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NON CE LO DICONO di Errico Buonanno (intervista)

settembre 22, 2021

“Non ce lo dicono. Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di Baviera al Covid-19” di Errico Buonanno (UTET): intervista all’autore

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di Massimo Maugeri

Un libro di grandissima attualità, questo nuovo di Errico Buonanno pubblicato da Utet. Lo si evince già dal titolo (Non ce lo dicono. Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di Baviera al Covid-19). E d’altra parte, giacché gli schemi sulla base dei quali sorgono e si sviluppano le teorie complottiste sono più o meno gli stessi, si tratta di problematiche ricorrenti di cui è possibile tracciarne un percorso storico.
Ho avuto il piacere di discuterne con l’autore…

– Caro Errico, partiamo dall’inizio: come nasce questo libro?
Sono anni che mi occupo di fake-news. Posso dire, anzi, di averlo incominciato a fare da prima che si chiamassero “fake-news”: quando scrissi il mio Sarà vero usavo il termine “falsi” o “bufale”. E me ne sono iniziato a interessare non precisamente con lo spirito del debunker. Al contrario, io sono principalmente un narratore, perciò nutro molto rispetto per le invenzioni e le bugie. Quello che tuttavia mi interessava era lo straordinario potere dei falsi di trasformarsi in realtà: una bugia può avere conseguenze molto pratiche e concrete, può smuovere eserciti, può creare nazioni attraverso i miti fondativi, può dare il via a tradizioni come a stragi. Questo significa che la fantasia è qualcosa da maneggiare con molta cura. Nel caso delle teorie di complotto, ahimè, la fake-news porta spesso a esiti rischiosissimi: le ultime vicende, da QAnon alle dicerie intorno alla pandemia, mi hanno portato in Non ce lo dicono ad affrontare il lato più nero del falso.

– Cosa puoi dirci sull’attività di studio e di ricerca che hai svolto prima di dedicarti alla scrittura del testo?
La cosa davvero appassionante, quando si fa ricerca intorno alle teorie di complotto, è che una diceria tira l’altra. Seguire il filo di come sia nata una teoria significa incappare in mille altre bugie che si accrescono, si autoalimentano, si confermano a vicenda, fino a trasformarsi in verità assodate. Ecco così che la ricerca diventa una vera e propria investigazione gialla attraverso le epoche. Prendiamo proprio il caso di QAnon: secondo chi aderisce a questa vera e propria setta complottista, esisterebbe una rete di pedofili satanisti che succhiano il sangue dei bambini per mantenersi giovani. Sembra una storia inverosimile, eppure è una voce che ci riporta a duemila anni fa, quando il retore romano Frontone scriveva che i cristiani erano dediti a sacrifici in cui si succhiava il sangue di un bambino. Si trattava ovviamente di una interpretazione stravolta dell’eucarestia; ma gli stessi cristiani avrebbero rivolto le identiche accuse ai pagani, con la stregoneria, e soprattutto agli ebrei, con le loro “Pasque di Sangue”. Via via, col passare degli anni, il mito del complotto ebraico si lega al fantasma dei massoni e degli Illuminati di Baviera, e arriviamo così al XX secolo, quando un autore di best-seller complottisti come David Icke sostiene che gli Illuminati di Baviera sarebbero in realtà degli extraterrestri rettiliani che devono succhiare il sangue per conservare forma umana. Ecco: l’identica bugia non ha fatto altro che passare di bocca in bocca, come in un gioco del telefono senza fili. Se non è appassionante una ricerca del genere…

– Quali sono gli elementi che accomunano i vari complottismi che si sono avvicendati nella storia?
Le regole per una teoria del complotto perfetta sono più o meno le stesse di un romanzo di serie B o di un film di cassetta. Per prima cosa: una buona teoria di complotto non deve mai essere particolarmente originale. Non bisogna proporre cose troppo lontane dal comune sentire ma, al contrario, andare a coccolare quello che i lettori già, sottilmente, pensano. Poi, naturalmente, ci deve essere una netta divisione tra i buoni e i cattivi. I cattivi devono essere il Male incarnato; non semplici affaristi, non semplici avversari, ma forze che hanno intenzione di distruggere la società o l’intera umanità. Per dimostrarlo, però, serve l’altro elemento: una confessione. Come nella scena finale di un giallo, deve essere il cattivo stesso che, in prima persona, spiega per filo e per segno le proprie malefatte. E questo può avvenire, in genere, attraverso un documento top-secret che le forze del bene sono riuscite a tirar fuori da chissà dove. In ultimo: una teoria di complotto deve essere ripetitiva. Ovvero, deve presentare una trama già udita mille volte, in cui però cambia l’identità del nemico. Nel 1614 uscivano i Monita secreta, una falsa regola dei gesuiti in cui si dimostrava che la Compagnia di Gesù voleva conquistare il mondo. Con lo scoppio della rivoluzione francese, lo stesso identico piano ricadde sugli Illuminati. Arrivò Napoleone, si aprirono le porte dei ghetti, e il medesimo piano venne attribuito agli ebrei, fino ad arrivare ai tragici Protocolli dei Savi di Sion. Insomma, l’importante è adattare un’identica solfa ai tempi che cambiano.

