Home > Interviste > NOSTALGIA DEL SANGUE di Dario Correnti: intervista a uno pseudonimo

NOSTALGIA DEL SANGUE di Dario Correnti: intervista a uno pseudonimo

marzo 16, 2018

NOSTALGIA DEL SANGUE di Dario Correnti (Giunti): chiacchierata con uno pseudonimo

 * * *

di Massimo Maugeri

Qualche settimana fa ho pubblicato questa intervista a Mario Baudino dedicata al suo libro “Lei non sa chi sono io” (Bompiani), il cui sottotitolo (scrivevo) coincide con una vera e propria dichiarazione di intenti: “Un’avventurosa ricognizione di cause e di conseguenze umane e letterarie del celarsi sotto uno pseudonimo”.

Di recente Giunti ha dato alle stampe un thriller intitolato “Nostalgia del sangue” che ha beneficiato di un guizzo nella classifica dei libri più venduti e di un grande interesse a livello internazionale. Lo firma un certo Dario Correnti. Solo che Dario Correnti (da qui il collegamento con il libro di Baudino) è un pseudonimo. Ora… non rivelerò le identità di chi si nasconde dietro questo nome fittizio (anche perché non le conosco), ma propongo qui di seguito una frizzante chiacchierata…

Nella minibiografia leggiamo che “Dario Correnti è uno pseudonimo. Anzi, un doppio pseudonimo, perché nasconde due autori”. A cosa è dovuta la vostra scelta di ricorrere, appunto, a uno pseudonimo?
Non consideriamo Dario la somma di due individui, ma un terzo individuo, con una sua personalità, diversa dalla nostra. Tanto che parliamo di lui in terza persona. Diciamo: Come è andato questa settimana il libro di Dario? Oppure: Lavoriamo un po’ per Darione? Siamo i suoi ghostwriter, in sostanza. 

Considerata la doppia identità, come si è sviluppato il vostro processo creativo per la realizzazione di “Nostalgia del sangue”?
Ci abbiamo messo un po’ a capire come si poteva lavorare insieme. All’inizio uno si occupava della parte narrativa e l’altro delle digressioni saggistiche. Ma non funzionava. E soprattutto non era giusto. Perché uno dei due lavorava troppo poco. Allora abbiamo deciso  di buttare giù insieme la trama e i dialoghi, capitolo per capitolo. Poi uno dei due, l’addetto alla parte narrativa, si occupava di scrivere. Di fatto, il romanzo non è stato scritto a quattro mani, altrimenti la voce non sarebbe stata uniforme. È stato pensato da due teste e realizzato da due mani. 

Proviamo a conoscervi un po’ di più. Chi (e quali) sono i vostri “punti di riferimento” letterari?
I nostri punti di riferimento letterari, fra l’altro molto diversi, in questo caso non ci servivano a niente. Quindi possiamo parlare solo di quelli di Dario. Ci sentivamo dei principianti perché non conoscevamo la letteratura di genere. E così tutti e due abbiamo cominciato a studiarla. A leggere giallisti italiani e stranieri. L’autore che più abbiamo analizzato, per capire meccanismi e trucchi, è Jo Nesbo. 

– A vostro avviso, quali sono gli elementi fondamentali che devono caratterizzare un buon thriller?
Il ritmo, innanzitutto. La capacità di interrompere i capitoli al momento giusto, per alimentare la voglia di girare pagina. La struttura ha un ruolo fondamentale e delicatissimo: è come un castello di carte. Naturalmente tutto questo può prendere vita o no. E dipende dai personaggi, che devono essere umani e credibili. Il lettore deve provare empatia. Abbiamo capito che le digressioni intorno alla loro vita privata non toglievano tensione, ma la aggiungevano. 

– Veniamo al romanzo. Chi è Vincenzo Verzeni, il cosiddetto “vampiro di Bottanuco”? Come presentereste questa “figura” ai nostri lettori?
Era un contadino psicopatico. Aveva alle spalle una famiglia incapace di dare amore. Fa un po’ pena, quando si leggono gli atti del processo. Anche se i suoi omicidi sono spaventosi. 

– Quali sono le caratteristiche di questo nuovo serial killer che, nel romanzo, si ispira ai delitti del Verzeni?
Non possiamo rispondere. Altrimenti si capisce chi è l’assassino e togliamo ogni piacere al lettore.

– Cosa potete dirci sulla scelta dei luoghi in cui è ambientato il romanzo? 
Non avevamo alternative. Non li abbiamo scelti. Sono i luoghi di Verzeni, anche se oggi sono irriconoscibili. 

