il Saggiatore): intervista all’autrice

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di Massimo Maugeri

Sta riscuotendo un grandissimo successo questa nuova opera di Sabina Minardi intitolata “Il grande libro del vintage“, edita da Il Saggiatore. Un vero e proprio viaggio nel passato che diventa presente grazie a un magico legame tra nostalgia e qualità, tra voglia di preservare e desiderio di guardare al futuro facendoci accompagnare da piccole pietre miliari della nostra esistenza.
Ho avuto il piacere di discuterne con l’autrice…

– Cara Sabina, partiamo dall’inizio. Come nasce questo libro? Cosa puoi dirci con riferimento alla sua genesi?
L’idea della nostalgia come sentimento collettivo di questa epoca l’avevo notata e raccontata su un articolo per il mio giornale, L’Espresso: descrivevo la grande retromania sociale, il riflesso condizionato di un Paese che anziché guardare avanti preferisce voltarsi indietro, e ripescare etiche ed estetiche nell’immaginario delle decadi precedenti. Il grande libro del vintage fa un passo in avanti: riflette sulle ragioni profonde di questo Zeitgeist, ne analizza le declinazioni nella moda, nel cinema, nella pubblicità, in tv, nel design e nella musica. E, nel raccontare la passione per un mondo che non c’è più, mette in guardia dal rischio di idealizzare il passato, e di restarne schiacciati.

– In linea generale, quali caratteristiche dovrebbe avere un oggetto (o un determinato “elemento”) per sopravvivere al decorso del tempo, o tornare in auge, conquistandosi il titolo di “vintage”?

Per me vintage non è soltanto qualcosa reso pregiato dall’invecchiamento: un oggetto, voglio dire, che abbia superato la soglia “tecnica” dei venti anni. Vintage è qualcosa che addensa ricordi, emozioni, che appartiene al nostro patrimonio familiare, ad esempio, o collettivo: perché richiama un preciso gusto, una scansione estetica, un passaggio innovativo. Vintage è qualità, è durevolezza, è resistenza, è gusto di traghettare nel presente qualcosa che merita di durare. E’ voglia di comunità, in un tempo di solitudini.

– Il “vintage” è anche ovviamente legato al concetto di nostalgia. Credi che questa esigenza di ancorarsi in qualche modo al passato sia stata influenzata dall’incertezza di questi due anni di pandemia che abbiamo già vissuto?
Sicuramente la pandemia ha accentuato la tendenza nostalgica verso il passato, verso una normalità che l’emergenza sanitaria ha riscritto. Il tempo che ci siamo lasciati alle spalle appare certamente più confortante e più rassicurante di quello attuale: lo dicono le statistiche, lo confermano i ritratti sociali di questi anni. Il fenomeno però era già iniziato: per crisi di creatività o per voglia di puntare sul sicuro in ambiti come quelli televisivi e cinematografici; tra i giovani, come atteggiamento ecologista, contrario agli sprechi; per desiderio di fisicità in un mondo sempre più smaterializzato; per voglia di uno stile originale e non omologato; per reazione alla fast fashion…

– I numerosi “elementi vintage” che compaiono in questo tuo libro, sono frutto dei tuoi ricordi e del tuo gusto personale, o c’è dietro anche un’attività di studio e ricerca? Come hai proceduto in tal senso?
Un saggio narrativo ha esattamente la doppia anima che indichi tu: da una parte mi sono affidata ai miei ricordi – i sapori e i profumi della mia infanzia, i gadget con i quali sono cresciuta, certi totem della mia adolescenza – ma dall’altra ho cercato di recuperare un inventario di miti quotidiani di un tempo, oggetto di un recupero di oggi. Per farlo ho indagato soprattutto la Rete, i social network, uscendo dalle “bolle” entro le quali oggi confrontiamo le nostre esperienze e radicalizziamo i nostri pensieri, per navigare verso un mare più largo. Gli stessi mercatini di seconda mano non erano, prima della scrittura di questo libro, un luogo che io frequentavo abitualmente: ma osservarli nella loro capacità di contenere cose bellissime e storie straordinarie è stata un’esperienza davvero affascinante.

– Anche le serie tv rientrano nel concetto di “vintage”. Sei una fan di “Friends”? E perché alcune serie riescono a sopravvivere al decorso del tempo, rispetto ad altre?
Di “Friends” siamo fan un po’ di tutti: la capacità che quella serie ha avuto di anticipare temi contemporanei e di incarnare il sogno di una famiglia fatta degli amici che ci siamo scelti resta insuperabile. La transgenerazionalità è ora uno dei suoi punti di forza: la capacità, cioè, che ha di parlare la stessa lingua a generazioni diverse rende la serie un sottofondo familiare comune, estremamente rassicurante. Non tutte le serie meritano di scavallare il tempo. Ma quello che è curioso ed evidente è il successo di prodotti che un tempo non avevamo neanche granché apprezzato. E che oggi, per il solo fatto di provenire dal passato, tornano in grande considerazione.

