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LO SCONOSCIUTO di Irène Némirovsky (un estratto)

gennaio 24, 2018

https://www.dehoniane.it/books/9788810567784.jpgPubblichiamo un estratto del romanzo Lo sconosciuto (EDB) di Irène Némirovsky (traduzione di Giovanni Ibba)

Grazie a una fotografia, un soldato francese scopre che la sua vittima tedesca è in realtà il fratellastro. Il senso del racconto di guerra emerge cristallino: quando si uccide qualcuno al fronte, senza saperlo si uccide un fratello.

 * * *

[estratto da pagina 27 a pagina 32]

Questa foto, la vedi? È quella che ho preso dal corpo del tedesco.
– Aspetta, caro, io non…
– Non ti ricorda niente?
François guardava la foto. Un uomo, ancora giovane, era fotografato sulpianerottolo di una casa di campagna. Una donna era vicino a lui, in piedi, una donna un po’ robusta, l’aria placida e buona, e dai capelli chiari. François esitò un istante, poi fece un sorriso forzato.
– Direi che l’uomo ti somiglia un po’,ma…
Il fratello maggiore scosse la testa.
– Non è a me che somiglia, fratellino.
Guarda bene, guarda ancora. Guarda di nuovo la sua mano sinistra. Si vede perfettamente.
Vedi la cicatrice? Quel segno profondo che dall’anulare scende fino alpolso? Deve… – continuò chiudendo gli occhi, come se stesse inseguendo un ricordo nella sua memoria – deve formare uno spesso cuscinetto, anche se la ferita era superficiale; aveva intaccato solo la carne. Però aveva lasciato una traccia indelebile. Tu sai, non è vero?, che nel settembre del ’14, lo stesso giorno in cui nostro padre fu ferito per la prima volta alla coscia e all’inguine, una scheggia di granata gli lacerò la mano e che, due anni più tardi, fu ferito una seconda volta alla testa, sopra l’arcata sopracciliare sinistra, proprio qui – disse mostrando il ritratto.
François lo esaminò a lungo senza dire niente.
– Non è possibile… – mormorò.
– Ho confrontato questa foto con tutti i ritratti di papà che nostra madre ha conservato. Ho ritrovato le radiografie di queste due ferite; quella della fronte forma una linea sinuosa, perfettamente identica a quella della foto quando la si guarda con la lente, come ho fatto. E poi, tu che hai scordato i tratti e l’espressione di papà, tu puoi esitare, ma io… È talmente lui, talmente il suo sguardo sopra gli occhiali, talmente il suo sorriso, e questa fossetta sul mento stretto, un mento come il mio, e come quello del suo terzo figlio – terminò con una strana voce.
– Sei sicuro che quel tedesco era… suo figlio?
– Ascolta, la foto porta la data del 1925 e, più in alto, vedi, con un’altra grafia, questa scritta in tedesco…
– Non sono in grado di decifrare i loro caratteri gotici.
Claude lesse lentamente, poi tradusse le parole: «Für meinen lieben Sohn, Franz Hohmann, diese Büd seines vielgelibten Vatersmöge er ihn aus der Himmlshöhe beschützen, Frieda Hohmann, Berlin,den 2 Dezember 1939». «Al mio caro figlio Franz Hohmann, questo ritrattodel suo amato padre perché lo proteggadall’alto dei cieli. Frieda Hohmann, Berlino, 2 dicembre 1939».
– Si chiamava François? – esclamò ilgiovane –. François, come me?
– Come te, come nostro nonno, come uno dei nostri zii: è un nome che è servito molto alla famiglia. L’ha dato anche al tedesco.
François si mosse.
– Ti dico che è lui – fece Claude a bassa voce. – Pensi che, se avessi avuto anche il minimo dubbio, ti avrei mai fatto cenno di tutto questo? Ma è una cosa così… così straordinaria e così tragica. Non mi sentivo in diritto di nascondertela. Ho pensato che dopo la guerra potremmo fare delle ricerche in Germania. Le faremo insieme, se sarà possibile. Altrimenti, se ne incaricherà chi sopravvive.
François portò le mani alle tempie, prostrato.
– Mio caro, sono stordito.
– C’è da esserlo, bisogna ammetterlo – disse dolcemente suo fratello. – Non ho fatto che sognarlo tutte le notti.
– Ma, insomma, credevo che avessimo la certezza che papà fosse morto in guerra!
– Ecco come si sono svolte esattamente le cose. Venne dato per disperso il 27 maggio 1917. Fino alla fine della guerra, mamma ha sperato nel suo ritorno. Solamente dopo l’armistizio, uno dei compagni di nostro padre ha scritto e ci ha detto che l’aveva visto cadere, a due passi da lui, senza un braccio e la testa. Non si sono mai ritrovati i suoi resti. Ma pensa, in quello spaventoso tumulto, nella confusione di una battaglia, e quella avveniva proprio prima dell’alba, un giorno di pioggia, ho saputo i particolari da quella lettera che mamma ha conservato e che mi ha appena dato grazie alle mie suppliche, pensa come poteva essere sicuro di quello che aveva visto, l’amico! Ci sono stati non si quanti morti e feriti quel giorno. Lui stesso lo dice, e tutti quei corpi carbonizzati, polverizzati,
irriconoscibili… Prova a dare un nome a tutti quei poveri ragazzi!
S’interruppe e fumò per un momento la sua pipa in silenzio, voltando leggermente la testa.

(Lo sconosciuto (EDB), di Irene Nèmirosvsky, estratto da pagina 27 a pagina 32, in libreria dall’11 gennaio 2018)

(Riproduzione riservata)

© Edizioni Dehoniane

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Irène Némirovsky (1903-1942), nata in Ucraina, di religione ebraica, convertita al cristianesimo nel 1939, è morta ad Auschwitz nel 1942. Riscoperta solo dopo la morte, in seguito alla pubblicazione postuma di Suite francese, è stata tradotta in molti paesi del mondo, Italia compresa, da editori come Adelphi e Garzanti.

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