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SABOTAGE: la conclusione del progetto. Intervista a Colomba Rossi

Raggiunge il traguardo la collezione Sabot/age, la collana diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto per le edizioni E/O

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di Massimo Maugeri

Sono davvero molto grato per aver avuto la possibilità di partecipare a un progetto editoriale bello, importante e significativo come quello legato alla collezione Sabot/age: collana pubblicata dalle edizioni E/O, diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto. Una collana che, in questi anni, ha raccontato l’Italia mettendone in risalto problematiche e contraddizioni attraverso romanzi le cui trame hanno abbracciato le diverse aree del paese. Adesso che il progetto (iniziato nel 2011), dopo la pubblicazione di una trentina di romanzi, è giunto alla sua conclusione, desidero ringraziare di vero cuore i meravigliosi Colomba Rossi e Massimo Carlotto per aver adottato all’interno di Sabot/Age il mio romanzo “Trinacria Park” (che affrontava, tra gli altri, il tema della menzogna). Ne approfitto anche per ringraziare Sandro Ferri, Sandra Ozzola e Eva Ferri (editori bravi e illuminati), Claudio Ceciarelli (grande editor) e tutto lo staff delle edizioni E/O. Ringrazio e abbraccio anche i fantastici compagni di viaggio con cui ho avuto il piacere e l’onore di condividere questa bellissima esperienza letteraria. Grandi scrittrici e grandi scrittori che elenco di seguito in ordine alfabetico, citando tra parentesi le loro opere Sabot/age: Luigi Romolo Carrino (autore di: “La buona legge di Mariasole“, “Alcuni avranno il mio perdono“), Giorgia Lepore (autrice di: “Angelo che sei il mio custode“, “Il compimento è la pioggia“), Carlo Mazza (autore di: “Lupi di fronte al mare“, “Il cromosoma dell’orchidea“, “Naviganti delle tenebre“), Stefania Nardini (autrice di: “Alcazar“), Luca Poldelmengo (autore di: “Nel posto sbagliato“, “I pregiudizi di Dio“, “Negli occhi di Timea“), Piergiorgio Pulixi (autore di: “Una brutta storia“, “La notte delle pantere“, “Per sempre“, “Prima di dirti addio“, “La scelta del buio“), Roberto Riccardi (autore di: “Undercover“, “Venga pure la fine“, “La firma del puparo“), Tersite Rossi (autori di: “Sinistri“), Pasquale Ruju (autore di: “Un caso come gli altri“, “Nero di mare“, “Stagione di cenere“), Eduardo Savarese (autore di: “Non passare per il sangue“, “Le inutili vergogne“), Matteo Strukul (autore di: “La ballata di Mila“, “Regina nera” e “Cucciolo d’uomo“), Massimo Torre (autore di: “La giustizia di Pulcinella“). Ricordo anche il volume a più vociGiochi di ruolo al Maracanã“.

Ringrazio infine, ancora una volta, Colomba Rossi per avermi concesso questa intervista dove facciamo il punto sugli obiettivi e sui risultati di Sabot/age

– Cara Colomba, partiamo dall’inizio. Come nasce Sabot/age? E quand’è che tu e Massimo Carlotto avete capito che era giunto il tempo di dare vita a questo nuovo progetto editoriale? Leggi tutto…

NAVIGANTI DELLE TENEBRE di Carlo Mazza: incontro con l’autore

NAVIGANTI DELLE TENEBRE di Carlo Mazza (Edizioni E/Ocollezione Sabot/Age): incontriamo l’autore per discuterne

Carlo Mazza è nato a Bari nel 1956, dove ha sempre vissuto. Ha lavorato in banca per trentotto anni e tra i suoi interessi ha coltivato anche la scrittura teatrale. Con il personaggio di Antonio Bosdaves ha pubblicato per la collezione Sabot/Age i polizieschi: Lupi di fronte al mare (Edizioni E/O 2011), incentrato sulle relazioni tra politica, finanza e sanità, finalista al Festival Mediterraneo del Giallo e del Noir 2012 e tradotto in lingua spagnola dalle Ediciones Seronda; Il cromosoma dell’orchidea (Edizioni E/O 2014), imperniato sui crimini ambientali; il racconto Valetudo, inserito nell’antologia Giochi di ruolo al Maracanà (Edizioni E/O 2016).

