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NIENTE A PARTE IL SANGUE di Adil Bellafqih: incontro con l’autore

marzo 16, 2021

“Niente a parte il sangue” di Adil Bellafqih (Mondadori): incontro con l’autore e un brano estratto dal libro

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Adil Bellafqih è nato nel 1991 a Sassuolo, dove vive. Dopo un triennio concluso su Stephen King, ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia a Parma con una tesi sulla pulsione creativa, ispirata a Nietzsche e a Jung. Nel grande vuoto, il suo romanzo d’esordio, si è aggiudicato la menzione speciale della giuria alla XXXI edizione del Premio Calvino ed è arrivato secondo al Premio Kihlgren Opera Prima. Ha pubblicato numerosi racconti partecipando a vari concorsi letterari.

Per Mondadori, Adil Bellafqih ha appena pubbicato il romanzo Niente a parte il sangue

Abbiamo chiesto all’autore di parlarcene…

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«Tra i tanti meme di internet uno dei più famosi è: “Coincidenze? Io non credo”», ha detto Adil Bellafqih a Letteratitudine. «Il meme è nato da Adam Kadmon, personaggio mascherato che nel programma tv “Mistero” si incaricava di svelare le arcane relazioni tra complotti internazionali, numerologia e sette massoniche – in sostanza, una versione liofilizzata  del Pendolo di Foucault.
Nonostante la velocità con cui i meme nascono e muoiono, questo in particolare gode di buona salute. Il motivo (banale) è che le coincidenze esistono e fa abbastanza ridere pensare che, dietro a tutto, si nasconda un magico sfondo in cui gli eventi sono inscritti, o che le nostre piccole sfighe siano parte di un disegno più grande. Come ha mostrato Eco nel Pendolo, pressoché qualunque evento può essere legato a un altro tramite l’arte combinatoria. Se rigiri le unità e le decine di un numero tante volte, finisci con l’ottenere una ricorrenza che a sua volta rimanda a una data storica collegata a un complotto templare, eccetera… Insomma, combinando e ricombinando, tutto può essere visto attraverso la lente del complotto.
Chiunque abbia un briciolo di razionalità ride di queste strane coincidenze, da qui il successo del meme. Il riso però ha una doppia faccia. Se ridiamo, è anche perché a volte fatichiamo davvero a credere che sia tutto frutto del caso. Ecco un esempio personale.
Era notte fonda e stavo lavorando a questo romanzo, Niente a parte il sangue, una storia di droga e violenza. Sopra la testa sento girare un elicottero, accompagnato da sirene in lontananza. Il giorno dopo leggo di una banda di spacciatori arrestati a due passi da casa mia nel corso di un’operazione in grande stile. Che coincidenza, sto scrivendo proprio una roba simile! Ma è ancora poco per mettere in moto il pensiero magico.
Proviamo con questa: poche settimane prima dell’uscita del romanzo, la polizia sgomina un’altra banda che spacciava una superdroga chiamata Amnesia, un mix di fumo ed eroina. Il fatto che la superdroga spacciata nel romanzo si chiami Annexia è solo un’altra coincidenza. No?
Allora quest’altra: Alì, il protagonista del libro, pur essendo un giovane criminale, legge di poesia e ha un lato artistico che cerca di soffocare. Uno dei poeti che avrà un ruolo cruciale nella sua storia è Lawrence Ferlinghetti. Niente a parte il sangue è uscito il 23 febbraio scorso. Il 22 febbraio, Lawrence Ferlinghetti è morto a cento anni passati – la notizia è stata diffusa il giorno successivo.
Non voglio arrogarmi poteri extrasensoriali o doti divinatorie, ma in generale l’inanellarsi di una coincidenza dietro l’altra fa sorgere qualche dubbio e ci rende, inconsciamente, più superstiziosi.
Più che superstizione, Carl Jung l’avrebbe definita sincronicità: due o più eventi la cui causalità è incommensurabile si verificano nello stesso momento. Il fatto curioso è che questi eventi non sono neutri, bensì (almeno psicologicamente) pregni di significato. Ferlinghetti significava molto per Alì e Ferlinghetti ci ha lasciato proprio quando Alì si affacciava sugli scaffali delle librerie. Semplice sincronicità.
L’espressione migliore per descrivere certe coincidenze, però, è di Stephen King: il Ka, una ruota il cui unico scopo è girare su se stessa, il fato che trascina i personaggi verso l’inevitabile. Sebbene sia presente come forza manifesta (quasi) solo nel ciclo della Torre Nera, il Ka attraversa in filigrana tutti i romanzi di King. Più che una figura letteraria, il Ka incarna la natura stessa delle storie, la loro preesistenza rispetto alla volontà dell’autore.
Stando a King, il destino esiste davvero e la libertà individuale ha scarso peso nella vita. Potremmo tentare un approccio psicanalitico di stampo junghiano al caso King, ma cedo volentieri il testimone a qualcuno più bravo di me.
Le coincidenze relative a Niente a parte il sangue hanno al più un valore aneddotico. Piuttosto è interessante notare come, a dispetto di tutta la razionalità di cui siamo capaci, di fronte a episodi sincronici il pensiero magico si risveglia. L’inconscio ha una vita propria e cerca significati nascosti anche dove (forse) non ce ne sono. Credo sia questo uno dei motivi per cui siamo affamati di storie. Che sia un libro, un film o un fumetto, una buona storia dà ordine al caos, ci fa credere per un po’ che la magia, il Ka, il destino, esistano, che la vita dei personaggi ha uno scopo e non si riduce a un tiro di dadi.
Quale che sia la verità dietro queste bizzarre coincidenze, posso solo augurarmi che anche il mio romanzo non sia solo un tiro di dadi».