– Proviamo a conoscere questi due personaggi letterari di “Nostalgia del sangue” che, immagino, ritroveremo anche in altri romanzi di Dario Correnti (o sbaglio?). Una coppia. Un uomo e una donna. Due personaggi un po’ fuori dall’ordinario. L’uomo è un giornalista di cronaca nera vicino alla pensione. Si chiama Marco Besana. Che tipo è?
Certo che li ritroverete, quei due non si tolgono di mezzo facilmente.  Besana ha un caratteraccio, ma a suo modo è un puro, uno che cerca la verità delle cose e lavora seriamente.

– La donna è una giovane stagista, distante dalla figura del tipico personaggio femminile sexy che popola le pagine di molti romanzi. Si chiama Ilaria Piatti. Cosa potete dirci di lei?
Piano a dire che non è sexy. Non risponde ai cliché della donna fatale, ma ha un suo fascino, in fondo. Sembra imbranata ma è molto sveglia. E poi è sensibile. 

– L’unione fa la forza. Che tipo di forza emerge dal connubio tra Marco Besana e Ilaria Piatti?
La forza che nasce dall’affiatamento fra due persone molto diverse. E dalla sinergia fra esperienza e intuito. 

– Vi propongo un gioco letterario. Avete la possibilità di invitare a cena uno di questi vostri personaggi (Marco o Ilaria). Chi invitereste? E perché? 
Ci sta facendo litigare. Uno dice Piatti e l’altro Besana. E poi è difficile che venga uno dei due, senza portarsi dietro l’altro. 

– Che cosa gli/le chiedereste nel corso della cena?
Quale caso stanno seguendo.

– E cosa risponderebbero?
Ci racconterebbero un sacco di particolari che non avremmo mai immaginato. E ci farebbero ridere tutta la sera raccontandoci aneddoti sui giornalisti. 

– Ancora prima di uscire in Italia, “Nostalgia del sangue” è diventato un caso editoriale internazionale. È in corso di traduzione in quindici paesi. Vi aspettavate questo riscontro immediato anche all’estero? A cosa è dovuto, a vostro avviso, questo interesse?
No, eravamo stupefatti. E anche un po’ seccati. Arriva questo qua, che nessuno ha mai sentito nominare, e tutti lo vogliono. Basta che non si monti la testa. 

– Siete già al lavoro su un altro progetto letterario?
Certo. Besana e Piatti non si sono mica arresi. E Darione, così l’abbiamo soprannominato, non tollera che i suoi ghostwriter si prendano vacanze troppo lunghe. È lui che comanda.

– Buon lavoro a voi e in bocca al lupo a Darione Correnti per i suoi nuovi libri.

 * * *

[Un ampio estratto del romanzo è disponibile qui]

* * *

La scheda del libro

Un uomo anziano e una ragazza rappresentanti emblematici delle due categorie più deboli della società italiana di oggi, uniscono la loro fragilità e le loro impensabili risorse per raccogliere la sfida lanciata dal male

Certe mostruosità possono maturare solo in posti così: una provincia del nord Italia, dove soltanto pochi metri separano un gregge di pecore da un centro commerciale con sala slot e fitness, dove la gente abita in villette a schiera con giardino, tavernetta e vetrina con i ninnoli in cristallo, dove riservatezza è il nome che si attribuisce a un’omertà che non ha niente da invidiare a quella dei paesi dove comanda la mafia. Gli stessi luoghi che più di cento anni fa, infestati dalla miseria, dalla denutrizione e dalla pellagra, videro gli spaventosi delitti di Vincenzo Verzeni, il “vampiro di Bottanuco”, il primo serial killer italiano, studiato da Lombroso con la minuzia farneticante che caratterizzava la scienza di fine Ottocento e aggiungeva orrore all’orrore. Il serial killer che sembra citare il modus operandi di quel primo assassino non è però un giovane campagnolo con avi “cretinosi”, è una mente lucidissima, affilata, che uccide con rabbia ma poi quasi si diletta, si prende gioco degli inquirenti. A raccontare ai lettori le sue imprese e, a un certo punto, a tentare in prima persona di dargli la caccia, la coppia più bella mai creata dal noir italiano: Marco Besana, un giornalista di nera alle soglie del prepensionamento, disilluso, etico e amaro come molte classiche figure della narrativa d’azione, e una giovane stagista, la ventiseienne Ilaria Piatti, detta “Piattola”. Goffa, malvestita, senza neppure un corteggiatore, priva di protezioni, traumatizzata da un dolore che l’ha segnata nell’infanzia e non potrà abbandonarla mai, eppure intelligentissima, intuitiva, veramente dotata per un mestiere in cui molti vanno avanti con tutt’altri mezzi, Ilaria è il personaggio del quale ogni lettrice e lettore si innamorerà.

 * * *

© Letteratitudine

LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo

Seguici su Facebook e su Twitter