Nel mese di maggio 2018, sempre per la collezione Sabot/Age delle Edizioni E/O, è giunto in libreria il nuovo romanzo di Carlo Mazza, che si intitola “Naviganti delle tenebre”. Una storia ambientata a Bari, che si rivela una città compiaciuta del suo torpore, con il suo cielo sfavillante che richiama quello africano e tuttavia con i suoi anfratti e i suoi nascondigli, in definitiva con la sua duplicità, che la rende il territorio ideale per ospitare la contraddizione tra lo slancio di accoglienza verso lo straniero e la volontà di respingerlo. Ne parliamo con l’autore…

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«La trama di “Naviganti delle tenebre” inizia con il rapimento di un’etiope di quarant’anni, Samira» racconta Carlo Mazza a Letteratitudine. Leggi tutto…

LUCA POLDELMENGO racconta I PREGIUDIZI DI DIO

LUCA POLDELMENGO racconta il suo romanzo I PREGIUDIZI DI DIO (Edizioni E/O – Sabot/Age)

Un estratto del libro è disponibile qui

di Luca Poldelmengo

I pregiudizi di Dio visto attraverso gli occhi dei bambini.

Lorenzo ha 5 anni, è il figlio di Andrea, uno dei protagonisti del romanzo.

Papà da quando la mamma è andata a lavorare lontano è strano, quando non litiga con la nonna si chiude nello studio a mettere insieme quei pezzetti di carta. Dice che fa un puzzle, ma io non ci vedo nessun disegno, solo delle scritte.
L’altra sera mi ha messo paura.  Ha iniziato a muoversi a scatti, tremava, poi però mi ha visto e ha sorriso, e un po’ mi sono tranquillizzato, anche se per un attimo l’ho visto spaventato. Poi mi sono ricordato che papà è un commissario, che ha la pistola, che comanda tanti uomini e combatte i cattivi. Lui non può avere paura mai.
Ora sta discutendo con la nonna, lo fanno sempre, aspettano che io vado in camera, come se da qui non li sento lo stesso.
A volte i grandi sono proprio scemi.
Hanno iniziato a guardarsi male quando è arrivato quell’uomo in tv che cercava la moglie, si chiama come un fiore, Margherita. Mia mamma si chiama come un pesce invece, Alice. Forse tutte le mamme che hanno un nome strano prima o poi se ne vanno, perché anche questa Margherita se n’è andata. Papà mi ha detto che pure lei è andata a lavorare lontano, ma secondo me stavolta non diceva la verità, secondo me c’entra col suo lavoro. Lo so che non mi dice tutto.
Chissà se anche quel signore che chiamava Margherita in televisione la sera fa i puzzle con le scritte e senza figure, chissà se pure lui non ride mai. Leggi tutto…

PER SEMPRE di Piergiorgio Pulixi (intervista all’autore)

PER SEMPRE di Piergiorgio Pulixi (Edizioni E/O – collezione Sabot/Age)

Intervista all’autore – un estratto del libro è disponibile qui

di Massimo Maugeri

Da qualche settimana è in libreria in nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi, fresco vincitore del Corpi Freddi Award 2015 (nelle due categorie: Miglior Romanzo, con “Il canto degli innocenti”, e “Miglior Autore Italiano”); si intitola “Per sempre” ed è pubblicato nell’ambito della collezione Sabot/Age delle edizioni E/O. Si tratta del terzo romanzo che vede per protagonista l’ispettore Biagio Mazzeo (dopo “Una brutta storia” e “La notte delle pantere“).
Ne discutiamo con l’autore che, peraltro, di recente ha rappresentato l’Italia al ‘Crime Writers Festival’ di New Delhi.

– Caro Piergiorgio, parlaci della nascita di Biagio Mazzeo, il tuo personaggio letterario. In che modo si è affacciato alla tua mente?
Biagio Mazzeo nasce da uno spunto reale legato alla cronaca nera del nostro Paese: un arresto eclatante di un’intera sezione della polizia: sedici agenti indagati per associazione a delinquere arrestati dai loro stessi colleghi dell’Anticrimine. Questa notizia mi incuriosì tantissimo. Cercai di documentarmi, e scoprii che tra questi poliziotti ce n’era uno attorno a cui tutti gli altri gravitavano. Un uomo dal carisma magnetico, dalla personalità forte e affascinante che teneva coesa tutta la squadra. Una sorta di figura paterna e di riferimento che rendeva questa squadra quasi una famiglia. Fui subito affascinato da questa figura, e decisi che volevo raccontare – attraverso la finzione narrativa – un personaggio di questo genere. Un uomo disposto a tutto pur di proteggere i suoi uomini. Un uomo preda delle proprie debolezze che si traducevano in una personalità complessa e violenta,sfaccettata e sanguigna. Da quella scintilla di realtà è nato Biagio Mazzeo. Un personaggio tragico nella sua volontà di amare così come di vivere senza arrendersi a un destino già scritto per lui. Mazzeo vive in modo violento, totale. Ho iniziato a costruirlo e a scoprirlo giorno dopo giorno, finché non mi sono accorto che era diventato una presenza costante e ingombrante nella mia vita. A quel punto ho capito che era arrivato il momento di dargli lo spazio e la vita che bramava ed esigeva. Così è nato l’ispettore superiore della Polizia di Stato, Biagio Mazzeo.