– Se tra tutti gli “elementi vintage” (continuo a chiamarli così) contemplati in questo tuo libro fossi costretta a salvarne tre da consegnare alle future generazioni, quale sceglieresti? E perché?
Le prime tre cose che mi vengono in mente: il piacere della lettura di un libro di carta. Il fruscio della puntina su un vinile. I pantaloni a zampa d’elefante. A parte gli scherzi, credo che il vintage racconti un’esigenza profonda della contemporaneità che ha a che fare con lo scorrere del tempo, con l’uso che ne facciamo, con la sensazione di velocità che sembra sopraffarci, con il bisogno che abbiamo di sottrarci all’obsolescenza. Milan Kundera, ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere” dice che il tempo non ruota in cerchio ma danza veloce in linea retta. Per questo l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione. Forse è esattamente di questo che abbiamo nostalgia: di un un tempo che ci ha reso felici. Indossare un vecchio abito, versare del the da una teiera appartenuta ad altri, ascoltare un disco consumato ci riconnette in un flusso del tempo circolare.
Negli anni scorsi ho pubblicato un romanzo storico, Caterina della notte, dedicato a Santa Caterina da Siena e a un meraviglioso ospedale medievale, il Santa Maria della Scala di Siena. L’idea di fondo di quel libro, che metteva in collegamento il Trecento con il presente, era proprio l’idea del nostro legame imprescindibile con il passato: con le sensazioni, le scoperte, le passioni, i dolori, le gioie, le verità che qualcuno prima di noi aveva attraversato, identiche alle nostre. Ora, mentre rifletto con te, sento che tra questi due libri – diversissimi – c’è la stessa netta convinzione che prima e dopo sono una cosa sola.

– Quali sono, invece, i tuoi “vintage” preferiti?
Una valigia piena dei libri dell’infanzia che mia madre conserva nella mia casa in Sicilia. La bambola Belinda. L’arrivo di Heidi in tv e tutta la brigata di Pippi Calzelunghe, da Annika al Signor Nelson. E poi Twin Peaks, i pattini a rotelle, Pulp Fiction. Il suono del modem nei primi collegamenti telematici via bbs.

– Cosa puoi dirci sull’aspetto iconografico del libro? E chi ha scelto le immagini a corredo del testo?
La scelta delle immagini è stata della casa editrice, Il Saggiatore, che ha voluto sottolineare il testo con questi elementi visivi forti e riconoscibili da tutti: da E. T. a Piccole Donne, da Madonna di Like a Virgin, a Indiana Jones-Harrison Ford, pronto a ritornare al cinema 40 anni dopo I predatori dell’arca perduta, fino alle Charlie’s Angels, i Blues Brothers, Mazinga… Ci sono gli anni Ottanta, i Novanta, ma anche accessori e oggetti direttamente dagli anni Cinquanta o Sessanta. Perché esistono tanti ieri, in questo gusto del revival: e, come per il vintage nella moda, ognuno compone e scompone il suo stile preferito.

Grazie mille, cara Sabina. Auguro lunghissima vita a questo tuo libro. Che possa godere esso stesso, nel tempo, della potente aura “vintage” di cui è intriso…

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La scheda del libro: “Il grande libro del vintage” di Sabina Minardi (Il Saggiatore)

Drive-in, Polaroid, la Vespa. Le borse all’uncinetto, i pantaloni a vita alta, le Vans.

Friends, Mazinga Z, Dune. La voce di Orietta Berti che fuoriesce da una cassa bluetooth mentre un barman in gilet e baffi a manubrio serve un Old Fashioned in uno speakeasy inaugurato da poco. Che cos’è questa confusione di immagini e oggetti di epoche diverse, stili di vita dimenticati e musica retrò? Che cos’è questa nostalgia nell’aria? La risposta sta tutta in una parola: vintage. Sabina Minardi ci conduce in un colorato viaggio nel cuore di uno dei grandi cortocircuiti del contemporaneo: tra moda e costume, storia e tendenze giovanili, Il grande libro del vintage spalanca le porte di questa indefinibile Wunderkammer di destini che si riavvolgono e gusto dell’usato. Un’opera fondamentale per comprendere perché più ci proiettiamo nel futuro più siamo affascinati dal passato; per ritrovarci nei panni appena smessi, che rivestiremo domani.

Dal sequel di Indiana Jones al ritorno di vinili e musicassette: Il grande libro del vintage racconta quando e perché il «come eravamo» è diventato il «come siamo».

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Sabina Minardi (Catania, 1970), giornalista, è responsabile delle pagine culturali dell’Espresso. Cura la rubrica di libri «Bookmarks» e ha ideato e condotto la serie video per ragazzi «BookZ». Ha pubblicato il romanzo Caterina della notte (Piemme, 2017).

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