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ALESSANDRA MINERVINI racconta OVERLOVE

gennaio 20, 2017

ALESSANDRA MINERVINI racconta il suo romanzo OVERLOVE (LiberAria)

Un estratto del libro è disponibile qui

alessandra-minervini

di Alessandra Minervini

Overlove è un romanzo di non-amore. La storia di Anna e Carmine è tutt’altro che romantica. Se posso azzardare una definizione, forse quella che potrebbe descrivere il mio romanzo è thriller sentimentale. Non si sa fino alla fine cosa succederà e come e se succederà. Se l’abbandono si trasforma in libertà o giace come maceria. Volevo raccontare la dissipazione di  un sentimento, il suo fallimento e per farlo non ho indugiato in alcun sentimentalismo. La storia comincia con un gesto netto, chiaro che Anna compie nei confronti di Carmine:

“Quando erano lontani, come succedeva per la maggior parte dei giorni, ad Anna per la nostalgia fiorivano addosso delle piume smodate, viola con sottili striature verdi. Il peso delle piume era imprevisto come un temporale e, dopo un po’, a seconda della distanza che li separava, le piume diventavano insopportabili. Cicatrici ossidate. Con questo peso sulle spalle, novella dea della mancanza, Anna aveva preso la loro storia e l’aveva schiacciata come si fa sulle pareti con gli insetti minuscoli, quelli che si temono anche se non possono nuocere.”

Quando ho iniziato a scriverlo, nell’autunno del 2012, “Overlove” doveva intitolarsi “Mancanza”. Il titolo, poi diventato definitivo, corrisponde all’ossessione artistica di Carmine, cantautore indipendente che tenta il salto nella musica commerciale (“I sentimenti di un artista in crisi si riducono a un paio: dolore e rabbia”) con una canzone che si chiama, appunto, Overlove. Nel processo creativo è stata però la parola mancanza, quindi il primo titolo, a sollecitarmi. Mancanza resta il sentimento che pervade tutti i personaggi del romanzo:  “La felicità arriva da una mancanza. Se non ti manca mai niente, non sei mai felice”. Il racconto di una mancanza riguarda il senso del mio scrivere. Non mi piacciono i personaggi troppo giusti, perfetti e che hanno la meglio perfino su loro stessi. Scrivo di fallimenti, di falliti, di fallibili. Mi attrae la fine delle cose, forse perché è l’unico gesto davvero diverso per tutti. Mentre l’inizio, un po’ come la nascita, si compie in un modo abbastanza universale. L’umanità che ha paura di fallire e dunque sbaglia, sempre, è il luogo osceno su cui si posa il mio sguardo.  Il mondo che circonda Anna e Carmine è popolato da anaffettivi cronici, piccolo borghesi, parvenu, goffi ipocondriaci: un’orchestra sgangherata di personaggi che hanno in comune tra loro la mancanza di se stessi e, inevitabilmente, di quel principio di responsabilità che governa l’amore.

“L’amore. Se all’amore aggiungi una consonante, la t, diventa morte ma non dura per sempre. Le parole contengono dei ventagli che nascondono la verità. La t di morte è il ventaglio dell’amore. L’amorte.”

Overlove” è il luogo in cui tutti hanno perso qualcosa, o qualcuno; devono imparare a  lasciarlo andare, muovendosi nel caos. Come fa chi scrive con la storia che racconta.

(Riproduzione riservata)

© Alessandra Minervini

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Il libro
Cosa siamo disposti a fare per amore? Tutto, anche lasciarci.
Anna sta con Carmine da tre anni. Carmine è sposato e ha una figlia. Anna no. Si prendono e si lasciano diverse volte in un tira e molla di passione e senso di colpa.
Carmine è un sofisticato cantautore indipendente che tenta la carriera nazional popolare per sbarcare il lunario. Passa le giornate rinchiuso nel suo studio di registrazione, alternando la fase creativa all’ossessione del controllo del peso. Rancoroso e frustrato, non ha il coraggio di cambiare vita. Fino a quando il cambiamento non glielo serve Anna su un piatto d’argento. Un pegno d’amore.
In una Puglia dai colori vivi e velata di un’ironica malinconia, Anna lascia Carmine. Fino al momento prima, niente sembra essere cambiato. Ben presto la mancanza diventa un sentimento ambiguo: non è dolore per qualcosa che non c’è più ma per qualcosa che è avanzato e non è abbastanza.
Intorno ai due protagonisti gravita la sgangherata umanità contemporanea: anaffettivi cronici, artisti egocentrici, goffi ipocondriaci, i nuovi ricchi dell’Est europeo e gli ex benestanti italiani minacciati dalla povertà borghese.
La scrittura di Alessandra Minervini procede per sottrazione e frammenti, creando nel lettore un senso di dipendenza. Si perde e si ritrova qualcosa: un amore, una vita, un desiderio, se stessi.

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Alessandra Minervini dice di se stessa…
Risultati immagini per alessandra minerviniMi piacciono le storie. Mi piace scriverle. Mi piace raccontarle. Mi piace aiutare la persone a trovare le proprie.
La scrittura è un modo di stare al mondo, è la malattia e la sua guarigione, non ti lascia mai. Provaci a lasciare la scrittura e ti mancherà un pezzo di braccio, un occhio, una mano, una vita.
In tanti anni, in questa solitaria ossessione, scrivere scrivere scrivere, mi sono accorta di non essere affatto sola. Sono tante, direi tantissime, le persone che non hanno poi tutto questo tempo, tutta questa energia e anche tutta questa cazzimma per coltivare con costanza il mestiere di scrivere.  Perché scrivere è soprattutto disciplina.
Da diversi anni la mia ossessione per le parole è diventata il mio  lavoro. Aiuto le persone a scrivere, a raccontare storie, a inventare mondi e a realizzare qualche sogno: finire di scrivere una storia che libera da un sentimento troppo ingombrante; la pubblicazione di un romanzo o di un racconto; la conoscenza di compagni di viaggio con cui condividere l’ossessione della scrittura e della lettura; la realizzazione di #storiedisuccesso.
Per fare questo ho accumulato diverse esperienze lavorative e formative.
Ho una formazione in comunicazione di massa e in editoria (Laurea in Scienze della comunicazione a Siena, 2003); ho frequentato il Master biennale della Scuola Holden (2005) e il Corso Rai in sceneggiatura cinematografica e televisiva (2007).
Dopo diverse, anzi diversissime esperienze, oggi lavoro principalmente come docente di scrittura (anzi di scritture) e come consulente editoriale, occupandomi soprattutto di scouting letterario, editing e storytelling per piccoli brand e idee imprenditoriali.
Al momento vivo a Bari ma mi sposto di continuo. Soprattutto a Torino, dove è rimasta una parte del mio cuore.
Ah, il cuore. Ultimo, ma non ultimo, il cuore. Per raccontare una storia è importante metterci il cuore. Lo diceva anche uno scrittore che rileggo, certe volte, quando mi perdo nella mia (non)scrittura: “Per scrivere bisogna amare, e per amare bisogna capire.” John Fante.
Senza cuore un narratore assomiglia a un pittore senza la tela.
Mi ispirano Goliarda Sapienza, i taralli pugliesi, il mare del Nord Europa, le meduse e i pavoni.

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