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UNA NOTTE BUIA DI SETTEMBRE di Valerio Marra: incontro con l’autore

ottobre 4, 2021

undefined“Una notte buia di settembre” di Valerio Marra (Newton Compton): incontro con l’autore e un brano estratto dal romanzo

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Valerio Marra È nato nel 1985. Lavora e vive a Roma ed è laureato in Scienze per l’investigazione e la sicurezza presso l’Università degli studi di Perugia. È autore del thriller Le scottanti verità e dei romanzi L’eco del peccato e Anima bianca, dedicati alle indagini del commissario Festa. La Newton Compton ha pubblicato La donna del lago. 

Per Newton Compton è appena uscito il nuovo romanzo di Valerio Marra intitolato Una notte buia di settembre.

Abbiamo chiesto all’autore di parlarcene…

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«Quando i lettori mi chiedono che genere di romanzo scrivo, la mia risposta è sempre la stessa: “gialli pretesto”», ha detto Valerio Marra a Letteratitudine.
«Sì, perché il caso giudiziario è solamente la scusa per iniziare a scrivere. Il pretesto, appunto. Così, come la maggior parte dei gialli (o polizieschi, se preferiamo) “Una notte buia di settembre” inizia col rinvenimento di un cadavere: quello di Angelo Donati, il frontman e chitarrista dei Dust Rocker. Donati viene ritrovato morto nel suo appartamento di Frascati dalla badante della vicina e, del caso, viene incaricato il commissario Festa, già noto alle cronache per aver risolto alcuni casi giudiziari. Nell’inchiesta, Festa viene coadiuvato dalla squadra di via Sciadonna che, per l’occasione, è al completo: l’esuberante agente scelto Russo, il sostituto commissario Moretti, l’affascinante assistente Giorgi e il pivello Conti. A coordinare le indagini è, come nei precedenti capitoli della serie, il magistrato Antonella Greco, determinata, però, a interrompere la relazione sentimentale instaurata negli anni con Festa.
Le indagini si muovono su due filoni paralleli: quello delle gelosie all’interno dell’ambiente musicale e quello relativo alla droga, cosa che aveva reso la vittima inaffidabile e malvisto dagli altri membri della band.
La droga è, appunto, uno degli argomenti che sottendono al caso giudiziario. Poi, si parlerà anche di amore: dagli intrecci sentimentali tra colleghi, alle storie personali di ognuno di loro, come quella di Russo, leggermente sottotono rispetto agli altri capitoli perché non riesce ad avere un figlio con Camilla. In più, in questo “giallo pretesto” si parla anche del difficile rapporto tra genitori e figli, degli equilibri in un mondo difficile e affascinante come quello della musica, e, per finire, della solitudine. È infatti proprio la solitudine il vero e proprio argomento principale che lega tutti i personaggi; una linea, sottile e invisibile, che conduce i lettori fino alla risoluzione del caso. Con la speranza di lasciare qualcosa in ognuno di loro: emozioni che vadano oltre il semplice caso giudiziario.
Buona lettura!»

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Un estratto del romanzo “Una notte buia di settembre” di Valerio Marra (Newton Compton)

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Prologo

La pioggia è densa.
Ha una consistenza viscosa.
Scorre nelle grondaie e sull’asfalto.
Lo sguardo è fermo, puntato verso il ragazzo.
Le parole rimbombano. Un sibilo acuto da un timpano
all’altro.
Un lampo frantuma il cielo e una luce violacea si diffonde
nella stanza. Un brivido caldo risale dentro il corpo, come
un fiume controcorrente.
Poi il buio li avvolge di nuovo.
Una frazione di secondo, un bisbiglio e l’uomo si avventa
su di lui.
Stringe forte e un solco compare sul collo. I rumori sono
attutiti dalla pioggia.
Ancora un lampo e le ombre si allargano nella stanza.
Serra le labbra e continua a stringere. Ancora più forte.
Lascia la presa e resta a guardarlo. Tutto torna buio.
E non rimane nient’altro.
Solo la pioggia.

