In esclusiva per Letteratitudine, pubblichiamo uno stralcio del saggio DAVID FOSTER WALLACE NELLA CASA STREGATA di Carlotta Susca (Stilo editrice)
La scheda del libro
David Foster Wallace è uno degli scrittori contemporanei canonizzati ‘dal basso’, da un popolo di lettori entusiasti e di internauti appassionati. Questa monografia offre spunti interpretativi sulla sua opera analizzando le tematiche wallaciane in maniera trasversale: da “Infinite jest” al postumo, incompiuto “Re pallido” passando per il romanzo giovanile e wittengesteiniano “La scopa del sistema”, e confrontando le tematiche dei racconti e dei saggi con quelle dei romanzi. Inserendosi nel dibattito sulla ‘morte del Postmoderno’ l’autrice delinea le caratteristiche, in campo letterario, della controversa corrente letteraria e offre spunti di riflessione sul “New Realism” e sull’Era dell’autenticità, che recentemente i critici hanno contrapposto al Postmoderno.
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Uno stralcio del saggio DAVID FOSTER WALLACE NELLA CASA STREGATA di Carlotta Susca (Stilo editrice)
2. Come la pensa Wallace sul Postmoderno, o perlomeno come la pensava ai tempi di Verso Occidente
Il personaggio D.L. di Verso Occidente, «scrittrice postmoderna» ferita nell’orgoglio dalle critiche di Ambrose ai suoi esperimenti di scrittura («L’inferno non conosce furia peggiore di quella di una postmodernista accolta con freddezza») abbandona il corso di scrittura del professore con il gesto teatrale di scrivere sulla lavagna una filastrocca di critica a Perso nella casa stregata:
For lovers, the Funhouse is fun
For phonies, the Funhouse is love.
But for whom, the proles grouse,
is the Funhouse a house?
Who lives there, when push come to shove?
Per gli innamorati, la Casa Stregata è divertente.
Per i falsi, quella casa è una passione.
Ma per chi, brontola l’uomo della strada,
quella casa è una vera abitazione?
Chi ci vive, se parliamo seriamente?
Già Barth si chiedeva chi fosse il beneficiario degli effetti della Casa Stregata che aveva costruito, infatti una delle due epigrafi a Verso Occidente è l’incipit del racconto di Barth: «Per chi è divertente la casa stregata del luna park?». ‘Per chi’ è l’interrogativo di tutto il racconto di Wallace: «For whom» si chiede in continuazione DeHeven, ma forse è solo «Vruuum», si scopre alla fine.
“For whom? Che intendi?”, sta dicendo DeHaven a J.D.
“Continui a dirlo. A ripeterlo. Da due giorni interi. Avanti e indietro. For whom. Mi entra nella testa. Mi fa star male. Piantala”.
“Vruuum. Sto dicendo vruuum, papà. È una composizione atonale a cui sto lavorando. Avrà a che fare coi motori, la velocità, la guerra-lampo. È un titolo. Il mio titolo”.
“For whom, ‘per chi’, sono le prime due parole del più bel racconto del professor Ambrose”, dice Mark Nechtr.
Chi è il destinatario della Casa stregata? Per chi è scritta? Per il lettore?
Eppure la narrativa postmoderna spesso non sembra scritta a beneficio del lettore, a cui risulta, a volte, eccessivamente complessa, oscura o semplicemente fine a se stessa.
Il romanzo postmoderno spesso sembra come l’automobile su cui viaggia il sestetto di Verso Occidente, «un pastiche, assemblato in casa a partire da pezzi scroccati qua e là», con «pezzi di tutte le marche». Ciò che Wallace teme è che manchi un senso, che l’automobile postmoderna non trasporti nulla, che la realtà sia esclusa a monte nella scrittura narrativa postmoderna, perché ritenuta poco verosimile. Barth lo ribadisce spesso, lo fa anche nella Casa stregata («[…] e in letteratura la pura verità deve sempre cedere il passo a ciò che è plausibile») ma lo teorizza diffusamente anche nel suo romanzo L’opera galleggiante. Leggi tutto…