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L’ILIADE CANTATA DALLE DEE di Marilù Oliva (Solferino) – recensione

febbraio 13, 2024

L'Iliade cantata dalle dee - Marilù Oliva - copertina“L’Iliade cantata dalle dee” di Marilù Oliva (Solferino)

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di Rosalia Messina

La scrittrice bolognese Marilù Oliva, autrice di molti romanzi di successo, non è nuova alle rivisitazioni dei miti e dell’epica classica narrati dall’inedito punto di vista delle donne; ha dato infatti voce e spessore ai personaggi femminili che, nei poemi di Omero e Virgilio, agiscono dietro le quinte, inserendosi quasi di soppiatto nelle vicende gestite dagli uomini. Con il più recente dei suoi romanzi l’autrice porta a compimento un interessante progetto, la trilogia iniziata con L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre, proseguita con L’Eneide di Didone, completata adesso con L’Iliade cantata dalle dee (opere tutte edite da Solferino).
In questo romanzo mitologico molto ben strutturato le voci che narrano le vicende del lungo assedio di Troia da parte dei Greci sono quelle, che si alternano, di diverse figure femminili: le dee dell’Olimpo (Afrodite, Era, Atena, Eris); due creature mortali toccate dal divino, Elena di Sparta e Cassandra: la prima, la bellissima moglie di Menelao e cognata di Agamennone, nata da Zeus e Leda; la seconda, figlia dei regnanti di Troia, Priamo ed Ecuba, che ha ricevuto dal dio Apollo, indispettito per essere stato da lei rifiutato, il dono avvelenato della capacità di prevedere il futuro senza però essere mai creduta; la ninfa Teti, una delle Nereidi, moglie di Peleo e madre di Achille; Creusa, altra figlia di Priamo e di Ecuba, sfortunata sposa di Enea.
La narrazione scorre con passo agile e visione grandiosa, ripercorrendo le vicende del poema omerico dal punto di vista dei personaggi femminili e, innanzitutto, delle divinità femminili che tanto spesso intervengono nelle vicende belliche. Nelle note finali l’autrice così spiega le ragioni della sua scelta: “Nel poema originale non ci sono donne che agiscono attivamente, eccezion fatta per le dee, che a ogni modo restano sottomesse alla volontà di Zeus e, le poche volte che gli si ribellano, rischiano grosso. Così ho pensato di cercarle, di scovare i loro sogni e di rivelare ciò che – in linea immaginaria – magari è stato taciuto.”
Le dee hanno i loro protetti, si schierano ‒ apertamente o subdolamente, a seconda delle necessità e dei temperamenti ‒ con un singolo guerriero o con uno dei due eserciti; hanno le loro tresche, le reciproche gelosie, le invidie; ognuna si ritiene migliore delle altre.
Per le divinità tutto sembra essere un gioco, una partita in cui ognuna vuole primeggiare oppure dare una lezione a qualcuno per un’offesa vera o immaginaria. Creature oziose, non toccate dalla sofferenza degli esseri umani che schiacciano, solo per proprio capriccio si affannano a proteggere questo o quel mortale.
Nella guerra vissuta e sofferta dalle donne mortali, invece, troviamo solo infelicità. C’è, innanzitutto, la condizione subalterna che le accomuna tutte, come ancora ci chiarisce l’autrice nelle illuminanti note finali: “Regine, principesse, schiave subiscono una guerra condotta da uomini, decisioni prese da loro, imposizioni che sgorgano da una cieca ostilità tutta maschile, dove l’ansia di supremazia e la volontà di potenza rivestono un ruolo chiave. L’ira dei protagonisti è motore di ogni episodio…
E per ognuna di queste donne c’è, in aggiunta, una peculiare infelicità che deriva dalla sua storia, dalle sue scelte o dall’impossibilità di scegliere, dalla famiglia in cui è cresciuta, dagli sguardi che l’hanno accarezzata o ferita, dai sogni stracciati o dal non aver mai potuto neppure sognare.
Elena detesta la sua bellezza, non prova emozioni, non prova amore per gli uomini del suo passato e del suo presente. Elena la bionda, la formosa, la fascinosa, Elena che si aggira senza pace nei meandri del palazzo reale ed è sola, di una solitudine che vuole e accetta, perché ciò che il prossimo ha da proporle non le interessa, anzi, la disgusta: “Non sono abituata alla comunanza con gli altri. A Sparta, così a Micene e così a Troia. So già cosa vogliono se mi cercano. Il mio corpo. Chi per possederlo, chi per biasimarlo”. Si rende conto, la bellissima principessa, di essere fuori da ogni possibile alleanza, da ogni solidarietà, non riconoscendosi nei gruppi ai quali potrebbe, in teoria, appartenere: “Non trovo più il senso di niente, io che non vorrei essere né qui e nemmeno tra i Greci. Gli uomini combattono. Le donne si disperano. Io non sono né in una schiera né nell’altra. Delle volte parlo da sola. Mi aggiro come un simulacro tra le sale cupe. Ciò che provo per l’imbelle Paride è solo fastidio…”.

