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LA COLPA di Raffaele Mangano

novembre 26, 2018

LA COLPA di Raffaele Mangano (Lupetti editore): incontro con l’autore

Ci sono persone che fanno di tutto per essere ricordate, altre invece desiderano soltanto l’oblio” dice l’autore.

Il “vero” protagonista del nuovo romanzo di Raffaele Mangano, “La colpa” (Lupetti), anche se non compare mai, appartiene al secondo gruppo. Matteo Di Girolamo, affermato architetto milanese, sparisce all’improvviso senza lasciare tracce. Di lui non si hanno più notizie sino a quando, trent’anni dopo, il figlio maggiore Fabio riceve una telefonata dai Frati  Minori di Acireale che gli comunicano di avere informazioni riguardanti il padre. Seppur scettico, si reca all’incontro, durante il quale apprende fatti che lo turbano profondamente e lo obbligano a fare i conti con un passato che riteneva ormai disperso e scolorito dagli anni. Un poco alla volta Fabio è costretto a comporre un’immagine del padre del tutto diversa da quella che aveva  da bambino.

Messo di fronte a una situazione imprevista, Matteo incontra una serie di personaggi che avevano avuto a che fare col genitore. Una  di questi,  psicoterapeuta, gli  fornisce  la chiave per uscire dai suoi tormenti, spiegandogli la differenza tra passato e memoria.

Abbiamo chiesto a Raffaele Mangano di raccontarci qualcosa in più su questo suo nuovo romanzo (soprattutto con riferimento alla sua genesi)…

– Raffaele, come nasce “La colpa“? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione?
“Tutti i romanzi nascono da fatti del tutto casuali. La famosa “ispirazione” di un autore è in realtà una somma di circostanze non previste e non prevedibili. Nessun testo viene deciso a tavolino o nasce da un “progetto”.  E questo libro non è sfuggito a questa consuetudine.
In un cassetta di legno mio padre conservava le fotografie e le lettere cui era affezionato. Come facciamo tutti del resto. Dopo diversi anni dalla sua morte, decisi di dare un’occhiata a quei sui “ricordi”. Una lettera mi colpì profondamente. Vi erano contenuti aspetti della sua vita che non conoscevo e nemmeno potevo immaginare. Decisi di approfondire e scoprii altri fatti che composero via via una figura diversa dall’immagine che avevo avuto di mio padre. Ciò mi diede lo spunto per immaginare la storia che ho raccontato ne “La colpa”. Ho scelto l’abbandono come metafora delle distanze che spesso si creano tra genitori e figli. Distanze e distacchi non solo fisici, ma anche affettive”.

– La storia che narri affonda le sue radici nel rapporto tra passato e memoria. È così?
Bisogna distinguere tra il passato e la memoria. Ci sono persone tormentate dalla nostalgia, altre che affermano che i ricordi vanno cancellati per vivere meglio. Il passato, inteso come tempo trascorso, è un’entità senza senso e senza valore, un fardello pesante da trascinarsi appresso, dove si stipano  sensi di colpa, dolori, gioie, rimorsi, rimpianti,  rancori, e lo scorrere degli episodi che hanno, nel bene e nel male, segnato l’esistenza. Ebbene, bisogna abbandonarlo perché non può darci più nulla, se non ansie. La memoria invece è altra cosa e guai a non conservarla. La memoria delle persone, dei luoghi e di ciò che raccontano, delle vite che ci hanno preceduto, della nostra storia, delle nostre radici. Memoria come arricchimento, non bagaglio ingombrante. Dove non c’è memoria non sono avvenuti i fatti e si diventa orfani dell’essere”.

Il  “viaggio” che il protagonista  compie nella rielaborazione del dolore per l’abbandono, si rivela anche liberatorio dei sensi di colpa che padre e figlio avevano nutrito per anni, l’uno nei confronti dell’altro. La smagliatura aperta decenni prima finirà per suturarsi e provocare in Fabio anche un sostanziale ripensamento del suo percorso di vita.

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Raffaele Mangano è nato a Milano e ora vive alle falde dell’Etna. Dopo essersi laureato al Politecnico di Milano, ha intrapreso la carriera di giornalista, durante la quale  ha diretto periodici e condotto trasmissioni televisive. Da vent’anni si dedica alla narrativa. Nel 2015 ha pubblicato il saggio Italiani schiavi per scelta.

Dal 2015 è direttore artistico del premio Brancati.

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