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Un brano estratto da “Niente a parte il sangue” di Adil Bellafqih (Mondadori)

Almir aprì la portafinestra e uscì sullo sgabuzzino a cielo aperto spacciato per balcone.
Non c’era aria lì fuori. Le nuvole gonfie come cisti non riuscivano a spremere due gocce di vera pioggia. Così annegavi senz’acqua, nessuna superficie da cui riemergere. Le ombre schiacciate sotto di noi avevano rinunciato a sbracciarsi, asfissiate dall’umidità. Le finestre erano cataratte di vetro e l’intonaco delle case una malattia della pelle e lo stradone una vena bucherellata con sangue randagio a scorrerle dentro, macchine e motorini e furgoni che si tuffavano nel sottopassaggio per riemergere dall’altra parte più brutti di prima.
«Bello, eh?» chiese Amir gettando il mozzicone di sotto.
«Un sogno.»
Amir rise. Si appoggiò alla balaustra coi gomiti e mi guardò. «Alì, io qui ci sto stretto.»
«Lo so.»
Era vero. La Segre diceva che io ero sprecato solo perché non conosceva Amir.
«Tu non ci stai stretto?» chiese.
«Mi adatto.»
«Perché?»
«Perché sono fatto così.»
Amir scosse la testa, raccolse un po’ di saliva e sputò giù. «Non dire cazzate. Tu non sai ancora come sei fatto, è questo il tuo problema.»
Rimasi in silenzio.
«Ma io sì. Io lo so. Sei come una pianta che ha bisogno del sostegno per crescere verso il sole, Alì.»
Cercai una traccia di verde lì attorno. Anche le piantine che qualcuno si ostinava a innaffiare fuori dalla finestra rinsecchivano dopo una lenta agonia.
«Questo posto ti ammazza. E non parlo di…» Chiuse il pugno destro, a parte l’indice; piegandolo a uncino, me lo batté sulla fronte. Sapevo cosa voleva dire quel gesto perché me l’aveva insegnato lui. Farsi sparare in testa.
«Non capisco» ammisi.
Amir si voltò, prese lo scacciamosche rosso e lo puntò alla sua sinistra. «Guarda là.»
Vidi le ciminiere del quartiere industriale tossire pennacchi di fumo come vulcani.
«Da qua a Sassuolo è una cappa di morte. Ci uccidono di più ogni giorno che passa mentre loro s’ingrassano vendendo piastrelle e cazzate del genere. Noi moriamo perché loro possano vivere. Non è quella che ti uccide» disse Amir indicando la strada con lo scacciamosche, «è tutto il resto.»
«Sì, questo l’avevo immaginato.»
«No, Alì. Sono quelle cose che pensi ma che non capisci davvero. Le prendi come un dato di fatto. Io non voglio marcire in questo buco.»
«E che ci possiamo fare?»
«Possiamo farli a pezzi.»

(Riproduzione riservata)

© Mondadori

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La scheda del libro: “Niente a parte il sangue” di Adil Bellafqih (Mondadori)

Adil Bellafqih, menzione d’onore al Premio Calvino, finalista del Premio Kihlgren Opera Prima, fotografa con nitidezza spietata l’abbandono spirituale di una provincia in una storia nerissima di dannazione e redenzione, dove nessuno è innocente, e allo stesso tempo lo siamo tutti.

Prima di legarsi la bomba al petto e incamminarsi verso una piazza gremita, Alì è un ragazzo qualunque, nato e cresciuto in un paesino della provincia emiliana. Frequenta per la seconda volta l’ultimo anno delle superiori, racimola qualche soldo che spende soprattutto in fumo, trascorre serate indolenti tra strade grigie e stanchi bar insieme al solito gruppo di amici, uniti quasi esclusivamente dall’assoluta disillusione. Niente sembra in grado di scalfire l’armatura di gomma che si è creato: non la madre o il padre, non la professoressa che gli vede nel cuore e nella testa qualità che nemmeno lui crede di avere, non la sensazione sottopelle che la vita già stia passando. L’unico a sfuggire alla coltre di indifferenza è Amir, il suo migliore amico, piccolo spacciatore solitario e fascinoso. E che un giorno gli propone di entrare in un giro più oscuro di quel che sembra. Amir ha una sola regola: non esiste niente a parte il sangue. Il mondo non ha nulla da offrire se non fregature e sogni laccati a buon mercato. Allora perché non vendicarsi? Perché non spazzarlo via? Alì lo ascolta affascinato, e piano piano si lascia scivolare in un gorgo allucinatorio che non risparmia né lui né gli amici di sempre e perfino i genitori. Sullo sfondo di un misterioso piano ordito da un burattinaio ambiguo, la discesa all’inferno costringerà Alì ad affrontare il vuoto che ha dentro, a fare i conti con i giorni buttati, a rovistare nel buio in cerca di una via d’uscita, una sola buona ragione per non premere quel pulsante.

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