Cassandra, dal canto suo, ha pagato caro il rifiuto opposto al dio che disprezza; non è pentita ma si macera nel dolore e nella rabbia per l’ingiustizia subita. Cassandra è intelligente, riflessiva, profonda: tutte doti che in una donna, nel mondo antico (ma a volte e in certi contesti ancora oggi) non sono apprezzate né tantomeno richieste. È una donna che ha osato ribellarsi ai voleri non già di un mortale, ma addirittura di un dio: “Non sono tra gli olimpi, ma partecipo della loro essenza da quando un dio mi ha punita per becero dispetto. Il luminoso Apollo – il puro, l’efebico, l’imperscrutabile – mi ha schiacciata come il bambino ozioso calpesta un insetto”. La consapevolezza di essere stata considerata alla stregua di un insignificante insetto la consuma. La opprime lo sconforto di non poter essere utile alla sua gente e ai suoi cari con i vaticini di cui è capace, di essere anzi scansata come una triste, patetica menagramo.
Fra Elena e Cassandra nasce una di quelle commoventi solidarietà che fioriscono nella solitudine. Belle le riflessioni nei soliloqui interiori di Cassandra: “C’è una donna qui che le altre disprezzano. La considerano una rivale insuperabile, il che è molto peggio di una rivale con cui si può competere. Perché lei possiede ciò che ci hanno insegnato sia misura di affermazione per una donna: la bellezza. Se non ce l’hai, sei fuori dai giochi. Se ce l’hai, sei in pericolo, perché molti vorranno divorarla”. Cassandra, consapevole che gli uomini desiderano Elena e le donne la odiano, riconosce in lei la solitudine in cui entrambe sono immerse: “La intravedo nelle sue stanze, sola quanto me, sola quanto la luna nell’enormità nera del cielo”.
Tutto brucerà nell’incendio che porrà fine alla guerra e distruggerà Troia. Per ognuno si compirà il destino di salvezza o perdizione: moriranno eroi ritenuti invincibili, altri si salveranno, le donne subiranno il miserevole destino di schiave dei vincitori o avranno la fortuna di perire nella notte fatale. Nel bellissimo capitolo finale vedremo Creusa, la moglie di Enea dimenticata durante la fuga come una povera cosa senza importanza, scegliere la morte.

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La scheda del libro: “L’Iliade cantata dalle dee” di Marilù Oliva (Solferino, 2024)

L'Iliade cantata dalle dee - Marilù Oliva - copertina

Chi combatte sotto le mura di Troia? Gli eroi, ma anche gli dèi e, con molto accanimento, le dee. Dopotutto, questa immane contesa è stata scatenata da una rivalità tra divine: la famosa mela d’oro assegnata da Paride ad Afrodite, che in cambio gli ha dato Elena. E così, con occhi femminili stavolta è raccontata l’Iliade. È Atena a parlarci dell’ira di Achille, ed è la madre dell’eroe, Teti, a spiegare i moti dell’animo di suo figlio, le sue scelte che tanto sangue costeranno ai due eserciti. Afrodite tiene un occhio sul campo di battaglia e un altro sui suoi protetti Paride ed Enea, di cui ci narra le gesta, senza nascondere le proprie ingerenze. La sua rivale Era, per contro, tifa per i Greci e cerca di favorirne la vittoria. E poi ci sono due donne speciali, l’una figlia di Zeus, l’altra toccata da Apollo: Elena e Cassandra, che da dietro le mura di Troia testimoniano il fato atroce dell’altra metà del cielo in ogni conflitto. Ma di chi è la voce che grida la sua disperazione e si predispone al sacrificio, mentre la città brucia? È la moglie di Enea, Creusa, una protagonista che la storia ha lasciato indietro ma che ha qualcosa di molto importante da rivelare.
Riportando in vita l’Iliade come un coro di voci femminili, Marilù Oliva ribalta la prospettiva sulla più maschile delle vicende, la guerra, riappropriandosene a nome di tutte: delle troppe vinte, umiliate, violate, ma anche delle poche vincitrici apparenti, destinate ad afferrare trionfi effimeri come la vendetta. Un’epica potente, commovente, palpitante: indimenticabile.

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Marilù OlivaMarilù Oliva nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Ha co-curato per Zanichelli un’antologia sui Promessi Sposi e realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa, nell’ambito del suo lavoro sulle questioni di genere. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. Per Solferino ha pubblicato i bestseller mitologici L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (2020) e L’Eneide di Didone (2022), il romanzo Biancaneve nel Novecento (2021) e il saggio I Divini dell’Olimpo (2022). Ha scritto thriller e noir di successo e con Repetita, il suo romanzo d’esordio, ha ottenuto diversi riconoscimenti.
http://www.mariluoliva.net

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