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IL PANTARÈI di Ezio Sinigaglia (recensione)

ottobre 7, 2019

IL PANTARÈI di Ezio Sinigaglia (TerraRossa Edizioni)

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di Eva Luna Mascolino

Il pantarèi è un romanzo che di parlante ha tutto: il titolo, il nome del protagonista, la struttura, i significati, la storia. Perfino la storia editoriale, se pensiamo che era stato pubblicato per la prima volta da SPS nel 1985, cinque anni dopo la fine di una stesura quadriennale sudata e studiata. Era stato letto, forse compreso poco, e senza dubbio non aveva attecchito, come dimostra il fatto che poco dopo la sua comparsa in libreria aveva smesso di essere al centro del dibattito culturale e aveva scoraggiato Ezio Sinigaglia dallo scrivere ancora.
Il motivo della sua scomparsa per oltre trent’anni dall’orizzonte narrativo italiano è ancora un mistero, dovuto forse a dei tempi ancora poco consapevoli per apprezzarne la grandezza, ma per fortuna è accertata la ragione che ha portato nel gennaio 2019 a una riedizione a opera di TerraRossa Edizioni: l’amicizia e la stima di Giuseppe Girimonti Greco e Cristina Tizian, che presentano lo scrittore all’editor ed editore Giovanni Turi. Quest’ultimo si rivela la persona giusta per credere nella sua opera visionaria, dal momento che la sua casa editrice include una collana (Fondamenti) concepita proprio per riproporre al grande pubblico manoscritti a lungo dimenticati.
È così che Daniele Stern, protagonista stentoreo del romanzo, torna a identificarsi in un buco nero esistenziale in cui non c’è più spazio per il matrimonio, dato che la moglie Anna lo ha lasciato per un altro, e in cui non ce n’è ancora per il successo editoriale. Il giovane grafomane con un cognome che in tedesco significa guarda caso stella, infatti, ha un talento per la scrittura che non riesce a fare emergere, per quanto però gli torni utile nel momento in cui gli viene commissionata la stesura di un capitolo da inserire in una “Enciclopedia della Donna” dedicata alla letteratura novecentesca.
Da questo espediente prende il via un’opera originale e polifonica, che approfitta della trama per dimostrare con chiarezza quanto il genere del romanzo sia ancora vivo, a dispetto di ciò che veniva dichiarato a gran voce dalla critica alla fine del secolo scorso, e quante modalità diverse ci siano di scriverne uno. Nel ripercorrere le tappe create e superate da Proust, Joyce, Musil, Kafka, Svevo, Céline, Faulkner e Robbe-Grillet, quindi, Sinigaglia mette a punto un canone personale e ben documentato a cui attingere, in una continua alternanza tra la narrazione in prima persona del suo Stern e una serie di constatazioni in terza persona.
Il risultato è un libro “a doppia entrata”, percepibile ora come un saggio e ora come una mera finzione narrativa, in cui l’obiettivo non è solo difendere e rinnovare il romanzo, ma anche e specialmente dimostrare che scrivere si può in maniere molto diverse fra loro. Mentre cita gli autori più eminenti del Novecento, d’altronde, Sinigaglia-Stern modula di conseguenza stile e lessico, dando vita a un pastiche linguistico creativo e sempre cangiante. Ne risultano giochi di parole calviniani, sfide semantiche ai limiti della comprensione umana, quasi alla Gadda, rimandi metaletterari e perfino pungenti incursioni sarcastiche, il tutto condito da una freschezza che risulta attualissima fino a oggi.
A colpire dell’eminente lavoro di Sinigaglia è, fra l’altro, una prefazione dell’autore nella quale il lettore viene guidato verso la lettura e l’interpretazione del “manoscritto dimenticato” sia dal punto di vista concettuale che del metodo. Non manca, poi, un approfondimento sulla genesi del titolo: come si accennava in apertura, infatti, Il pantarèi è una denominazione parlante, succeduta a una prima ipotesi (I romanzi e i giorni) poi scartata in corso d’opera. In tal senso, essa annuncia e amplifica lo sperimentalismo di cui si fa portavoce Sinigaglia, rivendica la buona salute e la poliedricità del romanzo, celebra e rinnova al tempo stesso i canoni del XX secolo… E diverte e convince massimamente grazie alla sagacia di chi sa che tutto, ma proprio tutto, scorre. Perfino l’idea che si ha della narrativa contemporanea, o della sua storia recente.
Un’invenzione godibile su più livelli, colta ma mai pedante, che coinvolge il lettore stupendolo in continuazione, incoraggiandolo a riflettere e chiedendogli un perenne cambio di prospettiva utile tanto per una buona critica letteraria quanto per superare una crisi esistenziale alla Daniele Stern.

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La scheda del libro: “Il pantarèi” di Ezio Sinigaglia (TerraRossa Edizioni)

Il pantarèi - Ezio Sinigaglia - copertinaDaniele Stern è un giovane collaboratore editoriale che viene incaricato di redigere una sintetica storia del romanzo del Novecento per una “Enciclopedia della Donna”. Un lavoro nel quale si getta a capofitto, cercando di tenere lontano il pensiero della moglie che lo ha lasciato per un altro, e della quale è ancora innamorato, sebbene continui a essere molto attratto anche dai ragazzi. Assistiamo così alle sue scorribande senza meta, tra una pagina su Proust e una su Joyce, Kafka, Faulkner e gli altri autori che hanno rivoluzionato il romanzo moderno, mentre la tentazione di scriverne uno lui stesso si fa di giorno in giorno più forte. Pubblicato nel 1985, “Il pantarèi” è un’opera metaletteraria sulle inesauribili possibilità della scrittura, una risposta alla domanda sulla morte del romanzo che già a quei tempi circolava con insistenza fra gli intellettuali, ma è anche una storia sull’instabilità sentimentale ed emotiva, sull’ambiguità dell’eros e la meravigliosa inafferrabilità della vita.

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Ezio Sinigaglia è nato a Milano nel 1948. Ha svolto diversi lavori in ambito sia editoriale che pubblicitario e, dopo aver esordito con Il pantarèi nel 1985, ha preferito non pubblicare altro per oltre un trentennio: solo nel 2016 è uscito per Nutrimenti Eclissi, un romanzo breve molto apprezzato dalla critica e dai lettori. Tra gli autori che ha tradotto e curato figurano Charles Perrault, Marcel Proust e Julien Green. Suoi contributi narrativi e saggistici sono apparsi su prestigiose riviste a stampa e sul web.

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