– Proviamo a tracciare il suo identikit. Come lo descriveresti?
Un uomo preda delle sue debolezze e dei suoi sensi di colpa che cerca di esorcizzare con un atteggiamento molto violento, autoritario. Minimizza e in qualche modo ignora le sue ferite psicologiche e i suoi problemi personali, mostrandosi per quello che forse non è: un uomo forte, duro, all’antica per certi versi, con valori imprescindibili come la famiglia (sebbene la sua non sia una famiglia di sangue, ma ciò non gli importa: “la vera famiglia non è quella in cui nasci ma quella per cui moriresti” è solito dire), il rispetto per la parola data, e il coraggio e la dedizione alla sua missione. È un uomo che indossa tante maschere pur di nascondere la sua indole reale. A tratti è una persona molto piacevole, generosa, dalla battuta sempre pronta. Qualche secondo dopo può mostrare la sua personalità violenta, bugiarda, incostante. È un uomo che non ha mai avuto dei punti di riferimento solidi e quindi è cresciuto sotto i venti iracondi della sua stessa personalità in cerca costante di affermazione. L’unico punto fermo della sua vita sembra essere questa strana famiglia che si è creato intorno.

– Nel nuovo romanzo che vede per protagonista Mazzeo – “Per sempre” – compare Vatslava Demidov, compagna del mafioso ceceno Sergej Ivankov, morto nel precedente libro. Cosa puoi dirci di lei? E che ruolo svolge in questa storia? Leggi tutto…

PER SEMPRE di Piergiorgio Pulixi (un estratto)

Pubblichiamo il prologo del romanzo PER SEMPRE di Piergiorgio Pulixi (Edizioni E/O Collezione Sabot/Age)

PROLOGO
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CARLO MAZZA racconta IL CROMOSOMA DELL’ORCHIDEA

carlo mazzaCARLO MAZZA ci racconta il suo romanzo IL CROMOSOMA DELL’ORCHIDEA, (edizioni e/ocollezione Sabot/age) attraverso un’autointervista. Le prime pagine del libro sono disponibili qui…

Carlo Mazza intervista Carlo Mazza su “Il cromosoma dell’orchidea”

di Carlo Mazza

Carlo, nei tuoi romanzi la vicenda poliziesca è concepita come una trama di servizio rispetto all’obiettivo di raccontare la realtà. E’ così anche per “Il cromosoma dell’orchidea”?

Certamente. Credo che questa sia la principale differenza tra “giallo” e “noir”. La mia idea è che il giallo elude la descrizione del contesto sociale, mentre il noir non solo affronta il tema, ma punta a restituire il caos e la confusione della realtà contemporanea, in ultima analisi l’assenza di logica nei comportamenti umani.

Ne “Il cromosoma dell’orchidea” non hai parlato di Bari, come nel precedente romanzo “Lupi di fronte al mare”, ma di una grande città del Mezzogiorno. Eppure i personaggi sono gli stessi, l’ambientazione è la stessa. Quindi come si giustifica la tua scelta?

Vorrei dire, innanzi tutto, che è stata una scelta sofferta, perché ha comportato la rinuncia a più di una pagina che mi sembrava ben riuscita. Il dialetto è sempre così coinvolgente! Quello barese, poi, è uno straordinario arcobaleno di suoni e colori… Perché rinunciare a tutto questo, almeno per una volta? L’ho fatto perché il localismo dei romanzi è divenuto sempre più ingombrante e mi piaceva l’idea di un segnale in contro tendenza.

Tuttavia, bisogna riconoscere che il localismo è una risorsa fondamentale per un narratore: si tratta di utilizzare le esperienze e le conoscenze derivanti dal rapporto con il proprio luogo di origine o di vita, per riversarlo sulla pagina bianca.
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IL CROMOSOMA DELL’ORCHIDEA, di Carlo Mazza (le prime pagine)

Pubblichiamo le prime pagine del romanzo IL CROMOSOMA DELL’ORCHIDEA, di Carlo Mazza (edizioni e/o – collezione Sabot/age). Nei prossimi giorni Carlo Mazza ci “racconterà” il suo libro…

La scheda
Ritorna il capitano Bosdaves di “Lupi di fronte al mare”.
Alla vigilia delle elezioni amministrative, Gabriele Lovero si candida e riceve una proposta di alleanza da un navigato senatore. In cambio, gli sarà chiesto di favorire i progetti di due spregiudicati imprenditori, decisi a costruire un vasto complesso residenziale in un’area a rischio idrogeologico.
Bosdaves indaga sul presunto suicidio di un amico d’infanzia, un ambientalista precipitato in una cava contigua ai futuri cantieri edilizi: un antro dalle parvenze infernali che custodisce orchidee di voluttuosa bellezza. Sullo sfondo di una partita che contrappone angeli e demoni e ha come posta la salvezza ambientale, agiscono personaggi vibranti e intensi, animati da lucenti passioni o soggiogati dalla carnalità, in una corsa scintillante verso la rivelazione finale. Una vicenda che narra la realtà accecata del Sud, con lo sguardo consapevole di chi ne fa parte e ha scelto di restarvi.