1

Frascati, martedì 12 settembre Alina riempì il bicchiere d’acqua fino all’orlo e prese due caramelle. Appoggiò tutto sul vassoio e si avviò in camera da letto, fermandosi davanti alla finestra nel corridoio: il giardino del convento di San Bonaventura sembrava avvolto da una cappa tremolante, e le gocce d’acqua sospese sui rami brillavano come pietre preziose. Un raggio di sole si era fatto spazio tra le nuvole, proiettando su Frascati un tenue arcobaleno. Profumo di violetta e rosa selvatica. «Alina… Alina». La voce tremula di Emma la sorprese quando si trovava ancora nel corridoio. Alina affrettò il passo ed entrò nella camera. «Signora, sono qui». Emma era seduta sulla sedia a rotelle. Lo sguardo assente fisso sul televisore. «Devo andare al bagno». Alina appoggiò il vassoio sul comodino. «Signora, ci è appena andata». Emma mosse solo gli occhi acquosi senza rispondere. Alina la guardò con tenerezza: erano quattro anni che si prendeva cura della signora Emma Di Carlo e le sembrava che peggiorasse ogni giorno. I grandi occhi verdi avevano perso l’intensità di un tempo e le labbra, ancora piene, sorridevano sempre meno. Il naso minuscolo e i capelli canuti erano gli stessi. Nell’insieme, doveva ammettere, la signora dimostrava dieci anni in meno delle sue ottantaquattro primavere. Tuttavia, la memoria e la capacità di ragionamento avevano subito un inesorabile declino e, gradualmente, la signora Emma aveva perso buona parte della mobilità. Alina si dedicava a lei con costanza e, grazie al diploma da infermiera conseguito quando si trovava ancora in Polonia, non le faceva mai mancare le cure mediche. «Sì, signora. Accompagno lei subito», disse dopo qualche istante. Spinse la sedia a rotelle fino al bagno e l’aiutò a muoversi tra le pericolose trappole di acciaio e ceramica. Contro il morbo di Alzheimer, lo sapeva, si poteva fare ben poco. Per questo cercava di non farle mancare nulla. Lei. Non come i due figli maschi della Di Carlo che, nell’unico giorno in cui Alina era di riposo settimanale, litigavano tra loro per chi dovesse andare a prendersi cura della madre. Lo stipendio, comunque, lo pagavano sempre. E questo bastava. «Ha smesso di piovere?». La signora Emma stava fissando la finestra. «Sì. Guardi, c’è anche sole». Alina la sollevò nuovamente per rimetterla sulla carrozzina. «Ci andiamo a fare una passeggiata?». Emma sorrise. Alina tornò in camera da letto. «Prima deve prendere medicina». Emma aprì la bocca e buttò giù a fatica la pillola, aiutandosi con il bicchiere d’acqua. Alina attese qualche istante e le porse una caramella. La donna non fece la minima resistenza.
«È la sua preferita», le disse sottovoce spostando la carrozzina lungo il corridoio. Poi raccolse un soprabito e aiutò la signora Emma a indossarlo. Recuperò dall’appendiabiti il giubbino di pelle nero e se lo infilò. «Ehi, ragazza», la richiamò l’anziana, «e il dolce… il dolce non me lo dà?». Alina le porse sorridendo un’altra caramella. Recuperò le chiavi e uscirono dall’appartamento, chiudendosi la porta alle spalle. Chiamò l’ascensore. Il pianerottolo profumava di limone e menta. Il piccolo Ficus cresceva rigoglioso e donava un po’ di colore alle mura grigie. Un’anomalia, però, catturò la sua attenzione: la porta alla sua destra sembrava accostata e, spinta dal vento, cigolava sui cardini. Si trattava dell’appartamento dove viveva Angelo Donati, il dirimpettaio, che spesso vedeva uscire con la custodia della chitarra sulle spalle e l’amplificatore in mano. «Angelo…», chiamò Alina avanzando verso la porta aperta, «sei in casa?». Nessuna risposta. Si avvicinò ancora. «Angelo! La porta è aperta…». Silenzio. Alina lanciò uno sguardo alla signora Emma e controllò che fosse ancora seduta sulla sedia a rotelle. Quindi aprì leggermente la porta. Uno stridio, come un lamento. «C’è qualcuno?». Buio. Le tapparelle abbassate. L’unico bagliore proveniva da un televisore acceso nel lato opposto della stanza. Lezzo di chiuso e abiti sporchi. Alina strinse gli occhi e, in controluce, le parve di vedere un’ombra riversa a terra sulla moquette. «Angelo…».
Ancora silenzio.
Cercò l’interruttore sulla parete. Accese la luce e avanzò fino al corpo. Si piegò in avanti e scosse il ragazzo con una mano. «Angelo… Angelo…». Era freddo. Rigido come un burattino. Poi, i polpastrelli tastarono un liquido appiccicoso. Sangue. Alina avvertì una morsa alla gola, un cappio invisibile che le stringeva il collo. Avrebbe voluto urlare, ma dalla sua bocca uscì solo un gorgoglio strozzato. Sollevò le mani e sgranò gli occhi. Quindi si alzò di scatto e si lanciò fuori dall’appartamento. Poi, finalmente, riuscì a gridare.

(Riproduzione riservata)

© Newton Compton

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undefinedLa scheda del libro: “Una notte buia di settembre” di Valerio Marra (Newton Compton)

Il chitarrista Angelo Donati – membro di una band che è stata famosa per circa un decennio, ma ora sul viale del tramonto – viene trovato morto nel suo appartamento. L’uomo pare essere stato strangolato. Il commissario Festa, incaricato delle indagini, è convinto che la vittima conoscesse il suo assassino: la serratura dell’appartamento infatti non è stata forzata. 
Le indagini si muovono su due filoni, strettamente connessi: quello legato al mondo della droga e quello relativo all’ambiente musicale. La dipendenza dalla cocaina aveva infatti reso il musicista inaffidabile e inviso agli altri membri della band e anche alla sua stessa fidanzata. 
Mentre scava nei rapporti di Donati, Festa scopre che la vicenda è molto più sfaccettata e intricata di quanto pensasse, e che la musica e la droga potrebbero non essere le uniche due chiavi per risolverla…

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