– C’è qualche aneddoto particolare, con riferimento alle varie tipologie e fattispecie di complotti che hai preso in esame, di cui potresti darci qualche anticipazione nell’ambito di questa intervista?
Una delle caratteristiche più rischiose delle teorie di complotto è la difficoltà che si può incontrare nello smascherarle. Il problema sta nel fatto che, nel momento in cui ci convinciamo che i media, gli esperti, il mondo medico o scientifico ci sta mentendo, viene a cadere quel principio di autorità che potrebbe essere l’unica via per dimostrare la verità. Provo a spiegarmi meglio: chi mai potrebbe provarci che la Terra non è piatta se non gli astrofisici, la Nasa, le immagini dei satelliti? Ma se crediamo che siano proprio la Nasa e gli astrofisici a mentirci, ecco che qualunque prova della sfericità della Terra varrà zero. Chi può assicurarci che i vaccini non contengono microchip e sono efficaci se non il mondo medico? Ma se crediamo che siano proprio i medici a mentirci… Un aneddoto a tal proposito si lega proprio ai Protocolli dei Savi di Sion che ho appena citato. I Protocolli – secondo la vecchia regola della “confessione del colpevole” – si presentavano come il resoconto di una riunione di potenti ebrei in cui loro stessi raccontavano di come avessero sapientemente manipolato la modernità per prendere il potere. Ebbene, già nel 1924 il “Times” riuscì a dimostrare che si trattava di un falso: i Protocolli erano copiati quasi parola per parola da un libricino contro Napoleone III scritto cinquant’anni prima dall’avvocato Maurice Joly. Quale altra prova serviva per dimostrare che erano una bufala? Be’, che ci si creda o no, questo non servì a nulla: i sostenitori della veridicità dei Protocolli sostennero che ciò che contava era il fatto che, seppure falsi, raccontavano comunque la verità.

– Le teorie del complotto ci sono sempre state e sempre ci saranno. Tuttavia, oggi, a differenza di qualche decennio fa, riescono a circolare e a prendere piede con molta più facilità sfruttando la “viralità” del web e dei social media. Cosa puoi dirci a riguardo?
Internet è un grande paradosso: è la cassa di risonanza di molte fake-news e teorie di complotto, ma potrebbe essere anche un’arma straordinaria per sconfiggerle. Chiunque ha la possibilità, in pochi secondi, di controllare se una notizia è vero o no. Peccato che, in genere, la condivisione avvenga in maniera automatica e senza pensarci su. Quel che davvero spaventa è che questo meccanismo è perfettamente conosciuto da aziende o, a volte, singole persone, che sono ormai specializzate nella fabbricazione di fake-news. Ormai sappiamo che esistono squadre di fabbricatori di meme o di disinformazione (celebri quelle russe) con cui si cerca di orientare la politica di Stati esteri o, semplicemente, di fare molti click. Ecco così che il paradosso diventa doppio: chi condivide teorie di complotto a volte non si rende conto di essere vittima di un complotto; in questo caso, molto reale.

– Verrebbe da pensare che le teorie del complotto riescano a coinvolgere chi non ha un “bagaglio culturale” consistente. Eppure non è sempre così…
Assolutamente no: si può cedere al complottismo con qualunque bagaglio culturale e spesso tentando di giustificare la teoria di turno con riferimenti storici molto fini. Quando, nel 1837, una terribile epidemia di colera si sparse in Sicilia, fu un grande intellettuale di Siracusa, l’avvocato Mario Adorno, a capeggiare le fila di chi diceva che si trattava di un morbo sparso ad arte dal governo di Napoli per controllare la popolazione. Non c’è bisogno di dire quante attinenze ci siano con il mondo d’oggi.

