Home > Articoli e varie > PICCIRIDDA di Catena Fiorello: dal romanzo al film di Paolo Licata

PICCIRIDDA di Catena Fiorello: dal romanzo al film di Paolo Licata

luglio 3, 2019
Sarà presentato in anteprima al Taormina Film Festival il film “Piciridda” tratto dall’omonimo romanzo di Catena Fiorello (pubblicato originariamente da Baldini Castoldi e riedito da Giunti)
La presentazione dell’opera si svolgerà a Taormina il 5 luglio nell’ambito della  65° edizione del Taormina Film Festival. Il film sarà proiettato, alle ore 18.00, al Palazzo dei Congressi di Taormina Sarà presente Catena Fiorello, il regista Paolo Licata (regista palermitano: Picciridda è la sua opera prima) e l’intero cast.
Le riprese del film si sono svolte tra novembre e dicembre 2018 sull’Isola di Favignana. Nel cast: Lucia Sardo, (bravissima interprete, tra l’altro, nel film “I Cento Passi” di Marco Tullio Giordana), Ileana Rigano, Katia Greco, Tania Bambaci, Loredana Marino e per la prima volta sullo schermo la bambina Marta Castiglia.
“A me scoppia il cuore dalla gioia”, ha dichiarato Catena Fiorello sulla sua pagina Facebook, “perché dopo tanti sacrifici e attese è arrivato il grande giorno, quello in cui potremo vedere Picciridda sullo schermo di un cinema. La vera magia. Io vi chiedo di venire in tanti e  di condividere con noi questo momento. (…) Picciridda lo merita. Racconta di noi e del nostro viaggio alla ricerca della dignità di un lavoro, e dell’amore che tanti bambini si videro negato in quegli anni da una società che li considerava poco. E parleranno anche le voci dei tanti emigranti che non riuscirono a farlo per mancanza di coraggio e fragilità emotiva”.
Riproponiamo, di seguito, la recensione del romanzo.

  * * *

PICCIRIDDA di Catena Fiorello (Giunti)

di Massimo Maugeri

Cosa può accadere di particolare a una “picciridda” che nei primi anni Sessanta abita in un paesino, Leto (Letojanni), posto lungo la costa della Sicilia orientale tra Messina e Catania?
Può accadere, ad esempio, che i genitori si trovino costretti a emigrare in Germania e che decidano di portare con loro solo il più piccolo dei due figli affidando “la grande”, sebbene pur sempre picciridda, alla nonna paterna dal carattere burbero.
Ed è quello che accade a Lucia, la piccola protagonista del romanzo d’esordio di Catena Fiorello, riproposto in edizione riveduta per i tipi di Giunti..
Lucia è figlia di emigrati e vive questa sua condizione sentendosela addosso come un marchio negativo. È consapevole, Lucia, che per lei – e per tutti coloro che non sono figli “della gallina bianca” – la necessità implica sacrificio e rinunce. Lo sa bene. Lo dicono tutti. Lo ripete la nonna. Ma qual è il prezzo che bisogna pagare? E fino a che punto il gioco può valere la candela?
“… quanto valeva tramutato in denaro il dolore dei miei per avere lasciato la loro casa, il loro paese e le loro piccole certezze? (…) Risvegliarsi in una città che non gli apparteneva. Lavorare tra persone che non avevano mai conosciuto prima. Vedere il buio sin da quando si risvegliavano per andare al lavoro per poi ritrovarlo a fine giornata quando uscivano dalla fabbrica. Non poter fare, quando ne avessero voglia, una passeggiata al mare, per respirare un po’ di felicità…
Per quel che ne so io – tradotti in denaro – quei sacrifici avrebbero dovuto rendere ricchi i miei genitori, e tutti quelli che come loro hanno rinunciato a un pezzo della loro esistenza in cambio di un lavoro. E quando poi sono ritornati nel paese dal quale erano partiti, avevano perduto per forza di cose una parte di vita, fatta di rapporti umani, amicizie, frequentazioni e quotidianità. Così non erano né di qua né di là. Infatti erano emigrati. Un’altra cosa…”
Ma a Lucia non rimane che accettare la situazione e concentrarsi sul rapporto, non sempre facile, con la nonna.
Ed è proprio il rapporto tra nonna e nipote uno dei punti di forza del romanzo. La nonna, Maria Amoroso, deve tenere le redini di questa famiglia sui generis, spezzata dalla temporanea assenza della generazione di mezzo e ridotta a un rapporto a due. E allora giù con gli ammonimenti e con i rimbrotti, ché male non fanno: “Ti fidi troppo della gente, stai sempre con la bocca aperta a raccogliere le api. Credi all’asino che vola, e parli delle tue cose con tutti (…). Ma ti faccio cambiare io la testa! Per stare bene in questo mondo, picciridda, non si può essere buoni, sennò ti mangiano viva, con tutte le scarpe!”
Lucia sa che la nonna non ha avuto una vita facile e che dietro la sua facciata arcigna si nasconde il volto, la figura, di una donna che ha dovuto convivere con un passato duro e un destino avverso; e che, come la stessa nonna avrà modo di dirle, ha reagito lottando. “(…) La lotta di una donna contro il mondo, piccolo e ottuso, di un paese ignorante come questo, in cui io e te viviamo.”
Una lotta che, a volte, è trasbordata in clamorosi atteggiamenti di rivolta. “(…) ogni tanto uscivo la sera; giocavo a carte, fumavo il sigaro e bestemmiavo. Tutte cose impensabili per una donna di quegli anni. Anche adesso lo sono. Ma io lo facevo in preda a una grandissima insoddisfazione. Ero una donna sola. Tristemente abbandonata a se stessa. Era il mio modo, personale e incomprensibile, di vivere l’infelicità. Mi lasciavo andare alla vita. Nella nebbia del fumo, che lasciavano i sigari dietro di me, spegnevo una parte della vita stessa.”
Ma la vita non è facile nemmeno per Lucia.
In un paese come Leto, dove il mondo si riduce a poco, fino a diventare nulla se non hai l’affetto dei tuoi a portata di mano, se vuoi sopravvivere devi trovare una valvola di sfogo per irretire la frustrazione e tenere a bada la tristezza.
“Scattò così, all’improvviso (…) il bisogno di togliermi gli zoccoli e di mettere i piedi nella sabbia. Da quell’istante non smisi più di volerlo fare. Ne traevo gioia e conforto. (…) Con i piedi nella sabbia quella sera capii che si può essere più forti di qualunque dolore. Quella sera. Fu lì che compresi inconsapevolmente il valore di quella scoperta.”
In questo romanzo Catena Fiorello presta la voce alla picciridda Lucia, e lo fa delineando personaggi credibili e descrivendo scenari caratteristici.
Con una scrittura semplice, a tratti immaginifica, ed esente da arzigogoli aulici che ne inficerebbero la fluidità, la storia si dipana seguendo il corso di un’aneddotica dagli alterni contenuti – dall’austero, al quasi-comico fino al tragico – e sempre filtrata dal punto di vista dell’io narrante (Lucia).
Nella parte finale del libro, nell’epilogo, incontriamo la Lucia dei nostri giorni: una donna che, ormai realizzata, ha chiuso i conti con il passato (un passato che, come il lettore avrà modo di scoprire leggendo, è macchiato da un evento traumatico e inatteso). La scrittura dell’epilogo, come è giusto che sia, ha un tono più elevato, più lirico rispetto al resto del romanzo (stavolta, del resto, la voce narrante non è più quella di una picciridda ma di una dottoressa, di un medico).
E nell’epilogo, toccante e ricco di sorprese, le sottotrame aperte nel corso della narrazione vengono abilmente chiuse. Rimane aperta invece la coscienza di doversi misurare con “un passato che pare riproporsi, oggi, in un’altra veste, ma con lo stesso triste spirito…”
E il ricordo dei genitori e dei sacrifici sopportati diventa occasione d’accusa per additare una vergognosa condizione di disagio che, mutati attori e palcoscenici, si ripropone con scenari simili.