* * *

Il primo capitolo di IL CROMOSOMA DELL’ORCHIDEA, di Carlo Mazza (edizioni e/o – collezione Sabot/age)

Villa Guglielmi era deserta, come sempre.
Due uomini, parlando tra loro senza guardarsi, entrarono nel
cortile interno attraverso il portale a tutto sesto.
«Nei sondaggi tu e Saraceno siete dati alla pari» disse il senatore Leo –
nar do Barracane fermandosi nei pressi dell’edificio principale. «Il tuo
av ver sario si comporta come se la campagna elettorale fosse già iniziata,
presenzia persino alle prime comunioni. Sommando le mie forze alle
sue, tu non avrai alcuna possibilità».
Il sindaco Gabriele Lovero infilò le mani nelle tasche del suo trench
di cachemire.
«Noi non abbiamo ancora deciso se presentarci da soli o accordarci
con la destra» proseguì Barracane mentre il suo fiato si tramutava in una
piccola nuvola. «Come forse avrai saputo, c’è fibrillazione. I rapporti tra
noi e loro non sono più facili come un tempo. Se dovessimo decidere di
presentare un nostro candidato la scelta del nome spetterebbe a me, lo
sai che il partito è mio e lo porto dove mi pare».
Lovero, per la prima volta dall’inizio della conversazione, guardò
negli occhi il suo interlocutore. «Auguri» commentò serafico, almeno in
apparenza.
«Il mio appoggio vale il quindici per cento».
Il primo cittadino agitò la mano a mulinello.
«Non mi credi?» domandò stupito il senatore. «Gli imprenditori so no
con me, convintamente. Ci sarà un motivo se da vent’anni il presidente
della Camera di commercio è sempre un mio uomo! E i di soc cupati? Sa –
pessi che cosa succede nel mio studio, ogni fine settima na. La sala d’at tesa
è gremita, per entrarci bisogna prenotare. Ricevo più di cinquanta persone
in due giorni. Ci vuole anche energia, eh! Ma io sono allenato. E nelle parrocchie
si ricordano di quanto ho fatto per loro, i contributi per gli oratori
e le processioni non li ho fatti mancare mai. Il basso clero mi ama e l’arcivescovo
mi porta in palmo di mano».
Lovero mostrò i denti in un sorriso feroce. «Hai dimenticato i tuoi
migliori amici».
«Ho sempre dedicato attenzione alle pecorelle smarrite». Leggi tutto…

PIERGIORGIO PULIXI racconta LA NOTTE DELLE PANTERE

PIERGIORGIO PULIXI ci racconta LA NOTTE DELLE PANTERE (edizioni E/O – collezione Sabot/Age). Un estratto del libro è disponibile qui…

di Piergiorgio Pulixi

Pulixi incontra Biagio Mazzeo:

Arrivo in anticipo di venti minuti ma lui è già lì, seduto a un tavolino. Davanti a lui una Bud ghiacciata, i suoi tre cellulari e un incartamento spesso una decina di centimetri.

Sono sorpreso che sia già arrivato. So bene che è un tipo previdente e che ha l’ossessione della sicurezza, ma venti minuti prima… questa è paranoia. Come la mia d’altronde.

Gli basta uno sguardo per riconoscermi. Mi strizza l’occhio. Rispondo con un cenno del capo e mi avvicino. Si alza e mi porge una mano grossa e forte. Gliela stringo fissandolo in quegli occhi celeste slavato. Sembrano quasi finti da quanto sono chiari e freddi. È imponente. Non altissimo, perlomeno non quanto Giorgio Varga e Carmine Torregrossa che vedo rispettivamente ai due lati dell’ingresso a tenere d’occhio la situazione, ma nel complesso dà l’idea di un tipo energico e deciso, che se la caverebbe in qualsiasi situazione.

«Sei in anticipo» dico.

«Anche tu» risponde. La sua stretta è ferrea, ma non mi lascio intimidire e ricambio deciso. So che è uno che bada a queste cazzate da macho.

«Prego, prima le signore» dice indicandomi la sedia.

