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MARABBECCA di Viola Di Grado (La nave di Teseo) – recensione

gennaio 12, 2024

Marabbecca - Viola Di Grado - copertina“Marabbecca” di Viola Di Grado (La nave di Teseo, 2024)

Il nuovo romanzo di Viola Di Grado esce in libreria oggi, 12 gennaio

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di Lorenzo Marotta

Viola Di Grado racconta l’estremo, il punto di intersezione della luce e del buio, della vita e della morte, del dolore e della gioia, del reale e dell’immaginario. Scenario: la terra di Sicilia, metafora di disfacimento nell’esuberanza della sua bellezza, della sua vitalità. «Marabbecca», La nave di Teseo 2024, è il nuovo romanzo della scrittrice siciliana che si fa voce del magma oscuro che scuote e attraversa la vita dei personaggi in perfetta simbiosi con lo spasimo della natura dell’isola. Quello bruciante del sole di luglio nel quale avviene lo scontro d’auto che stramazza nel sangue Clotilde e Igor, i due non più giovanissimi innamorati che si sono lasciati. Con loro Angelica, la responsabile dell’incidente che causa il coma a Igor e una frattura al braccio a Clotilde. Un incidente che mette in moto il flusso di pensieri come tessitura di una narrazione visionaria a lambire l’indicibile. Sia esso la vita di coppia dei due dominata da violenza e letteratura come risarcimento dei lividi sul viso di Clotilde. «A trentacinque anni devi intervenire tempestivamente. Devi strapparti il cuore se ami la persona sbagliata. Io amavo Igor. Amavo Igor da tre anni. Lo amavo come amano i cani. Amavo Igor e lo avevo lasciato» (p. 32). Una scelta che si fa svolta, ma non epilogo, poiché il suo fantasma ritorna a inquietare. Un romanzo amaro quello di Viola Di Grado che scorre, pur nella levità calviniana della scrittura, nello sguardo allucinato del nulla, tra ancestrali paure e rigogliosità putrescente. Come i colori accesi e rivoltanti della frutta sul finire dell’estate. «Rosso sangue, giallo pus, viola come un livido». Un orgasmo percettivo lo definisce Clotilde che, scappata dall’Isola, era ritornata dopo la morte del padre. Una natura estrema, quella siciliana, che si fa stato d’animo, malvagità, festa collettiva come «a un venire a patti con la morte». I sentimenti un’anomalia cerebrale. Non solo quello tossico di Igor, ma anche quello contraddittorio e saffico di lei con Angelica. Una ricerca di un sé che sfugge, a inseguire una naturalezza che non si sa che cosa sia. «Ti insegnano a essere te stessa, a seguire le tue inclinazioni, ma a volte te stessa è un luogo inospitale che prima di potere essere abitato andrebbe bonificato: via le erbacce, il masochismo, via l’amore tetro che hai imparato dai tuoi che si tiravano gli oggetti addosso » (p.41). Lei insegnante di flauto, lei compagna docile e remissiva, lei bambina devota che introita nel suo inconscio le ferite. È da questo fondo oscuro che viene contaminato il suo vissuto, dalla violenza fredda di Igor alla madre distante e algida, alla morte del padre amante di libri, ad Angelica evanescente e persa nel suo mondo di volatili. In un costante parallelo con il mare in tempesta, il vento che ulula tra i rami contorti degli ulivi, lo scirocco agostano che strazia. Una luminosità oscurata dalla coltre di cenere vomitata su ogni cosa dai parossismi sanguigni dell’Etna. Ancora una volta Viola Di Grado si sporge a guardare l’abisso, il mostro invisibile che giace nel pozzo. Un racconto avvincente il suo sullo scacco dei sentimenti, sulla solitudine, sulla crudeltà delle parole, costellato da affondi riflessivi taglienti, crudi. «A che costo si rigenerano gli organi dopo una patologia, o la mente dopo un grande dolore?» (p. 60).

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La scheda del libro: “Marabbecca” di Viola Di Grado (La nave di Teseo, 2024)

Ambientato in una Sicilia asfittica e mitologica, solcata da cieli accecanti e ceneri nere, Marabbecca è un romanzo visionario che pone domande cruciali sull’identità: su cosa significa dire “io” e sulle collisioni con l’altro che in qualche modo raccontano chi siamo davvero.
Come la Marabbecca, personificazione nel folklore siciliano dell’oscurità e delle insidie dell’inconscio, leggendo ci si muove in un buio sfavillante, illuminati solo dalla luce lunare della scrittura, fino al vertiginoso finale.

Certe persone scelgono le parole come si caricano i fucili. Per ottenere qualcosa di fatale. E noi, noi che parliamo mossi dalle emozioni – mossi dalla vita – cadiamo al colpo di quelle parole come bestie atterrate dai cacciatori.

Un pomeriggio di fine estate Clotilde e Igor, dopo essersi lasciati, hanno un incidente d’auto. Lei rimane ferita, lui finisce in coma. Mentre veglia sul suo sonno impenetrabile, Clotilde inizia a ricevere visite della ragazza responsabile dello schianto, una fragile studentessa di ornitologia di nome Angelica, e tra loro nasce un rapporto indecifrabile e intenso. Quando Igor sì sveglierà dal coma—radicalmente trasformato eppure immutato nella sua indole violenta— la sua presenza logorerà l’equilibrio precario delle due donne: nello spazio magico e claustrofobico di una stanza piena di uccelli, i tre personaggi precipiteranno in un dedalo tortuoso dove i sentimenti muteranno forma a ogni curva.

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VIOLA DI GRADO (1987) è l’autrice di Settanta acrilico trenta lana (2011, vincitore
del premio Campiello Opera Prima e del premio Rapallo Carige Opera Prima) e
Cuore cavo (2013, finalista al PEN Literary Award e all’International Dublin
Literary Award). Con La nave di Teseo ha pubblicato Bambini di ferro (2016),
Fuoco al cielo (2019, vincitore del premio Viareggio Selezione della giuria) e Fame
blu (2022). Vive a Londra, dove si è laureata in Filosofie dell’Asia Orientale. I
suoi libri sono tradotti in diversi paesi.

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