– Quali meccanismi scattano nelle persone che credono a tali teorie?
La risposta che mi sono dato è che si tratta fondamentalmente di un eccesso, o di una parodia, di razionalità: il tentativo di capire la trama logica dietro tutto ciò che ci sfugge. Una trama malvagia può fare paura, ma dà almeno un’impressione di governabilità: se noi l’abbiamo scoperta, se l’abbiamo raccontata, vuol dire che stiamo dominando le cose. Se invece dovessimo ammettere che il mondo è governato dal caos, e che, sì, ahimè, scoppiano le epidemie, arrivano i terremoti, ci sono gli incidenti, affonda il Titanic, a volte senza alcun perché… be’, ecco, questo sì che farebbe terrore.

– In che modo è possibile dotarsi degli “anticorpi” per essere meno facilmente preda delle suggestioni offerte dalle teorie del complotto?
Con lo stesso sistema con cui si cercano di far sviluppare altri anticorpi: un vaccino. E’ quello che ho tentato di fare io con Non ce lo dicono. Quello che possiamo fare è conoscere le teorie di complotto del passato per comprenderne i meccanismi che, come abbiamo detto, sono fondamentalmente immutabili. Se sappiamo quello che si è detto e sostenuto davanti a ogni epidemia, se conosciamo le voci che si sono sollevate contro le élite di ogni epoca, se leggiamo delle fake-news che i governi hanno diffuso per giustificare ogni guerra di aggressione, forse, nel momento in cui incontriamo il nuovo complotto fornito dalla modernità, possiamo almeno essere pronti, e coltivare la sacrosanta arma del dubbio.

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La scheda del libro: “Non ce lo dicono. Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di Baviera al Covid-19″ di Errico Buonanno (UTET)

Infiniti personaggi, molte trame, uno schema solo. Tutti (o quasi tutti) i Grandi Complotti della storia.

Il 2021 si è aperto con una scena apocalittica: migliaia di manifestanti assaltano Capitol Hill per rovesciare l’elezione di Joe Biden. Certi dell’esistenza di un oscuro complotto, molti sostenitori di Trump erano davvero convinti di essere in missione per conto del misterioso QAnon, una gola profonda che attraverso messaggi segreti sparsi su internet cercava di fermare una setta di pedofili sanguinari capeggiata da Hillary Clinton.
Ma quante sono le teorie del complotto che abbiamo visto montare in questi ultimi anni? Quanti disegni segreti vengono orditi ogni giorno dietro il paravento di un placido Occidente democratico? E tuttavia: non notate una certa aria di famiglia?
I complotti di oggi hanno infatti radici lontanissime e sterminate varianti: per chi è in grado di vederlo c’è un filo invisibile che unisce gli Illuminati di Baviera e l’omicidio Kennedy, gli UFO e la minaccia del 5G, i luciferini gesuiti coi loro Monita Secreta e l’11 settembre, gli untori della peste e l’esercito dei no mask contro la finta pandemia del Covid-19. Errico Buonanno, da sempre attento a ricostruire nel dettaglio le bufale che hanno fatto
la storia, ha deciso di mettere ordine nel caos cangiante dei complottismi di sempre, ricostruendo il meccanismo narrativo perfetto che alimenta ogni pericoloso Non ce lo dicono.

Se infatti possiamo ridere delle dietrologie più assurde, tra sostituzioni di Paul McCartney e terrapiattisti, Teletubbies pro gender e invasioni di rettiliani, non si tratta mai di innocue fantasie. Ufficialmente antisistema, le teorie del complotto si rivelano invece strumento ideale di chi il potere lo detiene, o lo desidera: lo capì Adolf Hitler, che cavalcò la paura di una congiura giudaico-massonica, e lo sanno oggi i leader populisti che agitano lo spauracchio del piano Kalergi di sostituzione etnica o che fomentano le paure sui vaccini.
D’altra parte, se l’idea di un grande complotto è immortale, è perché ha il fascino del feuilleton e la praticità di una soluzione: sostituisce le aride cause con le più sfiziose colpe, permettendo così di togliere dall’equazione dell’esistente il capriccioso caso, forse il vero nemico di una vita tranquilla.

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ERRICO BUONANNO è nato a Roma nel 1979. Scrittore, autore radiofonico e televisivo, ha esordito vincendo il Premio Calvino con Piccola Serenata Notturna (Marsilio, 2003). Con Utet ha pubblicato Notti magiche. Atlante sentimentale degli anni Novanta (con Luca Mastrantonio, 2017), Falso Natale. Bufale, storie e leggende della festa più importante dell’anno (2018) e Sarà vero. Falsi, sospetti e bufale che hanno fatto la storia (2019).

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