Scuoto la testa ma mi siedo.

«Cosa prende, signore?» mi chiede un cameriere.

Indico la Bud. «Una di quelle, grazie».

«Due… ti facevo un tipo più da tè, infusi al cocco, o quelle stronzatine da checca».

Mi sta mettendo alla prova: vuole mettere in chiaro che è un duro come se il giubbotto di pelle, il fisico massiccio da peso massimo di boxe e quelle manone dalle nocche segnate non bastassero a gridarlo al mondo.

Lo conosco bene. So come pensa, e so come ci si conquista il suo rispetto.

Mi gratto il collo facendo in modo di colpire la sua bottiglietta con un gomito, mandandola a terra dove esplode in mille pezzi.

«Ops, scusami».

Sposta gli occhi dai cocci ai miei e poi sorride. Sento correre un brivido sottopelle. Ha un sorriso da bambino e folle allo stesso tempo.

«Sta’ più attento, bellezza… Allora? Perché cazzo volevi vedermi?».

«A quanto pare c’è un po’ di gente che è preoccupata per te…».

Inarca platealmente un sopracciglio. «Preoccupata per me?».

«Già. Sanno che non te la stai passando bene, soprattutto dopo la Notte delle pantere, come l’hanno chiamata i giornali…».

Ride scuotendo la testa. «Svegliati, tesoro. Ogni notte per me è una cazzo di notte delle pantere».

Nei suoi occhi colgo uno scintillio divertito. Ma le sue dita stanno accarezzando l’anello di platino all’anulare della sinistra: l’anello di Sergej Ivankov. So che lo fa quando è nervoso o quanto sta pensando intensamente a qualcosa: quel gesto lo aiuta a riflettere e calmarsi.

«Rilassati, non sono qui per giudicarti o cazzate simili» dico.

«Ci mancherebbe altro. E dì un po’, com’è che sai questa storia della notte?» mi fa.

Questa volta sono io a sorridere e a strizzargli l’occhio. «Segreto professionale» dico.

«Buffone…».

Lancio un’occhiata ai suoi due uomini all’ingresso. Mi stanno studiando. Penso che si stiano chiedendo chi cazzo sia. Varga mi fissa come se lo sapesse, ma non può saperlo. Spero di no… Leggi tutto…

VENGA PURE LA FINE, di Roberto Riccardi (le prime pagine del libro)

In esclusiva per Letteratitudine, pubblichiamo le prime pagine del romanzo “VENGA PURE LA FINE” di Roberto Riccardi (edizioni e/o, collezione Sabot/age)

Il libro
Al tenente dei carabinieri Rocco Liguori arriva inatteso un ordine del Comando Generale: dovrà recarsi all’Aia, a disposizione del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia. Il colonnello Dragojevic, condannato per la strage di Srebrenica, caduto di recente in depressione, è in coma per aver ingerito una massiccia dose di farmaci. Il procuratore Silvia Loconte, non credendo al tentato suicidio, chiama a indagare Liguori, che sette anni prima in Bosnia aveva arrestato Dragojevic. L’indagine lo riporta indietro nel tempo, facendogli ritrovare anche Jacqueline, la giovane funzionaria della Croce Rossa con cui aveva intrecciato una storia d’amore mai risolta. Liguori dovrà misurarsi ancora una volta con le trame più oscure e gli intrighi degli ambienti coinvolti nella guerra. Sullo sfondo la politica, con le sue vecchie figure e le nuove alleanze. Con i suoi retroscena difficili da decifrare, celati dietro l’eterna maschera delle versioni ufficiali.

