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OMAGGIO A NICOLÒ MINEO

febbraio 7, 2023

File:Nicolò Mineo.jpgÈ scomparso lo studioso e critico letterario italiano Nicolò Mineo. Tra le altre cose è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Lo ricordiamo in questa pagina

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L’ULTIMO DONO DI UN MAESTRO GENTILE
Per Nicolò Mineo, in memoriam

di Salvo Sequenzia

 

Ci ha lasciati ieri Nicolò Mineo, filologo, italianista, studioso di Dante, professore universitario.
Nato ad Alcamo, in provincia di Trapani, nel 1934, aveva studiato nella facoltà di lettere dell’Università di Catania laureandosi in lettere classiche nel 1956 con una tesi su Carducci. Alla Scuola Normale Superiore di Pisa aveva seguito i seminari di Luigi Russo e di Bruno Nardi e si era specializzato in filologia moderna per poi approfondire i suoi studi a Parigi.
Nicolò Mineo ha insegnato per decenni letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania e, per alcuni anni, nell’Istituto Universitario di Magistero di Catania, quindi nell’Ateneo Kore di Enna.
Presidente del comitato scientifico della Fondazione Verga, presidente del corso di laurea in lettere, direttore del dipartimento di filologia moderna, Mineo è stato preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania e professore emerito dal 2010.
Altri, meglio di me, diranno sulla sua vasta e fertilissima attività di insegnante e di studioso, di educatore di generazioni di allievi, di fondatore e direttore del Dottorato in Filologia moderna e della Scuola siciliana di specializzazione per l’insegnamento.
Con il suo insegnamento Mineo ha formato valenti studiosi impegnati in attività di ricerca e di formazione in prestigiose istituzioni accademiche in Italia e all’estero.
Chi scrive, da studente di lettere classiche, lo avuto come direttore di dipartimento negli anni Ottanta del secolo scorso. In seguito, ci ritrovammo a collaborare per la rivista Lunarionuovo, diretta dal compianto Mario Grasso, al quale devo il dono prezioso di avere propiziato la nostra amicizia attraverso incontri e frequentazioni che si spingevano ben oltre gli interessi e le iniziative culturali, per inoltrarsi in quella meravigliosa «pianura proibita» – come ha scritto Cesare Garboli – dove passione e studio imbibiscono la convivialità, l’amicizia e la vita legandole in un affratellamento.
Come un personaggio dei grandi romanzi realisti dell’Ottocento, Nicolò Mineo aveva tradotto tutto sé stesso nel suo corpo, nei suoi gesti, nel suo stile, nel suo atteggiamento mite e gentile, in una cordialità e in una misura che non ne sminuivano l’autorevolezza, anzi la confermavano.
Per tutti noi che lo abbiamo conosciuto, credo, Mineo è stato l’Italianista nella sua forma più esemplare – il che non ha mai reso meno marcati il suo carattere, la sua identità culturale, la sua passione ideologica ed il suo impegno politico, vissuti sempre con rigorosa serietà, limpidezza, e onestà intellettuale.
Mineo è stato un filologo e uno storico della letteratura, seguendo l’insegnamento ricevuto dai suoi grandi maestri, da Barbi a Luigi Russo e a Carlo Muscetta. Nutriva un’avversione per la teoria che solo l’eleganza gli faceva declinare in scetticismo rispettoso verso le astrazioni da laboratorio. Il rispetto del ‘testo’ è stato il suo metodo: l’ascolto, la cura di un brano, di una strofe, di un verso, non per una polverizzazione della esperienza dell’interpretazione, ma, al contrario, per un senso forte del ‘canone’, che in ogni verso, in ogni strofe, in ogni testo riverberava una tradizione e una civiltà letteraria.
Il campo dei suoi studi – vastissimo – era dettato dal suo gusto e dalle sue passioni.
Mineo è stato interprete raffinato e profondo di Dante. Magistrali i suoi saggi sul «poeta della luce», dalla Commedia alle opere minori, studiati con una profondità esegetica e filologica che, tuttavia, non si fermava esaurendosi al testo, ma si apriva ad accogliere e a indagare rapporti e relazioni ora scaturiti dal contesto storico e sociale di appartenenza, ora recepiti dalla tradizione.
Mineo ha, inoltre, studiato Foscolo (è, ormai, un classico il suo Da Foscolo all’età della Restaurazione, curato insieme ad Attilio Marinari e pubblicato nel 1934 da Laterza nella collana Letteratura italiana), la letteratura del Settecento, la poesia di Giusti e di Leopardi, Manzoni e il Risorgimento, sino a spingersi al Novecento di Capuana, di Verga e di Pirandello. La produzione scientifica di Mineo è vasta e profonda, e gli bastava esplorare le ‘vette’ – i cosiddetti maggiori – per ricostruire un panorama sconfinato abbracciando l’intero corso della tradizione italiana.
Nicolò Mineo, per tutta la vita, ha lavorato con intensità ed estensività, con una serenità – paradossalmente – lontana dal produttivismo dell’accademia di oggi.
Il suo modo di leggere, di studiare e di lavorare aveva qualcosa di signorile: come l’agio di un piacere, un esercizio di attenzione e di gentilezza.
Così lo ricordo nella nostra ultima telefonata, in piena pandemia, io a Floridia lui a con Mario Grasso a Linguaglossa. Si parlava di programmare un ciclo di incontri letterari, appena la «bufera» fosse passata.
Anche in quell’occasione funestata dalla pandemia il Maestro seppe darmi una lezione di gentilezza e di ottimismo, donandomi la sua inesauribile «felicità mentale».
È stato il suo ultimo, preziosissimo dono.

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