 * * *
È in libreria il nuovo romanzo di Catena Fiorello: “Tutte le volte che ho pianto” (Giunti)

Tutte le volte che ho pianto - Catena Fiorello - copertinaNell’autunno tiepido di una Messina dalle spiagge ormai deserte, Flora corre ogni mattina sul bagnasciuga: il vento, il sole, la pioggia, le nuvole, il rumore del mare sono divenuti per lei compagni indispensabili. Una disciplina che le dona calma, adesso che, a quasi quarant’anni, sta cercando di riprendere le redini della sua vita. Il matrimonio con Antonio, sposato da giovanissima, è andato in frantumi dopo l’ennesimo tradimento di lui, sempre in cerca di nuove avventure che non approdano mai a nulla. Eppure Flora non riesce a dimenticarlo e vacilla ogni volta che lui torna a corteggiarla, alimentando le illusioni della figlia quindicenne Bianca. Ma la sua vita è già abbastanza complicata, con un bar da gestire e una madre anziana che non ha mai superato la morte del marito e, soprattutto, la perdita di Giovanna, la sorella maggiore di Flora: bellissima, indomabile e carismatica, uccisa a vent’anni in un tragico incidente. E adesso Flora trema vedendo che la figlia Bianca, per uno strano destino, coltiva il sogno di diventare attrice proprio come un tempo Giovanna. Ma a scombinare di nuovo le carte, un giorno arriva Leo, con la sua aria da James Dean e un passato che lo lega a quei luoghi, dove sta per produrre un film. E con i suoi modi affascinanti, si insinua pericolosamente nei pensieri di Flora… Ma perché Leo sembra sapere tante cose su di lei? Cosa si nasconde dietro il suo interesse per Flora? Può realmente fidarsi di quest’uomo così misterioso? Commovente e carico di passione: un romanzo per chi non ha mai smesso di credere nella vita e nell’amore.

* * *

© Letteratitudine – www.letteratitudine.it

LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo

Seguici su Facebook e su Twitter

Iscriviti alla nostra mailing list cliccando qui: scrivi il tuo indirizzo email e poi clicca sul tasto “subscrive”. Riceverai informazioni a cadenza mensile sulle attività di Letteratitudine