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A PROPOSITO DI JOHN FANTE

marzo 18, 2021

Riflessioni su John Fante: da “Un’etnicità complessa. Negoziazioni identitarie nelle opere di John Fante” di Elisa Bordin (La Scuola di Pitagora) a “Dalla parte di John Fante. Scritti e testimonianze” a cura di Giovanna Di Lello e Toni Ricciardi (Carocci)

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di Gianni Bonina

John Fante non era italiano, essendo nato in Colorado e a conoscenza solo di qualche parola imparata dal padre abruzzese e dalla madre lucana, per cui non era tenuto a inalberare il vessillo italoamericano e vestire il saio dell’immigrato dropout. Ma non era nemmeno americano, perché i genitori erano nati in Italia, come il nonno paterno già Oltreoceano, e perciò apparteneva di fatto agli wop e non agli wasp, essendo cattolico malaccetto e non protestante bianco anglosassone. Scrisse degli uni per realizzare il sogno americano degli immigrati e degli altri nella loro prospettiva che il sogno fosse solo degli americani. Di certo in nessuno dei suoi personaggi, tutti evidenti trasposizioni di sé, si è mai sentito un italoamericano, rimanendo perciò in mezzo a due identità nazionali: per modo che in Chiedi alla polvere Arturo Bandini può sentirsi orgoglioso di dirsi americano («Grazie a Dio era questo il mio Paese! Per fortuna ero nato americano!») mentre in Sogni di Bunker Hill lo stesso Arturo risponde di essere italiano al Duca di Sardegna.
Fante è tutto in questa dicotomia mai risolta, che da un lato gli ha impedito di essere un autore pienamente americano e da un altro non gli ha permesso di essere visto come scrittore italiano, finendo così per relegarsi in un regionalismo californiano, dunque in una guazza di minorità, dal quale lo ha liberato, dandogli notorietà e successo, Charles Bukowski, che però lo ha presentato in taccia di enfant terrible della narrativa West coast, dunque americana, e non come autore etnico. Non per un caso il solo romanzo realmente gradito al pubblico è stato Una vita piena del 1952, perché concepito come opera confessionale di uno scrittore wasp sprezzante degli italoamericani descritti nei loro peggiori stereotipi.
In un recente saggio dal titolo impossibile, Un’etnicità complessa (La scuola di Pitagora Editrice), dove i libri di Fante sono citati inspiegabilmente nell’inglese originale, Elisa Bordin dà conto di questa ambivalenza richiamando la condizione generale degli italoamericani preda di una double consciousness «non dissimile da quella che Du Bois ha descritto per gli afroamericani», sospesa tra ricordo e sogno (il ricordo della discendenza e il sogno americano) e che si precisa in una forma di occidentalismo dentro il quale l’aspirazione a fare parte del mondo ricco e opulento solo nel quale dirsi affermati, secondo una visione materialista della vita, si scontra con l’attaccamento alle proprie radici e con i retaggi spirituali di appartenenza etnica. Fante comincia ad avere fortuna, anche grazie alla decisiva opera della moglie Joyce che ha conservato tutti gli inediti, solo quando gli studi americani consolidano negli anni Novanta, dunque molto tempo dopo la sua scomparsa, l’interesse nato da vent’anni verso la letteratura etnica. Una fortuna che arriva anche in Italia, dove da quindici anni è attivo – proprio nel paese avito del Chietino, Torricella Peligna – un festival curato da Giovanna Di Lello, cui si deve il recente Dalla parte di John Fante (Carocci) che raccoglie numerose testimonianze e note critiche sulla figura e l’opera dello scrittore. Il quale non fu mai a Torricella Peligna. Trovandosi negli anni Cinquanta a Napoli, volle farsi accompagnare, ma giunto quasi alle porte disse all’autista di tornare indietro, temendo di scoprire un luogo che avrebbe cancellato l’immagine ereditata dal padre e trasposta nei suoi primi romanzi.

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La scheda del libro: “Un’etnicità complessa. Negoziazioni identitarie nelle opere di John Fante” di Elisa Bordin (La Scuola di Pitagora)

Questo volume prende in esame lo scrittore californiano di origini italiane John Fante, proponendo nuove letture critiche della sua produzione letteraria attraverso un’estesa analisi dei suoi capolavori più noti come “The Brotherhood of the Grape” e “Ask the Dust”, ma anche di opere minori e incompiute come “The Little Brown Brothers”, “My Dog Stupid” e “The Road to Los Angeles”. Attraverso un approccio intersezionale e l’uso di strumenti della critica postcoloniale, questo studio mette in dialogo i protagonisti italoamericani con gli altri gruppi etnici presenti nei lavori dello scrittore, facendo emergere l’articolazione dell’etnicità con le categorie di razza, classe e genere. Alla centralità della cultura di discendenza, visibile nell’analisi della figura paterna, si affianca così lo studio di personaggi come la chicana Camilla Lopez, i filippini Julio Sal e Cristo Sierra, o il cane giapponese Stupido, che gettano luce su un interesse per le molteplici diversità americane. Ne esce un’immagine di John Fante come scrittore della complessa negoziazione identitaria negli USA, che ne espande l’importanza ben oltre il ruolo di padre della letteratura

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La scheda del libro: “Dalla parte di John Fante. Scritti e testimonianze” a cura di Giovanna Di Lello e Toni Ricciardi (Carocci)

Questa storia ebbe inizio più di due secoli fa a Torricella Peligna, il piccolo borgo abruzzese da dove partì il nonno di John Fante, uno degli scrittori americani più amati, controversi e originali del Novecento. Il John Fante Festival “Il dio di mio padre”, a lui dedicato e che da 15 anni si tiene nel paese dei suoi avi, trova in questo volume le voci di chi vi ha partecipato per almeno un’edizione. Allo sguardo appassionato dei figli Victoria, Jim e Dan, ma anche di chi ha conosciuto da vicino la sua famiglia, come lo sceneggiatore Frank Spotnitz e la direttrice del festival Giovanna Di Lello, si unisce l’omaggio di scrittori come Sandro Veronesi, Marco Vichi, Giancarlo De Cataldo, Simona Baldelli, Gaetano Cappelli, Alessio Romano, fino al filosofo Gianni Vattimo e al cantautore Vinicio Capossela, tutti suoi grandi estimatori e divulgatori. La raccolta è arricchita, inoltre, da un contributo postumo di Francesco Durante, uno dei massimi esperti di John Fante in Italia, cui si affiancano saggi sulla sua opera narrativa e cinematografica firmati dagli studiosi Antonio Buonanno, Fred Gardaphé, Lia Giancristofaro e Giuliana Muscio.

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