* * *

1.
Bosnia-Erzegovina, 1995

Rumori, dal fitto della boscaglia. Samira volge di scatto
gli occhi al suo compagno, nel suo sguardo c’è una ri –
chiesta di aiuto. Lei e Sefer sono le staffette avanzate
della banda di irregolari che ha osato sfidare il temibile esercito
serbo. Una follia, l’aveva detto dal primo momento. Trenta soldati
improvvisati, male armati, contro un intero reggimento
attestato a difesa. Un attacco suicida. Li hanno fatti a pezzi,
sono rimasti in sette. Due di loro sono feriti, Ismet non arriverà
alla notte. La sera allunga la sua ombra nel cielo e col buio
aumenterà la paura. Quella che già adesso le attanaglia la gola.
Samira sente il pericolo nel fruscio sottile delle foglie. Sarebbe
bello che a muoverle fosse il vento del Nord, anche se tante
volte lo ha maledetto, quando all’alba usciva di casa e la sua
sferza impetuosa le gelava il sangue. Sarebbe bello se tornasse
quel tempo, quando la vita era lavoro duro, la mattina a scuola
e il pomeriggio ad aiutare la mamma nelle faccende di casa.
Ma Samira una casa non ce l’ha più. L’ha barattata con un
fucile e due scarponi incrostati di fango, per un uomo che l’ha
trascinata in una lotta disperata, a perseguire un obiettivo
privo di senso. Non ci saranno vincitori, alla fine di quel dolore
avranno perso tutti. I pochi che scamperanno alla mitraglia, ai
cecchini, alle mine disseminate nei campi, riceveranno in
premio un Paese dilaniato, dove nulla sarà più come prima.
Croati, serbi, bosniaci musulmani, quando il massacro si sarà
fermato resteranno nemici. Nei pensieri della gente, nelle
anime ferite la guerra non finirà. Prima erano tutti mescolati:
in seno ai villaggi, alle famiglie nate senza badare troppo alle
origini. Era il komšiluk, il codice non scritto della reciproca
tol leranza. Dopo, sarà tutto un guardarsi con rancore. «Il tuo
esercito bastardo ha ucciso mia madre». «Brutta puttana, cosa
vuoi? Sono stati i tuoi a incominciare». Saranno questi i di –
scorsi fra chi si era giurato eterno amore, se qualcuno avrà
ancora voglia di parlare.
Ma Samira non vedrà tutto questo, perché nel bosco avanza
la milizia del colonnello Dragojevic´, il macellaio venuto da
Gracˇa nica. L’uomo che conduce la pulizia etnica in quell’angolo
di Bosnia. Non avrebbero dovuto affrontarlo, sono condannati,
nessuno di loro sfuggirà a quegli uomini addestrati a
scovare i nemici nel cuore della foresta. Li sente più vicini,
adesso, tanto da fiutarne l’odore. Per Sefer è lo stesso, glielo
legge negli occhi.
«Cosa facciamo?» chiede.
«Non parlare, potrebbero sentirci».
Il suo compagno ha ragione. Hanno bisbigliato, ma nel
silenzio di un bosco fa rumore anche il respiro. Samira però
non sa tacere.
«Non vedo più gli altri. Forse dovremmo…».
«Tornare indietro? Fallo tu se vuoi. Io non muovo più un
passo».
Sefer scuote la testa, è fuori di sé. Nello scontro appena
avvenuto è caduto l’ultimo dei suoi fratelli. Il grosso della famiglia
si era dissolto nell’attacco al villaggio, ingoiato da una fossa
comune. Samira non riuscirà a calmarlo e lo sa, ma deve provarci.
«Cosa vuoi fare, aspettarli? Pensi che quell’albero ti riparerà
dai loro proiettili?».
Ha alzato appena il tono di voce. Basta quel tanto e il re –
siduo equilibrio del suo compagno va a perdersi chissà dove. Il
ragazzo cresciuto in una storia più grande di lui si lancia nel
fitto della boscaglia senza pensare a niente. Prima della guerra
tagliava la legna, come suo padre e suo nonno. Era in gamba,
con un colpo di scure buttava giù un piccolo fusto. La sua abilità
non gli servirà a strappare alla morte un solo minuto.
Samira lo vede sparire fra gli alberi, una corsa disperata che
porterà solo a farli scoprire, ma tanto la loro fuga non sarebbe
durata. Anche senza sentire i colpi lei sa che il suo Sefer, che in
una sera lontana le rubò il primo bacio e sparì per lasciare il
posto a un nuovo amore, se n’è andato per sempre. Leggi tutto…

ALCAZAR. ULTIMO SPETTACOLO, di Stefania Nardini (le prime pagine del libro)

In esclusiva per Letteratitudine, pubblichiamo le prime pagine del romanzo ALCAZAR. ULTIMO SPETTACOLO, di Stefania Nardini (2013, edizioni e/o, collezione Sabot/age)

Il libro
1939: Marsiglia è una città italiana. Napoletani, siciliani, piemontesi fuggono dal fascismo e dalla fame. Sono scattate le leggi razziali. Da Napoli parte una nave, a bordo una compagnia teatrale. Capocomico Silvana Landi, trasformista internazionale. Con lei l’amico del cuore Gino Santoni, in arte Corderà: omosessuale che si esibisce vestito da donna. Marsiglia è anche la città del milieu. Gli italiani sono i caids di una balorderia mediterranea che gestisce ogni sorta di traffico: dal parmigiano alla cocaina, dalle armi alla prostituzione. Alfred Morello è uno di loro e il suo cuore verrà conquistato proprio da Silvana. Pioggia di stelle è lo spettacolo che la compagnia dovrà rappresentare all’Alcazar, il mitico teatro dove si sono esibite le più importanti celebrità. Tra regolamenti di conti e l’occupazione nazista, gli italiani di Marsiglia organizzano la Resistenza. Dopo settant’anni la Marsiglia raccontata da Jean-Claude Izzo lascia balenare nell’Alcazar un colpo di scena che per un attimo fa rivivere quel 1939, con i suoi conflitti e soprattutto con i suoi misteri.

