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Guillermo Cabrera Infante: intervista a Gordiano Lupi

dicembre 27, 2012

di Massimo Maugeri

Minimum fax ha pubblicato di recente LA NINFA INCOSTANTE, romanzo dello scrittore cubano Guillermo Cabrera Infante (traduzione di Gordiano Lupi, postfazione di Mario Vargas Llosa, pagg. 267, euro 15). Si tratta di un romanzo postumo incentrato sulla figura del personaggio Estela Morris, la conturbante ninfa del titolo: una ragazza di sedici anni che il protagonista – alter ego dell’autore – incontra sulla calle 23 dell’Avana. Nasce una relazione che dura solo un’estate, ma rimarrà per sempre nel ricordo del protagonista. Un brano del libro è disponibile sul sito di minimum fax. Ne parliamo con il traduttore, Gordiano Lupi.

– Gordiano, chi è Guillermo Cabrera Infante? Come lo descriveresti ai potenziali lettori che non hanno ancora avuto modo di conoscere le sue opere?
Guillermo Cabrera Infante è uno scrittore talmente grande che non avrebbe bisogno di essere descritto né presentato, ma in questa Italia credo che ce ne sia bisogno, purtroppo. Cabrera Infante ha vinto il Premio Cervantes, su indicazione di Mario Vargas Llosa, ha scritto un capolavoro come Tre tristi tigri (Il saggiatore, si trova ancora) e un romanzo stupendo come L’Avana per un infante defunto (Rizzoli, ma fuori catalogo da anni). Il suo stile ricorda Borges e soprattutto Quineau, per i giochi di parole, i nonsense creativi, con quel fare letteratura stravolgendo nomi, persone e cose. Exorcismos de estilo – inedito, in Italia – credo sia il suo libro più bello, ma anche il più difficile da tradurre. Cabrera Infante era un critico di cinema (stupendi i suoi articoli su attori e registi, tutti inediti, a parte qualche mia traduzione su internet), uno sceneggiatore sopraffino (Wonderwall, Vanishing Point, The Lost City), un romanziere sublime. Ha lasciato un altro inedito importante: Cuerpos divinos, che ho letto in spagnolo. In Italia è stato poco promosso perché è un esiliato dal regime castrista.

– A tuo avviso, quali sono gli elementi caratterizzanti della sua poetica?
Far parlare me di Cabrera Infante è come invitare un pescatore a parlare di pesce. Ho scritto un libro (inedito) su di lui, dove narro la sua vita attraverso le sue opere, ma non troverò mai un editore disposto a crederci. A parte me stesso. “La letteratura di Guillermo Cabrera Infante è un gioco costante tra fiction e realtà, un gioco soggetto al ritmo inevitabile e spontaneo che impone la musica e l’amore della notte avanera”, scrive Rosa M. Pereda. Credo che in parte sia vero. La sua poetica è fatta di nostalgia di un esule per la sua terra, ma anche di amore per la terra che l’ha accolto. Invito a leggere Il libro delle città, edito da Il Saggiatore, dove descrive Bruxelles, Madrid e Londra in termini entusiastici, tre metropoli che l’hanno visto esule dopo la fuga dall’Avana. James Joyce, Raymond Queneau e Franz Kafka sono i suoi principali punti di riferimento.

– “La ninfa incostante” che ruolo occupa nella produzione letteraria di Cabrera Infante? Quali le similitudini e gli scostamenti rispetto agli altri libri?
La ninfa incostante è stato pubblicato in Spagna nel 2008, dopo la sua morte avvenuta nel 2005, ed è molto autobiografico. E’ una storia d’amore, in fondo, la storia di un amore impossibile tra un giornalista trentenne e una ragazzina incostante. Cabrera Infante racconta un passato che si chiama Estela, ragazzina adolescente iniziata all’amore, Lolita che abbandona la casa della madre e fugge con lui alla scoperta delle notti avanere, di posada in posada, stella della sua notte che lo convince a lasciare moglie e figlie. Il libro è in piena sintonia con la produzione di Cabrera Infante, è un romanzo classico che usa il divertissement linguistico per spezzare il ritmo. Ti assicuro che per il traduttore è una bella prova…

– Appunto… come hai vissuto l’esperienza di traduttore di questo autore così importante (soprattutto per quanto concerne questo libro pubblicato da minimum fax)?
Come un regalo inaspettato. Sei padrone di non credermi, ma un bel giorno mi ha scritto una mail Martina Testa e mi ha chiesto se volevo sostenere una prova di traduzione per vedere se potevano farmi un contratto e affidarmi il libro. Avevo appena passato un anno a leggere tutte le opere di Cabrera Infante e a scrivere il libro sulla sua vita… Credo che l’esperienza come traduttore quotidiano di Yoani Sanchez sia servita a farmi conoscere e che mi abbia aiutato a farmi le ossa per affrontare lavori più complessi, come questo. Il lavoro redazionale di Minimum Fax è stato molto importante, limando lo stile e perfezionando le cose troppo letterali.

– Ti chiederei di chiudere quest’intervista con una citazione di Cabrera Infante…
“La mia colpa più grande è la colpa dell’esule: aver lasciato la mia terra per essere un senza terra, aver abbandonato dietro di me chi stava sulla stessa nave, che io ho aiutato a gettare nel mare senza sapere che significava nel male. Ma io non ho abbandonato la mia nave, è stata la mia nave ad abbandonare me. Molti esuli cubani possono dire di non aver mai abbandonato Cuba: è stata Cuba ad abbandonare loro. Ad abbandonare i migliori. Posso fare un piccolo elenco, certo non esaustivo: il comandante Alberto Mora, suicida; il comandante Plinio Prieto, fucilato; il generale Ochoa, capro espiatorio. Ma l’esilio colma la misura dell’abbandono più della morte, perché ci si sente soli, ci si sente naufraghi di una barca alla deriva come la nostra terra perduta”.

“Lascio L’Avana per sempre, convinto che sia la fine di tutto, ma in realtà non è così, è soltanto l’inizio. Prendo un aereo per tornare in Europa, portando con me le mie due figlie, qualche manoscritto, tre foto, un poco di saggezza e un pugno di ricordi. Una volta salito sull’aereo odo il rumore dei motori mentre fuggo dalla follia e so bene che nel mio futuro c’è soltanto l’esilio”.

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