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Le prime pagine di ALCAZAR. ULTIMO SPETTACOLO, di Stefania Nardini (2013, edizioni e/o, collezione Sabot/age)

La preda

Era così, non riusciva a nasconderlo.
Piccolo, magro, le movenze avevano un che di femminile. I capelli neri spettinati dal vento di prua, il piede destro poggiato su un rotolo di cime d’ormeggio. Guardava la luna su quel mare pericolosamente gonfio. I passeggeri in coperta si facevano coraggio ingurgitando vino dall’unico fiasco che passava di bocca in bocca.
Uomini, donne, bambini, ammassati come bestie nella promiscuità di un bivacco abbandonato a se stesso in mezzo al Mediterraneo.
Sputi di salsedine in faccia, una solitudine nuova. In cabina i ferri tre e mezzo e un gomitolo di lana color amaranto. Li aveva portati con sé come conforto. Anche se quando si scappa non c’è nulla che consoli.
E lui su quel mare si sentiva randagio. Un fuggiasco che lasciava dietro di sé un taglio.
Anno 1939, diciottesimo dell’era fascista. La Maria Maddalena, partita da Napoli, era diretta a Marsiglia. A bordo la compagnia teatrale Landi al completo. Un po’ per i bagagli voluminosi, un po’ per la confusione de gli artisti, non passava inosservata tra la folla che si accalcava per guadagnarsi un posto in coperta. Erano sempre di più quelli che si imbarcavano per scappare dalla fame e dal fascismo. E sembravano tutti uguali con le loro valigie piene di pane e stenti.
Non era il caso di Gino Santoni, fino a qualche giorno prima baciato dai fasti della celebrità. Lui, con i suoi modi aggraziati, viveva nella leggiadria dell’artista, aveva una buona posizione, e dalla politica si era sempre tenuto lontano. Farsi i fatti suoi: questa la regola di vita che si era dato.
Qualcuno gli aveva parlato di un certo questore Molina che a Catania aveva spedito al confino decine e decine di omosessuali, ma aveva pensato si trattasse della solita leggenda inventata per stupire.
Cordera, questo il suo nome d’arte, era un animale da palcoscenico.
Si esibiva in versione femminile da grande interprete della canzone e con la giusta dose di seduzione. Si era guadagnato il successo anche grazie alla voce da usignolo. Ma al di là del palcoscenico aveva sempre vissuto appartato, soddisfacendo il suo bisogno d’amore con molta discrezione.
La realtà di quel triennio di fuoco era entrata nella sua vita come un uragano la sera che, al cinema Augustus di Roma, un brigadiere in borghese gli aveva urlato: «Pederasta!». Leggi tutto…

REGINA NERA. LA GIUSTIZIA DI MILA, di Matteo Strukul (uno stralcio del libro)

In esclusiva per Letteratitudine, pubblichiamo uno stralcio del romanzo REGINA NERA. LA GIUSTIZIA DI MILA, di Matteo Strukul (edizioni e/o – collezione Sabot/age – pagg. 208). In libreria dal 20 marzo.

La scheda del libro
Un bosco sperduto del Trentino Alto Adige. Una bianca distesa di neve. Una donna torturata e uccisa a cui hanno cavato gli occhi. Mila Zago, cacciatrice di taglie per la BHEG, l’agenzia segreta per la sicurezza europea, viene incaricata di catturare l’autore del massacro. Ma procedendo nell’indagine, Mila scopre che la storia della donna uccisa s’intreccia con quella di Laura Giozzet, la prima candidata premier italiana: una donna che rappresenta una novità talmente sconvolgente per il sistema politico del Paese che qualcuno ha deciso di chiuderle la bocca a colpi di pistola, riducendola in fin di vita. In questo nuovo capitolo della sua Ballata, Mila si scontrerà con sette sataniche, politici corrotti e contro le più spietate e allucinanti sopraffazioni degli uomini. Con Regina nera, Matteo Strukul mescola il pulp al noir più cupo, quello di James Ellroy e Stieg Larsson, ripercorrendo le tracce di Ernst Theodor Amadeus Hoffman in compagnia di Joe R. Lansdale e Victor Gischler. Un sequel

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Dal romanzo REGINA NERA. LA GIUSTIZIA DI MILA, di Matteo Strukul

(Per gentile concessione delle Edizioni e/o)

La camera bianca, sterile, con il soffitto alto, il letto enorme in cui, sotto le coperte e le lenzuola candide, giaceva adagiata su un paio di grandi cuscini morbidi.
Aveva voluto vedere la diretta trasmessa da un’emittente locale. Il dottor Giorgi aveva acconsentito. E ora Laura si ritrovava a fissare un vecchio televisore a colori che le aveva recuperato sua sorella Carla.
Il dottor Giorgi aveva orientato l’antenna portatile. Ancora una volta era stato affabile e pieno di energia. Ancora una volta le infermiere le avevano sorriso. Ancora una volta si era svegliata nella brillante pulizia di quella camera. Eppure, giorno dopo giorno, ora dopo ora, il non sapere dove fosse Giulia la corrodeva dentro. La disperazione delle prime ore e la temporanea euforia del sapersi viva, nonostante tutto, avevano ceduto il passo ad un costante e impietoso logoramento che, temeva, l’avrebbe condotta progressivamente alla pazzia.
Cercava di combattere quell’apatia amara, quel senso di graduale ma ineluttabile sfacelo della sua volontà. Voleva opporsi alla resa per fare in modo che, ovunque fosse, Giulia potesse essere orgogliosa di lei. Ma non ci riusciva. Era come tentare di non guardare in fondo al burrone, ben sapendo che, prima o poi, gli occhi sarebbero finiti proprio lì.
Laura aveva annegato lo sguardo dentro alla scatola del televisore: il corteo sfilava per il lungo corso di quella città che conosceva così poco. Lei, bellunese, legata alle montagne, poi trasferitasi a Roma e Milano, adesso si ritrovava in una camera dell’ospedale Giustiniani a fissare un gran numero di persone che ai suoi occhi sembravano una massa ondeggiante come l’acqua del mare.
Avrebbe dovuto esserci anche lei in quel corteo, invece aveva una flebo attaccata al braccio e una debolezza che la svuotava di ogni energia vitale.
Giulia: gliel’avevano ghermita e l’avevano portata chissà dove. Nessuna notizia, nessuna rivendicazione, nessuna richiesta di denaro. Leggi tutto…

UNA COLLEZIONE DI CONTENUTI: Sabot/age a Più libri, più liberi

Domani a… Più libri, più liberi
incontro di venerdì, 8 dicembre – h. 15 – Sala Smeraldo

Una collezione di contenuti
Presentazione dei nuovi romanzi della Collana Sabot/age: Una brutta storia, Undercover, Sinistri, Non passare per il sangue
intervengono Massimo Carlotto, Piergiorgio Pulixi, Roberto Riccardi, Tersite Rossi, Eduardo Savarese
a cura di edizioni e/o

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da LA SICILIA di sabato 01/12/2012

Letteratitudine

La ricetta di Sabot/Age: storie che nessuno vuole raccontare
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Intervista a Colomba Rossi, direttrice di SABOT/AGE

di Massimo Maugeri

Sabot/Age è la collana delle edizioni e/o diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto. Il suo obiettivo è pubblicare storie che il nostro Paese non ha più il coraggio di raccontare. «Di Sabot/Age è possibile una doppia lettura: “sabotaggio” ed “Era del Sabot”, lo zoccolo di legno che, ai tempi della rivoluzione industriale, veniva lanciato dagli operai negli ingranaggi delle macchine quando erano esausti. Noi siamo esausti della menzogna che ci opprime
Ne abbiamo già discusso in radio con Massimo Carlotto, nel corso di una puntata di “Letteratitudine in Fm”. Ne parliamo adesso con la direttrice, Colomba Rossi, in occasione dell’uscita dei due nuovi volumi della collana: “Non passare per il sangue” di Eduardo Savarese e “Undercover” di Roberto Ricciardi.

– Cara Colomba, a chi è venuto per primo (o per prima) l’idea di creare questa collana (che è davvero unica nel panorama editoriale italiano)?

In realtà è venuta a entrambi dopo l’esperienza positiva di Donne a perdere, esperimento di un volume con tre romanzi. Abbiamo ritenuto urgente una riflessione sul noir come unica forma narrativa in grado di raccontare la realtà. Lo avevamo sostenuto per anni ma poi ci siamo resi conto che la complessità della società aveva bisogno di tutte le forme letterarie per essere descritta efficacemente. Allora è nata la suggestione della “letteratura di contenuti” che ci ha condotto alla collezione Sabot/Age.

– A tuo avviso, chi è il lettore tipo di Sabot/Age? Proviamo a tracciarne un ipotetico “identikit”…

È molto trasversale, e alcuni titoli come Sinistri ci ha fatto conoscere a lettori per nulla appassionati al genere.

– Se ti invitassi a tracciare un bilancio di questi primi mesi di vita di Sabot/Age, cosa diresti?
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